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Autore: lady lina 77    07/10/2017    2 recensioni
E se nella scorsa fanfiction mi riagganciavo al finale della S2, ora mi aggancio a quello della S3. Tutto comincia in quella spiaggia dove Demelza, col cuore a pezzi, si concede a Hugh Armitage. E dopo? Se non fosse tornata a casa, cosa sarebbe successo?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cavallo procedeva placidamente nella brughiera sferzata dal vento del pomeriggio.

Demelza sentiva freddo e le sembrava che fosse la prima volta che le capitava in vita sua... Si sentiva come in tranche, come se la vita che stava vivendo in quegli istanti non fosse stata la sua ma che continuasse a interpretare quell'altra Demelza, la Demelza che era diventata cedendo alla corte di Hugh. Voleva piangere ma i suoi occhi erano aridi, voleva gridare la sua rabbia contro se stessa e Ross e invece non aveva il fiato per dire mezza parola, voleva essere abbracciata e non sapeva da chi. Cosa ci faceva su quel cavallo, con un uomo che non era suo marito? Dove stava andando?

Quella era l'ora della giornata dove svegliava i suoi bimbi dal riposino, gli preparava la merenda, giocava con loro nell'aia e poi aiutava Prudie a preparare la cena. Una vita banale forse, ma che aveva sempre amato tanto. Era sempre stata fiera e orgogliosa di essere la moglie di Ross, la madre dei suoi bambini... La donna che lui amava...

Ma lui non l'amava...

Lui avrebbe sempre amato Elizabeth...

Pensò al loro colloquio della mattina, quando lui le aveva ribadito quanto fosse una bella e speciale persona, Elizabeth... Quanta insensibilità in quel commento, verso di lei che aveva dovuto vivere sulla sua pelle il male che quella donna aveva fatto alla loro famiglia. Ma lui la difendeva, l'avrebbe sempre difesa anche se sapeva quanto dolore patisse nel sentirlo parlare di lei a quel modo. Era bella Elizabeth, perfetta agli occhi di Ross. E lo sarebbe sempre stata.

E lei sarebbe sempre rimasta la sguattera che aveva sposato per onore e senza amore.

Pensò nuovamente alle parole di Prudie, al suo racconto di quando aveva scoperto Ross ed Elizabeth baciarsi...

Pensò alla loro lite al porto di poche ore prima...

Pensò alla sua vita e al fatto che tutto era sempre stato una bugia, un bel sogno che solo lei aveva vissuto. Non Ross! Ross sognava altro...

Guardò la schiena di Hugh, affondò il viso in essa e si chiese cosa ci vedesse di tanto bello in lei, lui che poteva ambire alle donne più belle e ricche della Cornovaglia e forse dell'intera Inghilterra. Era più esile di suo marito, più delicato nel viso e nei lineamenti, dolce, gentile, un amante tenero e sicuramente esperto ma molto diverso da Ross nell'intimità. Ross era fuoco e passione, Hugh era gentilezza e romanticismo. Era stato un momento bello fra le dune, con lui, l'unico momento della giornata in cui qualcuno era stato gentile con lei.

"Siete sicura di quello che fate?".

La voce di Hugh spezzò il silenzio e Demelza fu costretta ad alzare lo sguardo. "Sì, lo sono".

La mano del giovane le sfiorò le dita. "Volete dirmi cosa è successo? Sapete, sono bravo anche ad ascoltare e vorrei cercare di aiutarvi. Non mi piace la destinazione del nostro viaggio e Illugan non è posto per voi, Demelza".

"Al momento non ho altri luoghi dove stare".

Hugh fermò il cavallo, saltò giù e la costrinse a fare altrettanto. "Ditemi cosa c'è, ditemi se davvero non è a causa mia".

Stranita da quella interruzione, Demelza sentì il calore delle lacrime fin lì represse, rigarle il viso. Si coprì gli occhi con le mani, vergognosa come se fosse stata una bambina. "Non è colpa vostra, ve l'ho detto. Se voi non foste venuto oggi, me ne sarei andata comunque".

