Il
cavallo procedeva placidamente nella brughiera sferzata dal vento del
pomeriggio.
Demelza
sentiva freddo e le sembrava che fosse la prima volta che le capitava
in vita sua... Si sentiva come in tranche, come se la vita che stava
vivendo in quegli istanti non fosse stata la sua ma che continuasse a
interpretare quell'altra Demelza, la Demelza che era diventata
cedendo alla corte di Hugh. Voleva piangere ma i suoi occhi erano
aridi, voleva gridare la sua rabbia contro se stessa e Ross e invece
non aveva il fiato per dire mezza parola, voleva essere abbracciata e
non sapeva da chi. Cosa ci faceva su quel cavallo, con un uomo che
non era suo marito? Dove stava andando?
Quella
era l'ora della giornata dove svegliava i suoi bimbi dal riposino,
gli preparava la merenda, giocava con loro nell'aia e poi aiutava
Prudie a preparare la cena. Una vita banale forse, ma che aveva
sempre amato tanto. Era sempre stata fiera e orgogliosa di essere la
moglie di Ross, la madre dei suoi bambini... La donna che lui
amava...
Ma
lui non l'amava...
Lui
avrebbe sempre amato Elizabeth...
Pensò
al loro colloquio della mattina, quando lui le aveva ribadito quanto
fosse una bella e speciale persona, Elizabeth... Quanta
insensibilità
in quel commento, verso di lei che aveva dovuto vivere sulla sua
pelle il male che quella donna aveva fatto alla loro famiglia. Ma lui
la difendeva, l'avrebbe sempre difesa anche se sapeva quanto dolore
patisse nel sentirlo parlare di lei a quel modo. Era bella Elizabeth,
perfetta agli occhi di Ross. E lo sarebbe sempre stata.
E
lei sarebbe sempre rimasta la sguattera che aveva sposato per onore e
senza amore.
Pensò
nuovamente alle parole di Prudie, al suo racconto di quando aveva
scoperto Ross ed Elizabeth baciarsi...
Pensò
alla loro lite al porto di poche ore prima...
Pensò
alla sua vita e al fatto che tutto era sempre stato una bugia, un bel
sogno che solo lei aveva vissuto. Non Ross! Ross sognava altro...
Guardò
la schiena di Hugh, affondò il viso in essa e si chiese cosa
ci
vedesse di tanto bello in lei, lui che poteva ambire alle donne
più
belle e ricche della Cornovaglia e forse dell'intera Inghilterra. Era
più esile di suo marito, più delicato nel viso e
nei lineamenti,
dolce, gentile, un amante tenero e sicuramente esperto ma molto
diverso da Ross nell'intimità. Ross era fuoco e passione,
Hugh era
gentilezza e romanticismo. Era stato un momento bello fra le dune,
con lui, l'unico momento della giornata in cui qualcuno era stato
gentile con lei.
"Siete
sicura di quello che fate?".
La
voce di Hugh spezzò il silenzio e Demelza fu costretta ad
alzare lo
sguardo. "Sì, lo sono".
La
mano del giovane le sfiorò le dita. "Volete dirmi cosa
è
successo? Sapete, sono bravo anche ad ascoltare e vorrei cercare di
aiutarvi. Non mi piace la destinazione del nostro viaggio e Illugan
non è posto per voi, Demelza".
"Al
momento non ho altri luoghi dove stare".
Hugh
fermò il cavallo, saltò giù e la
costrinse a fare altrettanto.
"Ditemi cosa c'è, ditemi se davvero non è a causa
mia".
Stranita
da quella interruzione, Demelza sentì il calore delle
lacrime fin lì
represse, rigarle il viso. Si coprì gli occhi con le mani,
vergognosa come se fosse stata una bambina. "Non è colpa
vostra, ve l'ho detto. Se voi non foste venuto oggi, me ne sarei
andata comunque".
"Demelza,
non piangete". Con la mano le sfiorò il viso, asciugandole
le
lacrime dalle guance. "Fate un respiro profondo, cercate di
calmarvi e se vorrete parlarmi di cosa vi affligge, io sarò
felice
di ascoltarvi. A volte parlarne serve a far sembrare più
piccoli i
problemi".
