Buonasera
a tutti!
Finalmente
sono tornata
con questo nuovo capitolo, che, preannuncio essere il penultimo.
Naturalmente
so di
averci messo un bel po', ma a mia discolpa posso dire sinceramente
che questo è stato il periodo più stressante
della mia vita e me ne
sono successe diverse tutte insieme (tra l'altro, per una delle
curiose coincidenze della vita, mi è anche cambiato un neo
che ho
sempre avuto fin da piccola sul petto. Fortunatamente la mia
dermatologa sostiene che non ci sia nulla di cui preoccuparsi, quindi
il rapporto con questa storia è davvero minimo, ma l'ho
trovato
davvero un caso curioso). La cosa buona è che, lo stesso
giorno in
cui ho smesso di scrivere la tesi, ho finalmente ritrovato
l'ispirazione per riprendere a scrivere storie di buona lena.
Ringraziando
come mio
solito Persej Combe e cristal_93 per le loro cortesi recensioni, non
posso che augurarvi buona lettura!
Alla
prossima
Afaneia
Capitolo
X –
Guglie e merlature
e raffinate decorazioni in conchiglie.
Se
avessero
dato retta all'entusiasmo, ora Max e Ottavio sarebbero già
all'opera, a pianificare e scardinare progetti e idee e prototipi
come ai tempi dell'università. Hanno ancora lo stesso
entusiasmo di
allora, e questo Max non l'avrebbe creduto possibile, alla loro
età... ma in quanto alle responsabilità, nessuno
di loro conduce
più la stessa vita di allora. Ottavio non può
permettersi di
lasciare una seconda volta il suo lavoro alla Devon, almeno non senza
avere un'alternativa sicura, e lui ha Hyra di cui occuparsi a tempo
pieno, ora che sia suo padre che sua zia devono accudire sua madre.
Ragion per cui, per il momento, tutto ciò che stanno facendo
per
avviare il loro progetto è consultare tutta la letteratura
scientifica disponibile, confrontandosi giornalmente in videochiamata
per paragonare i rispettivi appunti, e incontrarsi ogni tanto a
metà
strada, quando è possibile.
È
durante uno
di questi rari incontri che il telefono di Max squilla.
Questa
volta è
stato Ottavio a raggiungerlo a Porto Selcepoli. La Devon rimane
chiusa per non sa quale ponte o festività, e quando egli ha
saputo
che Max voleva portare la bambina al mare – perché
distrarla
quotidianamente tenendola chiusa tra quattro mura è un po'
troppo
difficile – si è autoinvitato senza pensarci
troppo. A Max l'idea
è piaciuta, perché in fin dei conti lui e Hyra
sono sempre soli nel
corso della giornata, quando Ivan è a Ciclamipoli; e quando
gli ha
esposto il progetto, Ivan è stato contento dell'idea del
mare e di
quella della compagnia.
«Se
torno
presto, vi telefono e vi raggiungo. Nel peggiore dei casi, ci
troviamo a casa e prendo delle pizze tornando» ha proposto.
«Pensi
che Ottavio resterebbe a cena anche se ci sarò io?»
Hyra
è stata
elettrizzata alla proposta di andare a mare, e Max non ha potuto che
congratularsi con sé stesso per la propria idea.
Ottavio
sembra
portato per i bambini, sicuramente più di quanto fosse lui i
primi
teimpi, e a Hyra, dopo un attimo di timidezza, è piaciuto
subito
questo grasso sconosciuto simpatico che ha lasciato cadere nel
discorso, del tutto casualmente, di essere in grado di costruire uno
di quei grossi castelli di sabbia con le torrette e il fossato e le
merlature e tutto il resto, come quelli dei libri di favole.
Perciò,
dopo
una prima mezz'ora di bagno e dopo un pranzo a base di panini sotto
l'ombrellone, Ottavio mantiene la promessa e insegna a Hyra a
costruire questo meraviglioso prodigio di guglie e merlature e
raffinate decorazioni in conchiglie. Non che ci fosse da dubitarne,
naturalmente, vdato che Ottavio è probabilmente l'uomo
più
egocentrico dell'intera spiaggia, o di Porto Selcepoli. O di Hoenn,
magari. Beh, diciamo che se la gioca da pari a pari con
quell'eccentrico capopalestra di Ceneride. Come si chiamava?
