Come promesso, Tony è
vestito di tutto punto e in perfetto orario. Quando Steve scende al piano
comune lo trova ad aspettarlo. Lo smoking nero sembra disegnato su di lui -
anzi, sicuramente lo è. Steve, invece, è una sorpresa. Indossa un completo blu
- un punto di blu spettacolare, non troppo scuro, ma nemmeno brillante,
perfetto per i suoi occhi azzurri e il suo incarnato - una camicia bianca e una
cravatta appena più cupa. È una visione scesa dai piani alti del paradiso.
Ovviamente. Tony è invidiosissimo. Accanto a lui farà la figura del brutto
anatroccolo per tutta la serata, e la sola idea che tutte le telecamere saranno
puntate su Steve - che tutte le donne presenti faranno a gara per strappargli
una parola, persino un ballo - lo manda ai matti. Non per Steve, sia chiaro. È
solo che quello è il suo ruolo.
“Sei pronto Stak?” fa lui, armeggiando di continuo con il nodo della
cravatta. “Prima andiamo, prima finiamo, prima potrò togliermi questa roba di
dosso”.
Tony, nonostante tutto,
ghigna. Perché Steve può essere straordinario quanto vuole, ma quando si muove
ha l’eleganza di un elefante in una cristalleria, in quegli abiti. Anni di
pratica hanno reso lui, invece, il perfetto animale da ricevimento.
“Vieni qui. Dio, Rogers, sei un disastro” lo prende bonariamente in giro.
“Credevo che dopo tutti questi anni a fare la scimmietta ammaestrata ti
avessero insegnato a fare un nodo decente, ma ogni tanto anche io mi sbaglio,
per fortuna”
“Credo che la mia sia
una reazione involontaria. Sai, una cosa tipo “non mi avrete mai”, o giù di lì”
Steve si lascia aggiustare la dannata cravatta con un mezzo sorriso. Le mani di
Tony si muovono a velocità impressionante sotto al suo mento, sfiorandogli il
pomo d’adamo. Dio, vorrebbe che quella serata finisse
subito.
*
Tony parcheggia l’auto
personalmente - non esiste parcheggiatore al mondo in grado di prendersi cura
della sua bambina. Il ricevimento si tiene in una antica villa fuori città,
verso il New Jersey. La luce calda che emana dalle numerose, piccole finestre
dell’edificio oscilla continuamente, dando l’idea che il posto sia già
parecchio affollato.
“Okay, eccoci qui,
Capitan Cenerentola. Ricorda, entriamo, sorridiamo, salutiamo, facciamo il
nostro bel discorso e saremo fuori di qui prima che ti trasformi in una zucca”
Tony sfodera il suo sorriso più affascinante e si lancia dritto verso l’entrata
della villa, dove i giornalisti sono pronti a fotografarli e investirli con le
loro domande fuori luogo.
“Senza nemmeno provarmi
la scarpetta di cristallo? Non è giusto” Rogers
indossa il suo sorriso di ordinanza - lo indossa proprio come un passamontagna,
ma non gli arriva fino agli occhi - e si ferma pazientemente per le prime foto.
“Tu hai preparato un discorso?” domanda a denti stretti.
“Ovviamente” risponde
Tony, senza mai far cadere il sorriso. Passa un braccio dietro le enormi spalle
di Steve e si volta per far sì che il suo lato migliore sia a portata di
macchina.
All’ingresso, un
drappello di notabili con le rispettive signore li accolgono con un calore
eccessivo. Alla quinta volta che li ringraziano per essere intervenuti, Steve
sente che potrebbe spaccare una bottiglia di costoso champagne in testa a
qualcuno.
“Se mi fanno anche solo
un’altra foto…” sbotta. “Dovremmo essere qui per fare del bene per queste
persone, non per alimentare i giornali di gossip”
“E come credi che si
faccia del bene al giorno d’oggi? Sorridi, il mondo ci osserva” Tony si muove
con naturalezza, come se lui e Steve stessero parlando di qualche sciocchezza.
“Carino e coccoloso, Cap, carino e coccoloso” dice ancora, prima di aprirsi in un sorriso
smagliante e accogliere con una calorosa stretta di mano un vecchio bacucco e
la sua malandata moglie. “Arnold! E oh mio dio, chi è questa deliziosa
signorina e dove hai lasciato Margaret?”
