Il sole si erge alto già dalle prime luci del mattino a Basildon e, benché
il Tamigi si trovasse distante dalla cittadina, regalava una brezza leggera
mutata in timidi brividi lungo la schiena ad ogni soffio del vento che
arrivasse.
Clarissa si ritrova agli armadietti mentre prende qualche libro per le
lezioni del giorno quando viene interrotta da qualcosa.
Sente dietro di sé che qualcuno si era fermato alle sue spalle, sentiva un
odore forte e gradevole di fiori freschi.
Si voltò e vide Mordred con un mazzo di rose perfette.
Non avevano neanche una spina, erano tagliate perfette in maniera uniforme
e unite insieme da una stoffa bianca e leggera.
Le sue pupille si dilatarono sorprese da quella vista, ed appena alzò gli
occhi, vi trovò una vista ancora più gradevole.
C’era il sorriso di Mordred con i suoi fedeli occhi cristallini ad
attenderla.
Un sorriso timido, imbarazzato.
Decise di rompere quella situazione indicandosi, lui annuì abbassando
leggermente la testa porgendole il mazzo.
Clarissa fece un inchino col capo e decise di prendere il mazzo di rose
prestando attenzione.
- Oh no, non ci sono spine.
Notò le sue mani ed avevano qualche piccolo buco qua e là.
- Ho tolto le spine personalmente... non volevo che ti ferissi.
Lei sorrise arrossendo un po’ per il gesto gentile.
Mordred è sempre stato un ragazzo molto dolce, premuroso, attento e
romantico.
Lo guardava e finalmente ci vedeva il ragazzo che l’aveva presa al volo
quella notte mentre fluttuava incerta nel castello.
- Grazie... sono meravigliose... A cosa devo tutto questo?
Lui sorrise nuovamente portandosi un braccio dietro la testa impacciato.
- Beh, io... pensavo che fosse un modo gentile per ricominciare.
Lei scrutava le rose una ad una.
- Sempre che tu voglia ricominciare, insomma... Non sei obbligata, capisco
cosa ti ho fatto e che non può essere perdonato così su due piedi e...
Rise e lo guardò con occhi dolci e rassicuranti, lui sospirò.
- Scusa... non rendo molto sotto pressione.
- Lo so... Lo ricordo bene.
Prese coraggio e si lasciò andare al vomito di parole che gli stavano
salendo.
Merlino e Freya erano di passaggio ma lui le fece segno di aspettare dietro
una colonna per ascoltare.
- Clarissa... voglio solo che tu sappia che tutto quello che è accaduto...
Non ero io. Non ho smesso di pensarti neanche un secondo finché ero in me e
non avrei mai voluto che niente di tutto quello fosse mai accaduto. Non
potevo ribellarmi in alcun modo, non ne avevo la forza. Il mio cuore...
dentro di me... mi diceva che non era la cosa giusta, anche mentre guardavo
Kara... ma non ho saputo resistere alla magia di Morgana. Gaius mi ha detto
che lei non è tornata e io spero non tornerà. Il mio cuore è tuo, Clarissa
lo è sempre stato, te lo giuro. Se deciderai di non perdonarmi o se non
riuscirai a farlo lo capirò, però... lascia almeno che io ci provi. È tutto
quello che ho.
Lo guardò con occhi profondi per qualche interminabile secondo.
Era davvero lui, era sincero, vero ed era lì. Pensò a Freya e che in questa
vita le era stata risparmiata la sua maledizione. Forse era il momento di
lasciare alle spalle ciò che era accaduto e ricominciare da capo. Pensò ad
Artù, lui non era stato così fortunato. O forse si? Clarissa non vedeva
troppo di buon occhio Ginevra, pensava non fosse giusta per Artù. Tante
volte cercava di persuaderlo dalle sue missioni e cercava di ostacolarlo
dall’aiutare gli altri, se la sua vita fosse in pericolo. È quello che
l’amore fa ma non funziona propriamente così; cercare di traviare una
persona dal suo senso del dovere e negare il suo aiuto prezioso a qualche
alleato, o meglio... amico.
Gli tese la mano.
- Piacere, il mio nome è Clarissa.
Lui sorrise e gliela baciò dolcemente.
- Il mio è Mordred. Sai, sei una bellissima ragazza... spero di non aver
offeso il tuo ipotetico fidanzato.
