C'era
una eco nella sua mente.
Maui.
Maui. Maui.
Urlato
con lo stesso tono straziato della voce del bambino, ripetuto con
disperazione e paura assieme.
Non
poteva essere stato Maui. No. Non Maui, non il suo Maui, quello che
lei aveva conosciuto, leale, coraggioso, buono.
C'era
un errore, doveva esserlo per forza; Moana ne era certa.
“Moana,
figlia mia, parlami, ti prego!”
Solo
in quel momento si accorse che suo padre la stringeva ancora,
osservando con preoccupazione la sua strana immobilità e il
suo
sguardo spaventato; sollevò una mano e toccò il
suo braccio per
rassicurarlo, ma cercando lei stessa conforto con quel gesto.
“Padre,
devo parlarti! Devo parlarti... in privato!”
Tui
annuì con sussiego e la scortò lontano da
lì, dagli occhi sorpresi
e incuriositi di alcuni abitanti accorsi alle grida, e la
lasciò
andare solo quando arrivarono al fala del capo; scostò con
una mano
il tapa all'ingresso e la fece entrare per prima.
All'interno
l'ombra dava un piacevole fresco sulla pelle, ma Moana si strinse le
braccia attorno, un gran gelo che emanava da dentro; si
voltò verso
suo padre, che si era seduto a terra con le gambe incrociate e la
invitava a fare lo stesso.
Scosse
la testa con forza e parlò, invece.
“Il
bambino- il bambino ha detto-”
Prese
un grande respiro per calmarsi, per riuscire a dire quella bugia, non
poteva che essere una bugia.
“Cosa
ti ha detto? Cosa ti ha sconvolta così tanto?”
“Ha
detto che è stato Maui” sputò fuori, e
vide nello sguardo di suo
padre la sua stessa paura.
“Ha
detto che Maui ha distrutto il suo villaggio e che ha ucciso gli
altri.”
Tui
deglutì a vuoto, rizzando le spalle a disagio; sentiva il
terrore e
la preoccupazione che sua figlia stava provando, i dubbi e
l'incertezza, lo smarrimento.
“Forse
lo shock l'ha confuso e quello che ha detto era solo frutto del suo
dolore e della paura. Non possiamo sapere se sia vero”
cercò di
rassicurarla, con tono convincente.
“Io
devo andare a scoprirlo!”
Lo sguardo di Tui si indurì per
un attimo, occhieggiando verso la figlia come se temesse di trovarci
ancora la Moana adolescente che non ascoltava mai, che lo combatteva
per ogni capriccio: sua figlia era risoluta, sì, ma c'era
uno
scintillio di responsabilità nei suoi occhi, non ribellione,
non
testardaggine.
“È
pericoloso. Qualunque cosa sia successa a quel bambino e al suo
villaggio, anche se Maui non c'entrasse nulla, è di certo
pericolosa.”
Moana
scosse la testa con fierezza, facendo ondeggiare i lunghi capelli
scuri.
“Maui
è mio amico, padre! E anche se lui non c'entrasse,
è chiaro che
quel bambino e la sua gente hanno dei problemi, probabilmente bisogno
di aiuto! Dobbiamo scoprire cosa è successo e dare una mano,
se
possiamo!”
Tui
acconsentì a lasciarla andare, purché portasse
con sé, come
scorta, due uomini fidati: Tane'ì fu scelto e poi ancora
Fei, un
pescatore forte e valoroso, molto pratico della lotta con la lancia.
Disposte
le sue richieste per lasciarla andare, Tui la accompagnò per
preparare una piccola imbarcazione, più grande della sua
abituale, e
per farla stivare con provviste, acqua e qualche altro utensile che
potesse essere loro d'aiuto. I due uomini accorsero prontamente alla
richiesta dell'ex capo e una volta che ebbero spiegato loro in
confidenza cosa stesse succedendo e quale fosse la loro missione, si
dimostrarono entrambi ben felici di scortare Moana e proteggerla in
caso di pericolo.
Tane'ì
sembrava un po' troppo felice di poterla accompagnare.
Ma
Moana era troppo concentrata sul partire e su quello che il piccolo
aveva detto, per prestargli attenzione.
Salparono
immediatamente, senza attendere né il mattino né
la marea o i venti
più propizi, tanta era la sua fretta: quello che la natura
non
avrebbe offerto in supporto, lo avrebbe messo lei con la sua
esperienza.
Si
allontanarono rapidamente da Motunui, le vele gonfie e l'oceano dalla
loro parte, scivolando sull'acqua senza sforzo: in poco tempo l'isola
divenne un puntino sempre più piccolo, fino a scomparire tra
il blu
dell'oceano e il rosso del tramonto.
