La
storia
partecipa alla Hallowchallenge indetta
dal gruppo facebook SASUNARU FANFICION italia
Prompts: Espiazione
Coppie: NaruSasu, con
una
HinaSaku!oneside e un accennino alla SasuSaku
Genere: Sovrannaturale
e Horror.
Avvertimenti: Creepy e forse
splatter sul
finale. Credo che meriti una segnalazione per l’OOC di Sasuke
che ad un certo
punto chiama Naruto “Amore mio”.
Sì,
è la parte più spaventosa della storia xD
Introduzione: Esisteva, una volta, un
principe triste che non sorrideva mai;
“Un
obiettivo?”
“Sì,
le domande sono le nostre guide. Senza domande ci
perderemmo” spiegò, ripetendo quello che le aveva
detto Sakura molto tempo
prima.
“Una
domanda” fece un sorriso amaro, di quelli che
fanno le persone convinte di aver trovato tutte le risposte, ma poi
alzò gli
occhi, incatenando lo sguardo a quello chiaro di Hinata
“Chiedo quale sia la
mia colpa”
Note: BUON
HALLOWEEN! Anche se
sono in ritardo di tre giorni, ehm. Però ci tenevo lo stesso
a partecipare alla
challenge, anche se devo dire che la storia non è venuta
esattamente come la
volevo io :/ spero di non aver fatto un completo disastro e che, come
richiesto
dal regolamento, non sia troppo romantica xD Lascio il parere a voi!
Ho messo
il
rating arancione non per scene lime, ma per una scena dove ci saranno
un po’ di
budella in giro hahaha
Eravamo
praticamente le ombre dei gironi danteschi, condannati ad una
espiazione
ignominiosa che però, a differenza dei peccatori di Dante,
non aveva dietro sé
colpa alcuna.
(Alda
Merini)
Il
principe triste
Hinata
tornava a casa dopo una lunga giornata di lavoro dal caffè.
Nonostante
l’autunno inoltrato, Looe – cittadina di poco
più di cinquemila anime –
continuava ad essere visitata da molti turisti, cosa che comprendeva
benissimo.
La Cornovaglia con i colori caldi dell’autunno diventava una
vera meraviglia e
Looe sembrava un borgo uscito direttamente da una fiaba. In
più, con Halloween,
tutto il paese si era attrezzato per la festività, lasciando
zucche intagliare
in ogni angolo e altri orpelli paurosi. Anche il suo caffè
aveva attaccato
delle decorazioni raffiguranti fantasmi e scheletri, perfino il
menù era stato
rintoccato in onore della festa. In particolare era molto fiera del
teschio che
aveva dipinto lei stessa, mettendolo sopra la cassa.
Halloween,
il giorno in cui il mondo sovrannaturale poteva diventare reale.
Ma
Hinata
sapeva bene che quel mondo era vero ogni
giorno.
Lei aveva un dono, un dono
che prima di
comprenderlo le era costato anni di psicologia e isolamento a scuola.
Perché
lei era quella strana che vedeva le cose strane.
La
pazza.
Hinata
non
era pazza, Hinata aveva la Vista. Poteva semplicemente vedere cose che
i comuni
mortali non potevano: le pixis, i brownie, i lepricani, le
fate… tutte quelle
creature che le avevano detto esistere solo nella favole del folklore
locale,
erano reali. Lei poteva
vederle.
All’inizio
ne era spaventata, era convinta di essere davvero pazza, che in lei ci
fosse
qualcosa di sbagliato. Poi aveva conosciuto Sakura.
Sakura
che
di ordinario non aveva niente, con il suo corto caschetto rosa
pastello, gli
occhi verdi e enormi e quello strano tatuaggio sulla fronte ampia.
Vestiva in
modo semplice, con colori chiari, ma c’era qualcosa in lei
che aveva subito
acceso l’interesse di Hinata: Sakura aveva il suo stesso
dono, la Vista.
Era
stata
lei a spiegarle che quelle che aveva creduto leggende in
realtà erano storie
vere, che il mondo sovrannaturale esisteva davvero ed era parallelo a
quello
mortale, ma nascosto. Le aveva detto che ogni tanto nascevano delle
persone con
quelle capacità di percepire, persone che nel passato
venivano chiamate Druidi.
