- PARTE 2 -
Procedevano
a passo lento, lasciando che solo il silenzio incorresse fra loro, una
falce di luna a pendere sulle loro teste nell'oscurità
serale priva di stelle. Simile alla scure di un boia pronta a calare,
ad emettere il suo giudizio finale, una sentenza di morte dal
destinatario incerto. Se reclamasse la vita del bambino che seguiva o
dell'adulto che faceva strada, non era ancora dato saperlo.
Dazai tendeva
l'orecchio, assicurandosi di avvertire i piccoli passi del suo compagno
di viaggio, così da non lasciarlo indietro. Ne avvertiva i
movimenti incerti, esitanti alle proprie spalle. Akutagawa sembrava
indugiare, per quanto continuasse a seguirlo, abbastanza vicino da
continuare a calpestarne la lunga ombra proiettata a terra, creata ogni
volta dalla luce dei lampioni a cui si avvicinavano; abbastanza lontano
da tenersi aperta una via di fuga.
- Hai ancora paura
di me, Ryu? - rise fermandosi di colpo, avvertendo il bambino
sussultare e arretrare di qualche passo, pronto a scappare. - Eppure
hai accettato il mio regalo senza tanti complimenti - voltò
appena il capo per vederne la reazione, trovandolo a fare
un'espressione dura mentre stringeva al petto, con fare possessivo, il
sacchetto di carta che poco prima gli aveva donato.
Dazai aveva
trascorso le ultime ore nascosto in un vicolo nell'attesa che Akutagawa
fuggisse finalmente alla supervisione di Atsushi. Era certo che il
ragazzo-tigre dovesse essere esausto visti gli ultimi avvenimenti, e di
sicuro avrebbe abbassato la guardia, lasciando così modo al
bimbo di scappare. Purtroppo non aveva previsto di dover aspettare
tanto allungo e si era trovato presto ad annoiarsi, avvertendo il tempo
dilatarsi all'infinito, i minuti tramutarsi in eternità. In
quella forzata immobilità gli arti avevano cominciato ad
intorpidirsi, il gelo a penetrargli sotto pelle. Si era chiesto se
avesse potuto morire assiderato, visto che non aveva altro con cui
coprirsi se non la sua solita giacca beige. Chissà se poteva
essere considerato un suicidio? Era arrivato a domandarsi scartandola
quasi immediatamente come idea. Temeva avrebbero potuto prenderlo per
un idiota se lo avessero trovato morto in una situazione tanto misera.
Infine era arrivato
Akutagawa a distoglierlo da quei ragionamenti e, una volta osservato il
bambino uscire dall'appartamento del suo collega, rimanendo occultato
alla sua vista aveva preso a pedinarlo, seguendolo per un tratto
attendendo il momento giusto per avvicinarlo. Era consapevole di essere
considerato una minaccia dal altro e, nel caso si fosse presentata la
necessità di misure drastiche, Dazai si era detto fosse
meglio trovarsi ben lontano dalla palazzina dell'agenzia.
Così nessuno avrebbe potuto notarli ed intervenire. Infondo
era una faccenda di cui poteva occuparsi lui solo, gli altri gli
sarebbero stati d'intralcio, come quando quel mattino lo era stato
l'ignaro Atsushi, a cui Akutagawa si era aggrappato sfruttando la sua
presenza a proprio vantaggio.
Nel momento in cui
Dazai si era palesato al bimbo, il quale per poco non lo aveva superato
senza avvertirne la presenza, distratto com'era dalla luce di un
lampione, questi aveva subito reagito richiamando la propria
abilità, mostrando come il suo inconscio, se preso di
sorpresa, lo portasse ad attaccare prima di considerare una qualsiasi
via di fuga. Di ciò Dazai aveva sorriso, trovando anche
piuttosto ilari le dimensioni di quel Rashomon, minuscolo rispetto a
ciò cui era abituato. Rivolgendogli un sorriso amichevole ed
allegro aveva alzato le mani in segno di resa, evitando di annullarne
la capacità per non metterlo ancora più in
allarme.
Al suo atteggiamento
del tutto passivo la testa del demone ombra si era fermata a
metà dell'azione, descrivendo movimenti confusi che
manifestavano il turbamento del suo padrone. Lo sguardo di Akutagawa si
era allargato di stupore e paura nel vedersi palesare davanti quel
individuo sconosciuto, il quale era probabilmente la causa del senso di
ansia da cui era stato accompagnato per tutto il tempo. Presto
però i suoi occhi si erano ridotti a due sottili fessure
quando finalmente lo mise a fuoco, riconoscendo Dazai come il
personaggio sospetto di quel mattino e, con quella considerazione,
nell'immediato il suo atteggiamento era mutato. Aveva incassato la
testa nelle spalle mentre i muscoli delle gambe sottili cominciavano a
tendersi, pronti a scattare. Stava considerando la fuga, aveva intuito
Dazai sempre sogghignando fra se e se, si era già trovato a
prevedere la sua reazione, preparandosi ad affrontarla. Con
rapidità gli aveva lanciato il sacchetto di carta che si era
portato dietro, il quale per riflesso Akutagawa si era trovato ad
afferrare al volo, stringendolo tra le mani prima ancora di rendersene
conto.
- Pensavo potessi
avere fame - gli aveva detto Dazai mentre il bambino adocchiava, con
fare sospettoso, cosa vi fosse all'interno del sacchetto,
- Ma sono...- parve
stupito e perplesso del contenuto.
- Fichi - concluse
per lui, trovandosi poi a sbuffare con fare vagamente melodrammatico, -
Non hai idea della fatica che ho fatto per trovarli. Ormai la loro
stagione è finita -
- Ma
perché?...- la voce ridotta ad un sussurro, il bambino aveva
cominciato a passare lo sguardo da quel individuo bendato al sacchetto
di carta. Quello era il suo frutto, nonché probabilmente
cibo, preferito. Come faceva a saperlo? E perché glielo
aveva dato?