Clarissa rise di gusto.
- Non ho un fidanzato, Mordred. Ma è bello conoscerti.
- Lei non ha un fidanzato.
Una voce familiare, Clarissa lo vide per prima in quanto era alle spalle
del giovane druido, e sorrise.
Mordred si voltò e si trovò Artù in completo militare con le braccia
incrociate che lo guardava beffardo.
- Ma se ti azzardi a farle ancora del male, ti spezzo. Chiaro?
Mordred sorrise ed il suo sorriso fece sciogliere anche il giovane soldato.
Gli diede una pacca sulla spalla ma Mordred decise di abbracciarlo,
lasciandolo di sasso.
- Sono contento di rivederti, Artù.
Si guardarono e si scambiarono la stretta da cavalieri, come sempre.
- Anche io, Mordred. Anche se l’ultima volta che ti ho visto mi hai
infilzato come un tacchino.
Mordred abbassò lo sguardo sconfitto ma Artù gli poggiò una mano sulla
spalla.
- Ehi.
Il giovane druido alzò nuovamente gli occhi.
- Io ho fatto lo stesso, siamo pari.
Ci furono degli istanti di silenzio mentre i due si fissavano.
- Non sai quanto ho sofferto per quello, Mordred. Eri uno dei miei
cavalieri più fidati e credevo davvero tanto in te. Sono contento di sapere
che non era opera tua. Non riuscivo a capacitarmi che davvero per amore di
una ragazza di potessi farmi una cosa simile... Okay forse sono stato uno
stronzo, ma...
Mordred lo bloccò.
- Avete fatto la cosa giusta. Le avete anche chiesto di pentirsi per ciò
che aveva fatto ed in cambio avrebbe avuto salva la vita. Ha fatto la sua
scelta. Non è sempre stata così, era diversa... a quanto pare Morgana non
ci era riuscita solo con me.
Artù annuì ma venne richiamato da alcuni colleghi.
- Sono contento di rivederti.
Guardò Clarissa che nel frattempo sorrideva complice.
- Ora devo andare, ma sappi che ero serio riguardo al spezzarti le ossa.
Intesi?
Mordred annuì.
- Yes, My Lord.
Artù rise e gli diede uno spintone.
- E non darmi del voi!
Disse andandosene.
Mordred posò nuovamente lo sguardo su Clarissa ma prima che potessero dire
qualcosa, lo stridente suono dell’orologio della chiesa che suonava ad ogni
ora avvertì i ragazzi di affrettarsi a raggiungere le loro aule.
- Tu che ci fai qui?
Chiese Clarissa.
- Mi sono trasferito ieri, sono al secondo anno di Scienze Politiche.
Mordred era sempre stato un gran cervellone e la sua scelta pretenziosa non
la stupiva affatto.
Si salutarono e si diedero appuntamento nella cucina comune della palazzina
B in quanto il cibo della mensa era davvero poco affidabile.
- Ti fidi di lui?
Chiese Artù comparso dal nulla sulla porta della cucina facendo sobbalzare
Clarissa su sé stessa mentre accarezzava le rose rosse nel vaso che aveva
posto con cura al centro del tavolo nella cucina.
- Mi hai spaventato a morte, cazzo!
Gli lanciò una spugnetta asciutta contro che il Marines prese prontamente
al volo ridendo e andando verso di lei.
La abbracciò stretta e le diede un leggero bacio sulla fronte.
Clarissa ebbe un tremito improvviso chiudendo gli occhi e appoggiando la
sua testa sul suo petto.
Le dava calore, sicurezza, protezione.
Mordred le dava affetto e dolcezza, ma non riusciva a immaginarselo e
sentirsi al sicuro.
Magari una volta, brandendo una spada chiunque riuscirebbe a dare
sicurezza… tranne Merlino, Merlino con una spada era davvero buffo.
Sta di fatto che prima Mordred le ispirava protezione, cosa della quale
aveva bisogno nonostante sapesse badare a sé stessa; forse il termine che
cercava disperatamente nella sua mente era virilità.
Artù ne aveva da vendere.
Si staccò dal suo abbraccio ancora intontita e tornò a girare la pasta
nella pentola bollente sul fuoco col mestolo di legno.
Lui notò che c’era qualcosa di strano ma decise di non dire niente per non
turbarla ancora più di quanto già non lo fosse.
