ReggaeFamily
LOL
[John]
«Possiamo
rimanere ancora un po' in acqua, se ti va» proposi a Bryah,
lanciandole una veloce occhiata.
Entrambi
ci eravamo voltati verso la riva per seguire con lo sguardo il
gommone con cui la bagnina aveva prelevato i nostri amici; per Shavo
quella gita in pedalò si era rivelata una vera e propria
tortura, ero contento che Miriam fosse accorsa e avesse subito capito
la situazione.
Bryah
ridacchiò. «Perché no?»
Mi
girai nella sua direzione e trovai i suoi occhi su di me. Mi sentii
leggermente a disagio, poiché le immagini di ciò che
era accaduto tra noi la sera precedente lampeggiavano nella mia mente
e mi tormentavano. Ero ben consapevole del fatto che tra noi non
potesse esistere un futuro, ma non sapevo se questo fatto mi ferisse
o meno.
«Ho
un'idea migliore però» osservò lei
all'improvviso, battendo con una mano sulla plastica azzurra del
pedalò. «Riportiamo quest'affare in riva e facciamoci un
bagno come si deve, ci stai?» mi propose, allungando una mano
verso di me.
Gliela
strinsi e suggellammo quel bizzarro accordo. Riprendemmo a pedalare,
cambiando rotta e dirigendoci verso la riva, lasciandoci così
le boe alle spalle.
Miriam
ci vide arrivare e fece qualche passo dentro l'acqua per venirci
incontro; quando fummo abbastanza vicini a lei, afferrò il
bordo del pedalò e lo trascinò con forza sulla sabbia
umida.
«Saltate
giù!» ci incitò.
«Aspetta,
ti aiuto» mi proposi, scendendo in fretta dal mezzo.
Miriam
scosse il capo e mi sorrise. «Fossero tutti così
gentili... in questo posto viene un sacco di gente ricca che però
se la tira un sacco e non si sognerebbe mai di darmi una mano con
questi lavori stancanti»
raccontò. Mi dava l'impressione che si fosse rilassata da
quando Daron non era più nei paraggi, il che mi fece venire in
mente che il chitarrista era sempre in grado di mettere a disagio le
persone, specialmente quelle di sesso femminile.
«Che persone noiose e
snob» osservò Bryah, scendendo a sua volta dal pedalò
e recuperando la sua borsa. «Su John, aiutiamola! Non
sopporterei di passare per una ricca signora con la puzza sotto il
naso» aggiunse in tono schifato, compiendo un brusco gesto con
la mano come se volesse respingere un insetto fastidioso.
Spingemmo il pedalò
sulla piccola lingua di sabbia e lo sistemammo con Miriam accanto
agli altri. Lei ci ringraziò e ci augurò un buon
proseguimento di giornata, allontanandosi in fretta verso la sua
postazione di vedetta.
Io e Bryah ci incamminammo
verso la spiaggia, quasi del tutto occupata dai clienti dell'albergo;
ci sistemammo in un angolino rimasto libero, appoggiammo le nostre
cose sulla sabbia e ci sfilammo i vestiti.
L'occhio
mi cadde sul corpo bruno e formoso di Bryah,
la quale aveva indossato un bel costume intero color porpora. Rimasi
per un attimo incantato da lei, dai suoi gesti e dal modo in cui si
legava frettolosamente i capelli con un grosso elastico multicolore.
«Batterista, che ti
prende? Sei pronto a perdere la gara di nuoto con la sottoscritta?»
mi punzecchiò la giornalista, strizzandomi l'occhio.
«Non sapevo che
avremmo fatto una gara» commentai perplesso, piombando
bruscamente giù dalle nuvole.
«L'ho appena deciso»
affermò in tono solenne.
«Cosa si vince?»
domandai curioso, sentendo improvvisamente la mia tensione
sciogliersi sotto il suo sguardo caldo.