Sakura
era
una Druida.
Hinata
era
una Druida.
Non
aveva
faticato a credere a quelle parole, tutt’altro le aveva
trovate perfettamente
coerenti, come se fossero sempre esistite dentro di lei, ma fosse stata
sempre
troppo cieca per comprenderle.
Dopo
quell’incontro, Hinata aveva lasciato la sua vecchia vita
nella City per
trasferirsi a Looe con Sakura. Vivevano insieme ormai da due anni e
quel lasso
di tempo Hinata aveva imparato più cose possibile sul ruolo
del Druido. Ancora
non le era molto chiaro e aveva molto da imparare, ma aveva capito che
il loro
ruolo principale era quello di mantenere inalterato
l’equilibrio fra i due
mondi. Una cosa era fin troppo certa: ogni cosa era vigilata da una
regola.
Ogni singolo aspetto della loro vita.
Se ne
era
resa conto subito, da quando aveva cominciato a realizzare di provare
certi
sentimenti per Sakura, fino ad arrivare a desiderarla. Ma…
Un
druido
non può sposarsi.
Un
druido
deve mantenere la propria verginità intatta.
Ed era
stato come un laccio emostatico allacciato troppo stretto attorno al
cuore, che
ogni giorno stringeva sempre di più in una morsa dolorosa.
Però Hinata voleva
essere una Druida, soprattutto ora che aveva capito quale fosse il suo
posto
nel mondo.
Hinata
avrebbe rispettato quella regola.
Così
i due
anni insieme erano passati e mai la sua vita era stata più
strana ed
emozionante. Certe notti bussavano alla loro porta creature
incredibili, uscite
direttamente dai libri illustrati per bambini, in cerca di un unguento,
un
portafortuna o una risposta dalle carte. Solitamente era sempre Sakura
ad
occuparsene, lei era ancora una novizia ed era meglio che la osservasse
prima
di fare qualcosa. C’era però una cosa in cui
Hinata era particolarmente brava:
la lettura dei tarocchi.
Si
fermò
brevemente sul marciapiede nel notare che, davanti alla porta della
loro casa,
stava uno sconosciuto. Era un uomo alto, dai capelli color notte che si
amalgamavano nella penombra che era scesa nella via; indossava una
cappotto
elegante, scuro anche quello, lungo fino alle ginocchia, e teneva le
mani ben
piantate nella tasche.
Titubante,
Hinata si avvicinò chiedendosi se fosse una persona vera o
uno di Loro.
“Salve,
ha
bisogno di aiuto?” gli chiese gentilmente, notando
l’insistenza con cui fissava
la loro porta.
Lo
sconosciuto si voltò e lei, arrossendo, si trovò
a fronteggiare il viso più
bello che avesse mai visto. Era perfettamente ovale, pallido come la
neve
appena scesa, dagli zigomi alti e i lineamenti leggermente androgini,
ma
decisi. Gli occhi avevano una forma a mandorla molto dolce, brillavano
come
l’ossidiana fra le lunghe ciglia scure e sotto
l’arcata elegante delle
sopracciglia fine.
Quello
ricambiò il saluto con un cenno del capo, facendo scivolare
sulla fronte quei
fili di capelli neri. Tra le labbra sottili e chiare teneva stretta una
sigaretta mezza consumata, dalla punta incandescente. Tirò
fuori la mano dalla
tasca, prendendo il mozzicone fra l’indice e il medio,
soffiando una nuvola di
fumo grigio; le dita erano sottili e lunghe e come le zampe di un ragno.
“E’
vero
che qui c’è una che vende filtri
d’amore?” chiese con un tono di voce duro, ma
incredibilmente suadente per via di una pronuncia esotica.
Hinata
si
chiese a cosa servisse a un uomo così bello un filtro
d’amore.
“Sì,
è vero” rispose educatamente,
scandagliandolo da testa in piedi. Le creature magiche si nascondevano
sempre
agli occhi dei mortali, apparendo come uomini comuni, ma
c’era sempre un
dettaglio che non potevano celare ai Druidi, qualcosa che rivelava la
loro
natura sovrannaturale. Eppure, lui ne sembrava totalmente privo.
