Un leggero rosseggiare si levò alle spalle di Noir per
illuminare la notte.
Il trentenne rallentò leggermente il suo passo per
verificare quale fosse la fonte di quella luce. I suoi occhi,
però, non riuscirono a superare i massicci muri in mattoni
che limitavano la strada che stava percorrendo.
Il rossore arrivava dal molo.
Era possibile che uno dei lampioni che stavano accendendo avesse
improvvisamente emesso una vampata.
La luce aumentò sempre più di
intensità, ma Noir non rimase a guardarla.
Doveva portarsi alla porta nord della città.
Sapeva che gli abitanti dell’Oasi si erano trasferiti al di
sotto del Gorgo del Leviatano, quando lasciarono la sicurezza del lago
sul lato orientale delle Terre.
Lo avessero riconosciuto anche nei paesi del Continente, poteva, come
ultima spiaggia, cercare riparo nella Nuova Oasi, se solo fosse
riuscito a raggiungerla, sotto i flutti di quell’imponente
mulinello.
Il suo passo accelerò quando, dalle case, i primi gruppi di
uomini cominciarono a riversarsi nella strada, attratti dal rossore
come falene.
Non voleva rimanere in mezzo alla calca.
Rimase attaccato ai muri delle abitazioni che costeggiavano il lato
destro della via, tenendo la testa ben incassata tra le spalle e lo
sguardo basso, evitando con gran cura tutti i coni di luce che i
lampioni proiettavano.
Delle risate sguaiate risuonarono sul lato opposto della strada,
provenienti da un tavolino posto appena fuori la porta di un locale
ancora aperto a cui erano sedute tre imponenti figure.
Noir riconobbe il profilo di una di queste, o almeno così
gli parve. Era quasi certo che uno di loro fosse nel gruppo di marinai
che aveva visto a Derout la notte in cui era salito sulla nave.
Proseguì per il suo percorso, fermandosi solamente quando,
di fronte a lui, si aprì una larga piazza nella quale
piccoli e sparuti gruppi di persone ancora si muovevano nonostante
l’ora tarda.
Lì sarebbe stato esposto a chiunque.
Non poteva e non doveva farsi riconoscere.
Chinò la schiena, premendosi contro le mura che gli stavano
a fianco e allungando il passo per lasciarsi alle spalle quel posto il
prima possibile.
Le lampade appese alle pareti intonacate proiettavano i loro coni di
luce verso il centro deserto della piazza, permettendogli di passare
nelle zone d’ombra senza mai venire illuminato.
Proseguì veloce, senza curarsi delle persone che gli stavano
intorno, delle finestre buie e di quelle illuminate delle locande.
Un movimento veloce alle sue spalle lo fece sussultare.
Un uomo lo stava puntando, camminando rapidamente nella sua direzione.
Noir a sua volta accelerò, cercando di seminarlo, ma
sembrava non riuscire a prendere terreno sul suo inseguitore.
Raggiunse la continuazione della via principale che conduceva verso
nord, imboccandola.
Alle sue spalle, ancora, l’uomo che lo inseguiva non si era
arreso, anzi, continuava a far ridurre la distanza tra di loro senza
nemmeno dover correre.
Noir sentì il sangue dentro le sue vene ribollire
incontrollato, eccitato da qualcosa, come poche ore prima nella stiva
della nave.
Il trentenne accelerò ancora, cercando di attirare troppo
l’attenzione dei pochi passanti su di sé mentre il
suo sguardo cercava disperatamente una via di fuga.
Una nuova scarica di energia gli percorse il corpo.
Noir sentì chiaramente i capillari all’interno dei
suoi occhi scoppiare, facendo rovesciare il loro scuro contenuto
all’interno della bianca sclera.
In un disperato tentativo di fuggire il trentenne svoltò in
un vicolo a destra, rinunciando, almeno momentaneamente, alla sua meta.
Si insinuò poi in un viuzza sulla sinistra, appena questa
gli si presentò davanti.
Proseguì quasi correndo tra quelle strette e sporche pareti,
avvertendo dietro di sé i passi del suo inseguitore.
Svoltò a destra, dietro una cassa abbandonata a
sé stessa su cui un gatto randagio miagolava agli uomini che
avevano invaso il suo territorio, per poi svoltare nuovamente a destra.
Un muro gli comparve davanti, per occludergli la via.
Noir si voltò, disperato, cercando un’altra via
per fuggire.