La signorina ride
civettuola e gli regala un bacio sulla guancia impregnato di profumo costoso.
“Anthony. Adulatore che
non sei altro”
Steve è impegnato a
ripetere “carino e coccoloso” con espressione
sconcertata. Attorno a lui si è già formato un gruppo di curiosi, entusiasti di
poter raccontare agli amici di aver visto da vicino Capitan America. Steve fa
appello a tutto quello che ha imparato lavorando nell’USO per intrattenere
conversazioni spezzettate con chiunque pretenda la sua attenzione.
La serata procede senza
intoppi. Tony fa i suoi numeri per affascinare la maggior parte degli ospiti e
Steve li affascina con la sua sola presenza. È quasi divertente vedere quanti
sobri, annoiati esponenti dell’alta società siano in procinto di bagnarsi le
mutande solo per essere riusciti a scambiare due parole con lui. L’ammirazione
che riceve è inversamente proporzionale alla voglia che ha di restare lì a
farsi ammirare come un’attrazione turistica.
Quindi, quando arriva
l’ora del discorso, sembra quasi che sia Natale, per lui. Trascina Tony sul
palco senza neanche ascoltare le sue proteste, e mentre batte qualche colpo sul
microfono il salone cade magicamente in un silenzio pieno di attesa.
“Grazie a tutti per
essere qui” comincia Steve con voce chiara e ben scandita. “Ci sono tanti modi
per salvare persone innocenti, e questa sera io e Tony siamo qui perché
speriamo di farlo. La scorsa estate la costa atlantica ha sofferto una
devastazione senza precedenti. Non ci sono cattivi da combattere, qui, è la
natura. Certe cose, semplicemente, non possiamo fermarle, nemmeno con i nostri
superpoteri. Anzi, forse sì, possiamo. Investendo in energia pulita,
prendendoci cura del nostro fragile e bellissimo mondo. Ho l’onore di avere qui
al mio fianco un uomo che ha fatto tantissimo per dare alla Terra un’energia
sana, pulita, rispettosa. Ma non basta. Non basta perché quando questi disastri
succedono, noi dobbiamo essere lì. Essere lì con aiuti concreti, con risposte
immediate per le famiglie rimaste senza casa, per i bambini rimasti senza
genitori. Bambini che hanno diritto a un futuro sicuro, a un tetto che li
protegga, a cure mediche e a un’istruzione. Garantire tutto questo non è una
scusa per organizzare una serata mondana, è nostro preciso dovere di cittadini
americani, e di esseri umani”
La platea lo ascolta
rapito, così come Tony, che sorride pensieroso accanto a lui. Il fatto che
Steve faccia sempre il grosso orso che sbraita ordini gli fa dimenticare, a
volte, che l’uomo accanto a lui è un cuore di panna, che sorride ai cagnolini
per strada e si intenerisce se un mocciosetto gli
chiede un autografo sul suo scudo giocattolo.
“Tony, vuoi…?” Steve gli
offre il microfono e Tony lo accetta con una pacca sulla spalla.
“Grazie, Cap” Prende la
parola. “Come hai detto, non siamo qui per l’ottimo champagne, o la bellezza
mozzafiato di Margaret” La folla ride e la donna agita una mano guantata verso
di lui. “Siamo qui perché siamo un esempio da seguire, perché siamo quell’un
per cento fortunato che può, anzi, no, deve prendersi cura degli altri.
Ed è per questo che stasera dichiaro ufficialmente aperta l’Associazione
Atlantica della Fondazione Maria Stark, per
permettere la ricostruzione delle zone disastrate e la riapertura immediata di
tutte le strutture fondamentali. Scuole, stazioni di polizia, ospedali,
supermercati, uffici pubblici. Tutto ciò che serve a tornare alla normalità
subito”.
Steve si volta verso di
lui, sorpreso, mentre la folla applaude. I suoi occhi si riempiono di qualcosa
di indefinito che somiglia all’orgoglio, e Tony si sente riscaldato dalla
sensazione di essere stato lui a provocarlo. Una volta tanto, ha attirato
l’attenzione generale per qualcosa di davvero buono, e senza l’armatura
addosso.
