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Autore: Stateira_e_Koorime    06/10/2017    1 recensioni
In cui Nat ha già scelto la sfumatura di verde del suo vestito per il matrimonio, a Steve il blu dona moltissimo e Clint è la peggior spia del pianeta Terra. (Steve Rogers/Tony Stark)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Come promesso, Tony è vestito di tutto punto e in perfetto orario. Quando Steve scende al piano comune lo trova ad aspettarlo. Lo smoking nero sembra disegnato su di lui - anzi, sicuramente lo è. Steve, invece, è una sorpresa. Indossa un completo blu - un punto di blu spettacolare, non troppo scuro, ma nemmeno brillante, perfetto per i suoi occhi azzurri e il suo incarnato - una camicia bianca e una cravatta appena più cupa. È una visione scesa dai piani alti del paradiso. Ovviamente. Tony è invidiosissimo. Accanto a lui farà la figura del brutto anatroccolo per tutta la serata, e la sola idea che tutte le telecamere saranno puntate su Steve - che tutte le donne presenti faranno a gara per strappargli una parola, persino un ballo - lo manda ai matti. Non per Steve, sia chiaro. È solo che quello è il suo ruolo.

“Sei pronto Stak?” fa lui, armeggiando di continuo con il nodo della cravatta. “Prima andiamo, prima finiamo, prima potrò togliermi questa roba di dosso”.

Tony, nonostante tutto, ghigna. Perché Steve può essere straordinario quanto vuole, ma quando si muove ha l’eleganza di un elefante in una cristalleria, in quegli abiti. Anni di pratica hanno reso lui, invece, il perfetto animale da ricevimento.

“Vieni qui. Dio, Rogers, sei un disastro” lo prende bonariamente in giro. “Credevo che dopo tutti questi anni a fare la scimmietta ammaestrata ti avessero insegnato a fare un nodo decente, ma ogni tanto anche io mi sbaglio, per fortuna”

“Credo che la mia sia una reazione involontaria. Sai, una cosa tipo “non mi avrete mai”, o giù di lì” Steve si lascia aggiustare la dannata cravatta con un mezzo sorriso. Le mani di Tony si muovono a velocità impressionante sotto al suo mento, sfiorandogli il pomo d’adamo. Dio, vorrebbe che quella serata finisse subito.

 

 

*

 

 

Tony parcheggia l’auto personalmente - non esiste parcheggiatore al mondo in grado di prendersi cura della sua bambina. Il ricevimento si tiene in una antica villa fuori città, verso il New Jersey. La luce calda che emana dalle numerose, piccole finestre dell’edificio oscilla continuamente, dando l’idea che il posto sia già parecchio affollato.

“Okay, eccoci qui, Capitan Cenerentola. Ricorda, entriamo, sorridiamo, salutiamo, facciamo il nostro bel discorso e saremo fuori di qui prima che ti trasformi in una zucca” Tony sfodera il suo sorriso più affascinante e si lancia dritto verso l’entrata della villa, dove i giornalisti sono pronti a fotografarli e investirli con le loro domande fuori luogo.

“Senza nemmeno provarmi la scarpetta di cristallo? Non è giusto” Rogers indossa il suo sorriso di ordinanza - lo indossa proprio come un passamontagna, ma non gli arriva fino agli occhi - e si ferma pazientemente per le prime foto. “Tu hai preparato un discorso?” domanda a denti stretti.

“Ovviamente” risponde Tony, senza mai far cadere il sorriso. Passa un braccio dietro le enormi spalle di Steve e si volta per far sì che il suo lato migliore sia a portata di macchina.

All’ingresso, un drappello di notabili con le rispettive signore li accolgono con un calore eccessivo. Alla quinta volta che li ringraziano per essere intervenuti, Steve sente che potrebbe spaccare una bottiglia di costoso champagne in testa a qualcuno.