In quel momento, dall’imbocco di quel vicolo cieco comparve
nell’oscurità la sagoma di un uomo curvo, ansante.
Una mano era premuta sul suo ventre, mentre l’altra, libera
da vincoli, pendeva lungo il suo fianco, impugnando qualcosa.
La figura si avvicinò ulteriormente, trascinando i piedi
sulla melma che ricopriva il suolo. I capelli ricci gli ricadevano
sulla fronte, così chiari da sembrar risplendere alla luce
della luna.
Noir avvertì un’altra scarica attraversagli gli
arti. Ogni fibra del suo corpo sembrava attratta da
quell’uomo che gli stava davanti, dal sangue che sentiva che
stava perdendo dal ventre.
Si trattenne, tremante. Non poteva avvicinarsi al suo inseguitore.
L’uomo dai capelli chiari sorrise pericoloso, come una serpe,
portandosi di un faticoso passo più vicino alla sua preda.
Il suo braccio destro si alzò in direzione del petto di
Noir, puntando verso di questo la lama che teneva stretta in mano.
- Non so come riesci a farmi questo, ma questa notte smetterai di fare
qualsiasi cosa. Non potevi sfuggirmi per sempre. – disse
minaccioso l’inseguitore dagli abiti eleganti, ansimando.
Noir provò un brivido di terrore. Sentiva che
quell’essere non era umano, il suo sangue era tanto attratto
da lui quanto spaventato. Poteva essere lui l’essere che la
sua maledizione poteva non essere in grado di uccidere.
- Davvero, non so di cosa tu stia parlando. –
tentò di dire il trentenne alzando le mani davanti a
sé - Ti prego, se ci tieni alla tua vita ti conviene
andartene di qui. –
La sua voce non riusciva ad essere minacciosa. Gli tremava e,
nonostante tentasse con tutte le sue forze di calmarsi, il suo cuore
sembrava non essere intenzionato a diminuire il numero di battiti.
L’uomo si fece ancora avanti, per poi fermarsi di scatto per
piegarsi in avanti in un gesto di dolore.
- Ehi, tu. – Una voce leggera provenne da sopra il muro che
impediva a Noir di scappare.
L’inseguitore si rimise in piedi. A giudicare dal suo sguardo
non doveva aver sentito la voce.
Il trentenne si voltò per un secondo, cercando la fonte di
quelle parole.
Il viso innaturalmente bianco di un uomo si intravedeva appena da sopra
il termine di quel vicolo.
- Sei quello che stanno cercando nelle Terre? –
Noir annuì d’impulso, incurante delle conseguenze
di quell’affermazione.
- Chiudi gli occhi, ti aiuto io a scappare. –
Il trentenne fece appena in tempo ad ubbidire a quel comando che, dalla
posizione dell’uomo che gli aveva parlato venne sprigionata
una luce accecante, che illuminò il vicolo e il cielo
soprastante con l’intensità di decine di soli.
- Vieni! –
Noir vide davanti a sé una mano protendersi verso di lui
come un’ancora di salvezza.
La prese saldamente, issandosi sui tetti che circondavano quel vicolo
che sarebbe potuta essere la sua tomba.
- Non rimarrà accecato ancora per molto. Seguimi! –
La figura scura si calò dal lato opposto del muro,
scivolando all’interno di un ingresso dalla porta aperta.
Il trentenne lo seguì, entrando anch’egli nel
piccolo locale dal soffitto invaso da decine di ragnatele.
La figura portò un dito all’altezza del taglio che
doveva essere la sua bocca, rimanendo immobile per diverso tempo in
quella posizione.
Noir non osò parlare, fissava il volto del suo salvatore, o,
meglio, la maschera che copriva il suo volto.
Gli occhi erano due strette V rovesciate, dietro le quali non si
riuscivano neppure ad intravedere le iridi del suo possessore. La
bocca, a sua volta, era un taglio sorridente, stretto, ma non per
questo la voce che giungeva da dietro di essa sembrava venire ovattata.
Lentamente, l’uomo mascherato abbassò
l’indice dal suo volto, assumendo una posizione
più rilassata.
- Ti devo ringraziare… senza il tuo intervento non so cosa
sarebbe potuto succedere poco fa. –
- L’ho fatto per sdebitarmi con te… per
l’aiuto che mi hai offerto. –
- Aiuto? – Noir aggrottò la fronte, cercando di
capire a cosa si riferisse la maschera che aveva davanti.