Per
molte ore, l'unico suono a riempire il silenzio fu lo scroscio della
barca che fendeva l'acqua e di tanto in tanto lo schiocco della vela
quando prendeva una corrente nelle sue trame, seguendo le direttive
di Moana.
Lei
era completamente assorbita nel dirigere la barca, scrutando le prime
stelle che spuntavano su nel cielo sempre più scuro, con
mani sicure
che stringevano e lasciavano corde, che si immergevano per
controllare temperatura e correnti, divorata dalla fretta.
Tane'ì
seguiva ogni sua mossa con curiosità e ossessione, sempre
incerto se
parlarle o meno, in costante attesa.
La
notte li inghiottì.
Anche
se Tane'ì e Fei cercarono di darle il cambio, di dirigere la
barca e
permetterle di dormire, Moana non lasciò mai la postazione,
non
rispose ai loro tentativi di comunicare, rimase rannicchiata al suo
posto a governare con movimenti minimi e studiati, la mente che
lavorava senza sosta.
Non
poteva essere stato Maui, di quello era certa, ma la paura del
bambino era stata reale, non dettata dallo shock e dal dolore, quindi
era arrivata alla conclusione che dovesse esserci un impostore,
là
fuori, che facendosi passare per Maui otteneva favori e ricchezze,
per poi distruggere e razziare quando ne aveva avuto abbastanza. O
forse perché scoperto. O forse perché
era solo malvagio. Di certo non era Maui, e ne stava infangando il
buon nome recuperato con tanta fatica.
Il
vero Maui era venuto a sapere di quell'impostore? Se sì,
perché non
era intervenuto?
Forse
era troppo lontano, così lontano da non interessarsi
più di loro.
La
sua mancanza la colpì con prepotenza, più forte e
più dolorosa in
quel momento di smarrimento, il peso di quegli anni di lontananza le
cadde tutto assieme addosso e sentì un pizzicore all'angolo
degli
occhi, un sordo dolore al centro del petto.
L'oceano
le diede un colpetto affettuoso al piede con il suo freddo tocco, in
un goffo tentativo di consolazione.
Moana
scosse la testa e respirò a fondo l'aria salmastra,
rivolgendo un
piccolo sorriso di gratitudine alla vastità di fronte a
sé, prima
di riprendere il controllo delle sue emozioni.
Navigarono
per tutta la notte, guidati dalle stelle che Maui le aveva insegnato
a leggere con pazienza.
Fei
dormì per quasi tutto il tempo, mentre Tane'ì si
appisolò solo
qualche ora, svegliandosi di tanto in tanto per controllarla. La sua
figura impettita e altera, i lunghi capelli raccolti in una crocchia
perché non le impacciassero i movimenti, gli occhi scuri
fissi
sull'oceano con bruciante concentrazione.
Dentro
di lei ardeva lo stesso fuoco che l'aveva spinta ad affrontare Te Ka,
allora con solo la compagnia di HeiHei.
Il
chiarore dell'alba apparve con una fioca scintilla che tingeva il
confine tra cielo e oceano, lontano dove lo sguardo non poteva
distinguere più i contorni.
Le
stelle iniziarono a sbiadire lentamente, gli occupanti della barca si
svegliarono, allertati dalle poche parole del loro capo.
“Siamo
quasi arrivati” annunciò infatti, indicando con
un'alzata di viso
davanti a sé.
I
profili di alte montagne svettavano poco lontano da loro, e via via
che si avvicinavano l'isola assunse i contorni sempre più
nitidi, la
sua folta vegetazione, i rivoli d'acqua e le insenature delle sue
spiagge.
Âhio.
Il
denso fumo che saliva dalle sue profondità arrivava fino al
cielo e
sentirono il suo spesso odore mentre ancora si trovavano in piena
navigazione; ne furono avvolti una volta attraccati, la barca portata
in secca e legata ad un albero sradicato con furia e accasciato al
suolo.
C'erano
segni di distruzione ovunque: alberi abbattuti con noncuranza, la
vegetazione ridotta a cenere e tizzoni neri e contorti, armi rotte
sparse ovunque, tracce di sangue ormai scure che macchiavano la
sabbia in grumi.
Moana
iniziò a correre verso il centro del villaggio, seguendo la
memoria
e il tenue sentiero scolpito da migliaia di passi in migliaia d'anni;
Fai e Tane'ì si gettarono dietro di lei all'istante, le armi
strette
forte nei pugni.
L'odore
acre di fumo e morte li colpì in pieno, bloccando le loro
gole
finché non tossirono con fastidio, provando a cacciare via
quell'orrido sapore.
Il
villaggio, ciò che ne rimaneva, era un orrido ammasso di
detriti
anneriti dalle fiamme e cenere.