Demelza
scosse la testa, era così difficile dire ad alta voce il
motivo che
la faceva soffrire così tanto. E allo stesso tempo aveva
paura di
ferire Hugh, che avrebbe potuto pensare di essere stato un ripiego in
quella giornata tanto terribile per lei. Ma Hugh non era stato un
ripiego, non era stato una vendetta... Hugh era stato un raggio di
sole, una scintilla venuta ad illuminare il buio che la circondava.
"Non c'è molto da dire eccetto che sono sposata con un uomo
che
ama un'altra. E' tutta banalmente qui, la mia storia... Ci ho
tentato, sapete, di far funzionare il mio matrimonio... Ma oggi ho
scoperto e capito che non c'è lotta da portare avanti, lui
non mi
amerà mai e sarò sempre e solo un ripiego".
Hugh
spalancò gli occhi a quella affermazione, incredulo come se
avesse
appena sentito un'eresìa. "Ross non vi ama? State
scherzando,
vero?".
"Vi
sembro una che ha voglia di scherzare?".
"No...".
Hugh abbassò lo sguardo, quasi fosse in imbarazzo,
dimostrando
appieno la sua giovane età e l'incapacità di
affrontare argomenti
così adulti. "E' che mi sembra impossibile non amarvi. Siete
bellissima, intelligente, avete uno sguardo luminoso, siete gentile e
avete un sorriso meraviglioso. E Ross non vi ama!? Come puo'...?".
Demelza
si intenerì a quelle parole che sapeva essere sincere e non
un atto
di adulazione. Hugh l'amava di quell'amore romantico da romanzo,
forse utopistico ma che faceva bene al cuore. "Lui mi ha sposata
per dovere, non mi amava. Amava Elizabeth, la donna che ora
è
sposata con George Warleggan. Era il suo primo amore, quello che
sognava da giovane, quando aveva la vostra età. E io non
posso
competere con lei, col sogno che rappresenta per Ross, con la sua
bellezza, coi suoi modi di fare aristocratici, con...".
Hugh
le posò l'indice sulle labbra. "Elizabeth Warleggan? Scusate
la
franchezza, Demelza, ma vostro marito deve avere più
problemi di
vista di me. Bella, senza dubbio una splendida bambolina da mostrare
in pubblico ma...".
"Ma?".
Il
ragazzo alzò le spalle, sorridendole timidamente. "Ma io
sono
un poeta, difficilmente mi sfugge alla vista qualcosa di bello che sa
emozionare. E' successo così con voi ma onestamente questa
Elizabeth... nemmeno me la ricordavo finché l'avete nominata
poco
fa. Mi da l'impressione di qualcosa di freddo, di ghiaccio, qualcosa
che non riesce a scaldare il cuore, non mi è rimasta
impressa".
"Ma
a Ross sì...". Demelza sorrise tristemente. "Ross la ama e
la sogna da sempre e per lui è sempre stato un tormento non
poterla
avere, soprattutto ora che è sposata col suo peggior nemico.
Hanno
una relazione da anni, probabilmente. Credevo l'avesse dimenticata,
oggi ho scoperto che non è così e che hanno
continuato a vedersi
alle mie spalle. Gli avevo creduto, pensavo fosse sincero quando mi
ha detto che era me che amava e invece... Sono solo una stupida
idiota, un'ingenua che continua a credere nell'amore. Non posso, non
voglio tornare a casa, non riesco nemmeno a pensare di guardarlo in
viso, come potrei vivere sotto lo stesso tetto con lui?".
Hugh
sospirò, a corto di parole. "Ne siete certa? Della sua
relazione con Elizabeth, intendo... Ross non vedeva l'ora di tornare
da voi, quando venne in Francia per salvare Dwight e mi è
sempre
sembrato molto affezionato".