"Demelza, non piangete". Con la mano le sfiorò il viso, asciugandole le lacrime dalle guance. "Fate un respiro profondo, cercate di calmarvi e se vorrete parlarmi di cosa vi affligge, io sarò felice di ascoltarvi. A volte parlarne serve a far sembrare più piccoli i problemi".

Demelza scosse la testa, era così difficile dire ad alta voce il motivo che la faceva soffrire così tanto. E allo stesso tempo aveva paura di ferire Hugh, che avrebbe potuto pensare di essere stato un ripiego in quella giornata tanto terribile per lei. Ma Hugh non era stato un ripiego, non era stato una vendetta... Hugh era stato un raggio di sole, una scintilla venuta ad illuminare il buio che la circondava. "Non c'è molto da dire eccetto che sono sposata con un uomo che ama un'altra. E' tutta banalmente qui, la mia storia... Ci ho tentato, sapete, di far funzionare il mio matrimonio... Ma oggi ho scoperto e capito che non c'è lotta da portare avanti, lui non mi amerà mai e sarò sempre e solo un ripiego".

Hugh spalancò gli occhi a quella affermazione, incredulo come se avesse appena sentito un'eresìa. "Ross non vi ama? State scherzando, vero?".

"Vi sembro una che ha voglia di scherzare?".

"No...". Hugh abbassò lo sguardo, quasi fosse in imbarazzo, dimostrando appieno la sua giovane età e l'incapacità di affrontare argomenti così adulti. "E' che mi sembra impossibile non amarvi. Siete bellissima, intelligente, avete uno sguardo luminoso, siete gentile e avete un sorriso meraviglioso. E Ross non vi ama!? Come puo'...?".

Demelza si intenerì a quelle parole che sapeva essere sincere e non un atto di adulazione. Hugh l'amava di quell'amore romantico da romanzo, forse utopistico ma che faceva bene al cuore. "Lui mi ha sposata per dovere, non mi amava. Amava Elizabeth, la donna che ora è sposata con George Warleggan. Era il suo primo amore, quello che sognava da giovane, quando aveva la vostra età. E io non posso competere con lei, col sogno che rappresenta per Ross, con la sua bellezza, coi suoi modi di fare aristocratici, con...".

Hugh le posò l'indice sulle labbra. "Elizabeth Warleggan? Scusate la franchezza, Demelza, ma vostro marito deve avere più problemi di vista di me. Bella, senza dubbio una splendida bambolina da mostrare in pubblico ma...".

"Ma?".

Il ragazzo alzò le spalle, sorridendole timidamente. "Ma io sono un poeta, difficilmente mi sfugge alla vista qualcosa di bello che sa emozionare. E' successo così con voi ma onestamente questa Elizabeth... nemmeno me la ricordavo finché l'avete nominata poco fa. Mi da l'impressione di qualcosa di freddo, di ghiaccio, qualcosa che non riesce a scaldare il cuore, non mi è rimasta impressa".

"Ma a Ross sì...". Demelza sorrise tristemente. "Ross la ama e la sogna da sempre e per lui è sempre stato un tormento non poterla avere, soprattutto ora che è sposata col suo peggior nemico. Hanno una relazione da anni, probabilmente. Credevo l'avesse dimenticata, oggi ho scoperto che non è così e che hanno continuato a vedersi alle mie spalle. Gli avevo creduto, pensavo fosse sincero quando mi ha detto che era me che amava e invece... Sono solo una stupida idiota, un'ingenua che continua a credere nell'amore. Non posso, non voglio tornare a casa, non riesco nemmeno a pensare di guardarlo in viso, come potrei vivere sotto lo stesso tetto con lui?".

Hugh sospirò, a corto di parole. "Ne siete certa? Della sua relazione con Elizabeth, intendo... Ross non vedeva l'ora di tornare da voi, quando venne in Francia per salvare Dwight e mi è sempre sembrato molto affezionato".