“Ed
è vero
che funzionano, anche?” continuò lo sconosciuto,
facendo cadere la cenere dalla
punta della sigaretta con un tocco elegante delle dita “O
sono solo dei
profumi?”
La
ragazza
sorrise, cercando di non apparire impacciata. “E-e se lo
scoprissi da solo?” si
sentì molto imbarazzata nel dirlo.
A quel
suo
tentativo, l’uomo accennò un sorriso.
“Sono venuto qui proprio per questo”
Hinata
lanciò uno sguardo alla porta di casa, notando che Sakura
aveva lasciato un
cartello con scritto “Torno
subito!”
pieno di scheletri stilizzati fatti con un pennarello rosa. Sorrise a
quel
dettaglio per nulla spaventoso, cercando le chiavi di casa.
Sakura
aveva adibito il primo piano della loro villetta con giardino come se
fosse la
casa di una strega, riempiendola di odori speziati e oggetti del
folklore
locale. Era una erboristeria, ma ogni tanto fingeva di vendere pozioni
magiche
o amuleti ai turisti che si lasciavano incantare dalla magia di quella
terra e
volevano portarsi un souvenir a casa. Per questo, insieme alle erbe
medicinali
o alle pomate c’erano calderoni, libri di magia e una scopa
spelacchiata.
Notando
che
lo sconosciuto non l’aveva seguita, si voltò a
fissarlo.
“Sakura non
è casa, ma arriverà presto” gli
sorrise gentilmente “Ma intanto puoi
entrare e accomodarti” assicurò, non era
il caso di lasciare un cliente
fuori al buio: era da maleducati.
Quello
accennò un altro sorriso, facendo un passo. “Io
sono Sasuke”
“Hinata”
si
presentò.
“E’
un vero
piacere conoscerti, Hinata” gettò la sigaretta a
terra,spegnendola con la
suola, prima di entrare dentro la casa.
La prima
cosa che Hinata fece, ancora prima di togliersi il cappotto, fu quella
di
accendere il caminetto elettrico. Il fuoco divampò
immediatamente, scaldandole
la faccia. Si voltò verso Sasuke, che aveva cominciato a
gironzolare per la
sala, incuriosito da piante che erano state appese al soffitto per
lasciarle
essiccare. Nonostante il calore che stava riscaldando
l’ambiente, non parve per
nulla intenzionato a togliersi il cappotto scuro. Gironzolò,
andando al
bancone, dove sopra Sakura aveva messo un listino su tutte le attrazioni magiche.
“Leggete
anche il futuro?” domandò con quel suo accento
strano “Usate la mano, i fondi
da tè, le sfere di cristallo o i tarocchi?”
Hinata
arrossì mentre si toglieva la sciarpa e scalzava il
cappotto. “Io solo i
tarocchi, ma Sakura sa usarli tutti” rispose.
“Quindi
potresti
provare a leggermi il futuro?”
Quella
proposta la resa incerta. “Credevo foste qui per un filtro
d’amore”
Sasuke
scrollò le spalle. “Certo, ma perché
non sfruttare l’occasione fino in fondo?
Quando mai mi capiterà di entrare nuovamente nel covo di una strega?” e i suoi
occhi scuri brillarono leggermente di
scherno a quella domanda retorica.
Non
rispose
subito titubante, è vero che lei non poteva ricevere i
clienti, ma solo quelli
sovrannaturali, gli umani poteva gestirli tranquillamente, no?
Alla
fine,
annuì, decidendo di accontentarlo, anche se non poteva
nascondere a se stessa
di essere emozionata. Fino a quel momento aveva usato le carte solo
sotto la
supervisione di Sakura, visto quanto erano pericolose, era la prima
volta che
provava a interrogarle da sola.
Chiese a
Sasuke di aspettarla, e magari di accomodarsi sul tavolino rotondo,
mentre
prendeva le sue carte.
Un’altra
delle tante regole di quel mondo era che ogni Druido possedesse il
proprio
mazzo di carte, che aveva disegnato e dipinto lui stesso, usando al
posto del
rosso il sangue di un cervo e tingendole poi in una pozione speciale
che le
purificasse. Era stata Sakura a spiegarle come fare la pozioni e le
aveva dato
il libro da dove copiare le figure.