Demelza
scosse la testa. "Sono solo la sua sguattera, non ho mai smesso
di esserlo ai suoi occhi. Non sarò mai meritevole di lui,
non varrò
mai quanto Elizabeth".
A
sorpresa Hugh l'abbracciò, tenendola stretta a se. Le
accarezzò la
schiena, i capelli, la strinse a se come aveva fatto poco prima fra
le dune della spiaggia. "Va bene, non vi chiederò
più niente,
sapete quello che fate e so che vi deve costare molto. Ma lasciate
che vi dica una cosa: se Ross ha permesso che voi pensaste questo di
voi stessa, allora non vi merita. Se non ha compreso il vostro
valore, se ha ferito il vostro amore e vi ha indotto a pensare di non
essere abbastanza per lui, allora vale molto meno di quanto pensassi,
come uomo. Chi tradisce la propria moglie, la madre dei suoi figli...
non merita che si perda tempo a versare lacrime per lui".
Al
sentir parlare dei suoi bambini, Demelza singhiozzò. "I miei
bimbi sono la cosa più bella che ho. Ma non posso tenerli
con me,
non avrei niente da offrir loro e Nampara è un posto
più adatto per
crescere al sicuro, per Jeremy e Clowance. Ross avrà cura di
loro,
lo so... E io ho lasciato la mia casa e così facendo, che
speranze
avrei di poterli riavere con me? Andandomene, ho perso ogni diritto
sui miei figli".
"Le
cose si sistemeranno prima o poi, coi bambini. So che lotterete per
loro, ne sono certo".
Le
parole di Hugh le infusero un po' di coraggio. Osservò il
cavallo
bianco del ragazzo, bello e delicato nell'aspetto come lui.
"Proseguiamo? Illugan è lontana".
Hugh,
poco convinto, annuì.
Salirono
a cavallo e a spron battuto, senza mai fermarsi, galopparono verso la
terra natale di Demelza.
Quando
giunsero a destinazione, era quasi buio. Hugh si guardò
attorno,
notando subito la povertà del luogo. Le baracche in legno
parevano
essere l'unico tipo di abitazione che gli abitanti di quel posto
rurale e dimenticato da Dio potevano permettersi, i viali erano
sterrati e pieni di polvere e povere famiglie di minatori
accompagnati da una miriade di bambini scalzi e vestiti di stracci si
trascinavano a casa dopo una giornata di duro lavoro.
Demelza
sentì una fitta al cuore. Anche lei, tanti anni prima, era
stata
come quei bambini senza futuro. Prima di conoscere Ross era
esattamente come loro, con lo stomaco vuoto e con gli abiti
rattoppati e lisi, incapaci di scaldare chi li indossava durante
l'inverno. Quella era stata la sua vita, una vita che non credeva di
dover rivivere e invece sarebbe stata il suo futuro... Pensò
a
Clowance e Jeremy e fu felice della scelta fatta. Non poteva
trascinarli in quel luogo, in quell'inferno... Era la loro madre e
per il loro bene avrebbe rinunciato a loro, se necessario.
Hugh
le sfiorò le dita della mano. "Io non vi posso lasciare
quì, è
orribile...".
"Starò
bene, ci son nata in questo posto e ne conosco le regole" –
tentò di rassicurarlo.
Hugh
scese da cavallo e si lasciò accompagnare da lei in quella
che era
la sua casa natale. "Venite a casa mia, state da me se davvero
non volete tornare a Nampara! Ma vi prego, non posso pensare di
lasciarvi qui".
Demelza
sorrise dolcemente e lo prese per mano, come aveva fatto poche ore
prima in spiaggia. Non le importava che qualcuno li vedesse, non le
importava più di niente, voleva solo sentirlo vicino e
scacciare con
lui la paura dell'ignoto che la attendeva. "Hugh, siete gentile
ma non posso. Sono e rimango una donna sposata e venire da voi
significherebbe far scoppiare uno scandalo. Non è il caso,
non posso
fare questo a Ross e non posso farlo ai miei figli. Starò
bene quì,
ve lo assicuro".