“Be’, a quanto pare, ora
sapete dove destinare le vostre generose donazioni. Speriamo che la nostra
presenza qui vi faccia sentire il giusto grado di pressione. Noi faremo del
nostro meglio per mettervela” conclude con un sorriso adorabile.
La folla ride e applaude
e Tony e Steve scendono dal palco stringendo mani e regalando sorrisi.
“Beh, è andata bene,
no?” Tony recupera due flute di champagne dal vassoio
quasi vuoto di un cameriere e ne passa uno all’amico.
Steve fa tintinnare il
calice contro il suo. “È andata più che bene. Wow, sono senza parole. La
Fondazione Maria Stark potrà fare moltissimo per
quella gente. Pensa a quanti ragazzi potranno riprendere a studiare grazie a
te, a quante famiglie avranno una nuova casa”.
Tony scrolla le spalle e
butta giù il suo champagne. “Credo davvero in quello che ho detto. Che siamo
nati fortunati o che ci siamo costruiti la nostra fortuna da soli, abbiamo un
enorme dovere nei confronti del mondo. È per questo che sono così battagliero
sull’energia pulita. Voglio costruire un mondo in cui vivere in armonia con la
natura, in cui le nostre case siano sicure e parte integrante dei grande
giardino del mondo. Immagina, case che aiutano l’ossigenazione del pianeta,
automobili completamente autoalimentate, riscaldamento a energia solare ogni
giorno dell’anno, intere città sostenute dall’energia eolica, che si adattano
agli sconvolgimenti terrestri salvando i loro abitanti. Quando questi gala
saranno obsoleti, mi sentirò soddisfatto”
Il sorriso di Steve si
fa sempre più grande e luminoso ad ogni parola, mentre beve il suo champagne
senza quasi sentirlo scorrere in gola. “È un sogno per cui vale la pena
combattere fino all’ultimo respiro. E lo faremo insieme”.
Tony lo guarda sorpreso,
ma poi sorride e annuisce. “Mi piace come suona”.
Dall’altra parte della
sala qualcosa si infrange sul pavimento e qualcuno ride, e Tony guarda la folla
che si muove placida davanti a loro. “Ti va una boccata d’aria?” domanda,
facendogli cenno verso il corridoio. “Facciamo due passi. Il giardino di questa
villa è stupendo, anche al chiarore dei lampioni”
“Certo che mi va.
Metteremo pressione a questi ricconi da distante” Steve gli offre un ghigno,
mentre marcia verso il blu denso e stellato della notte. L’aria fresca li
schiaffeggia piacevolmente, facendoli respirare dopo il caldo soffocante del
salone. È una notte pacifica, rilassata, quasi strana per quanto normale.
Qualcosa pizzica nel fondo dello stomaco di Tony, ma non sa cosa possa essere.
Forse è solo noia.
La luce calda
dell’interno rimbalza sul viso di Steve, facendogli gli occhi scuri e liquidi.
“Se riusciremo a strappare anche solo una manciata di dollari a ciascuno di
questi annoiati signorotti, sarà una vittoria quanto quelle sul campo. Anzi,
per certi versi sarà meglio. Almeno non avremo da rompere niente”.
Tony ride e lo affianca.
“Se riuscirò a strappare solo qualche dollaro a questi pinguini inamidati, mi
riterrò personalmente offeso”
“Oh, è gente della tua
razza questa, sei sicuramente più bravo tu di me. Senza contare che non ho
ancora preso le misure dell'inflazione corrente. Portare a casa mille dollari
mi sembrerebbe un risultato stratosferico” Steve lo dice con una punta di
autoironia e Tony scoppia a ridere, forte e con la testa rivolta in alto.
“Oh Steve, sei
adorabile, davvero” sghignazza e ciondola con la testa in avanti.
“Me lo dicono tutti.
Solo che temo non sia proprio un punto a mio favore. Probabilmente appaio
come una specie di alieno bacchettone con un manico di scopa nel sedere”
“Hey,
c'è a chi piace avere una scopa nel sedere” ribatte Tony con una scrollata di
spalle.
Steve strabuzza gli
occhi in quel suo tipico modo che ricorda a Tony, ogni volta, che Steve è
davvero un pezzo unico, in tutti i sensi. Ride ancora un po’, perché non è
possibile vivere con Steve Rogers e non prenderlo in
giro almeno un po’.