“Se mi fanno anche solo un’altra foto…” sbotta. “Dovremmo essere qui per fare del bene per queste persone, non per alimentare i giornali di gossip”

“E come credi che si faccia del bene al giorno d’oggi? Sorridi, il mondo ci osserva” Tony si muove con naturalezza, come se lui e Steve stessero parlando di qualche sciocchezza. “Carino e coccoloso, Cap, carino e coccoloso” dice ancora, prima di aprirsi in un sorriso smagliante e accogliere con una calorosa stretta di mano un vecchio bacucco e la sua malandata moglie. “Arnold! E oh mio dio, chi è questa deliziosa signorina e dove hai lasciato Margaret?”

La signorina ride civettuola e gli regala un bacio sulla guancia impregnato di profumo costoso.

“Anthony. Adulatore che non sei altro”

Steve è impegnato a ripetere “carino e coccoloso” con espressione sconcertata. Attorno a lui si è già formato un gruppo di curiosi, entusiasti di poter raccontare agli amici di aver visto da vicino Capitan America. Steve fa appello a tutto quello che ha imparato lavorando nell’USO per intrattenere conversazioni spezzettate con chiunque pretenda la sua attenzione.

La serata procede senza intoppi. Tony fa i suoi numeri per affascinare la maggior parte degli ospiti e Steve li affascina con la sua sola presenza. È quasi divertente vedere quanti sobri, annoiati esponenti dell’alta società siano in procinto di bagnarsi le mutande solo per essere riusciti a scambiare due parole con lui. L’ammirazione che riceve è inversamente proporzionale alla voglia che ha di restare lì a farsi ammirare come un’attrazione turistica.

Quindi, quando arriva l’ora del discorso, sembra quasi che sia Natale, per lui. Trascina Tony sul palco senza neanche ascoltare le sue proteste, e mentre batte qualche colpo sul microfono il salone cade magicamente in un silenzio pieno di attesa.

“Grazie a tutti per essere qui” comincia Steve con voce chiara e ben scandita. “Ci sono tanti modi per salvare persone innocenti, e questa sera io e Tony siamo qui perché speriamo di farlo. La scorsa estate la costa atlantica ha sofferto una devastazione senza precedenti. Non ci sono cattivi da combattere, qui, è la natura. Certe cose, semplicemente, non possiamo fermarle, nemmeno con i nostri superpoteri. Anzi, forse sì, possiamo. Investendo in energia pulita, prendendoci cura del nostro fragile e bellissimo mondo. Ho l’onore di avere qui al mio fianco un uomo che ha fatto tantissimo per dare alla Terra un’energia sana, pulita, rispettosa. Ma non basta. Non basta perché quando questi disastri succedono, noi dobbiamo essere lì. Essere lì con aiuti concreti, con risposte immediate per le famiglie rimaste senza casa, per i bambini rimasti senza genitori. Bambini che hanno diritto a un futuro sicuro, a un tetto che li protegga, a cure mediche e a un’istruzione. Garantire tutto questo non è una scusa per organizzare una serata mondana, è nostro preciso dovere di cittadini americani, e di esseri umani”

La platea lo ascolta rapito, così come Tony, che sorride pensieroso accanto a lui. Il fatto che Steve faccia sempre il grosso orso che sbraita ordini gli fa dimenticare, a volte, che l’uomo accanto a lui è un cuore di panna, che sorride ai cagnolini per strada e si intenerisce se un mocciosetto gli chiede un autografo sul suo scudo giocattolo.

“Tony, vuoi…?” Steve gli offre il microfono e Tony lo accetta con una pacca sulla spalla.

“Grazie, Cap” Prende la parola. “Come hai detto, non siamo qui per l’ottimo champagne, o la bellezza mozzafiato di Margaret” La folla ride e la donna agita una mano guantata verso di lui. “Siamo qui perché siamo un esempio da seguire, perché siamo quell’un per cento fortunato che può, anzi, no, deve prendersi cura degli altri. Ed è per questo che stasera dichiaro ufficialmente aperta l’Associazione Atlantica della Fondazione Maria Stark, per permettere la ricostruzione delle zone disastrate e la riapertura immediata di tutte le strutture fondamentali. Scuole, stazioni di polizia, ospedali, supermercati, uffici pubblici. Tutto ciò che serve a tornare alla normalità subito”.