- Tranquillo, non
sono avvelenati - lo aveva rassicurato, - Ma se dubiti di me puoi
sempre darmene uno, lo mangerò per dimostratelo - si era
trovato a proporgli per poi afferrare al volo, con estrema
facilità, quello che il bimbo gli lanciò contro,
mangiandolo come gli aveva detto. - Visto? Ora ti puoi fidare no? -
- ... - il piccolo
Akutagawa non aveva risposto, riservandogli uno sguardo di granito come
a rispondergli "mai nella vita". Ciò procurò un
sospiro sofferente ed esasperato a Dazai, il quale non aveva mai
sopportato di trovarsi di fronte a mocciosi simili. Quello sguardo nero
pece, che ben conosceva i peccati commessi dagli adulti, scavalcava con
estrema facilità la maschera di falsità di cui
era ricoperto, percependone il marcio nascosto dietro.
- Se ti volessi
morto lo saresti già, non credi? - aveva così
smesso di sorridergli, lasciando trasparire la vacuità di
cui era composto il suo animo, la medesima espressione che gli
rivolgeva quando era ancora il suo mentore alla PortMafia.
Akutagawa non aveva
parso reagire a quel cambiamento, il quale pero non doveva essergli di
certo passato inosservato. Per un po' di tempo aveva continuato ad
osservarlo, inclinando il capo da una parte, come a cercare di sondarne
l'animo in modo da percepirne le intenzioni, o le emozioni che lo
colmavano. Era però una sfida persa in partenza trattandosi
di Dazai. Per quanto si fosse sforzato Akutagawa non avrebbe trovato
nulla, solo un'aridità senza fine in cui le emozioni non
faceva il tempo a nascere che finivano già per seccarsi e
avvizzire, riducendosi in cenere.
- Seguimi, la faremo
finita con questa storia - gli aveva ordinato d'improvviso dopo qualche
secondo passato in silenzio a scrutarsi l'un l'altro. Si era poi
incamminato, voltandogli le spalle, consapevole che, per quanto
timoroso nei suoi confronti fosse, Akutagawa l'avrebbe seguito. Poteva
anche avere una personalità cauta e sospettosa, ma rimaneva
comunque un bambino. L'età in cui l'istinto di conservazione
non si è ancora formato del tutto, talmente labile e sottile
da parer un foglio di carta. Il momento in cui il più
mortale degli istinti umani: la curiosità; è
capace di impregnarsi a tal punto nelle ossa da far tacere qualunque
ragione.
Akutagawa non aveva
modo di sconfiggere la propria curiosità, per quanto urlasse
"pericolo" da ogni centimetro del corpo, quell'uomo bendato pareva un
essere misterioso troppo interessante per non provare a studiarlo
ancora un po'.
E dopo aver visto il
vero aspetto del lupo dietro a quel falso travestimento da pecora, il
coniglietto aveva preso seguirlo per la strada buia, con sempre quella
inquietante falce di luna a pendere sopra le loro teste. Avrebbe potuto
seguirlo fino alla sua tana se così lo avesse convinto a
farsi insegnare un modo per procurarsi una pelliccia identica alla sua.
Il coniglietto era stanco di vivere come preda, ed era pronto ad
infilarsi dritto nelle fauci del lupo se ciò gli avrebbe
permesso di diventare un predatore a sua volta. Come la prima volta in
cui si erano incontrati, anni prima, Akutagawa senza saperlo si trovava
a compiere la medesima scelta fatto allora. Desiderando abbastanza
forza da non dover vivere il resto dei suoi giorni nella paura, aveva
preso a seguire Dazai, il quale pareva essere l'unico in grado di
fargliela ottenere. La tigre che aveva incontrato pareva avere un cuore
troppo tenero per potergli insegnare a procurarsi degli
artigli come i suoi.
- Perché
non dovrei avere paura di te? - gli domandò pulendosi con il
dorso della mano le guance, macchiate dai residui di frutta rimastagli
appiccicata al viso. Era ormai arrivato a mangiarne cinque e non pareva
intenzionato a fermarsi, aveva pur sempre passato gli ultimi due giorni
a digiuno. Lo seguiva rimanendo sempre ad una distanza di sicurezza, ma
il suo sguardo possedeva una vaga nota di insolenza che prima non c'era.
- Ottima domanda -
chioccio Dazai schioccando allo stesso tempo le dita, - E a dir la
verità, non ci sono motivazioni plausibili per convincerti a
non provarne più nei miei confronti - un'ombra inquietate,
causata dall'ennesimo dei lampioni che si stavano trovando a superare e
sotto al quale si erano fermati, si formò sul suo viso. -
Sono una persona che per la società comune può
essere definita come pericolosa -
Il bimbo non
rispose, limitandosi ad assottigliare lo sguardo, non sembrava in alcun
modo scosso da quella rivelazione, Dazai si stava limitando a
confermare ciò che già sapeva. E nonostante si
fosse trovato a calpestare l'ombra di un lupo, cominciava a non provare
più timore nei suoi confronti, non pareva affamato di
conigli per quella sera.
- Quello che il
ragazzo con i capelli bianchi mi ha raccontato è vero? -
osò chiedergli poiché, se aveva
difficoltà a credere alle parole di Atsushi, non avrebbe
invece dubitato della verità che sarebbe uscita dalla sua
bocca. - In realtà sono un adulto, ma non ne ho
né l'aspetto, né memoria per via di un incidente?
- in realtà l'altro non era stato molto chiaro a spiegargli
la questione, un motivo in più per cui Akutagawa aveva fatto
fatica a credergli.
Insomma, quale
incidente può causare una cosa simile?