Tornò
da
lui con un cofanetto in legno in mano e si sedette di fronte
all’uomo,
accennando un sorriso nervoso per l’emozione. Decise che nel
caso le carte non
le avessero rivelato niente, avrebbe inventato, tanto non se ne sarebbe
mai
accorto.
Prese un
tappetino, distendendolo sopra il tavolo rotondo.
Cominciò
a
disporre le carte in ordine, leggermente in difficoltà,
erano molto più grandi
e lunghe di quelle normali da gioco, per questo faticava a tenerle
tutte
insieme nelle sue manine piccole.
“Che
cosa
vuoi sapere?” gli chiese.
Sasuke
si appoggiò
allo schienale, facendo una smorfia serpentina. “Non lo so.
Sorprendimi”
“Mi
serve
che tu stia dritto con la schiena, con le braccia rilassate lungo i
fianchi e
le gambe parallele”
Inarcò
una
sopracciglia davanti a quell’improvvisa autorevolezza e
decise accontentarla,
rizzando la schiena con gli aveva chiesto.
Quando
Hinata finì di riordinare le carte gliele passò,
insieme a una invocazione da
leggere mentre le mescolava, aggiunse che alla fine avrebbe dovuto
passargliele
con la mano sinistra.
Sasuke
sembrava divertito. “Non credevo fosse un rito
così complicato”, poi prese
fiato, corrucciando leggermente la fronte per leggere la scrittura
obliqua:
«Io
vi scongiuro e imploro, Destini, Geni e Pianeti! Le
cui magiche influenze gravitano su tutte le creature,
affinché con le vostre
arti misteriose mi prepariate, in buona ed indovinata combinazione, i
magici
emblemi delle sacre Carte, allo scopo di conoscere, a mezzo
dell'oracolo,
quanto il presente e l'avvenire mi tengano riservato.
Io vi
scongiuro nuovamente con ferma volontà e vero desiderio,
senza timori né
incertezze, perché si mostri l'oracolo in forma
così chiara e semplice, che non
mi lasci luogo a dubbi, anche se le predizioni di questo mi siano
avverse e fatali.»1
Detto
ciò,
gliele passò con la mano sinistra, come richiesto, e Hinata
le mescolò ancora
sette volte, in onore dei pianeti. Alla fine le mise al centro del
tavolo.
Tutto il
suo imbarazzo era svanito, concentrata nei gesti di quel rituale che
aveva cominciato
a sentire come una seconda pelle.
“Mettici
sopra la tua mano sinistra” ordinò, senza accenno
di tremore nella voce “Taglia
il mazzo, ponendo a destra il mucchio superiore”
Sasuke
lo
fece, per nulla intimorito dall’improvviso tono autorevole
della ragazza. Poi
Hinata distribuì le carte da destra a sinistra, per iniziare
a leggere.
“Ho
bisogno
che tu mi dia un obbiettivo, una domanda alla quale rispondere.
Altrimenti,
andremo alla cieca” mormorò Hinata.
“Un
obiettivo?”
“Sì,
le
domande sono le nostre guide. Senza domande ci perderemmo”
spiegò, ripetendo
quello che le aveva detto Sakura molto tempo prima.
“Una
domanda” fece un sorriso amaro, di quelli che fanno le
persone convinte di aver
trovato tutte le risposte, ma poi alzò gli occhi,
incatenando lo sguardo a
quello chiaro di Hinata “Chiedo quale sia la mia
colpa”
Senza
sapere perché, davanti a quella domanda Hinata
tremò. Poi scoprì la prima
carta, i suoi occhi si annebbiarono, come se fosse entrata in un mondo
pieno di
nebbia.
In
trance,
iniziò a parlare.
“C’era
una volta un principe.
Lui era il
secondogenito di una illustre famiglia e
perciò, per evitare che ci fossero futuri contrasti con il
primogenito, a causa
dell’eredità, fu mandato a prendere i voti
sacerdotali, quando ancora era molto
giovane.
Tutti lo
chiamavano il principe
triste, perché era bello, ma non
sorrideva mai.
Il principe
triste non sorrideva mai; c’era apatia
nella sua voce quando pregava e nessuna vera devozione quando accettava
la
particola fra le labbra.