L’ombra densa di Steve
si mescola con grazia a quella dei cespugli disseminati lungo il sentiero
ciottoloso. Steve misura i propri passi con calma, guardando da nessuna parte
di preciso.
“Sai, stavo pensando che
questa villa è molto vecchia. Risale alla fine dell’800, quando non ero ancora
nato. È più vecchia di me, e di te, e del tempo che mi separa da questo
presente. Che separa me e te. È un pensiero consolante, in un certo senso”
“Cosa, che esistono cose
più vecchie di te?” Tony si volta a guardarlo, con un mezzo sorriso sulle
labbra. “Sicuro. Ma nessuna così carina”
Steve ridacchia
quietamente. “Oh, così adesso sono Capitan Carino”
“No, sei Capitan Bel
Culetto, mi dispiace”
Steve ha uno scatto in
avanti, come se qualcosa gli avesse sfiorato il sedere. Lo guarda con un misto
di orrore e vergogna, quasi completamente avvolto nell’ombra della notte.
Tony è concentrato
nell’osservare gli alberi attorno a loro, le mani strette tra loro dietro la
schiena. È calmo e rilassato e non sembra avere l’aria di uno che gli ha appena
toccato il culo. Dalla villa arriva un canto e delle risate sempre più forti
che li fanno girare.
“Credo sia arrivato il
momento di tornare a casa, Cenerentola” mormora Tony.
Steve sembra stupito.
“Non riesco a credere a quello che sto per dire, ma il tempo è volato. Almeno
in questa seconda parte della serata. Si sta così bene qui che quasi ho
dimenticato quanto odio le cravatte”.
Il ghigno di Tony è
aperto e divertito al punto da illuminare i suoi occhi e far comparire piccole
rughe d’espressione - e d’età - attorno ad essi. Tony Stark
è, con tutte le probabilità, l’unico uomo nella storia a cui il tempo che passa
dona come un abito di alta sartoria.
“Andiamo, Capitano,
considerati libero dal giogo. Toglitela pure, se vuoi. Anzi, sai cosa?” Tony
infila due dita nel suo nodo di seta e tira, allentando il tessuto attorno al
proprio collo e, con due abili gesti dettati dall’abitudine, disfa la cravatta
ed apre i primi due bottoni della camicia. Sembra un’altra persona, così
rilassato, con la cravatta che cade placida sulla giacca e il collo che spunta
dalle ali del colletto.
Steve diventa rosso come
un tramonto. Rimane lì impalato a guardarlo come se si stesse spogliando
davanti ai suoi occhi. L’imbarazzo dura un attimo, il tempo di imitare i suoi
gesti - con molto meno mestiere - e lanciare la propria cravatta in alto verso
la notte con un gesto liberatorio.
Tony l’afferra al volo,
facendosela passare attorno al collo. “Hai idea di quanto costi questa roba?”
“No, ma se me la fai
fare a brandelli giuro che te la ripago” ridacchia Steve. E Tony fa la faccia
scioccata di uno che ha appena visto qualcuno prendere a calci un cucciolo
sotto la pioggia.
“Mostro!” Si porta una
delle estremità al viso e ci si strofina contro, posando un bacio sulla seta
scura. “Non ascoltarlo, è un bruto. Papà non ti lascerà mai più fra nelle sue
grinfie”
Steve scoppia in una
risata incredula, lunga e sincera. “Hai intenzione di aprire un ramo della
fondazione Stark anche per la tutela delle cravatte
di sartoria?” lo prende in giro, e con un gesto fulmineo gliela sfila dalle
mani.
“Ah-hey!
Ladro!” Tony si allunga per riuscire a riprendersela e finisce dritto dritto contro il petto muscoloso di Steve e- oh. Da dove
diavolo esce quella strana sensazione di esultanza nel suo petto?
Steve lo tiene su senza
sforzo apparente, e per tutta risposta fa dondolare l’estremità più sottile
della cravatta davanti ai suoi occhi. Peccato che sia anche all’altezza delle
sue labbra.