- Sei stato colpito
dall'abilità di una persona che seguivi - si
limitò a specificare Dazai, per nulla felice di aver il
ruolo di tappabuchi,
- E basta che tu usi
la tua abilità su di me perché vada tutto a
posto? - insistette,
- Esatto -
confermò lui alzando le spalle con fare svogliato,
grattandosi intanto il retro del collo, - E ho anche tutta l'intenzione
di farlo, ma prima devo mostrarti una cosa - tagliò corto
voltandogli un'altra volta le spalle e riprendendo a camminare. Per
quanto quella notte sembrasse infinita non sarebbe in realtà
durata in eterno.
- Cosa? - lo
seguì trovandosi a sgambettare per non rimanere indietro,
senza accorgersene aveva lasciato che un velo di infantile
curiosità trasparisse dal suo viso, ma gli bastò
qualche secondo per ricordarsi di non dover abbassare troppo la guardia
in presenza di quel individuo, da cui già si stava lasciando
manipolare.
- Quanto
può essere patetico il te adulto -
- Se è
l'appartamento del me adulto, perché tu ne hai le chiavi? -
gli domandò Akutagawa, trovandosi al suo fianco dopo essere
usciti dall'ascensore che gli aveva portati fino al penultimo piano di
quel alto palazzo. Un grattacielo di appartamenti costosi e dalle large
vetrate scure che impedivano, dall'esterno, di vedere cosa accadesse
all'interno dell'edificio. C'era una bella differenza tra quel ambiente
e da ciò che il piccolo Akutagawa era abituato, nella sua
disgraziata infanzia non aveva neppure mai immaginato di poter, un
giorno, finire in un luogo simile. Non credeva neppure potessero
esistere abitazioni del genere, la sua immaginazione di bambino non era
mai riuscita a partorire simili immagini. Troppo fantastiche e opulente
per qualcuno incerto se, una volta addormentatosi, si sarebbe svegliato
il giorno dopo. La paura che, infine, si trattasse solo di un sogno, si
era fatta strada in lui come una mano gelida pronta ad attanagliargli
il cuore. Il suo sguardo allora si fissò su Dazai, aveva
dovuto decidersi ad accorciare la distanza che li divideva
poiché, altrimenti, non sarebbero mai potuti entrare
entrambi nell'ascensore e, farsi tutte quelle rampe di scale era fuori
questione, sarebbe morto di stenti a metà strada. Dazai
pareva essere l'unica cosa reale alla quale potesse aggrapparsi in quel
momento, e per qualche motivo questo lo rendeva più
tranquillo in un mondo di cui non comprendeva nulla. Gli ricordava di
quando, tra la sporcizia di cui era circondato, alzava lo sguardo e, in
lontananza, in un orizzonte all'apparenza irraggiungibile, ma che in
realtà si trattava di qualche chilometro, vedeva stagliarsi
quelle sagome scure. Palazzi enormi quanto quell'edificio dove ora si
trovava, ma che da quella distanza parevano sottili, esili, capaci di
essere distrutti da un semplice soffio di vento. Quante volte aveva
immaginato di poterli cancellare con un semplice schioccò di
dita? Dazai gli portava alla mente quella fantasia infantile e gli dava
la convinzione di poter essere in grado di fare qualcosa di simile. Se
una tale distruzione fosse un bene o un male non ne aveva idea, avrebbe
potuto finirne annientato a sua volta. Però era solo un
bambino e pensieri tanto accorati erano troppo per lui che vedeva solo
il presente di fronte a se, incapace di intravedere un futuro, se non
quello che, nelle sembianze di quel uomo sospetto ricoperto di bende,
lo accompagnava.
- Prima era il mio
appartamento - gli rispose Dazai continuando a guardare con sospetto il
lungo corridoio che si era aperto davanti a loro, senza rivolgergli
neppure un'occhiata. Gli sarebbe bastato allungare la mano per toccarlo
e annullarne le sembianze infantili, eppure si tratteneva ancora dal
farlo. C'era qualcosa che voleva chiedergli e quella situazione pareva
volgere a suo favore. - Tu te ne sei appropriato - aggiunse, il tono
piatto in cui però Akutagawa avvertì una fredda
punta d'accusa, la quale lo fece sussultare come un animaletto
spaventato.
- Ed è un
male? - gli domandò ingenuamente, stringendo un poco di
più il sacchetto di carta che teneva tra le braccia,
- Sì - si
limitò a rispondergli riprendendo il passo, a cui per un
momento il bimbo fece fatica a star dietro.
- E se lo era
perché me lo hai permesso? - questa domanda
obbligò Dazai a fermarsi un'altra volta, riservandogli uno
sguardo pauroso nel voltare il capo verso di lui. Di riflesso Akutagawa
si trovò ad evocare Rashomon come muro di difesa, e una
piccola testa d'ombra si sovrappose fra loro.
- Perché
non me ne importava - si trovò a sbuffare Dazai, annullando
con la punta dell'indice l'abilità dell'altro, passandosi
poi una mano trai capelli sentendosi uno sciocco nel perdere la
pazienza per la domanda di un bambino. - Questo però non ti
dava il permesso di prendere qualcosa che era mio - sottolineo
riprendendo a camminare verso quello che era stato il suo appartamento.
Non se lo ricordava tanto impertinente il piccolo Akutagawa, anche se
doveva ammettere di aver instaurato in lui una reverenziale paura al
tempo in cui era stato suo allievo, cosa che invece mancava
completamente al bimbo di fianco a lui.
- Se non te ne
importava allora perché sembri arrabbiato? - aveva esitato
un momento prima di porgli anche quella domanda, intimorito dalla
reazione che l'altro gli aveva appena mostrato, non riuscendo
però a trattenersi da farla.
- Come ti ho detto:
era comunque qualcosa di mio e non ti avevo detto che potevi prenderlo
- si trovò a ripetersi Dazai, evitandosi solo grazie ad un
immenso sforzo dal darsi uno schiaffo sulla fronte, ad un passo
dall'esasperazione.