«Chi perde offre il
gelato!» strillò lei all'improvviso, per poi partire di
corsa verso la riva.
La seguii con qualche
secondo di ritardo, ma alla fine ci tuffammo contemporaneamente in
acqua, schizzando senza ritegno i bagnanti che se ne stavano
tranquilli a cercare di bagnarsi il meno possibile per scongiurare i
brividi di freddo che percorrevano la loro pelle.
Uno strillo mi raggiunse non
appena riemersi dall'acqua: vidi una ragazza rivolgere il suo sguardo
verso me e Bryah, gesticolando come una pazza e agitando le braccia
in modo scoordinato e piuttosto ridicolo.
«Che le prende?»
borbottò Bryah, riemergendo a sua volta.
«Non lo...»
«Ma siete impazziti?
Che modi sono questi? Mi avete completamente bagnato!» ci
sbraitò contro. «Ho i capelli tutti bagnati adesso, mi
ero fatta la piastra prima di scendere in spiaggia! E il trucco?! Me
lo avete rovinato, ora il mascara è tutto sbavato, ne sono
sicura! Siete degli incivili!» proseguì imperterrita,
indietreggiando verso la riva come se uno squalo stesse per morderle
una caviglia.
Io e Bryah ci scambiammo
un'occhiata interrogativa e scoppiammo a ridere.
«Ridete pure! Razza di
imbecilli!» continuò a insultarci la tizia, tornando
impettita verso la sua sdraio. Smisi di prestarle attenzione e
continuai per un po' a sbellicarmi dalle risate insieme a Bryah.
«Si è truccata
per venire in spiaggia? Che problemi ha?»
«Non lo so, sono cose
che non capirò mai. Non sono una donna» replicai,
cercando di riprendermi dal momento ilare che avevamo appena vissuto.
«Ehi! Non offendermi,
io non farei mai come lei!» Bryah si finse offesa per un
attimo, poi con uno scatto si tuffò di nuovo. Quando riemerse
gridò: «La sfida ha inizio, battimi se ci riesci! Chi
arriva per ultimo alla boa arancione è uno sfigato e dovrà
pagare due mega gelati con tutti i gusti del mondo!».
Senza
più pensare a nulla, la seguii e mi sentii immediatamente a
mio agio nel nuotare e fare un po'
di esercizio fisico. Era una sensazione bellissima, rigenerante e,
soprattutto, in grado di liberare la mente da qualsiasi pensiero.
«Sto per morire!»
si lamentò Bryah, abbandonata sul suo telo; aveva ancora il
fiatone per la nuotata e si massaggiava le gambe indolenzite.
«Esagerata... io sono
attivo come non mai!» esclamai, sentendo il mio corpo al
massimo della forma. Ero leggermente stanco, ma mi sentivo davvero
bene ed ero contento di aver finalmente approfittato di quello
splendido mare.
«Ho perso miseramente»
mugugnò. «Contro di te non ho speranze.»
Sorrisi. «Sarò
clemente. Se ti fa stare meglio, non dovrai offrirmi il gelato»
tentai di rassicurarla, accovacciandomi di fronte a lei.
Bryah allungò di
scatto il braccio e mi diede una spinta, così persi
l'equilibrio e caddi all'indietro, finendo con il culo sulla sabbia.
«Sei un rammollito, devi rivendicare la tua vincita!» mi
schernì, ridendo fragorosamente.
«D'accordo, l'hai
voluto tu!» ribattei risoluto, poi mi rimisi in piedi. La
sollevai di peso dall'asciugamano e lei, sorpresa, non poté
che aggrapparsi alle mie spalle. Mi avviai tranquillamente verso la
riva e presi a fischiettare fingendo di star trasportando un pacco
postale.
«No, John, mettimi
giù! Ma che fai?» protestò Bryah, prendendo a
dimenarsi come una matta.