Steve si volta verso di lui, sorpreso, mentre la folla applaude. I suoi occhi si riempiono di qualcosa di indefinito che somiglia all’orgoglio, e Tony si sente riscaldato dalla sensazione di essere stato lui a provocarlo. Una volta tanto, ha attirato l’attenzione generale per qualcosa di davvero buono, e senza l’armatura addosso.

“Be’, a quanto pare, ora sapete dove destinare le vostre generose donazioni. Speriamo che la nostra presenza qui vi faccia sentire il giusto grado di pressione. Noi faremo del nostro meglio per mettervela” conclude con un sorriso adorabile.

La folla ride e applaude e Tony e Steve scendono dal palco stringendo mani e regalando sorrisi.

“Beh, è andata bene, no?” Tony recupera due flute di champagne dal vassoio quasi vuoto di un cameriere e ne passa uno all’amico.

Steve fa tintinnare il calice contro il suo. “È andata più che bene. Wow, sono senza parole. La Fondazione Maria Stark potrà fare moltissimo per quella gente. Pensa a quanti ragazzi potranno riprendere a studiare grazie a te, a quante famiglie avranno una nuova casa”.

Tony scrolla le spalle e butta giù il suo champagne. “Credo davvero in quello che ho detto. Che siamo nati fortunati o che ci siamo costruiti la nostra fortuna da soli, abbiamo un enorme dovere nei confronti del mondo. È per questo che sono così battagliero sull’energia pulita. Voglio costruire un mondo in cui vivere in armonia con la natura, in cui le nostre case siano sicure e parte integrante dei grande giardino del mondo. Immagina, case che aiutano l’ossigenazione del pianeta, automobili completamente autoalimentate, riscaldamento a energia solare ogni giorno dell’anno, intere città sostenute dall’energia eolica, che si adattano agli sconvolgimenti terrestri salvando i loro abitanti. Quando questi gala saranno obsoleti, mi sentirò soddisfatto”

Il sorriso di Steve si fa sempre più grande e luminoso ad ogni parola, mentre beve il suo champagne senza quasi sentirlo scorrere in gola. “È un sogno per cui vale la pena combattere fino all’ultimo respiro. E lo faremo insieme”.

Tony lo guarda sorpreso, ma poi sorride e annuisce. “Mi piace come suona”.

Dall’altra parte della sala qualcosa si infrange sul pavimento e qualcuno ride, e Tony guarda la folla che si muove placida davanti a loro. “Ti va una boccata d’aria?” domanda, facendogli cenno verso il corridoio. “Facciamo due passi. Il giardino di questa villa è stupendo, anche al chiarore dei lampioni”

“Certo che mi va. Metteremo pressione a questi ricconi da distante” Steve gli offre un ghigno, mentre marcia verso il blu denso e stellato della notte. L’aria fresca li schiaffeggia piacevolmente, facendoli respirare dopo il caldo soffocante del salone. È una notte pacifica, rilassata, quasi strana per quanto normale. Qualcosa pizzica nel fondo dello stomaco di Tony, ma non sa cosa possa essere. Forse è solo noia.

La luce calda dell’interno rimbalza sul viso di Steve, facendogli gli occhi scuri e liquidi. “Se riusciremo a strappare anche solo una manciata di dollari a ciascuno di questi annoiati signorotti, sarà una vittoria quanto quelle sul campo. Anzi, per certi versi sarà meglio. Almeno non avremo da rompere niente”.

Tony ride e lo affianca. “Se riuscirò a strappare solo qualche dollaro a questi pinguini inamidati, mi riterrò personalmente offeso”

“Oh, è gente della tua razza questa, sei sicuramente più bravo tu di me. Senza contare che non ho ancora preso le misure dell'inflazione corrente. Portare a casa mille dollari mi sembrerebbe un risultato stratosferico” Steve lo dice con una punta di autoironia e Tony scoppia a ridere, forte e con la testa rivolta in alto.

“Oh Steve, sei adorabile, davvero” sghignazza e ciondola con la testa in avanti.

“Me lo dicono tutti. Solo che temo non sia proprio un punto a mio favore.  Probabilmente appaio come una specie di alieno bacchettone con un manico di scopa nel sedere”

Hey, c'è a chi piace avere una scopa nel sedere” ribatte Tony con una scrollata di spalle.