Demelza scosse la testa. "Sono solo la sua sguattera, non ho mai smesso di esserlo ai suoi occhi. Non sarò mai meritevole di lui, non varrò mai quanto Elizabeth".

A sorpresa Hugh l'abbracciò, tenendola stretta a se. Le accarezzò la schiena, i capelli, la strinse a se come aveva fatto poco prima fra le dune della spiaggia. "Va bene, non vi chiederò più niente, sapete quello che fate e so che vi deve costare molto. Ma lasciate che vi dica una cosa: se Ross ha permesso che voi pensaste questo di voi stessa, allora non vi merita. Se non ha compreso il vostro valore, se ha ferito il vostro amore e vi ha indotto a pensare di non essere abbastanza per lui, allora vale molto meno di quanto pensassi, come uomo. Chi tradisce la propria moglie, la madre dei suoi figli... non merita che si perda tempo a versare lacrime per lui".

Al sentir parlare dei suoi bambini, Demelza singhiozzò. "I miei bimbi sono la cosa più bella che ho. Ma non posso tenerli con me, non avrei niente da offrir loro e Nampara è un posto più adatto per crescere al sicuro, per Jeremy e Clowance. Ross avrà cura di loro, lo so... E io ho lasciato la mia casa e così facendo, che speranze avrei di poterli riavere con me? Andandomene, ho perso ogni diritto sui miei figli".

"Le cose si sistemeranno prima o poi, coi bambini. So che lotterete per loro, ne sono certo".

Le parole di Hugh le infusero un po' di coraggio. Osservò il cavallo bianco del ragazzo, bello e delicato nell'aspetto come lui. "Proseguiamo? Illugan è lontana".

Hugh, poco convinto, annuì.

Salirono a cavallo e a spron battuto, senza mai fermarsi, galopparono verso la terra natale di Demelza.

Quando giunsero a destinazione, era quasi buio. Hugh si guardò attorno, notando subito la povertà del luogo. Le baracche in legno parevano essere l'unico tipo di abitazione che gli abitanti di quel posto rurale e dimenticato da Dio potevano permettersi, i viali erano sterrati e pieni di polvere e povere famiglie di minatori accompagnati da una miriade di bambini scalzi e vestiti di stracci si trascinavano a casa dopo una giornata di duro lavoro.

Demelza sentì una fitta al cuore. Anche lei, tanti anni prima, era stata come quei bambini senza futuro. Prima di conoscere Ross era esattamente come loro, con lo stomaco vuoto e con gli abiti rattoppati e lisi, incapaci di scaldare chi li indossava durante l'inverno. Quella era stata la sua vita, una vita che non credeva di dover rivivere e invece sarebbe stata il suo futuro... Pensò a Clowance e Jeremy e fu felice della scelta fatta. Non poteva trascinarli in quel luogo, in quell'inferno... Era la loro madre e per il loro bene avrebbe rinunciato a loro, se necessario.

Hugh le sfiorò le dita della mano. "Io non vi posso lasciare quì, è orribile...".

"Starò bene, ci son nata in questo posto e ne conosco le regole" – tentò di rassicurarlo.

Hugh scese da cavallo e si lasciò accompagnare da lei in quella che era la sua casa natale. "Venite a casa mia, state da me se davvero non volete tornare a Nampara! Ma vi prego, non posso pensare di lasciarvi qui".

Demelza sorrise dolcemente e lo prese per mano, come aveva fatto poche ore prima in spiaggia. Non le importava che qualcuno li vedesse, non le importava più di niente, voleva solo sentirlo vicino e scacciare con lui la paura dell'ignoto che la attendeva. "Hugh, siete gentile ma non posso. Sono e rimango una donna sposata e venire da voi significherebbe far scoppiare uno scandalo. Non è il caso, non posso fare questo a Ross e non posso farlo ai miei figli. Starò bene quì, ve lo assicuro".