Il bacio arriva senza
che nessuno dei due se lo aspetti davvero. È un piccolo shock di labbra, con i
respiri mozzati e la sensazione che il tempo si sia fermato di botto,
scontratosi contro un muro di irrealtà.
Tony si tira indietro,
sconvolto dal proprio gesto, e tenta di dire qualcosa. Ma le parole non escono,
e Steve lo fissa ad occhi sgranati - la sua bocca è dischiusa e sembra così ben
disposta a un nuovo assalto. Tony fa un passo indietro, poi un altro ancora.
“... Ah, Tony” Steve
balbetta senza sapere bene cosa dire, gli occhi imbambolati su di lui e la
cravatta miseramente scivolata a terra.
Tony devia lo sguardo,
non sapendo bene cosa fare. Non si è mai trovato in una situazione del genere,
non ha mai avuto uno stallo per un bacio - bugia, è già successo, con Pepper, e tutti sanno com’è andata a finire quella storia.
“Forse è il caso di
tornare a casa davvero” mormora, voltandosi e ripercorrendo i suoi passi.
Steve lo raggiunge in
poche, lunghe falcate e gli afferra un braccio. “Stai scappando?” gli chiede a
bruciapelo, e il suo tono è vagamente accusatorio.
“Cos-No!” ribatte Tony,
ma si libera dalla sua presa come se si fosse scottato. Non lo guarda in faccia
e cerca di riprendere a camminare. “Torniamo a casa, Steve”
Steve non insiste, ma la
la sua espressione delusa gli si attacca alla nuca
come un’ombra.
*
Il viaggio di ritorno è
gelido e silenzioso, come se avessero litigato furiosamente.
Tony non riesce a
togliersi di dosso l’orribile sensazione di aver rovinato tutto, di aver fatto
la cazzata più grossa della sua vita, anche se non è ancora sicuro se sia stato
il bacio o la fuga l’istante dopo.
In macchina Steve non
parla e i suoi occhi sono fissi fuori dal finestrino, sulle luci ipnotiche
della città.
Tony si sente un codardo
e un idiota - ed odia sentirsi così, quindi prende la prima deviazione che trova
sulla strada senza pensarci. Non vuole che quella serata finisca così, con
tonnellate di non detto e uno squallido bacio rubato. Se non altro, questo
serve a provocare una reazione in Steve, che guardandosi bene dal girarsi verso
di lui osserva: “Hai sbagliato strada, non stiamo andando verso Manhattan”.
“Fingerò che tu non
abbia appena insinuato quello che hai insinuato” è la risposta pacata di Tony,
mentre prende una strada secondaria a una velocità francamente eccessiva.
Steve tace in un modo
che suggerisce che stia studiando un modo per ferirlo. “Non sto insinuando,
sono più che sicuro che questa non sia la strada per la Stark
Tower. O baciare le persone a tradimento ti fa sempre
perdere l’orientamento?”
Tony non risponde, si
limita a guidare fino a quando non arrivano in prossimità del Brooklyn Heights Promenade. Parcheggia quasi in mezzo alla strada e
scende dall’auto con un secco: “Hop hop, Capitano,
tieni il passo” prima di infilarsi nel parco.
Steve rimane immobile
per qualche istante, stranito da - da tutto, dal posto in cui si trovano, da
Tony - prima di scendere precipitosamente dalla macchina e andargli dietro.
“Hey,
perchè mi hai portato qui?”
Tony non risponde. Si
limita a camminare finché non arrivano nel punto perfetto, dove Manhattan sorge
davanti ai loro occhi come se venisse da un altro mondo, e il ponte di Brooklyn
si allunga maestosamente sulla loro destra, unendo i loro due mondi, ognuno con
le sue diversità e la sua importanza.
“Volevo fare le cose per
bene” ammette, guardando la danza di luci dello skyline.
Steve si appoggia
accanto a lui al parapetto, abbastanza vicino da strofinare la giacca elegante
contro il suo braccio.
“Tony. Perché mi hai
portato qui?” domanda di nuovo. E questa volta non c’è niente di accusatorio
nella sua voce, che anzi è sorprendentemente delicata.
Tony si sporge e lo
bacia. Piano, senza fretta, una semplice carezza di labbra che li fa tremare
dalla testa ai piedi. “Credo di aver fatto un casino con i tempi, prima”
borbotta.