- Ma tu l'avevi
abbandonato, giusto? - visto che gli non aveva mostrato altre
intenzioni ostili Akutagawa sentì di aver il permesso di
insistere,
- Uhm... -
annuì lui, stanco di rispondergli o di prestare ascolto a
quello che gli diceva. Non era certo Atsushi, il suo livello di
sopportazione aveva raggiunto i minime termini già quel
mattino quando non era riuscito a chiudere la faccenda in fretta. E ora
non poteva permetterselo di farlo, arrivato a quel punto.
- Allora se lo avevi
abbandonato non era più tuo - prese come un assenso il verso
emesso dal più grande,
- Sono questioni da
adulti che un moccioso come te non può capire -
cercò di mettere fine alla sua parlantina trovandosi
finalmente davanti alla porta del suo vecchio appartamento. Si era
aspettato di trovare qualcuno della PortMafia nei paraggi, essendo
Akutagawa sparito da due giorni e fosse quello il luogo ideale dove
piazzare qualcuno a controllare movimenti sospetti. In giro
però non c'era anima viva. Forse la sua improvvisa scomparsa
non aveva stupito nessuno e non se ne era allarmati? Oppure,
più probabile, sapevano già cosa era avvenuto e
attendevano solo che fosse lui a sistemare le cose. Probabilmente,
lasciare un Akutagawa indisposto nelle mani dell'agenzia, fino a che
questi da soli non avessero sistemato il problema, era un'alternativa
migliore che chiedere direttamente il loro aiuto. In questo modo la
PortMafia salvava il proprio orgoglio e risolveva la situazione senza
muovere un dito. Sotto quel punto di vista, Dazai si trovava proprio a
farne il gioco, annullando lo stato in cui era Akutagawa in quel
momento faceva un favore al suo precedente datore di lavoro.
Ciò non gli andava molto a genio, e questo era uno dei
motivi per cui aveva tergiversato sino a quel punto. D'altronde non gli
piaceva neppure l'idea di fare da baby sitter fino a quando l'effetto
di quella capacità non si fosse annullato da solo; o fino al
momento in cui il piccolo Akutagawa non fosse cresciuto in maniera
naturale. Gli venne un brivido al pensiero, nessuna delle due
possibilità lo allettava particolarmente. In più
aveva già preso la sua decisione.
Aprì la
porta usando la propria vecchia tessera magnetica, digitando poi un
codice sulla tastiera vicino alla soglia, disattivando qualunque
allarme fosse attivo all'interno del appartamento.
- Non hai neppure
cambiato la password? - ne sembrò vagamente deluso Dazai,
varcando finalmente l'entrata per trovarsi nel piccolo ingresso buio,
dove le luci presero ad accendersi solo qualche secondo dopo che fu
entrato.
- Allora? Vuoi
rimanere lì ancora per molto? - sbuffò nel
parlargli mentre si toglieva le scarpe, il bambino sembrava essersi
bloccato, fermo sulla soglia. D'improvviso pareva che tutti i suoi
timori fossero tornati ad accalappiarlo, imprimendosi nel animo per
rendergli le gambe di piombo. Incapaci di compiere quel singolo passo
in avanti.
- Se dovevi solo
annullare la capacità da cui sono stato colpito,
perché mi hai dovuto portare fin qui? - era la sua ultima
domanda prima di calarsi in quella che poteva considerare la tana del
lupo,
- Te l'ho
detto: ho una cosa da chiedere al te adulto e volevo approfittare della
situazione - sintetizzò facendo trapelare un po' di
irritazione nella voce solo per scuoterlo un po' dal suo tentennamento.
- Forza. Muoviti ad entrare e vai a sederti sul divano - gli
ordinò perentorio e, come si aspettava, dopo un sussulto
spaventato Akutagawa era subito piombato all'interno del appartamento,
entrando di corsa per obbedire alle sue indicazioni. Non sapeva se
ciò era dovuto ad un riflesso incondizionato
perché inconsciamente il suo cervello infantile aveva preso
a ricordare, ma Dazai non poté evitarsi un sorriso divertito
nel vederlo quasi capitolare nello scalino all'ingresso. - E vedi di
non muoverti da lì - aggiunse, tenendo sempre un tono severo
e freddo.
Quello che era stato
l'appartamento di Dazai era un alloggio di lusso, non dissimile da
quelli di cui erano proprietari gli altri alti esponenti della
PortMafia. Quasi fosse un obbligo che, visto il ruolo di cui erano
investi, le loro abitazioni possedessero quella vaga somiglianza. La
quale in realtà, più di una questione di mobilio
o di struttura, si riduceva alla composizione dei colori. Il nero non
poteva mancare, così come il rosso scuro e una buona
quantità di sfumature di marrone, del quale però
mancavano tutte quelle tendenti al chiaro. Se il bianco era presente,
tendeva ad essere soffocato dalle altre colorazioni, ben più
forti, anche trattandosi di pareti di carta, il legno da cui erano
formati i tasselli era tanto scuro che il bianco ne finiva mascherato,
quasi non vi fosse per nulla. Potevano capitare delle sfumature di
grigio, ma solitamente si trattava dell'acciaio da cui era formato
qualcuno degli elementi del mobilio. E se non quella similitudine
sull'assembramento dei colori, era il valore degli oggetti da cui le
abitazione dei capi del PortMafia erano composti, a renderle simili
l'una all'altra. Non si poteva dire non rispettassero lo stereotipo dei
mafiosi amanti della bella vita che finivano per circondarsi di
splendida paccottiglia inutile e costosa. E per quanto Dazai si fosse
evitato di riempire la propria abitazione di cianfrusaglie non
necessarie, era pur vero che non aveva elemosinato con il denaro quando
aveva scelto l'arredamento. Copiando a mena dito tutto ciò
presente in un catalogo capitatogli sotto mano, senza badarci troppo
perché la riteneva una seccatura.