Steve strabuzza gli occhi in quel suo tipico modo che ricorda a Tony, ogni volta, che Steve è davvero un pezzo unico, in tutti i sensi. Ride ancora un po’, perché non è possibile vivere con Steve Rogers e non prenderlo in giro almeno un po’.

L’ombra densa di Steve si mescola con grazia a quella dei cespugli disseminati lungo il sentiero ciottoloso. Steve misura i propri passi con calma, guardando da nessuna parte di preciso.

“Sai, stavo pensando che questa villa è molto vecchia. Risale alla fine dell’800, quando non ero ancora nato. È più vecchia di me, e di te, e del tempo che mi separa da questo presente. Che separa me e te. È un pensiero consolante, in un certo senso”

“Cosa, che esistono cose più vecchie di te?” Tony si volta a guardarlo, con un mezzo sorriso sulle labbra. “Sicuro. Ma nessuna così carina”

Steve ridacchia quietamente. “Oh, così adesso sono Capitan Carino”

“No, sei Capitan Bel Culetto, mi dispiace”

Steve ha uno scatto in avanti, come se qualcosa gli avesse sfiorato il sedere. Lo guarda con un misto di orrore e vergogna, quasi completamente avvolto nell’ombra della notte.

Tony è concentrato nell’osservare gli alberi attorno a loro, le mani strette tra loro dietro la schiena. È calmo e rilassato e non sembra avere l’aria di uno che gli ha appena toccato il culo. Dalla villa arriva un canto e delle risate sempre più forti che li fanno girare.

“Credo sia arrivato il momento di tornare a casa, Cenerentola” mormora Tony.

Steve sembra stupito. “Non riesco a credere a quello che sto per dire, ma il tempo è volato. Almeno in questa seconda parte della serata. Si sta così bene qui che quasi ho dimenticato quanto odio le cravatte”.

Il ghigno di Tony è aperto e divertito al punto da illuminare i suoi occhi e far comparire piccole rughe d’espressione - e d’età - attorno ad essi. Tony Stark è, con tutte le probabilità, l’unico uomo nella storia a cui il tempo che passa dona come un abito di alta sartoria.

“Andiamo, Capitano, considerati libero dal giogo. Toglitela pure, se vuoi. Anzi, sai cosa?” Tony infila due dita nel suo nodo di seta e tira, allentando il tessuto attorno al proprio collo e, con due abili gesti dettati dall’abitudine, disfa la cravatta ed apre i primi due bottoni della camicia. Sembra un’altra persona, così rilassato, con la cravatta che cade placida sulla giacca e il collo che spunta dalle ali del colletto.

Steve diventa rosso come un tramonto. Rimane lì impalato a guardarlo come se si stesse spogliando davanti ai suoi occhi. L’imbarazzo dura un attimo, il tempo di imitare i suoi gesti - con molto meno mestiere - e lanciare la propria cravatta in alto verso la notte con un gesto liberatorio.

Tony l’afferra al volo, facendosela passare attorno al collo. “Hai idea di quanto costi questa roba?”

“No, ma se me la fai fare a brandelli giuro che te la ripago” ridacchia Steve. E Tony fa la faccia scioccata di uno che ha appena visto qualcuno prendere a calci un cucciolo sotto la pioggia.

“Mostro!” Si porta una delle estremità al viso e ci si strofina contro, posando un bacio sulla seta scura. “Non ascoltarlo, è un bruto. Papà non ti lascerà mai più fra nelle sue grinfie”

Steve scoppia in una risata incredula, lunga e sincera. “Hai intenzione di aprire un ramo della fondazione Stark anche per la tutela delle cravatte di sartoria?” lo prende in giro, e con un gesto fulmineo gliela sfila dalle mani.

“Ah-hey! Ladro!” Tony si allunga per riuscire a riprendersela e finisce dritto dritto contro il petto muscoloso di Steve e- oh. Da dove diavolo esce quella strana sensazione di esultanza nel suo petto?

Steve lo tiene su senza sforzo apparente, e per tutta risposta fa dondolare l’estremità più sottile della cravatta davanti ai suoi occhi. Peccato che sia anche all’altezza delle sue labbra.