Hugh
parve poco convinto. "Solo una notte, poi magari domani
penseremo ad altre soluzioni. Vi prego, Demelza...".
Demelza
strinse le dita della sua mano, intrecciata a quella del giovane.
C'era una cosa che voleva chiedergli da quel pomeriggio. "Potete...
possiamo farci un favore?".
"Certo".
"Diamoci
del tu, se non è un problema. E' assurdo essere
così formali ed è
difficile...".
Hugh,
a quella proposta, parve felicemente sorpreso. "Davvero? Lo
desiderate sul serio?".
"Sì,
lo desidero" – rispose, divertita nel vederlo così
eccitato
per qualcosa di tanto banale per lei. "Bene Hugh... Ora possiamo
dimenticarci i formalismi, quindi?".
"Certo,
Demelza".
Si
guardarono negli occhi, si sorrisero e ripresero a camminare.
Giunsero in quel momento davanti a una baracca abbandonata, malmessa,
mentre dei minatori di passaggio li osservavano in cagnesco. Demelza
la guardò. Era cadente, col tetto completamente sfondato, i
vetri
rotti e la porta distrutta in mille pezzi. Ricordò la sua
infanzia
fatta di botte, di privazioni, ricordò confusamente le
lacrime che
spesso rigavano il viso di sua madre, i suoi fratellini sempre
vestiti di stracci e la stanchezza sua principale compagna
d'infanzia. Un velo di polvere e di degrado pareva aver cancellato
ogni traccia di vita da quel posto. "Io sono nata quì".
Il
poeta guardò disgustato quel posto orribile, desolato e
povero. "E
quì NON tornerai! Demelza, non hai nemmeno un tetto sulla
testa,
questa casa cade a pezzi".
"Da
piccola dormivo spesso nei campi, quando avevo troppa paura di
tornare a casa da mio padre, sono abituata alla miseria e al nulla"
– rispose, con poca convinzione.
Hugh
finse di non sentirla. La riprese per mano e la trascinò
via, fino
al cavallo, stavolta con fare deciso e possessivo. "Non posso
costringerti a venire con me ma insieme possiamo trovare una
soluzione migliore di questa. Quì non ti lascio!".
Demelza
fece per obiettare ma Hugh la prese per la vita e la mise sul
cavallo, costringendola a ubbidire. "Ma...".
"Niente
ma, si va via!" - rispose il giovane, salendo sul cavallo e
partendo al galoppo.
Demelza
fu costretta a stringergli la vita per non cadere e ad abbandonarsi a
lui. Percorsero le lande desolate di Illugan, superarono diverse
baracche e tanti, troppi minatori affamati, fino a giungere a un
bosco che costeggiava quelle terre, attraversato da un torrente. E a
quel punto, le venne in mente un posto che da piccola adorava. "Hugh,
segui il corso del torrente, so dove potrei andare" – disse,
eccitata da quell'improvvisa idea.
Hugh
si voltò, incuriosito. Poi senza dire nulla, fece come gli
era stato
chiesto. Diversi minuti dopo giunsero davanti a un piccolo mulino
isolato, a pochi passi dal ruscello. Era abbandonato come la sua
casa natale da molti anni ma era in uno stato migliore. Spesso da
piccola era arrivata fin lì spinta dalla paura delle botte
di suo
padre, ci si era rifugiata e aveva passato la notte rannicchiata su
se stessa, singhiozzando. Quel posto le aveva sempre dato sicurezza,
era stato il suo rifugio, un luogo tutto suo dove poteva giocare con
i pesci nell'acqua e immaginare di essere una principessa in un
castello, come tutte le bambine della sua età.
Scese
da cavallo col cuore in tumulto, erano anni, tanti anni che non
tornava lì. "Hugh, qui andrà benissimo".
Il
poeta si guardò attorno. "E' un luogo incantevole,
circondato
dalla natura. Il posto ideale per l'ispirazione di un poeta o di un
pittore".
"Vero".
Demelza guardò quegli alberi, il piccolo mulino abbandonato,
gli
uccelli che volavano fra le fronde... Era rimasto tutto uguale ad
allora, solo il ruscello, il mulino e i rumori sommessi del bosco...