A conti fatti non
aveva mai passato troppo tempo in quel appartamento, vi dormiva
raramente e i pasti erano quasi sempre consumati fuori casa. Quando poi
gli capitava un giorno libero preferiva passarlo in altro modo
piuttosto che rimanendo imprigionato in quelle quattro mura. Eppure,
nonostante non ci avesse praticamente vissuto, rimaneva comunque
irritato del fatto che qualcuno avesse osato sottrarglielo.
Aveva comunque dei
bei ricordi legato ad esso, come: non era forse il parquet del
soggiorno quello che aveva fatto impazzire Chuuya? Il rosso aveva
scoperto essere identico a quello della sua camera da letto e questo,
dopo qualche bicchiere di vino, lo aveva fatto uscire dai gangheri. Non
poteva accettare di aver qualcosa che lo accomunasse anche solo
lontanamente a Dazai. Era stata una serata divertente, sopratutto nella
parte in cui lo aveva convinto a procedere con una costosa operazione
per cambiarlo così che non fossero più simili.
Il mattino dopo il
rosso, ancora mezzo brillo a causa della sbronza, si era trovato la
casa piena di addetti ai lavori senza avere idea del motivo.
Sì, proprio una bella serata.
Subito dopo
l'ingresso si apriva un'ampia sala che da sola era già il
doppio della grandezza di uno degli appartamenti standard messi a
disposizione dall'Agenzia. La parete esterna era composta da larghi
vetri oscurati, in modo da poter avere una vista mozzafiato della
città sotto di se, ma impedire di far trapelare la propria
presenza all'esterno. Ecco, forse era quello spettacolo che a Dazai
mancava, sopratutto perché gli dava una splendida
prospettiva di suicidio. L'ampia stanza era adibita a soggiorno/salotto
e sia dalla sua destra che dalla sua sinistra si aprivano due corridoi
che portavano alle altre stanze dell'abitazione. Aveva avuto a
disposizione metà di quel piano solo per se, si
ricordò, dimentico della sua reale ampiezza.
- Vado a prendere da
bere, tu non toccare nulla - disse andando ad assicurarsi che il bimbo
avesse fatto come gli aveva detto, e trovandolo difatti seduto
rigidamente e composto sull'ampio divano ad angolo in pelle nera (sei
posti); davanti al quale stava un basso tavolino in vetro e
sulla parete di fronte era fissato un televisore a schermo piatto dalle
grandezze invidiabili. A vederlo lì sopra pareva che
Akutagawa si fosse fatto ancora più piccolo di quanto
già non fosse, e il modo in cui stringeva il sacchetto di
carta al petto rendeva palese tutto il suo disagio. Per un momento il
bambino cercò il suo sguardo, pronto a riempirlo di altre
domande, però non lo trovò. Gli aveva
già voltato le spalle.
Dazai si diresse in
cucina, separata dal soggiorno/salotto da un lungo ripiano in marmo
che, nel caso, oltre a fornire altro spazio dove poter cucinare, poteva
essere adibito a tavolo da pranzo vista la sua ampiezza. Sopra di esso
stava, fissata al soffitto con dei ganci di ferro, una lunga lastra di
vetro opaco dove prendeva posto una invidiabile collezione di alcolici,
recintata da due sottili tubi di ferro. Ovviamente si trattava di
bottiglie già vuote da tempo, i vini che le avevano riempite
si sarebbero rovinati nell'essere lasciati in bella mostra a quel modo.
Senza alcuna considerazione per l'ambiente e la temperatura. Quella
raccolta era stato un suo piccolo sfizio, doveva ammetterlo, un altro
modo per far invidia a Chuuya, mostrandogli quanto si intendesse di
vini meglio di lui. Trovarla ancora in piedi lo stupì un
poco, Akutagawa non l'aveva toccata per nulla e, la mancanza di alcuno
strato di polvere sopra, gli fece dedurre che doveva essere persino
stata pulita di recente.
Né nel
frigorifero, né nella dispensa del corvino trovò
qualcosa di suo gusto, la sua riserva di alcolici era scarsa, per non
dire inesistente, come lo erano le cibarie e viveri vari. Neppure
Akutagawa pareva trascorrere troppo tempo in quel abitazione,
pensò, altrimenti avrebbe trovato una riserva alimentare
più vasta.
Si ridusse a mettere
un po' d'acqua del rubinetto in un bicchiere, bevendone un paio di
sorsi prima di tornare nel soggiorno/salotto. Non aveva pensato di
chiedere ad Akutagawa se avesse sete e non lo avrebbe fatto.
Aveva fatto
trascorrere un po' di tempo all'apparenza senza motivo e, come si
aspettava, trovò il piccolo a sbadigliare in maniera
vistosa, riuscendo a malapena a coprirsi la bocca. Le palpebre calate a
mezz'asta sugli occhi, lucidi dal sonno, la schiena ad incurvarsi in
avanti mentre la testa tendeva ad ondeggiargli lievemente da una parte
all'altra. Era esausto, ad un passo dal collassare, e dopo tutto quel
camminare, contando poi la notte in bianco, era plausibile non gli
fossero rimaste energie. Era bastato lasciargli un momento per
riprendere fiato, perché crollasse come un albero abbattuto.
Lottava per rimanere sveglio, ma non era molto vigile, per qualche
momento parve non accorgersi neppure della presenza di Dazai in piedi a
fianco a lui.