Il bacio arriva senza che nessuno dei due se lo aspetti davvero. È un piccolo shock di labbra, con i respiri mozzati e la sensazione che il tempo si sia fermato di botto, scontratosi contro un muro di irrealtà.

Tony si tira indietro, sconvolto dal proprio gesto, e tenta di dire qualcosa. Ma le parole non escono, e Steve lo fissa ad occhi sgranati - la sua bocca è dischiusa e sembra così ben disposta a un nuovo assalto. Tony fa un passo indietro, poi un altro ancora.

“... Ah, Tony” Steve balbetta senza sapere bene cosa dire, gli occhi imbambolati su di lui e la cravatta miseramente scivolata a terra.

Tony devia lo sguardo, non sapendo bene cosa fare. Non si è mai trovato in una situazione del genere, non ha mai avuto uno stallo per un bacio - bugia, è già successo, con Pepper, e tutti sanno com’è andata a finire quella storia.

“Forse è il caso di tornare a casa davvero” mormora, voltandosi e ripercorrendo i suoi passi.

Steve lo raggiunge in poche, lunghe falcate e gli afferra un braccio. “Stai scappando?” gli chiede a bruciapelo, e il suo tono è vagamente accusatorio.

“Cos-No!” ribatte Tony, ma si libera dalla sua presa come se si fosse scottato. Non lo guarda in faccia e cerca di riprendere a camminare. “Torniamo a casa, Steve”

Steve non insiste, ma la la sua espressione delusa gli si attacca alla nuca come un’ombra.

 

 

*

 

 

Il viaggio di ritorno è gelido e silenzioso, come se avessero litigato furiosamente.

Tony non riesce a togliersi di dosso l’orribile sensazione di aver rovinato tutto, di aver fatto la cazzata più grossa della sua vita, anche se non è ancora sicuro se sia stato il bacio o la fuga l’istante dopo.

In macchina Steve non parla e i suoi occhi sono fissi fuori dal finestrino, sulle luci ipnotiche della città.

Tony si sente un codardo e un idiota - ed odia sentirsi così, quindi prende la prima deviazione che trova sulla strada senza pensarci. Non vuole che quella serata finisca così, con tonnellate di non detto e uno squallido bacio rubato. Se non altro, questo serve a provocare una reazione in Steve, che guardandosi bene dal girarsi verso di lui osserva: “Hai sbagliato strada, non stiamo andando verso Manhattan”.

“Fingerò che tu non abbia appena insinuato quello che hai insinuato” è la risposta pacata di Tony, mentre prende una strada secondaria a una velocità francamente eccessiva.

Steve tace in un modo che suggerisce che stia studiando un modo per ferirlo. “Non sto insinuando, sono più che sicuro che questa non sia la strada per la Stark Tower. O baciare le persone a tradimento ti fa sempre perdere l’orientamento?”

Tony non risponde, si limita a guidare fino a quando non arrivano in prossimità del Brooklyn Heights Promenade. Parcheggia quasi in mezzo alla strada e scende dall’auto con un secco: “Hop hop, Capitano, tieni il passo” prima di infilarsi nel parco.

Steve rimane immobile per qualche istante, stranito da - da tutto, dal posto in cui si trovano, da Tony - prima di scendere precipitosamente dalla macchina e andargli dietro.

Hey, perchè mi hai portato qui?”

Tony non risponde. Si limita a camminare finché non arrivano nel punto perfetto, dove Manhattan sorge davanti ai loro occhi come se venisse da un altro mondo, e il ponte di Brooklyn si allunga maestosamente sulla loro destra, unendo i loro due mondi, ognuno con le sue diversità e la sua importanza.

“Volevo fare le cose per bene” ammette, guardando la danza di luci dello skyline.

Steve si appoggia accanto a lui al parapetto, abbastanza vicino da strofinare la giacca elegante contro il suo braccio.

“Tony. Perché mi hai portato qui?” domanda di nuovo. E questa volta non c’è niente di accusatorio nella sua voce, che anzi è sorprendentemente delicata.

Tony si sporge e lo bacia. Piano, senza fretta, una semplice carezza di labbra che li fa tremare dalla testa ai piedi. “Credo di aver fatto un casino con i tempi, prima” borbotta.