«Non fare tante
storie. Meriti una punizione» borbottai, trattenendo a stento
le risate. In realtà, dentro di me sentivo una forte emozione
nell'avere il suo corpo tra le braccia e sentire il suo peso mettere
alla prova i muscoli delle mie braccia. Era una sensazione
incredibilmente bella e dolce, non sapevo neanche spiegarmi come ciò
fosse possibile.
Raggiunsi l'acqua e Bryah
ormai rideva senza ritegno, mollandomi ripetuti pugni sulla schiena e
sulle spalle.
«No, dai, ti prego!
Scusa, scusa, scusa! Non lo farò mai più, ma non
buttarmi in acqua, ormai mi ero quasi asciugata del tutto!» mi
implorò, stringendosi più forte a me per evitare che la
lasciassi cadere.
Sussultai appena
nell'avvertire i suoi seni sfregare sul mio petto. Dovevo darmi una
calmata e riprendere il controllo di me, così decisi di darle
tregua e le feci poggiare i piedi a terra, mollando la presa sui suoi
fianchi.
«Vedi che sei un
rammollito?» mi punzecchiò ancora.
A quel punto le feci lo
sgambetto e lei piombò in acqua di schiena, schizzando tutto
intorno a sé. Lanciò un grido poco prima di finire con
la testa sommersa, poi cominciò a tossire perché
dell'acqua era finita nella sua bocca.
Io rimasi impassibile con le
braccia incrociate al petto, fissando la scena con le sopracciglia
aggrottate, nonostante dentro me sentissi l'enorme bisogno di ridere
come non mai. «Chi sarebbe il rammollito?» la sfidai.
Bryah si sollevò e si
rimise in piedi, tirandosi indietro i capelli che intanto si erano
slegati. «Ritiro ciò che ho detto. Ma così sei
stronzo eh» bofonchiò, avviandosi nuovamente verso il
suo telo da mare.
«E tu sei incoerente.
Non ti va bene niente!» conclusi, lasciandomi finalmente andare
a una sonora risata.
Lei sbuffò e scosse
il capo, poi mi mollò un pugno sul braccio e annunciò:
«Asciughiamoci in fretta, ho voglia di un gelato!».
Annuii. Era bello stare con
lei, mi trovavo a mio agio e sentivo un'enorme complicità con
lei, la quale cresceva minuto dopo minuto.
E non sapevo se esserne
contento o fottutamente spaventato.
«Posso offrire io?»
«John, avevamo un
patto, non ricominciare!»
«Non mi importa»
affermai con un sorriso.
Io e Bryah avevamo consumato
un enorme gelato al bar che si trovava al piano terra dell'albergo,
il quale si affacciava direttamente sulla spiaggia. Ora ci trovavamo
al bancone, dopo aver finito, e io volevo che quella consumazione
fosse segnata sul mio conto, non sul suo.
«Ma perché? Per
una volta fammi fare l'uomo» mi prese in giro.
Il barista, un tipo poco
amichevole che doveva avere una quarantina d'anni, aspettava
impaziente che noi prendessimo una decisione.
«Non se ne parla»
ribattei.
«Invece sì!
Segni pure sul conto di Bryah Philips, prego» tagliò
corto, per poi spingermi verso l'uscita del bar, senza lasciarmi
alcuna opportunità di replica.
«Bryah, perché
sei così testarda?»
«Perché avevamo
un accordo e io rispetto la parola data. Non farne un dramma,
Dolmayan» mi spiegò con semplicità, mentre ci
incamminavamo verso la hall.
Trovammo Dayanara che si
preparava per andarsene: il ragazzo aveva un'aria stanca, tuttavia
cercava di non darlo a vedere. Notai che una cliente dell'albergo lo
stava importunando e non sembrava aver capito che il suo turno era
finito e che avrebbe dovuto rivolgersi allo stagista che già
stazionava dietro il computer.
Bryah mi diede di gomito.
«L'hai riconosciuta?» bisbigliò.