Il
cellulare
suona proprio mentre Hyra sta debutamente scavando il canale che deve
approvvigionare l'acqua del loro fossato e Max, dopo essersi
assicurato con lo sguardo che Ottavio non si muoverà di un
centimetro dal cantiere del castello, si allontana di qualche passo
per rispondere, cercando un punto dove poter sentire meglio.
È Ivan.
Ma perché sta chiamando così presto?
«Pronto...
ehi.»
«Aima
è
morta, Max.»
D'un
tratto le
strida degli Wingull e gli spruzzi dei bagnanti e persino il sole si
fanno agghiaccianti e come immobilizzati, e solo dopo un po' Max
torna a udirli, ma come ovattati da una grande distanza. Egli cerca
dentro di sé, ed è sicuro che dovrebbero esserci
delle urla da
qualche parte, perché ne sente l'eco nelle orecchie, ma ora
persino
il suo cuore sembra ridotto al silenzio, agghiacciato.
«Ivan...»
«Non
credevo
ch sarebbe successo oggi.» Ivan sta piangendo, e Max non
credeva che
sarebbe stato così terribile sentirlo così, per
telefono, e non
poter fare niente. Lui è a Porto Selcepoli, Ivan
è a Ciclamipoli, e
non c'è alcuna possibilità di contatto tra loro.
«Ha avuto una
crisi polmonare... no, respiratoria. Non lo so. Ce lo avevano detto
che era solo questione di tempo, ma noi non avevamo capito...
pensavamo... non lo so cosa pensavamo.»
«Dobbiamo
venire lì?» È l'unica idea che gli
venga in mente, a pochi passi
da lui, sopravvento, Hyra sta ancora giocando coi capelli pieni di
sabbia e le mani traboccanti d'acqua di mare. Max aveva sperato di
regalarle qualche ora di serenità, lontana dall'idea
ossessionante
della malattia di sua madre, e invece è andato tutto storto.
Che
deve fare?
«Sì...
no,
anzi, no. Meglio di no. Hyra ti ha sentito?»
«Sta
giocando
con Ottavio. Non sa nulla.»
«Okay,
allora... per favore, non dirle niente. Torno a casa tra poche ore,
solo che ci sono tante cose da firmare, e non posso lasciare Samah da
sola. Glielo diremo stasera.»
«Stasera,
allora.» Per una volta, Max non prova neppure a tirarsi fuori
dalla
responsabilità che quel plurale implica: Ivan ha detto diremo,
implicando necessariamente anche lui, perciò è
esattamente quello
che faranno: glielo diranno. Ed è poi
ovvio che sarà Ivan a
parlare, perché Hyra è sua figlia e ha tutto il
diritto di venire a
sapere della morte di sua madre dalle labbra del suo proprio padre;
ma Max resterà lì, anche quando le cose si
faranno troppo difficili
e gli verrà voglia di andarsene. A seconda del bisogno,
farà ciò
che ci si aspetterà da lui, che si tratti di consolare Hyra,
o
aiutare Ivan, o anche solo restare in disparte. Qualunque cosa
accada, ha fatto finta anche troppo a lungo che Hyra lo coinvolgesse
solo in parte.
«Grazie,
Max,
io... cerca di farla distrarre, okay? So che ti sto chiedendo
tanto.»
Come
dirgli che
c'è tutta una parte di lui che sta tumultuando e scalpitando
perché
vorrebbe poter fare qualcosa, qualunque cosa che
non sia
restar qui a fare finta di niente e a costruire castelli di sabbia?
Ma
non c'è
nient'altro da fare, al momento. Reprimendo la forte tentazione di
scagliare il telefono in acqua e mettersi a urlare perché
quella
giovane donna è morta, Max si morde le labbra e risponde:
«Penso io
a tutto, qui. Tu fai quello che devi fare.»
«Max!
Stai
parlando con papà?» strilla alegramente Hyra, che
sta compattando
con le mani un grosso bastione difensivo attorno al castello.
«È
papà?»
Se
le
rispondesse di sì, Hyra vorrebbe a qualsiasi costo parlare
con lui,
e si accorgerebbe subito che suo padre è disperato. Coprendo
il
microfono con la mano, colla sensazione terribile di star dicendo la
peggiore bugia della sua vita, Max si sforza di sorridere e fa cenno
di no col capo.
«No,
piccoletta... tuo padre non ha ancora chiamato. Non
preoccuparti.»