Steve sorride, con tutta la sua semplicità e la sua sincerità. “No. Andava bene, invece. Solo, mi hai spaventato a morte quando sei scappato. Perché è quello che hai fatto”.

Tony torna al suo posto, ma resta abbastanza vicino perché le loro spalle si sfiorino a ogni respiro. Guarda davanti a sé, pensieroso. “Mi sono spaventato anche io. Non-Non era una cosa programmata”.

“No, non lo era” concede Steve. “Ma credo che un po’ di fattori abbiano concorso a farlo succedere, no? Prima le tue parole al ricevimento, poi quei giardini magnifici…”

“Credi sia questo? Perché ho ancora voglia di baciarti e questi non sono quei giardini magnifici”

“No, ma anche qui è magnifico. È casa mia” Steve lo abbraccia e lo bacia con un trasporto sorprendente, e per un momento non sembrano niente più che una coppietta innamorata. Due ragazzini, chi per un verso e chi per l’altro.

Tony si lascia andare tra le sue braccia, con un sospiro e una mano che sale tra i capelli biondi di Steve. Attorno a loro la notte è silenziosa,  la Promenade è praticamente deserta e a Tony non interessa null’altro che non sia Steve. A nessuno dei due importa. Steve è bello da togliere il fiato, e non è per l’abito elegante, o la camicia un po’ stropicciata. Steve è bello in ogni modo possibile, e andiamo, sul serio Tony non lo aveva capito prima? Sul serio era stato tanto cieco da non accorgersi di quanto lo volesse? Perchè adesso lo vuole, da morire. I suoi occhi cristallini, i suoi sorrisi disarmanti, la sua maledetta testardaggine, il suo piglio militaresco e quel suo essere sempre, meravigliosamente fuori dal tempo e dallo spazio. “Torniamo a casa” dice in un sussurro, come una piccola promessa. Ci sarà tempo per le parole, dopo. Ora tutto ciò che vuole, è imparare che sapore hanno i baci di Steve.

 

 

*

 

 

Il mattino seguente, Steve non è il primo a presentarsi nella sala comune per la colazione, e già questa è una notizia in sé. Bucky e Natasha sono davanti alle loro tazze di caffè, e Clint arriva subito dopo di lui. Di Tony, invece, non c’è traccia.

“Allora, com’è andata ieri sera? Noioso?” chiede Nat, fingendo indifferenza.

Steve traffica con la macchina del caffè - non è molto bravo a usarla, di solito è Tony che lo prepara per tutti. “È stata una bella serata” risponde semplicemente.

“Avete spillato abbastanza soldi ai ricconi?” Clint ruba un pezzetto di pancake dal piatto di Bucky, che reagisce con un’occhiataccia, ma non dice nulla.

“Non lo so, Tony ha in mano la situazione della raccolta fondi, dovete chiedere a lui”. Steve agguanta un paio di mele e torna verso il tavolo e-oh, sembra avere qualche difficoltà a camminare. E anche a sedersi, a giudicare dalla smorfia impercettibile che gli attraversa il viso come un fulmine quando lo fa.

Natasha inarca un sopracciglio e tamburella con le dita sulla sua tazza di ceramica. “E il resto della serata? È stato... piacevole?” domanda, inclinando appena di lato la testa.

“Siamo passati da Brooklyn sulla via del ritorno” risponde Steve, evasivo. “Siamo tornati presto”

“Oh sì, lo abbiamo visto dalle telecamere. E abbiamo visto anche che siete entrati entrambi in camera tua. Tony sta ancora dormendo?”

Sia Natasha che Bucky guardano Clint con cipiglio esasperato.

“Che c’è?” chiede lui, succhiandosi un dito sporco di sciroppo. “Non dovevo dirlo?”

“Che razza di spia sei?” sbotta Bucky, bacchettandogli la mano con la forchetta quando quello cerca di nuovo di rubare un pezzo della sua colazione.

“Ahi! Non sono una spia. Lei è una spia” ribatte Clint, massaggiandosi la mano offesa.