Steve sorride, con tutta
la sua semplicità e la sua sincerità. “No. Andava bene, invece. Solo, mi hai
spaventato a morte quando sei scappato. Perché è quello che hai fatto”.
Tony torna al suo posto,
ma resta abbastanza vicino perché le loro spalle si sfiorino a ogni respiro.
Guarda davanti a sé, pensieroso. “Mi sono spaventato anche io. Non-Non era una
cosa programmata”.
“No, non lo era” concede
Steve. “Ma credo che un po’ di fattori abbiano concorso a farlo succedere, no?
Prima le tue parole al ricevimento, poi quei giardini magnifici…”
“Credi sia questo?
Perché ho ancora voglia di baciarti e questi non sono quei giardini magnifici”
“No, ma anche qui è
magnifico. È casa mia” Steve lo abbraccia e lo bacia con un trasporto
sorprendente, e per un momento non sembrano niente più che una coppietta
innamorata. Due ragazzini, chi per un verso e chi per l’altro.
Tony si lascia andare
tra le sue braccia, con un sospiro e una mano che sale tra i capelli biondi di
Steve. Attorno a loro la notte è silenziosa, la Promenade è praticamente
deserta e a Tony non interessa null’altro che non sia Steve. A nessuno dei due
importa. Steve è bello da togliere il fiato, e non è per l’abito elegante, o la
camicia un po’ stropicciata. Steve è bello in ogni modo possibile, e andiamo,
sul serio Tony non lo aveva capito prima? Sul serio era stato tanto cieco da
non accorgersi di quanto lo volesse? Perchè adesso lo
vuole, da morire. I suoi occhi cristallini, i suoi sorrisi disarmanti, la sua
maledetta testardaggine, il suo piglio militaresco e quel suo essere sempre,
meravigliosamente fuori dal tempo e dallo spazio. “Torniamo a casa” dice in un
sussurro, come una piccola promessa. Ci sarà tempo per le parole, dopo. Ora
tutto ciò che vuole, è imparare che sapore hanno i baci di Steve.
*
Il mattino seguente,
Steve non è il primo a presentarsi nella sala comune per la colazione, e già
questa è una notizia in sé. Bucky e Natasha sono
davanti alle loro tazze di caffè, e Clint arriva subito dopo di lui. Di Tony,
invece, non c’è traccia.
“Allora, com’è andata
ieri sera? Noioso?” chiede Nat, fingendo
indifferenza.
Steve traffica con la
macchina del caffè - non è molto bravo a usarla, di solito è Tony che lo
prepara per tutti. “È stata una bella serata” risponde semplicemente.
“Avete spillato
abbastanza soldi ai ricconi?” Clint ruba un pezzetto di pancake dal piatto di Bucky, che reagisce con un’occhiataccia, ma non dice nulla.
“Non lo so, Tony ha in
mano la situazione della raccolta fondi, dovete chiedere a lui”. Steve agguanta
un paio di mele e torna verso il tavolo e-oh, sembra avere qualche difficoltà a
camminare. E anche a sedersi, a giudicare dalla smorfia impercettibile che gli
attraversa il viso come un fulmine quando lo fa.
Natasha inarca un
sopracciglio e tamburella con le dita sulla sua tazza di ceramica. “E il resto
della serata? È stato... piacevole?” domanda, inclinando appena di lato la
testa.
“Siamo passati da
Brooklyn sulla via del ritorno” risponde Steve, evasivo. “Siamo tornati presto”
“Oh sì, lo abbiamo visto
dalle telecamere. E abbiamo visto anche che siete entrati entrambi in camera
tua. Tony sta ancora dormendo?”
Sia Natasha che Bucky guardano Clint con cipiglio esasperato.
“Che c’è?” chiede lui,
succhiandosi un dito sporco di sciroppo. “Non dovevo dirlo?”
“Che razza di spia sei?”
sbotta Bucky, bacchettandogli la mano con la
forchetta quando quello cerca di nuovo di rubare un pezzo della sua colazione.
“Ahi! Non sono una spia.
Lei è una spia” ribatte Clint, massaggiandosi la mano offesa.