Aguzzai la vista e mi resi
conto di chi si trattava, così mi portai una mano sulla fronte
con fare esasperato.
«Mi ascolta o no?! In
questo albergo avete degli ospiti incivili e maleducati, state pur
certi che non la passerete liscia!» prese a sbraitare la tizia
che io e Bryah avevamo accidentalmente schizzato quando ci eravamo
tuffati.
«Signorina, cerchi di
calmarsi, la prego... si sarà sicuramente trattato di un
malinteso» tentò di farla ragionare Dayanara, mentre
raccoglieva quelle che dovevano essere le chiavi della sua macchina.
«Un malinteso, eh?
Quei due pezzenti mi hanno completamente inzuppato d'acqua, senza
neanche scusarsi con me! Si rende conto di che razza di gente
ospitate qui? Voglio parlare con il direttore, lei è un
incompetente!» tuonò infine la pazza, posando le mani
sui fianchi stretti. Mi sembrava quasi di vedere del fumo uscire
dalle sue orecchie.
«Il direttore non può
riceverla, attualmente non è in albergo, sono spiacente»
rispose Dayanara pacato, utilizzando un tono di voce professionale e
ignorando magistralmente l'insulto che gli era stato appena rivolto.
Bryah sospirò e si
avvicinò ai due. Non avevo idea di quali fossero le sue
intenzioni, tuttavia la seguii per non lasciare che affrontasse da
sola la situazione.
«Smetta subito di
prendersela con questo ragazzo. È fortunata che lui sia una
persona civile e non le abbia detto ciò che si meriterebbe di
sentire! Accusa noi di essere degli incivili, ma lei non si sta
comportando diversamente, a quanto pare» intervenne Bryah,
piazzandosi di fronte alla cretina.
«Ecco, vede di chi
parlavo?» squittì ancora la ragazza. La osservai meglio
e notai che doveva avere più o meno l'età di Leah,
aveva i capelli biondi palesemente tinti e schifosamente lisci, era
perfettamente truccata e aveva il tipico aspetto di una Barbie.
«Vuole delle scuse per
qualcosa che non abbiamo compiuto volontariamente e che non è
certo una tragedia! Ebbene, ci scusi, bambolina di plastica, non
volevamo arrecare disturbo a quei suoi bei capelli e a quel suo bel
faccino! Adesso lei però si scusi con Dayanara» proseguì
Bryah, utilizzando un tono che non ammetteva repliche.
«Ma come si permette?!
Vada al diavolo! E lei, razza di idiota, mi prepari subito il conto!
Non rimarrò in questo luogo squallido un minuto di più!»
gridò isterica, per poi avviarsi in tutta fretta verso
l'ascensore che conduceva alla palazzina dipinta di giallo.
Dayanara sospirò.
«Grazie, signorina Philips, ma sono talmente abituato a gente
come quella... per favore, Markus, puoi preparare il conto a quella
tizia? Il marito si chiama... ehm... non ricordo...» Si portò
una mano dietro la nuca e la massaggiò. «Evans, Alfred
Evans, ecco.»
«Sei sfinito,
Dayanara. Vai a riposare, su» gli consigliai, posandogli una
mano sulla spalla.
Lui mi rivolse un debole
sorriso. «Grazie, John. Non vedo l'ora di buttarmi a letto.
Vorrei dormire per cent'anni...»
«Immagino»
commentai dispiaciuto. «E scusa se hai dovuto sopportare le
grida di quella matta per colpa nostra» aggiunsi.
«Ma ti pare... ci
vediamo, ragazzi, buona serata» concluse, avviandosi in fretta
verso le doppie porte scorrevoli.
Proprio in quel momento fece
il suo ingresso il ragazzo che avevo incontrato due giorni prima
nella hall: per l'occasione, indossava una felpa dei Mayhem e si era
messo in testa un paio di enormi cuffie da studio, le quali
ricadevano come un cerchietto sulla sua testa e appiattivano i suoi
capelli solo nel punto in cui stazionavano, lasciando che il resto
della sua chioma ne fuoriuscisse scompostamente.