Si dice, che il
principe triste piangesse quando si
confessava, perché non amava Dio.
Si dice, che il
principe triste si fosse innamorato
del ragazzo che accendeva ogni sera le candele in chiesa.
Il principe
triste non sorrideva mai, tranne a quel
ragazzo; c’era desiderio quando gli parlava e pura devozione
quando pretendeva
di baciare quelle labbra.
Si dice, che il
principe triste piangesse quando si
confessava, perché non amava Dio.
Lui amava un
altro uomo.
E con
quell’uomo scappò lontano, deciso che se non
potevano unirsi sotto il nome di Dio, lo avrebbero fatto nel volere del
Diavolo. Scapparono credendo che finché sarebbero stati
insieme nulla avrebbe
potuto fermarli.
O almeno
così credevano”
“Hinata!”
Sussultò,
prendendo un lungo respiro, con la sensazione di essere appena emersa
in superficie
dopo aver nuotato per ore in un lago ghiacciato e putrido.
I
tarocchi
erano ancora sul tavolo, non ancora tutti scoperti. Sasuke era seduto
davanti a
lei, in una posizione rilassata e un sorriso divertito sul volto.
Sakura
era
sulla porta, il cappotto addosso e le chiavi tese davanti a
sé come se fossero
un’arma. La sua espressione era furibonda, spaventata e
preoccupata insieme,
non l’aveva mai vista così.
“Finalmente
sei qui, Sakura” commentò tranquillo Sasuke,
alzandosi dalla sedia e girandosi
a fronteggiare la donna. Quella strinse più saldamente la
presa sulle chiavi,
facendosi guardinga.
“Tu
cosa ci
fai qui, Sasuke?”
Hinata
sbatté le palpebre accorgendosi che le tremavano le mani.
Teneva ancora in mano
la carta che stava per voltare.
Il Diavolo.
“Ti
stavo
cercando. Ho bisogno del tuo aiuto” disse Sasuke, facendo un
passo in avanti.
Sakura
si
irrigidì immediatamente. “Non muoverti”
ordinò fredda e contemporaneamente
afferrò una boccetta piena di polvere. La infranse a terra,
proprio ai piedi
dell’uomo, immediatamente il suo contenuto si dispose a
cerchio attorno a lui,
imprigionandolo.
Avvertendo
la forza invisibile che gli impediva di oltrepassare il cerchio, Sasuke
strinse
le labbra. “Verbena”
sbottò “Non era
necessario usarla”
Ma
Sakura
lo ignorò completamente, correndo incontro a Hinata con il
volto che era una
maschera di preoccupazione.
“Lo
hai
invitato tu qui dentro?” sbottò afferrandola per
le spalle “Ti ha fatto
qualcosa? Se solo ha alzato le mani…”
“N-non
mi ha
fatto niente” balbettò lei confusa.
“Mi
ha solo
letto i tarocchi” le raggiunse la voce di Sasuke
“Sono venuto in pace, Sakura.
Ho bisogno del vostro aiuto”
Lei non
parve credergli minimamente e continuò a rivolgersi alla
corvina.
“Ti
avevo
detto di non far entrare nessuna creatura mentre non c’ero,
di non trattare con
loro!”
“Pensavo…
pensavo fosse un umano” mormorò mortificata
“Scusami”
Davanti
alla sua espressione pentita Sakura non riuscì a mantenere
lo sguardo pieno di
rimprovero e sospirò, accarezzandole i capelli.
“L’importante è che tu stia
bene”
Poi la
sua
espressione tornò inflessibile, mentre si alzava a
fronteggiare Sasuke. Hinata
la vide prendere una delle spade che tenevano attaccate sopra il
caminetto.
“La
lama è
stata immersa nell’acqua benedetta”
iniziò la Druida duramente “Se devi
parlare, cerca di essere convincente, a meno che tu non voglia essere
infilzato”
“Non
puoi
uccidermi” disse Sasuke, soppesando comunque con
preoccupazione la lama puntata
contro di lui.
“No,
è
vero” confermò “Ma posso farti patire le
pene dell’inferno”
Gli
occhi
neri brillarono d’ira per un secondo, accendendosi come
tizzoni ardenti. Fece
una smorfia, come se avesse ingoiato un gusto particolarmente amaro.