- Sull’Ala di Albatros. Stavo dando la caccia a
quell’uomo da diverso tempo, tu l’hai ucciso per
me. –
La maschera alzò la mano sinistra all’altezza del
petto. La sua pelle cominciò a emanare una flebile luce
azzurra, appena sufficiente per illuminare l’ambiente intorno
ai due.
- Come fai a sapere chi sono? – chiese seccamente Noir dopo
un attimo di pausa, alzando il capo – Se un cacciatore di
taglie? –
- No. Non utilizzo le mie capacità per un compito
così basso. –
- Come fai a sapere allora chi sono? –
- Ti conosco per fama. Comunque, Noir, non ti ho salvato per farmi due
chiacchiere con te. –
- Cosa vuoi davvero? –
- Ho bisogno del tuo potere per un lavoro. –
- No. No, mi dispiace ma non ho intenzione di farmi coinvolgere in
nulla. Sono venuto qui per scomparire ed è quello che
cercherò di fare. –
Noir tornò a dirigersi vero l’esterno,
soffermandosi sull’uscio per controllare che il suo
inseguitore non fosse nei dintorni per tornare a braccarlo.
- Vuoi davvero uscire là fuori con quell’uomo
pronto a darti la caccia? Hai visto di cosa è capace, no?
–
Il trentenne si voltò di scatto verso la maschera.
- Cosa sai di lui? Chi è? –
- Non so molto a riguardo. Ma quel tatuaggio che porta sul viso
continua a ripresentarsi in giro per le Terre e, evidentemente, anche
qui. Ho viaggiato molto, ho parlato con molte persone e, sempre, in
tutti i paesi ci sono vecchi che affermano di aver visto giovani umani
o elfi con quel tatuaggio. –
- Fa parte di un’organizzazione? –
- Forse, non lo so con precisione. La mia unica certezza è
che quel tatuaggio non porta mai buone notizie. –
Il salvatore si portò una mano all’altezza della
maschera, sfiorandola.
- Chi sei? Tu mi conosci, ma io non so nulla di te. Se vuoi davvero il
mio aiuto, voglio almeno conoscere il tuo nome. –
L’uomo mascherato sospirò, scuotendo le spalle.
Strinse la superficie grigia dell’oggetto che gli copriva il
volto e se lo sfilò dal capo.
Sotto la maschera comparvero due occhi neri come frammenti
d’ossidiana, incastonati su un viso arrossato dal sole.
- Tu… tu eri su quella nave. Ti ho visto mentre ti
imbarcavi. Sei quello con l’ustione sulla gamba. –
disse Noir, puntando il proprio indice contro il suo interlocutore.
- Il mio nome è Razer Donier. –
- Cosa vuoi da me, Razer? Cosa vuoi davvero dalla mia maledizione?
–
- Hai mai ucciso, Noir? Oltre alla scorsa notte, intendo. Su di te
aleggiano molte storie, ma dubito che gli uffici del Giudice Maggiore
possano essere una fonte attendibile. Forse sono ancor meno attendibili
dei pochi girovaghi che osano parlare della traccia che ti porti dietro
e della taglia che pende attorno al tuo collo. –
- Ho ucciso per necessità. Non l’ho mai fatto per
piacere. –
- Noir. – riprese ancora l’uomo dagli occhi duri
che gli stava di fronte – Sono anni che viaggio
perché ho un compito. Guardati attorno, cosa vedi? Umani,
elfi, gente che vive la propria vita. Ma non tutti loro sono
ciò che sembrano. Tra di loro ci sono dei mostri, mostri che
non si pongono problemi nello strapparti via ciò che hai di
più caro o marchiarti a vita con il fuoco. Ho passato buona
parte della mia vita viaggiando per imparare a riconoscerli, mi sono
allenato in ogni singola arte che potesse tornarmi utile contro di loro
ed ora, Noir, dopo tanti tentativi ho capito che ho bisogno di te per
ripulire il mondo velocemente da quei mostri. Ti prego, quindi, di
seguirmi, almeno qui sul Continente. Se mi aiuterai a purificare una
città caduta in mano a quelle creature, ti prometto che ti
porterò in un luogo in cui potrai vivere senza temere che
qualcuno ti scacci. –
- Perché dovresti volere qualcosa da me? La mia maledizione
potrebbe ucciderti in ogni momento e, ti assicuro, la cosa non mi
toccherebbe. –
- Sei un ricercato, ogni persona con cui parli, per te, è un
potenziale nemico. Io ti chiedo di collaborare per un paio di giorni
soltanto. Un paio di giorni, in cambio del resto della tua vita.