Gli altri entrarono in cucina e Mordred arrivò per ultimo, sorridente e con
un paio di occhiali neri da vista.
Si guardarono e si sorrisero, a Clarissa per un attimo passarono tutti i
pensieri che aveva avuto qualche attimo prima.
Sentiva che l’aveva aspettato tanto, sognato tanto e atteso tanto; ora era
giusto goderselo e testare la situazione.
Pensò che tutto sommato una... relazione, non è un patto di sangue e
che quindi se si fosse accorta che le cose tra loro non potevano andare
non avrebbe dovuto far altro che dirlo.
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- My Lady, anche Mordred li ha ragginti e si è unito a loro. Cosa dovremmo
fare a riguardo?
In una stanza scura in un piccolo paesino dell’America del Nord, Morgana
recitava uno dei suoi incantesimi in un calderone pieno d’acqua fredda.
- Ichemene siet subèda, flot diestum kiena Arthur Pendragon.
Lasciava che il suo indice sinistro roteasse lentamente nel calderone
mentre pronunciava il suo incantesimo.
I suoi occhi divennero gialli per un secondo netto e nell’acqua
cominciarono a comparire delle immagini.
Si aggrappò ai lati della grossa tinozza incredula e li vide tutti insieme
ridere e scherzare nella cucina.
- NO!
Scosse con forza l’acqua con un braccio come a voler cacciare via dal
calderone quelle scene della loro vita quotidiana e si stava per voltare
innervosita e senza speranze.
L’acqua incantata decise di regalarle un’ultima immagine, che la fece
sorridere beffardamente.
Vide Clarissa e Mordred scherzare insieme mentre preparavano i loro esami
l’uno seduto di fianco all’altro. Si spingevano leggermente dalle spalle
per scherzare e si lanciavano degli sguardi sognanti, felici di essersi
ritrovati.
- So’ esattamente quello che dobbiamo fare.
Si rivolge Morgana al suo fedele servo, un goblin dalle sembianze umane
avido di potere che avrebbe fatto di tutto pur di ottenere denaro da
Morgana.
Pagava i suoi servigi in ingenti somme di denaro, denaro che suo padre
Gorlois guadagnava grazie ad un’imponente azienda in America a Brooklyn.
-Mia signora, qual è il suo prossimo passo verso la rovina? È arrivato il
momento di viaggiare per andare da loro?
Morgana rise compiaciuta nel guardarlo. Il denaro non era l’unica cosa che
gli interessava, si poteva osservare lontano un miglio il suo mero
divertimento e gusto semplicemente nel causare guai e problemi agli altri.
Per questo aveva deciso di scegliere lui, tra i tanti.
La grande sacerdotessa tirò fuori la sua collana con un ciondolo magico al
collo e lo tenne stretto tra le mani mentre cominciò ad illuminarsi.
- Si sono ritrovati tutti tra loro e sono contenti di ciò... il mio caro
fratellino è già KO senza che io neanche mi sia scomodata a tramare contro
di lui, così capirà che ha fatto uno sbaglio a dare il MIO trono di diritto
su Camelot ad una pezzente qualunque. Potremmo già provare ad attaccare,
perché no… ma ci serve logorare l’allegra cricca ancora di più. Emrys è
troppo furbo e richiede tempo e cautela... ma la guasta feste numero uno
che devo togliere di mezzo per prima è senza dubbio Clarissa.
Tenne saldo tra le mani il ciondolo con gli occhi socchiusi prendendo un
bel respiro.
- Si de iam tentuor ich siafe lentier verueos malifiar...
Guardò nuovamente il suo fedele adepto.
- Dovranno fare i conti con un’altra persona e questa volta ho il
presentimento che possa non essere così tanto gradita.
Il goblin l’afferra prontamente dal braccio e la guarda dritta negli
occhi preoccupato. Morgana s’incupisce.
- My Lady ma l’ha già fatto prima... avranno sicuramente dei sospetti.
Morgana rise continuando a guardare Clarissa e Mordred dal calderone.
- Non posso sospettarmi se non hanno la ben che minima idea che io sia
tornata, non credi?
Il goblin sorrise beffardamente e annuì compiaciuto.
Morgana si preparava alla sua ascesa e questa volta, non avrebbe
fallito.
Avrebbe ucciso Artù Pendragon.
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