Hugh parve poco convinto. "Solo una notte, poi magari domani penseremo ad altre soluzioni. Vi prego, Demelza...".

Demelza strinse le dita della sua mano, intrecciata a quella del giovane. C'era una cosa che voleva chiedergli da quel pomeriggio. "Potete... possiamo farci un favore?".

"Certo".

"Diamoci del tu, se non è un problema. E' assurdo essere così formali ed è difficile...".

Hugh, a quella proposta, parve felicemente sorpreso. "Davvero? Lo desiderate sul serio?".

"Sì, lo desidero" – rispose, divertita nel vederlo così eccitato per qualcosa di tanto banale per lei. "Bene Hugh... Ora possiamo dimenticarci i formalismi, quindi?".

"Certo, Demelza".

Si guardarono negli occhi, si sorrisero e ripresero a camminare. Giunsero in quel momento davanti a una baracca abbandonata, malmessa, mentre dei minatori di passaggio li osservavano in cagnesco. Demelza la guardò. Era cadente, col tetto completamente sfondato, i vetri rotti e la porta distrutta in mille pezzi. Ricordò la sua infanzia fatta di botte, di privazioni, ricordò confusamente le lacrime che spesso rigavano il viso di sua madre, i suoi fratellini sempre vestiti di stracci e la stanchezza sua principale compagna d'infanzia. Un velo di polvere e di degrado pareva aver cancellato ogni traccia di vita da quel posto. "Io sono nata quì".

Il poeta guardò disgustato quel posto orribile, desolato e povero. "E quì NON tornerai! Demelza, non hai nemmeno un tetto sulla testa, questa casa cade a pezzi".

"Da piccola dormivo spesso nei campi, quando avevo troppa paura di tornare a casa da mio padre, sono abituata alla miseria e al nulla" – rispose, con poca convinzione.

Hugh finse di non sentirla. La riprese per mano e la trascinò via, fino al cavallo, stavolta con fare deciso e possessivo. "Non posso costringerti a venire con me ma insieme possiamo trovare una soluzione migliore di questa. Quì non ti lascio!".

Demelza fece per obiettare ma Hugh la prese per la vita e la mise sul cavallo, costringendola a ubbidire. "Ma...".

"Niente ma, si va via!" - rispose il giovane, salendo sul cavallo e partendo al galoppo.

Demelza fu costretta a stringergli la vita per non cadere e ad abbandonarsi a lui. Percorsero le lande desolate di Illugan, superarono diverse baracche e tanti, troppi minatori affamati, fino a giungere a un bosco che costeggiava quelle terre, attraversato da un torrente. E a quel punto, le venne in mente un posto che da piccola adorava. "Hugh, segui il corso del torrente, so dove potrei andare" – disse, eccitata da quell'improvvisa idea.

Hugh si voltò, incuriosito. Poi senza dire nulla, fece come gli era stato chiesto. Diversi minuti dopo giunsero davanti a un piccolo mulino isolato, a pochi passi dal ruscello. Era abbandonato come la sua casa natale da molti anni ma era in uno stato migliore. Spesso da piccola era arrivata fin lì spinta dalla paura delle botte di suo padre, ci si era rifugiata e aveva passato la notte rannicchiata su se stessa, singhiozzando. Quel posto le aveva sempre dato sicurezza, era stato il suo rifugio, un luogo tutto suo dove poteva giocare con i pesci nell'acqua e immaginare di essere una principessa in un castello, come tutte le bambine della sua età.

Scese da cavallo col cuore in tumulto, erano anni, tanti anni che non tornava lì. "Hugh, qui andrà benissimo".

Il poeta si guardò attorno. "E' un luogo incantevole, circondato dalla natura. Il posto ideale per l'ispirazione di un poeta o di un pittore".