- Eri proprio il
tipo di bambino che diventa un rompiscatole quando è stanco
- commentò Dazai, sedendosi sul tavolino basso,
così da essergli di fronte. - La testardaggine
però ti è rimasta - il bimbo lo fissò
confuso, quasi fosse incerto se stesse davvero parlando con lui o solo
con se steso, e non si ribellò quando Dazai gli tolse il
sacchetto di mano, adagiandolo a terra, di fianco al bicchiere d'acqua
che non aveva finito di bere. - Non potresti addormentarti e basta? - e
in risposta il bimbo scosse la testa in senso di diniego,
- Devo chiederti
un'altra cosa...- disse, la voce un poco impastata dal sonno,
- Ancora? Credevo mi
avessi già fatto il terzo grado - rise, appoggiandosi con
entrambi i gomiti sulle ginocchia.
- Tu sei davvero una
persona che fa paura? - gli domandò con sguardo d'improvviso
serio, adulto, simile a quello che doveva aver avuto Gretel dopo aver
ucciso la strega rinchiudendola viva nel forno acceso. Gli occhi di un
bambino capace di tramutarsi in un mostro terribile. Akutagawa aveva
raccolto le briciole di pane che Dazai gli aveva lasciato.
- Oh, lo siamo
entrambi - chioccio tenendosi il viso con una mano mentre, con il
mignolo dell'altra, toccava lievemente la fronte del bimbo.
Akutagawa
avvertì la familiare sensazione della pelle del divano
contro la guancia, le membra pesanti e la mente annebbiata. Non era la
prima volta che si addormentava lì, in soggiorno, e anzi
spesso non raggiungeva neppure la camera da letto. Non si sentiva a suo
agio in quella stanza e solo su quel divano riusciva a rilassarsi,
abbandonandosi al sonno con più facilità rispetto
che altrove.
Per quanto in
realtà, essendo un membro della PortMafia, si fosse abituato
a dormire con un occhio sempre aperto, in parte vigile per avvertire
qualunque intrusione e presenza insolita. Era questo il motivo per cui
riposava con addosso una giacca, simile a quella che indossava durante
il giorno, in modo da poter attivare Rashomon in qualunque momento.
Premura che però parve dimostrarsi inutile quando, dopo
essersi svegliato all'improvviso, non riuscì a chiamarlo a
se. Una pesantezza lo aveva colpito all'altezza dello stomaco come se
qualcuno vi avesse appoggiato sopra un qualche oggetto di grossa taglia
e due mani cominciarono a stringergli la gola. Con ancora lo sguardo
sfocato a causa del sonno e la carenza di luce nella stanza Akutagawa
non riuscì a mettere a fuoco la figura che si
palesò a cavalcioni su di lui, identificandola solo come una
sagoma scura. Un nemico che tentava di ucciderlo. Reagì
d'istinto, afferrando i polsi del proprio aggressore cercando di far
forza per respingerlo, trovandosi ad emettere un suono strozzato simile
ad un ringhio. Senza pensarci puntellò i gomiti contro i
cuscini del divano e, con un colpo di reni, si diede la spinta,
trovando a far perdere l'equilibrio al proprio avversario, facendo
rotolare entrambi giù dalla seduta. Akutagawa
rovinò a peso morto addosso allo sconosciuto, trovandosi la
gola libera dalla sua presa, avendo però le mani strette
ancora salde attorno ai suoi polsi. Essendo in una posizione di
vantaggio, lo bloccò a terra con il proprio peso, tenendogli
le braccia sollevate in modo che non facesse scherzi, rigide ai lati
della testa.
Solo a quel punto
riconobbe il sorriso mefistofelico del suo ex-mentore, il quale lo
guardava con l'espressione penosa di qualcuno impegnato ad osservare il
volo di una mosca.
- Non sei mai stato
bravo a reagire agli scherzi - commentò con il volto appena
infastidito dal ginocchio che Akutagawa gli teneva piazzato nel
pancreas,
- D..dazai?! -
esclamò lui stupito non dimenticando l'onorifico, dandogli
quel "lei" che in una situazione simile suona un poco, se non molto,
ridicolo.
- La tua espressione
mi fa dedurre che non hai mantenuto alcun ricordo di quel che
è successo negli ultimi due giorni, eh? - disse mentre il
suo colorito cominciava a prendere delle variazioni bluastre,
- Gli ultimi due
giorni...- si fece pensiero Akutagawa, assottigliando lo sguardo prima
fissando il proprio maestro, e poi sollevandolo per guardare un punto
imprecisato della parete. - Stavo dando alla caccia a... -
guaì nel ricevere un pugno dritto in faccia, cui colpo lo
fece destabilizzare spingendolo contro il tavolino lì a
fianco. Approfittando del suo attimo di confusione Dazai si era
liberato con una mano dalla sua presa, passando al contrattacco. Senza
più il suo peso ad inchiodarlo a terra lo spinse
ulteriormente, alzandosi in piedi mentre Akutagawa, trovatosi a
sbattere la testa sul bordo del tavolo ora per metà disteso
su di esso, si sentiva al quanto intontito, come se la situazione in se
non bastasse.
- Facciamola breve -
decise di sintetizzare la questione Dazai, calpestando con un piede la
testa del corvino per costringerlo a tenerla ben adagiata contro il
ripiano in vetro. Quando aveva comprato quel tavolino si era assicurato
che fosse più resistente di quanto sembrasse, e visto quanto
era durato negli anni, tra imprevisti vari, non avrebbe faticato a
sopravvivere pure a quello. -... l'individuo che stavi seguendo si
è rivelato un utilizzatore di abilità. Tu come un
idiota - e nel dirlo la pressione del tacco della scarpa sulla sua
tempia aumentò, - Sei finito per prenderne in pieno gli
effetti, e visto che eri diventato problematico ci ho impiegato due
giorni a risolvere la faccenda -
- Problematico?..-
ripete Akutagawa, all'apparenza ancor più confuso dalla
sintetica spiegazione del altro.
- Chiedi ad Atsushi
per i dettagli, se proprio vuoi tanto saperlo - sbuffò Dazai
ravvivandosi i capelli in un impeto di stizza, stanco di tergiversare.