«Andiamo, altrimenti
quello mi chiede un altro selfie» dissi in fretta, afferrando
Bryah per un braccio e trascinandola verso l'ascensore della
palazzina bordeaux.
«Un tuo fan?»
domandò, mentre attendevamo che la porta si aprisse.
«Non sa neanche come
mi chiamo, però ha ben pensato di chiedermi una foto e
caricarla subito sui social» spiegai contrariato.
«Che esemplare!»
«È solo un
ragazzino» tagliai corto, per poi entrare in ascensore.
All'improvviso mi venne in
mente qualcosa e mi voltai di scatto verso Bryah. «Ehi, com'è
possibile che tu abbia tutto il necessario per il mare? Ieri sei
tornata in albergo con noi e non avevi...»
Lei rise. «Oh, John!
Mi fai morire dal ridere!»
«Perché mai?»
«Davvero non sai che
qui allo Skye Sun Hotel c'è un piccolo punto vendita dove
poter acquistare dell'attrezzatura per la spiaggia in caso
d'emergenza?» se ne uscì lei con noncuranza, facendo
spallucce.
«Cosa?! No, non ne
avevo idea... ma...» Sospirai. «Questo posto non finirà
mai di sorprendermi» borbottai confuso.
«Ehi John!» mi
richiamò, per poi avvicinarsi a me e cercare il mio sguardo.
«Sei troppo buono e ingenuo» commentò,
sorridendomi con una punta di dolcezza che mi fece sussultare
interiormente.
Poco prima che l'ascensore
si fermasse al terzo piano, la spinsi contro la parete metallica del
box e mi fiondai sulle sue labbra, preda di un improvviso e
incontrollabile impulso.
In un attimo ci eravamo
ritrovati avvinghiati, io le mordicchiavo il labbro inferiore e la
stringevo per la vita, mentre lei aveva affondato le mani sulla mia
schiena e mi premeva contro di sé, lasciandosi baciare.
Non ci rendemmo neanche
conto che le doppie porte si erano aperte, finché una voce
familiare non ci riportò bruscamente alla realtà e ci
costrinse a staccarci l'uno dall'altra.
«Ehi, se volete la mia
camera è libera» esordì Daron in tono pungente.
Gli rivolsi un'occhiataccia
e lo spinsi da parte mentre uscivo dall'ascensore. «Piantala,
idiota» bofonchiai imbarazzato.
«Ciao Daron! Dove stai
andando?» gli chiese invece Bryah, la quale non sembrava
particolarmente turbata dal fatto che il chitarrista ci avesse
sorpresi a essere così vicini.
«Devo trovarmi un
nuovo cellulare. Che casino... cazzo, non ci voleva...» rispose
lui in tono seccato.
«Capisco. Ma, ehi!
Aspetta, io a casa ne ho uno da poterti dare. Quando tornerai a Los
Angeles, potrai comprarne uno nuovo, se il mio ti fa schifo»
gli disse la giornalista, afferrandolo per un polso prima che potesse
entrare nel box.
«Sei sicura? Non è
un problema, faccio un salto in città, qualcosa posso trovarlo
di sicuro...»
Lei scosse il capo. «No,
davvero. Si tratta di un iPhone. È successo che me l'hanno
regalato allo scorso compleanno, sono stati tanto carini con me, però
io sono abituata con il mio cellulare. Ho anche provato a usarlo, ma
proprio non mi ci trovo. Se vuoi te lo regalo» gli propose con
entusiasmo.
«Vuoi regalarmi un
iPhone? Sei pazza per caso?» sbottò il chitarrista
sorpreso.
«Sì, perché?
A te serve, a me no. Semplice.»
Daron la guardò negli
occhi per un po', poi si fiondò ad abbracciarla. «Cristo,
mi salvi la vita!» strillò.