Moana
si slanciò in avanti, chiamando a gran voce il nome del
capo,
chiamando i nomi che ricordava, chiamando chiunque potesse sentirla.
La
sua voce echeggiò un poco tra le macerie con una eco
spettrale,
prima che il suono di un pianto le giungesse alle orecchie.
Poi,
esplosero altre voci, una babele di suoni e da un fala poco distante,
mezzo crollato, uscirono fuori decine e decine di persone, bendate,
ferite, doloranti, straziati.
Le
si gettarono addosso, urgenti.
Parlavano
tutti assieme e velocemente, esclamazioni di dolore miste a rabbia, e
Moana non riusciva a capirli appieno, sentiva solo la loro paura e il
loro risentimento, investirla in pieno e scuoterla.
Non
riuscì a capire, era tutto così confusionario, ma
capì il nome che
tutti ripetevano con odio e paura, che riversavano su di lei.
“Maui.
Maui. Maui. Maui!” urlavano con intonazioni diverse, con
disprezzo
e orrore, con timore e soggezione.
Moana
provò a farsi sentire, a farsi ascoltare, ma le loro
espressioni
ferite non lasciavano spazio a nessuna parola e Tane'ì fu
veloce a
sottrarla dal centro della calca afferrandola per un braccio,
spostandola dietro di sé per proteggerla.
“Cosa-”
“Non
ti ascolteranno. Sono troppo arrabbiati, e spaventati, e se la
prenderanno con te” disse il giovane con fare pratico,
iniziando a
spingerla via.
Fei
si gettò al suo fianco, la lancia cautamente puntata in
avanti;
entrambi gli uomini la scortarono tenendo d'occhio la folla, mentre
Moana, sopraffatta dalla loro furia, dal loro disprezzo, non
riuscì
a reagire.
Arrivarono
alla baia in un attimo che però le sembrò
lunghissimo, e saltarono
sulla barca in fretta e furia, pagaiando velocemente per
allontanarsi.
Moana
sedeva sconsolata in un angolo, gli occhi allucinati e vacui,
l'orrore di quello che aveva visto impresso nella retina per sempre.
Tutto
quel sangue, tutto quel dolore.
Quale
mostro poteva aver fatto una cosa del genere?
Tane'ì
era al comando della barca, ma sembrava impossibilitato, girava il
timone con gesti bruschi e tirava la corda per ingabbiare il vento,
ma la piccola imbarcazione virava per conto proprio, dirigendosi da
tutt'altra parte.
“Perché-”
esclamò a denti stretti, arrabbiato. La corda si
allentò nelle sue
mani e la barca virò verso destra, di colpo.
Moana
sollevò lo sguardo, più attenta, come se avesse
sentito qualcosa
che loro non potevano.
“L'oceano”
mormorò confusa, “l'oceano ci sta
guidando.”
Era
chiaro che l'oceano non li stesse indirizzando verso Motunui, ma che
sospingesse nelle sue spire la barca verso un'altra destinazione,
lontano dall'isola distrutta e lontano da casa.
Moana
li rassicurò prontamente, riprendendo il controllo, certa
che se il
suo amico avesse deciso di intervenire, sicuramente era per un buon
motivo.
Forse
aveva percepito qualcosa, dov'era l'impostore o dov'era Maui.
Lo
lasciarono fare, i due uomini seduti in basso con gli occhi fissi e
Moana appollaiata all'albero maestro, avvinghiata braccia e gambe
scrutava lontano, cercando punti di riferimento che il cielo diurno
non poteva offrirle, per capire dove stessero andando.
Passarono
molte ore, quasi tutta la giornata, e lei non scese da lì
che una
volta soltanto, per mangiare qualcosa e bere convulsamente, prima di
tornare lassù a scrutare l'oceano.
Una
nuova colonna di fumo apparve all'orizzonte, nero e denso,
più
copioso e voluminoso, tingendo il cielo di nero, in spirali
minacciose.
Qualunque
cosa ci fosse davanti a loro, era pericoloso.
La
piccola isola prese sempre più forma, tra la luce che
scemava e
l'oscurità del fumo e videro le fiamme e sentirono le grida,
alte e
straziate, portate dal vento.
Videro
la distruzione prendere atto, videro i detriti volare, le persone
scappare spaventate, la furia distruttrice che spazzava via tutto; ma
non riuscirono ad identificarlo, era solo un lampo di luce.
L'oceano
sembrò fermarsi, come timoroso di avvicinarsi ancora a quel
caos.
Moana
reagì prontamente e, scesa dalla sua postazione,
afferrò la pagaia
e la immerse nell'acqua freneticamente per avanzare e i due uomini la
imitarono immediatamente, guadagnando velocità; le
esplosioni e le
urla si facevano via via più forti, l'aria elettrica e il
fumo
intossicanti.