Steve si trincera dietro
a un silenzio dei suoi, senza alzare gli occhi dal piatto. Divora in fretta la
sua colazione, si infila una delle mele nella tasca della tuta e si alza dopo
pochi istanti. “Sarò in palestra” annuncia, infilando la porta - con qualche
difficoltà.
Clint lo osserva
allontanarsi, e si gira verso i due compagni, perplesso.
“Cosa è appena
successo?”
“Wow Clint, hai un tatto
impressionante” commenta Natasha con aria tetra. “Grazie a te non riusciremo
più a estorcergli alcuna informazione. Dovremo tentare con Stark,
e stavolta tu starai zitto, o Bucky ti tirerà i
capelli. Usando il braccio bionico”
Tony entra in
quell’istante, e per poco non va a sbattere contro Steve. I due si girano
attorno per un attimo, senza riuscire a decidere chi debba passare da quale
lato. Nat mantiene gli occhi bassi sul suo piatto, ma
riesce a cogliere perfettamente il buffetto affettuoso che Tony fa a Steve su
una guancia. Poi Steve sparisce dalla visuale e Tony entra in cucina, più
perplesso che mai.
“Cosa avete fatto a
Capitan Imbarazzo? Non l’ho mai visto così rosso. Credo stesse andando a fuoco”
“E tu te ne intendi di
mandarlo a fuoco, eh? Ouch!” Clint tira
indietro la testa e cerca di liberarsi dalla morsa mortale delle dita di Bucky strette tra i suoi capelli.
“La serata di ieri è
andata bene? Steve sembrava molto soddisfatto, per essere il genere di cosa che
lo costringe a portare una cravatta” fa Nat con aria
casuale.
“È andata bene. Abbiamo
salvato la giornata portando a casa un bottino degno del nome Stark. O almeno immagino. Non ho accesso ai conti della
Fondazione”
“Non hai accesso ai
conti della tua fondazione, Stark? Wow, questo sì che
è un attestato di fiducia” Nat gli offre un piatto
ricolmo di uova fritte. “Tu e Cap non vi siete scannati, vero?” domanda
sfoggiando un magistrale tono preoccupato.
“Della Fondazione si
occupa Pepper, e perché io e Steve avremmo dovuto
scannarci?” ribatte Tony. L’attimo dopo i suoi occhi si allargano per la
comprensione. “Ohhh” mormora. “No” dichiara scuotendo
la testa. “Non avrete niente da me, nossignore. Le mie labbra sono cucite”
La maschera di Nat crolla, e persino Clint e Bucky
si sgonfiano all’unisono. “Avanti Tony, ce lo devi. Dacci qualcosa, sappiamo
che vi siete lanciati in camera di Steve quasi sfondando le porte. Com’è
andata?”
Il sorrisetto che Tony
regala loro è carico di parole e malizia, ma dalle sue labbra tutto ciò che
esce è un sibilino “Un gentiluomo bacia e non dice” prima di recuperare una
tazza di caffè e sparire oltre la porta, diretto, probabilmente in officina - o
magari in palestra?
“Hanno fatto sesso”
dichiara Bucky e Clint fischia in assenso.
“Eccome se lo hanno
fatto. Non hai notato come camminava Cap? Quella è una chiara camminata da-”
“Concludi la frase sul
mio amico d’infanzia, Barton, e sarai tu quello che
finirà per camminare strano”
Clint ammicca,
inclinando la testa per considerare la cosa: “Potrebbe piacermi?”
Nat incrocia le braccia, in
piedi davanti alle loro sedie. Non si erano nemmeno accorti che si fosse
alzata, e adesso li sta osservando con un sorrisino un tantino psicotico.
“Bene” scandisce lentamente, passando gli occhi dall’uno all’altro. “E adesso,
vediamo di sistemare anche voi due”.
THE END
ANGOLINO:
Koorime: Finita! Yay! Viva noi! E viva Steve e Tony. Ma soprattutto Clint,
che in qualche modo ci è uscito più simile a quello di Avengers
Assemble, ma who cares. Il Clint Barton di Avengers Assemble è bellissimo.
Stat: Per chi non se ne fosse accorto (ma è impossibile),
Clint è cotto di Bucky. Ma proprio malissimo. Ah, ci
tengo ad aggiornarvi: alla fine la pipì l’ho fatta. Tutto è bene quel che
finisce bene.