- Anche se so che tanto non lo farai - aggiunse, sollevando il piede
solo per rifilargli un calcio sullo sterno, facendolo cadere lungo
disteso a causa del colpo.
Per terra Akutagawa
si trovò a soffocare un attacco di tosse, finendo a col
tempo con l'urtare il bicchiere d'acqua che Dazai aveva lasciato
lì e vedendo il sacchetto di carta, di cui però
ignorava il contenuto. In un altro momento si sarebbe rialzato,
dimostrando una difesa tenace e aggressiva, capace, se non di
sconfiggere il suo ex-mentore, di destabilizzarlo per qualche momento.
Abbastanza per lasciargli modo di inventarsi qualcosa con cui provare
ad annientarlo o con cui avrebbe potuto battere in ritirata a seconda
dei casi, poiché attaccarlo con Rashomon non era fattibile.
E non solo perché sarebbe stata annullato dal altro, ma
perché a quel punto si era accorto di non indossare la
giacca dal quale era solito evocarlo. Portava solo dei pantaloni neri e
la sua classica maglia a balze bianca. Non aveva modo di affidarsi alla
propria abilità e, oltre al problema ai polmoni che lo
coglieva proprio in quel momento, il suo corpo pareva avere qualcosa di
strano. Nonostante si fosse appena svegliato si sentiva esausto, privo
di forze, incapace di reagire in alcun modo se non strisciando come un
verme nel tentativo di scappare da uno scontro in cui pareva fin troppo
in svantaggio. Si chiedeva come potesse essersi ridotto in quel modo,
il proprio corpo incapace di reagire nonostante lo avesse portato ben
più di una volta a superare il proprio limite.
- Rimani pure per
terra a fare l'insetto, e sempre stato un posto che ti si confaceva...-
commentò Dazai mentre lui ancora tossiva, quasi soffocato da
quell'eccesso inaspettato di tosse, un rivolo di saliva a bagnargli il
mento.
- Potrai non
ricordare cosa è successo, ma nonostante abbia cambiato
aspetto il tuo corpo è rimasto nelle stesse condizioni di
prima, quindi al momento hai la stessa forza di un bambino esausto sul
punto di addormentarsi - fece il giro del tavolino per chinarsi di
fronte al suo viso, puntellandogli con la punta del mignolo la fronte.
Un sorriso enigmatico a disegnargli un inquietante ombra sul viso. -
Per il momento però smettiamolo di giocare, venivano a
noi...- chioccio afferrandogli una delle ciocche di capelli che gli
incorniciavano il viso. - Perché ti sei appropriato nel mio
appartamento? - domandò cominciando a tirare, facendo
deformare il viso dell'ex-allievo da una smorfia di dolore.
Non avendo la forza
per reagire, avvertendo il peso del sonno a bloccargli gli arti ed
intorpidirgli il cervello, Akutagawa si trovò a subire
passivamente, trovando quella scena non molto dissimile dalle angherie
che aveva subito da parte sua in passato. Forse si erano fatte appena
un po' più sopportabili, segno che, per quanto mostrasse il
contrario, Dazai non era intenzionato a fargli del male in maniera
grave. Altrimenti si sarebbe già trovato con una pistola
puntata alla testa.
- . . . - tacque,
già consapevole di star commettendo un errore, ma
rifiutandosi di rispondergli o di mentire, consapevole di non poter
raggirare un maestro di quell'arte.
Innervosito dal suo
silenzio Dazai sbuffò, cominciando a calpestare la mano che
Akutagawa teneva appoggiata al pavimento. Il corvino strinse i denti,
colto di sorpresa dal dolore improvviso, soffocando a malapena un
gemito, il corpo in tensione a causa della posizione scomoda. Da una
parte la presa di Dazai lo obbligava a tenere sollevata la testa e
parte del busto, dall'altra la mano inchiodata al pavimento dal suo
peso. Un leggero tremito iniziò a percorrergli il braccio
mentre le dita tentavano di piegarsi su se stesse, cercando di
ritirarsi.
- Quando sono
scomparso sono certo che volessero ribaltare questo posto da cima a
fondo per trovarmi - sogghignò maligno, alcuna emozione a
segnargli lo sguardo, inespressivo come quello di un cadavere. - Eppure
sembrerebbe tutto come l'ho lasciato - aumentò la forza con
cui gli tirava i capelli, portando il sottile tremito di tensione che
lo scuoteva a raggiungergli le spalle.
- Sa...sapevamo che
non poteva aver lasciato alcun indizio qui - si decise a rispondergli,
un momento esitante nell'affrontare l'ennesima fitta a percorrergli i
muscoli. - E c'era il rischio che avesse nascosto qualche trappola per
far desistere eventuali ficcanaso -
- Questa era un'idea
di Chuuya, vero? - intuì con espressione seria,
accontentandosi del suo leggero annuire, - Però non spiega
perché tu sia qui, ora... - insistette per poi dare una vaga
occhiata all'ambiente con aria annoiata. - Il fatto più
inquietante è che non hai toccato nulla, neanche fosse un
santuario nei miei confronti. Cos'è una specie di feticismo?
- tornò a portare lo sguardo su Akutagawa e a quel punto la
sua voce prese una nota crudele. - Ti sei forse divertito ad usare il
mio letto per appagare le tue fantasie? - e a quel punto il corvino
sussultò, lo sguardo ad allargarsi d'orrore misto a disgusto
mentre Dazai si abbassava, così da potergli sussurrare
all'orecchio, in modo che non ne ignorasse le parole. La voce resa
affilata e fredda, simile alla lama di un rasoio. - Hai lasciato le
stesse lenzuola così che ci rimanesse sopra il mio odore. Ti
eccitava? Hai anche usato pure i vestiti che ho lasciato nell'armadio? -
Akutagawa non
rispose a simile accuse, lasciando che gli scivolassero addosso come se
non fossero nulla, per quanto lo umiliassero nel profondo. Era meglio
mostrare indifferenza, nascondere come gli pesassero sul cuore simili
parole, o Dazai avrebbe continuato ad usarle per torturarlo.
