Esperimento, Giacca e Senso Pratico

di Soul Mancini
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Esperimento, Giacca e Senso Pratico



È pieno giorno.

Mi trovo su un palco, o almeno questa è l'impressione che mi dà l'enorme piattaforma in legno in cui si stanno svolgendo i fatti.

Si tratta di un incontro con i System. Credo sia per una specie di concorso. E a quanto pare non sono l'unica ad averlo vinto.

Io, Serj, Daron, Shavo, John e qualche altra persona ci siamo raccolti al centro del palco. Qualcuno ha preso posto su delle sedie in plastica, qualcun altro – tra cui me – sta in piedi.

E tutti parlano, chiacchierano.

Tranne me.

Io sto lì, impalata, e non so cosa dire. Nessuno bada a me, nessuno mi si rivolge.

Che delusione, penso, i System non sono poi così simpatici.

Perché non facciamo un esperimento? Un'entrata in scena particolare!” se ne esce Serj a un certo punto, o almeno mi pare dica questo.

Non è molto udibile, in mezzo al baccano generale.

Tutti ci incuriosiamo.

Il cantante spiega che ci sono tre ingressi per entrare sul palco dal backstage: uno a destra, uno a sinistra e uno al centro; quest'ultimo non si nota perché le ante della porta sono sempre chiuse e si confondono col resto dello sfondo. Serj propone di dividerci in tre gruppetti, suddividerci nelle tre possibili entrate e, al suo via, sbucare fuori e correre al centro del palco, cercando però di non schiantarci l'uno contro l'altro.

Tutti acconsentiamo, ma mentre ci dirigiamo nel retro del palco una paura mi assale: forse i miei occhi non si abitueranno alla penombra, non riuscirei a seguire il resto del gruppo.

Quando mi accorgo di avere Shavo accanto, domando: “E a me chi mi aiuta?”.

È una richiesta implicita nei suoi confronti; fortunatamente lui la coglie e si offre di darmi una mano, seppur controvoglia. Mi prende quindi sottobraccio.

Il bassista indossa un cappellino da baseball nero e una giacca sportiva dello stesso colore, fatta eccezione per i polsini e i bordi decorati da due righe orizzontali bianche.

Non posso che notare la somiglianza di quell'indumento con il mio cappottino estivo.

Giungiamo nel backstage. Come previsto i miei occhi non si sono ancora abituati alla penombra.

Sono costretta a stare con Shavo.

Io e lui ci impossessiamo dell'ingresso a sinistra, Daron del centrale e John del rimanente, a destra.

Serj parlotta con Daron e si prepara per il conto alla rovescia.

Serj ha dato il via. Dai, andiamo!” esclama a un certo punto il mio compagno di squadra, cercando di tirarmi con sé verso la nostra porta.

No, Shavo, fermati! Ha solo aperto la porta!” gli faccio notare, trattenendolo per il braccio.

È un disastro.

Qualche secondo dopo Serj dà il via, ma io e Shavo siamo decisamente troppo lenti e arriviamo alla meta per ultimi. Quest'esperimento non è andato molto bene, non è stato un ingresso spettacolare come ci si aspettava.

Anche se mi è parso di sentire comunque il boato della folla.

Tutto torna come prima: c'è chi già si è accomodato, chi ridacchia, chi commenta l'accaduto.

Shavo mi ha mollato quasi subito, ma forse è ancora nei dintorni; Daron è stravaccato su una sedia proprio davanti a me e indossa una maglietta chiara, forse bianca.

Immagino il senso pratico di Daron nel fare questa cosa” commenta qualcuno in tono ironico – non capisco se sono stata proprio io o qualcun altro.

Invece lui è stato il primo ad arrivare e mettersi bello comodo!”

Faccio appena in tempo a sentire la risposta che tutto si fa confuso, la luce diminuisce, le immagini sono sbiadite...



«Ho fatto un sogno assurdo: ho sognato i System! E per la prima volta c'era anche Shavo! Mi sa che lo scrivo e lo pubblico su EFP...»







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