"Vero". Demelza guardò quegli alberi, il piccolo mulino abbandonato, gli uccelli che volavano fra le fronde... Era rimasto tutto uguale ad allora, solo il ruscello, il mulino e i rumori sommessi del bosco... "Qui ti farebbe stare tranquillo?".

Hugh sospirò. "Prima di risponderti, vediamo com'è dentro questo mulino?".

Entrarono nella porta malmessa e constatarono che, a parte la polvere, le pareti in pietra erano ben messe e anche il tetto pareva robusto. Era un luogo minuscolo, composto di due piccole stanze, i vetri erano sporchi, così come il pavimento. Ma c'era un camino e con un po' di pulizia ne sarebbe uscito un luogo accogliente.

"Ti piace?" - chiese Demelza.

"Mi piacerà... un giorno".

La donna sorrise, avvicinandosi a lui. Lo abbracciò, non sapeva in che altro modo ringraziarlo per quanto aveva fatto per lei in quella giornata terribile. "Hugh, non so cosa dire per ringraziarti...".

Hugh le prese le mani, gliele baciò e la strinse a se. "Dimmi solo che non lo hai fatto per rabbia, per vendetta...".

Demelza si intenerì a quelle parole, capiva le sue paure e ne comprendeva il fondamento, dopo quanto gli aveva raccontato su lei e Ross. Provava affetto per Hugh... Amore... Un amore diverso da quello che provava e che sempre avrebbe provato per suo marito, un amore più puro, delicato, un amore vicinissimo all'amicizia ma un gradino più in su di quest'ultima. "Non ti avrei mai fatto una cosa del genere. Non sei stato una vendetta, sei stato il mio raggio di sole in una giornata orribile. E io ringrazio il cielo di averti conosciuto e di averti avuto vicino oggi. Non potrò mai essere la donna del tuo cuore, quella delle tue poesie. Ma sono stata felice di esserlo in spiaggia, in quel momento. Eravamo solo noi, non esisteva nient'altro. E io avevo bisogno di te e ci sei stato...".

Hugh annuì, baciandole la fronte. "So che ai tuoi occhi non sarò mai come Ross e so che nella vita solo una persona puo' essere l'anima gemella di un'altra. E so che per te quella persona non sono io ma è Ross, nonostante tutto. Ma sono io a doverti ringraziare, per avermi fatto spazio nel tuo cuore, anche per poco, oggi. Ero io ad avere bisogno di te, molto più di quanto tu ne avessi di me".

"Avevamo bisogno l'uno dell'altra, Hugh".

Il ragazzo le sorrise, prendendole la mano nella sua. Si guardarono attorno e poi la strinse a se. "Domani manderò quì dei miei lavoranti, ti aiuteranno a sistemare questo posto. Per questa notte, resterò quì con te e su questo non transigo. Non ti lascio sola".

"Hugh, non puoi" – rispose Demelza, in allarme. Lui DOVEVA tornare a casa...

"Ti prego".

La donna sospirò, mordendosi il labbro. Come poteva impedirgli di restare? E in fondo, non era quello che lei stessa voleva? Non desiderava stare sola... "Non hai obblighi".

"Ma voglio averne" – rispose lui, a tono.

Demelza non disse nulla, lo prese per mano e si sedettero abbracciati su un pagliericcio malmesso, l'unico letto disponibile. Fu grata a Hugh per il suo comportamento. Non tentò di baciarla, non tentò di sedurla...

Rimase semplicemente accanto a lei quella notte, in silenzio, tenendola fra le braccia e ascoltando in silenzio il suo pianto sommesso. La amò di quell'amore pulito che lei sentiva di provare per lui, quell'amore che non ha nulla da chiedere o pretendere. Non fu necessario respingerlo, non fu necessario spiegare nulla, Hugh sapeva di cosa lei avesse bisogno.

La tenne accanto a se, aiutandola a non sprofodare nell'oscurità di quella notte che poteva essere la peggiore della sua vita: la prima notte lontana da Nampara.




  
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