Scesero
dalla barca al volo, senza attraccarla, senza portarla in secca,
precipitandosi sulla spiaggia a grandi falcate, il cuore pulsante
dentro la testa: Moana cadde in ginocchio per il contatto improvviso
con la terra ferma, ma si rialzò subito e corse con tutto il
fiato
verso il centro delle esplosioni, seguendo le grida di terrore.
Alcune
persone a terra rantolavano con dolore, altre stavano fuggendo via da
qualcosa, ma Moana non si fermò ad aiutare, voleva solo
arrivare
all'origine di tutto quello, voleva risposte, voleva capire.
E
l'origine, scoprì, era una persona.
Enorme,
massiccia, intimidatoria, furia cieca.
La
vide al centro del caos, che dispensava disperazione e morte con uno
sventolio incurante dell'arma nella sua mano e rimase lì,
bloccata
senza più un respiro, il cuore affondato da qualche parte
sotto
terra, colma di orrore.
La
persona sembrava indubbiamente Maui, riccioli bruni, pelle dorata e
muscoli e tatuaggi compresi. Nella mano un amo enorme, che agitava
con facilità a destra e a sinistra, intorno, sopra e sotto,
creando
folate taglienti e scosse violente, ridendo della devastazione che
creava.
Non
poteva essere lui, non poteva.
Provò
a negarlo anche di fronte a tutto quello.
Non
era Maui, non il suo Maui.
La
piccola Moana tatuata sul suo cuore le saltò all'occhio e
poco sotto
il mini Maui che provava a farle segni perché lo guardasse,
provando
a spiegarsi a gesti, e la verità la colpì, non
poté più fare
finta di nulla, non poté negare ancora.
“Maui”
esalò ferita.
Il
mostro la sentì, o forse il suo sguardo venne solo attirato
dalla
piccola figura statica, in contrasto con tutto il resto: si
voltò
verso di lei, un lampo oscuro nel viso, un ghigno dipinto di freddo
cinismo.
La
caricò con la potenza di mille dei, la terra tremava sempre
più ad
ogni passo e gli occhi scuri sempre più vicini, in cui un
tempo
aveva visto splendere affetto e gioia e bontà, erano
ammantati di
ira e crudeltà: caricò l'amo all'indietro, pronto
a colpirla.
Moana
avrebbe potuto scappare o scansare, rannicchiarsi, muovere un muscolo
qualsiasi, invece rimase congelata a guardare Maui gettarsi contro di
lei, a guardare l'amo fendere l'aria senza sforzo dritto contro la
sua testa, un'orrida sensazione di malessere nel petto, pregando che
fosse tutto solo un sogno, un orribile sogno.
L'arma
del semi-dio si bloccò a pochi centimetri dalla sua faccia,
parata
da una spessa lancia che scricchiolò sinistramente,
minacciando di
spaccarsi da un secondo all'altro.
Moana
si voltò verso Tane'ì al suo fianco, la faccia
tesa e concentrata
nel provare a resistere alla pressione dell'attacco per proteggerla.
Maui
sbuffò cinico, un angolo della bocca sollevato con scherno.
“Uuh,
la principessa ha trovato il suo prestante cavaliere”
esclamò e la
sua voce musicale stonava così tanto con quel tono di
disprezzo, da
farle male alle orecchie.
Lei
tese una mano verso di lui, mentre un fiotto di parole, di domande,
premevano per uscire dal fondo della sua gola, ma il semidio le
rivolse un'occhiata di disgusto e di fastidio, prima di
indietreggiare di un passo e sventolare ancora una volta l'amo sopra
la sua testa, trasformandosi nella gigantesca aquila; con un salto
era già lontano nel cielo, da cui sentirono un beffardo
“cheehoo”
riecheggiare, in mezzo agli stridii del rapace.
Moana
rimase a osservare per qualche istante, il battito del cuore
impazzito nelle orecchie, il corpo scosso da un tremore impietoso e
un gran bruciore agli occhi, ma forse solo perché stava
guardando
verso il sole che tramontava dritto in faccia; sconvolta, incredula:
le gambe cedettero e rimase inerte seduta sulla sabbia, tra
distruzione e strage, tra urla e fuoco, con una gran voglia di
piangere.
Note:
Buona
notte a tutti.
Ci
ho messo un po', ma ecco il secondo capitolo.
Quindi
sì, è davvero Maui che sta portando distruzione e
morte, ma non
sembra più l'enorme e complessato ragazzino dal cuore grande.
Cosa
sta accadendo?
Grazie
per aver letto,
un
abbraccio forte a tutti
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