Alimentando quel suo famoso sadismo che, per quanto fosse ormai un
membro dell'agenzia dei detective armati, non sembrava aver perso per
nulla. Avvertiva un vago senso di ingiustizia, poiché aveva
visto come trattava quella stupida tigre mannara, nell'essere l'unico a
subire umiliazioni tanto pesanti. E pensare che il motivo per cui aveva
preso il suo appartamento era...
- Non sapevo se
sarebbe tornato - confessò trovandosi a fissare il vuoto
davanti a se, senza neppure cercare il volto di Dazai tanto affianco al
suo che, forse, avrebbe potuto intravedere un vago senso di confusione
nei suoi occhi altrimenti morti. Il peso con cui gli calpestava il
dorso della mano si fece più lieve, abbastanza
perché riuscisse a sottrarsi. Akutagawa se la strinse aperto
avvertendo una scarica di doloro ad ogni minimo movimento delle dita.
- Che intendi? - gli
domandò ancora tenendogli ben stretti i capelli,
strattonandogli per non perderne l'attenzione, pareva sul punto di star
per svenire da un momento all'altro. E forse era proprio grazie al suo
essere un passo dal collasso se era riuscito a farlo parlare tanto in
fretta.
- Se fosse tornato
dovevo lasciare tutto come prima che sparisse. Ma qualcuno poteva
prendere il suo appartamento o un nemico poteva distruggerlo -
sospirò il corvino avvertendo un nodo alla gola, sentendosi
un idiota per aver seguito, al tempo, quel pensiero che lo aveva
portato sino a quel punto. - Credevo di doverlo proteggere - ammise
chinando finalmente il capo ora che Dazai aveva lasciato la presa sui
suoi capelli nel raddrizzarsi in piedi.
- Sei persino
più patetico di quanto credessi - commentò senza
che Akutagawa sapesse decifrarne il tono di voce, e privo della forza
per guardarlo dritto in viso, lo sguardo fisso sul pavimento dove
rimaneva seduto. - Sembri il cane Hachiko in attesa di un padrone che
tanto non tornerà mai - a quelle parole il corvino strinse
la mano sana con forza attorno alla gemella dolorante, lasciando che il
dolore oscurasse il senso di vergogna salito a colorargli il viso, il
quale però arrivò a tingerlo sino alla punta
delle orecchie.
E inattesa fu la
carezza che gli raggiunse il capo quando Dazai appoggiò di
nuovo la mano trai suoi capelli, questa volta senza l'intenzione di
ferirlo, almeno in apparenza.
- Non ho fatto
quello che ha detto...- sembrò rimpicciolirsi Akutagawa
nell'incassare la testa nelle spalle mentre, forse per la prima volta,
quella mano gli rivolgeva un gesto gentile, tanto a lungo desiderato e
atteso. Sul volto, di un acceso rosato, un'espressione corrucciata,
incapace di dimostrare la felicità provocatagli da un simile
gesto, temendo di essere presto allontanato malamente.
- Lo so - ammise
Dazai, alzando le spalle, un sorriso vagamente divertito dal suono
infantile avuto dalla sua negazione, - ...potrai essere ossessionato da
me, ma non sei un simile pervertito - aggiunse intono superficiale
mentre ancora teneva la mano ad accarezzare il capo del suo ex-allievo.
Non ricordava di avergli mai rivolto un elogio quando ne era stato il
maestro, e ormai lo considerava un adulto, quindi non era certo di
potervi rimediare. - Sei stato bravo - gli concesse, - ...
però sai che non tornerò in questo appartamento,
vero? -
Poiché
stava riconoscendo i suoi sforzi, Akutagawa si concesse qualche secondo
per godersi il momento, avvertendo un peso nel petto nel annuire.
- L'ho capito
subito... - però non era pronto a lasciarlo andare e a farsi
così abbandonare da lui. - Ma... - la prospettiva di essere
lasciato indietro era stata troppo spaventosa perché
l'accettasse senza tentare una minima resistenza. Aveva creduto che,
con la scomparsa di Dazai, anche gli artigli ottenuti con estrema
fatica e la pelliccia di lupo di cui si era coperto, sparissero con
lui. Temeva di tornare il debole che era, ma se ora lui riconosceva il
suo impegno, questo non significava che era diventato forte? Voleva
crederci, per quanto sotto la maschera da lupo feroce il coniglio fosse
rimasto sempre un coniglio. Era solo diventato abile a ringhiare e ad
allontanare le persone da sé, così che non
potesse tradire la propria vera natura lasciandole avvicinare troppo.
- Ma ci speravi? -
concluse per lui Dazai, trovando non ci fosse poi molta differenza tra
l'adulto che aveva di fronte e il bambino che era stato. Aveva cercato
un posto a cui appartenere e l'aveva trovato nella PortMafia con il suo
aiuto. Quando ne aveva perso il sostegno probabilmente si era trovato a
temere di poter perdere anche il luogo in cui stare. Con imbarazzo
crescente Akutagawa si trovo di nuovo ad asserire con un semplice cenno
del capo mentre la mano del altro ancora gli accarezzava il capo.
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Little Black Rabbit:
una one-shot troppo lunga per rimanere una one-shot, si conclude qui.
Mi scuso per l'OOC di Akutagawa, ma lo ritengo un OOC giustificato dal
fatto che fosse vicino al collasso, quindi vedetelo come ubriaco (LOL).
Purtroppo questa storia ha una terza parte, che però
sarà sviluppata in altra sede(?), perché il
rating cambia
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