«Ti
lascio
andare, Maxie... non la fare insospettire troppo.» Ivan ha
sentito
tutto. «Torno a casa appena possibile. Dobbiamo solo finire
qui, e
poi...»
E
poi, e poi. E
poi verrà la parte difficile: affrontare tutti i giorni, dal
mattino
alla sera, con Hyra.
«A
dopo. Ti
amo.»
Ottavio
si
accorge che qualcosa non va non appena incrocia i suoi occhi. Tutti
questi anni di amicizia dovevano pur servire a qualche cosa,
dopotutto.
«Sai,
Hyra,
credo proprio che servano più conchiglie qua sulle
merlature. Perché
non vai a raccoglierne qualcuna col secchiello?»
Buon
vecchio
Ottavio, molto più sveglio e più reattivo di
quanto il suo aspetto
faccia intendere a chiunque. Max gli accenna un ringraziamento con lo
sguardo, mentre Hyra sguscia via correndo, tutta lieta di poter
andare a bagnare i piedi nell'acqua e sguazzare un po'.
Egli
continua a
sorvegliarla con la coda dell'occhio, per essere certo di non perdere
di vista nemmeno per un istante la sua lunga treccia nera e il suo
costume a righe tra la folla dei bagnanti.
«Ehi,
Max...
che è successo?»
A
Ottavio non
si può nascondere nulla, e Max non ne è mai stato
più lieto in
vita sua.
Sentendosi
colto alla sprovvista da quello che sta per pronunciare a parole, Max
deglutisce a vuoto, un paio di volte, e risponde: «La madre
di Hyra
è morta.»
«Oh...cazzo.»
I
costumi da
bagno hanno la dannata caratteristica di non offrire alcun posto dove
mettere le mani quando non si sa che cosa farne. Quelle di Ottavio
sembrano cercare spasmodicamente un posto dove posarsi.
«Così,
all'improvviso?»
Per
il momento,
Max si limita ad annuire. All'improvviso, già.
«Accidenti,
io... mi dispiace, Max, davvero. Tu come ti senti?»
Questa
domanda
gli giunge totalmente inattesa. Max si volta lentamente a guardarlo,
un po' perplesso, e si sente in dovere di specificare qualcosa che a
lui pareva molto ovvio, ma che forse non lo è. «Io
non la
conoscevo.»
«Questo
lo so,
ma... insomma, riguarda anche te. Era l'ex di Ivan, ora Hyra
rimarrà
per sempre con voi. È un grosso sconvolgimento.»
Il
pensiero che
Hyra rimarrà con loro per tutti i prossimi anni non lo
spaventa più
come avrebbe fatto una volta, e non solamente perché ormai
ne è
consapevole da settimane. Max si stringe un po' nelle spalle,
sentendosi profondamente triste.
«Voglio
bene a
Hyra, lo sai. Non vorrei che stesse in nessun altro posto che con
noi. Ma...»
Ma
nonostante
il pensiero di Hyra non lo spaventi minimamente, Max non potrebbe
onestamente dire che quella morte non lo turbi neanche un po'
– e
non si tratta di Hyra, o di Ivan, o meglio sì, si tratta
anche di
loro, ma non nel modo che pensa Ottavio. Ma come dirgli che la morte
di una donna ch'egli non ha mai vista né conosciuta pare
trafiggergli il cuore come una moltitudine di aghi, e questo non
perché egli abbia una minima parte nella sua morte, ma solo
perché
non ha saputo come salvarla – e come dirgli che lui Aima non
l'ha
mai incontrata, d'accordo, ma che c'è tutta una parte di lui
che ha
la sensazione di averla conosciuta veramente, e non
per averla
mai vista, ma perché l'aveva percepita,
e gli era parso
qualche volta d'incontrarla negli abiti di Hyra che una mano gentile
aveva piegato e ordinato per colore nella sua piccola valigia...?
Max
si sente
tremendamente egoista a pensare questo perché Aima non lo
riguardava
e lui, di partecipare a questo lutto, non ha proprio alcun diritto
–
ma le cose stanno così, e al momento quella parte di lui
vorrebbe
piangere proprio per questo fatto, che quelle due mani gentili che
stiravano e piegavano quegli abiti con tutto l'amore del mondo, e che
sono state per mesi l'unico tramite tra lui e questa donna, ora non
esistono più.
È
veramente
finita, ora.