Steve si trincera dietro a un silenzio dei suoi, senza alzare gli occhi dal piatto. Divora in fretta la sua colazione, si infila una delle mele nella tasca della tuta e si alza dopo pochi istanti. “Sarò in palestra” annuncia, infilando la porta - con qualche difficoltà.

Clint lo osserva allontanarsi, e si gira verso i due compagni, perplesso.

“Cosa è appena successo?”

“Wow Clint, hai un tatto impressionante” commenta Natasha con aria tetra. “Grazie a te non riusciremo più a estorcergli alcuna informazione. Dovremo tentare con Stark, e stavolta tu starai zitto, o Bucky ti tirerà i capelli. Usando il braccio bionico”

Tony entra in quell’istante, e per poco non va a sbattere contro Steve. I due si girano attorno per un attimo, senza riuscire a decidere chi debba passare da quale lato. Nat mantiene gli occhi bassi sul suo piatto, ma riesce a cogliere perfettamente il buffetto affettuoso che Tony fa a Steve su una guancia. Poi Steve sparisce dalla visuale e Tony entra in cucina, più perplesso che mai.

“Cosa avete fatto a Capitan Imbarazzo? Non l’ho mai visto così rosso. Credo stesse andando a fuoco”

“E tu te ne intendi di mandarlo a fuoco, eh? Ouch!” Clint tira indietro la testa e cerca di liberarsi dalla morsa mortale delle dita di Bucky strette tra i suoi capelli.

“La serata di ieri è andata bene? Steve sembrava molto soddisfatto, per essere il genere di cosa che lo costringe a portare una cravatta” fa Nat con aria casuale.

“È andata bene. Abbiamo salvato la giornata portando a casa un bottino degno del nome Stark. O almeno immagino. Non ho accesso ai conti della Fondazione”

“Non hai accesso ai conti della tua fondazione, Stark? Wow, questo sì che è un attestato di fiducia” Nat gli offre un piatto ricolmo di uova fritte. “Tu e Cap non vi siete scannati, vero?” domanda sfoggiando un magistrale tono preoccupato.

“Della Fondazione si occupa Pepper, e perché io e Steve avremmo dovuto scannarci?” ribatte Tony. L’attimo dopo i suoi occhi si allargano per la comprensione. “Ohhh” mormora. “No” dichiara scuotendo la testa. “Non avrete niente da me, nossignore. Le mie labbra sono cucite”

La maschera di Nat crolla, e persino Clint e Bucky si sgonfiano all’unisono. “Avanti Tony, ce lo devi. Dacci qualcosa, sappiamo che vi siete lanciati in camera di Steve quasi sfondando le porte. Com’è andata?”

Il sorrisetto che Tony regala loro è carico di parole e malizia, ma dalle sue labbra tutto ciò che esce è un sibilino “Un gentiluomo bacia e non dice” prima di recuperare una tazza di caffè e sparire oltre la porta, diretto, probabilmente in officina - o magari in palestra?

“Hanno fatto sesso” dichiara Bucky e Clint fischia in assenso.

“Eccome se lo hanno fatto. Non hai notato come camminava Cap? Quella è una chiara camminata da-”

“Concludi la frase sul mio amico d’infanzia, Barton, e sarai tu quello che finirà per camminare strano”

Clint ammicca, inclinando la testa per considerare la cosa: “Potrebbe piacermi?”

Nat incrocia le braccia, in piedi davanti alle loro sedie. Non si erano nemmeno accorti che si fosse alzata, e adesso li sta osservando con un sorrisino un tantino psicotico. “Bene” scandisce lentamente, passando gli occhi dall’uno all’altro. “E adesso, vediamo di sistemare anche voi due”.

 

 

 

 

 

THE END

 

 

 

ANGOLINO:

Koorime: Finita! Yay! Viva noi! E viva Steve e Tony. Ma soprattutto Clint, che in qualche modo ci è uscito più simile a quello di Avengers Assemble, ma who cares. Il Clint Barton di Avengers Assemble è bellissimo.

Stat: Per chi non se ne fosse accorto (ma è impossibile), Clint è cotto di Bucky. Ma proprio malissimo. Ah, ci tengo ad aggiornarvi: alla fine la pipì l’ho fatta. Tutto è bene quel che finisce bene.

  
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