–
- Cosa mi assicura che non mi venderai al governo? O a
quell’uomo che mi stava inseguendo? –
- Ti assicuro che dopo quello che faremo non avrò intenzione
di avvicinarmi a Gerala. –
Noir sospirò, arretrando in direzione del centro della
stanza illuminata dalla luce azzurra dell’uomo che lo aveva
salvato.
Avrebbe preferito non farsi coinvolgere in questioni che non lo
riguardassero.
Voleva soltanto scomparire dalla faccia del mondo.
Non sapeva nemmeno se poteva davvero fidarsi di quell’uomo
che gli stava davanti, soprattutto perché sembrava
conoscerlo.
Lo aveva salvato, certo. Ma poteva essere complice dell’uomo
da cui era sfuggito.
Cosa sarebbe successo se avesse rifiutato quell’offerta?
Quell’invasato poteva rivelarsi pericoloso?
Quel lavoro che gli stava proponendo, sarebbe stato davvero
così tanto orribile. Quelle creature di cui aveva parlato,
chi erano? E cosa intendeva con purificare una città caduta
in mano loro?
Probabilmente si sarebbe pentito della decisione che stava per
prendere, ma la possibilità di avere un luogo sicuro dove
vivere era troppo allettante.
Se le cose si fossero messe male, poi, la sua maledizione lo avrebbe
sicuramente protetto. Dopotutto quello che gli stava davanti era solo
un uomo.
- Va bene, per il momento. Ma voglio saperne di più, su
tutto quanto. –
Razer sorrise soddisfatto, tornando a nascondere il proprio viso sotto
la maschera grigia.
- Ogni cosa a suo tempo. Quell’uomo non lascerà
velocemente la presa, dobbiamo prima di tutto lasciare questa
città, ma non questa notte. -
Angolo dell'Autore:
Ho molte cose da dirvi, già dalla settimana scorsa, in
realtà. Mi sono trattenuto fino ad adesso solamente
perchè non mi piace mettere il naso in un capitolo dove
è il Viandante a tenere le redini della storia.
Ma prima le cose importanti: I miei più sinceri
ringraziamenti a OldKey, la ragazza imperfetta e whitesky, che mi
accompagnano da tempo immemore, mi vien da dire, in questo lungo
viaggio. Grazie, poi, a voi tutti per seguirmi.
Cosa posso dirvi, oggi? Ho troppe cose da raccontare, ma ci
sarà tempo per far tutto, in futuro.
Per ora, mi limiterò a qualche appunto sul capitolo e un
paio di informazioni sul come mai i prossimi capitoli potrebbero
arrivare con un po' di ritardo.
Innanzi tutto, che ne dite del nome che ho scelto per il nostro
assassino? Per la maschera demoniaca che ha messo a ferro e fuoco le
principali città delle Terre?
Scoprirete ancora parecchie cose su di lui, o magari le ricorderete.
Tra l'altro, la convivenza forzata tra Noir e l'assassino
svelerà alcuni dettagli sulle loro identità che,
altrimenti, non avreste mai scoperto.
Riguardo al mio... lavoro, chimiamolo così. In queste
settimane mi trovo a dover produrre quattro "capitoli" quasi in
contemporanea.
Quattro?
Si, avete capito bene.
Quello per questa storia, quello per Corsa contro la fine e quali altri?
Riprenderò a breve la campagna di D&D che ho
masterato fino alla primavera appena passata e, quantomeno per i primi
tempi, dovrò dedicare un po' delle mie attenzioni alle
ambientazioni e ai personaggi con cui i miei giocatori dovranno avere a
che fare.
Il quarto "capitolo" a cui sto lavorando è qualcosa di
più serio. Qualcuno di voi saprà che sto
studiando ingegneria, vi dico ora per la prima volta che il mio corso
è "Cinema e Mezzi di Comunicazione", ebbene, assieme a un
piccolo gruppo dovrò girare un cortometraggio del quale sto
contribuendo a scrivere la sceneggiatura. Nulla di impegnativo sul
lungo tempo, ma in queste settimane dovrò dare un po' di
attenzioni anche a lui.
Ebbene, grazie a tutti, ancora.
Ci vediamo la settimana prossima!
Vago |