«Macché salvare
la vita! Ehi, mi stritoli!» rise lei, ricambiando per un attimo
il gesto del chitarrista, per poi spingerlo via.
«Siete tutti acidi,
nessuno apprezza i miei gesti d'affetto» si lamentò.
«Ma piantala,
Malakian. Piuttosto, dove sono Leah e Shavo?» intervenni.
«Chi lo sa... io
dormivo fino a poco fa» mi informò. «Be',
troviamoli e vediamo se il nostro bassista si è ripreso, poi
decidiamo cosa fare stasera» propose poi, lanciando un'occhiata
al corridoio che conduceva alle nostre stanze.
Annuii e tutti e tre ci
avviammo verso la mia stanza, immaginando che Shavo potesse trovarsi
lì.
«Ehi» sghignazzò
Daron. «Bussiamo prima di entrare, non si sa mai!»
sibilò, mollandomi una gomitata nelle costole.
«Vacci piano! E
smettila di fare l'idiota...»
Daron si piazzò di
fronte alla porta e prese a battere con forza i pugni sulla
superficie, per poi gridare: «Ehi, piccioncini, possiamo
entrare o state facendo qualcosa di scabroso?».
«Oddio, Daron, non
gridare!» lo apostrofai.
Bryah scoppiò a
ridere e lo spinse via. «Sei sempre il solito indelicato, eh?»
«Daron, sappi che stai
rischiando di morire giovane...» sentii gridare da Shavo; poco
dopo la porta si aprì e il bassista si materializzò
sulla soglia.
Sembrava stare molto meglio
rispetto a qualche ora prima, ero contento che si fosse ripreso in
fretta.
Leah apparve dietro di lui,
dopo essere uscita dal bagno, e sgusciò in corridoio,
guardandosi attorno. Dopo aver individuato Daron, partì
immediatamente al suo inseguimento, gridando: «Vieni qui,
screanzato!».
Lui si mise immediatamente a
correre e i due presero a correre lungo tutto il corridoio, avanti e
indietro, facendo un baccano assurdo e lanciandosi contro scarpe e
indumenti per dare più enfasi alla loro scherzosa lite.
«Ti ammazzo! Come ti
permetti di insinuare certe cose, eh? Sei geloso?» lo canzonò
Leah, sfilandosi uno dei suoi sandali, per poi scagliarlo contro il
chitarrista.
Daron lo schivò per
un pelo e scoppiò a ridere, poi si strappò via la
t-shirt, la appallottolò e rispose all'attacco di lei,
colpendola in pieno viso. «Io? Geloso? Continua a sognare,
mostriciattolo!»
Leah imprecò e
riprese a inseguirlo, finché non riuscì a bloccarlo
contro la porta della sua stanza. Lo tempestò di pugni alla
cieca, per poi tirargli con forza i capelli; infine gli mollò
uno schiaffo e indietreggiò soddisfatta. «Così
impari, pezzente» concluse.
«Non rispondo ai tuoi
attacchi solo perché sei una donna e io sono un gentiluomo dai
sani principi!» ribatté Daron, massaggiandosi la
guancia.
«Ti sta bene»
disse Shavo.
Leah lo raggiunse e i due si
scambiarono un cinque in segno di vittoria, per poi scoppiare a
ridere.
«E comunque la tua
maglietta puzza!» gridò Leah in direzione del
chitarrista.
«Bugiarda!»
«Dai ragazzi, che
facciamo stasera?» intervenni, cercando di capire quale sarebbe
stato il nostro futuro.
«Prima recuperiamo il
cellulare per Daron, poi vediamo. Preparatevi, così poi
passiamo a casa mia e anche io posso cambiarmi» suggerì
Bryah. «Spero solo non ci sia Benton...» aggiunse.
Il mio cuore perse un
battito e improvvisamente la realtà mi piombò
nuovamente addosso, schiacciandomi con il suo insopportabile peso.
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