"Qui ti farebbe stare tranquillo?".
Hugh
sospirò. "Prima di risponderti, vediamo com'è
dentro questo
mulino?".
Entrarono
nella porta malmessa e constatarono che, a parte la polvere, le
pareti in pietra erano ben messe e anche il tetto pareva robusto. Era
un luogo minuscolo, composto di due piccole stanze, i vetri erano
sporchi, così come il pavimento. Ma c'era un camino e con un
po' di
pulizia ne sarebbe uscito un luogo accogliente.
"Ti
piace?" - chiese Demelza.
"Mi
piacerà... un giorno".
La
donna sorrise, avvicinandosi a lui. Lo abbracciò, non sapeva
in che
altro modo ringraziarlo per quanto aveva fatto per lei in quella
giornata terribile. "Hugh, non so cosa dire per
ringraziarti...".
Hugh
le prese le mani, gliele baciò e la strinse a se. "Dimmi
solo
che non lo hai fatto per rabbia, per vendetta...".
Demelza
si intenerì a quelle parole, capiva le sue paure e ne
comprendeva il
fondamento, dopo quanto gli aveva raccontato su lei e Ross. Provava
affetto per Hugh... Amore... Un amore diverso da quello che provava e
che sempre avrebbe provato per suo marito, un amore più
puro,
delicato, un amore vicinissimo all'amicizia ma un gradino
più in su
di quest'ultima. "Non ti avrei mai fatto una cosa del genere.
Non sei stato una vendetta, sei stato il mio raggio di sole in una
giornata orribile. E io ringrazio il cielo di averti conosciuto e di
averti avuto vicino oggi. Non potrò mai essere la donna del
tuo
cuore, quella delle tue poesie. Ma sono stata felice di esserlo in
spiaggia, in quel momento. Eravamo solo noi, non esisteva
nient'altro. E io avevo bisogno di te e ci sei stato...".
Hugh
annuì, baciandole la fronte. "So che ai tuoi occhi non
sarò
mai come Ross e so che nella vita solo una persona puo' essere
l'anima gemella di un'altra. E so che per te quella persona non sono
io ma è Ross, nonostante tutto. Ma sono io a doverti
ringraziare,
per avermi fatto spazio nel tuo cuore, anche per poco, oggi. Ero io
ad avere bisogno di te, molto più di quanto tu ne avessi di
me".
"Avevamo
bisogno l'uno dell'altra, Hugh".
Il
ragazzo le sorrise, prendendole la mano nella sua. Si guardarono
attorno e poi la strinse a se. "Domani manderò
quì dei miei
lavoranti, ti aiuteranno a sistemare questo posto. Per questa notte,
resterò quì con te e su questo non transigo. Non
ti lascio sola".
"Hugh,
non puoi" – rispose Demelza, in allarme. Lui DOVEVA tornare a
casa...
"Ti
prego".
La
donna sospirò, mordendosi il labbro. Come poteva impedirgli
di
restare? E in fondo, non era quello che lei stessa voleva? Non
desiderava stare sola... "Non hai obblighi".
"Ma
voglio averne" – rispose lui, a tono.
Demelza
non disse nulla, lo prese per mano e si sedettero abbracciati su un
pagliericcio malmesso, l'unico letto disponibile. Fu grata a Hugh per
il suo comportamento. Non tentò di baciarla, non
tentò di
sedurla...
Rimase
semplicemente accanto a lei quella notte, in silenzio, tenendola fra
le braccia e ascoltando in silenzio il suo pianto sommesso. La
amò
di quell'amore pulito che lei sentiva di provare per lui, quell'amore
che non ha nulla da chiedere o pretendere. Non fu necessario
respingerlo, non fu necessario spiegare nulla, Hugh sapeva di cosa
lei avesse bisogno.
La
tenne accanto a se, aiutandola a non sprofodare
nell'oscurità di
quella notte che poteva essere la peggiore della sua vita: la prima
notte lontana da Nampara.
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