Hanno
fatto
tutto quello che dovevano fare. Quando Ivan è tornato a
casa, ha
preso sulle ginocchia una Hyra confusa e un po' inquietata dalla
serietà dei suoi occhi, l'ha riempita di baci e di coccole e
di
carezze e abbracciandola le ha detto la verità.
Max
è rimasto
lì fuori per tutto il tempo, seduto contro la porta, ad
ascoltare, e
a desiderare di bruciare la casa e spaccare tutto, distruggere tutto,
e di sovvertire l'universo pur di fare in modo che Hyra non piangesse
più, ma invano. Tutta la sua rabbia e la sua disperazione
sono
rimaste confinate dentro di lui, brucianti e desolanti tanto ch'egli
si è chiesto come fosse possibile che quella pressione
immane
ch'egli avvertiva dentro di sé non finisse per erompere da
lui e
spaccarlo come un guscio troppo stretto per contenere qualcosa.
Questo
senso
d'impotenza Max non l'aveva provato mai, né di fronte
all'ineluttabilità del grande vulcano silente, immobile,
né di
fronte all'imponenza vorace e distruttiva di Groudon, semplicemente
perché ora è veramente troppo
tardi per provare a cambiare
le cose.
Che
Ivan si
rivelasse così calmo, invece, non l'avrebbe mai supposto. Ha
collaborato a organizzare il funerale per telefono, parlando sempre a
bassa voce, e ha passato con Hyra tutta la notte, disteso nel suo
letto a cercare di farla dormire almeno per qualche ora, nella
speranza di darle con la propria presenza, che è l'unica
cosa che
abbia da offrirle al momento, almeno un po' di conforto: che la
malattia di Aima, oltre a portarla via da loro, dovesse anche
togliere il sonno alla sua bambina, questa sembrava una sconfitta che
non era disposto ad accettare.
Anche
oggi si è
rivelato stranamente calmo. Si è vestito lentamente, cogli
occhi
spenti, indossando volontariamente un completo scuro, poi è
andato
in camera di Hyra e l'ha vestita e pettinata, in silenzio, con tutta
la tenerezza che poteva, ma non di nero – perché i
bambini non devono mai vestire di nero, neanche ai funerali,
ha sentenziato
con l'aria di echeggiare una certa massima sapienziale risalente a
qualche nonna o bisnonna particolarmente autorevole. Per parte sua,
Hyra è così istupidita dal dolore che non sembra
accorgersi di
quello che le succede intorno. Si è lasciata lavare e
sistemare e
caricare in auto come una bambola, e non ha detto una parola per
tutto il tragitto.
La
camera
mortuaria è piena di gente, e Max si sente profondamente
colpito al
vedere quanto siano giovani. Ogni volta che il suo
sguardo
scorre sui presenti egli ha l'impressione di scorgere qua e
là i
volti tristi di reclute del Team Idro dei giorni in cui tutto andava
bene, e si sente quasi male al pensiero che qualcuno di quei ragazzi
avrebbe potuto essere uno dei suoi, se solo le cose fossero andate
diversamente...
Ha
finalmente
conosciuto Samah, oggi, la famosa zia di cui Hyra gli ha parlato
quella prima mattina a colazione. Anche lei, come sua nipote,
è
talmente attonita e istupidita dal dolore da non sembrare neppure in
grado di parlare, del tutto dipendente da suo marito.
Ma
di vedere
Aima, per la prima e l'ultima volta nella sua vita, prima che
chiudano la bara, di questo non se ne parla. Max non lo sa il
perché
– forse è solo che questa donna è stata
così presente nella sua
vita per tutto l'ultimo anno, ed egli l'ha così idealizzata,
che non
vuole vederla morta. Perciò, mentre Ivan si avvicina alla
tomba e si
china per dare un ultimo saluto alla madre di sua figlia, Max rimane
con Hyra, seduto in prima fila, ad aspettare – e mentre
aspetta che
ritorni suo padre, Hyra gli prende la mano e la stringe, e Max prova
di nuovo quell'impulso sovrumano di urlare e distruggere tutto.
Quando
guarda
Ivan, invece, Max vede l'opposto dell'uomo che ha sempre conosciuto,
vede un uomo composto e dignitoso che si è sentito addossare
d'improvviso il peso di crescere sua figlia da sola e di darle il
buon esempio e di essere forte per lei. Quando lo guarda, Max si
sente come se fossero stati invertiti i ruoli, e questo lo spaventa.
È
questo
allora l'effetto che ha la morte?
|