“Sono
qui
per rimediare alla mia colpa”
“La
tua
colpa” ripeté Sakura, fece una smorfia sarcastica
“Quale, delle tante?”
Sasuke
arricciò le labbra infastidito, sembrava cominciare ad
essere innervosito dalla
spada puntata contro di lui e dall’essere bloccato in quel
cerchio.
“Quella
iniziale, che ha dato origine a tutte le altre”
“Oh,
quindi
vuoi essere battezzato dal tuo peccato originale”
replicò ironica Sakura.
Sasuke
assottigliò
lo sguardo. “Siete Druidi. È vostro dovere
aiutarmi a ristabilire l’equilibrio”
Sakura
non
abbassò lo sguardo, inflessibile. “Io non sono
più una Druida” sembrò glielo
stesse rinfacciando.
A quelle
parole, Hinata spalancò la bocca. Cosa?
“Ma
lei sì”
ribatté Sasuke indicandola.
“E’
solo
una novizia, è ancora inesperta” si
scaldò “Non la tirerai in mezzo ai tuoi
sporchi affari”
Sasuke
sembrò perdere definitivamente la pazienza.
“E’ vostro dovere, dannazione!”
sbottò “Non sarei venuto qui da te, se non fossi
disperato”
Vide
Sakura
aumentare la presa sull’elsa della spada, come se stesse
lottando contro un
impulso interno, ma poi la vide abbassare il braccio e sospirare
frustata.
“Va
bene,
spiegati. E prendi la tua vera forma, è giusto che Hinata
veda che razza di
mostro sei”
A quelle
parole taglienti, Sasuke fece una smorfia, ma eseguì
l’ordine, portandosi le
dita al colletto del cappotto, sfilando un bottone dopo
l’altro dalle asole, lo
lasciò scivolare dalle spalle e Hinata arrossì
nel rendersi conto che sotto era
a petto nudo.
Eppure
c’era qualcosa che stonava.
Sbattendo
le palpebre più volte, cominciò a notare che dal
retro della sua spalla
sinistra si stavano spandendo delle piccole fiammelle nere che
iniziarono a
deturpare il petto, salendo a macchiare perfino il volto. E i suoi
occhi erano
diventati rossi.
Deglutì,
non trovandolo affatto mostruoso, ma terribile.
“La
storia
che ti hanno raccontato i tarocchi è vera, è la mia storia, ma sei stata fermata prima
che potessi finirla. Il nome
del mio amante era Naruto e scappammo insieme. Avevamo deciso di fare
un patto
con il Diavolo: la nostra anima in cambio
dell’eternità insieme”
“Perché?”
non riuscì a trattenersi e quella domande le uscì
in un bisbiglio. Chi vorrebbe
mai fare una cosa del genere?
“Perché quando desideri qualcosa, la
desideri
al prezzo dell’anima2”
ormai tutto il suo corpo era deturpato da
quei simboli neri e maligni, che danzavano sulla sua pelle come se
fosse
animati.
“Ma
lui
aveva già stretto un patto” si intromise Sakura
“Un patto con Dio”
Hinata
ricordò quello che le aveva insegnato e mormorò,
come se stesse recitando:
“Quando infrangi un patto divino, lo paghi con la
dannazione”
Distrattamente,
Sasuke portò una mano sulla propria spalla, da dove si
diramavano i simboli
inchiostrati. “Io fui maledetto, ma anche Naruto dovette
pagare il peso della
mia azione”
Sakura
si
diresse verso la finestra, a guardare fuori nella strada buia.
“Lasciami
indovinare: fu trasformato nello spirito di una volpe”
Annuì.
“Sì,
è esatto. Come lo sai?”
“E’
qui
fuori, sul mio giardino” borbottò lugubre.
“Può
essere. Io non posso vedere il suo spirito, mi è proibito.
Fa parte della
maledizione. Non posso morire, ma non provo più nessuno di
quei piaceri o
bisogni che caratterizzano i vivi” la sua voce si
incrinò “Questo corpo è la
mia tomba, ma io non sono ancora morto”
“E
noi come
possiamo aiutarti?” chiese Sakura sprezzante, allontanandosi
dalla finestra
“Non possiamo andare contro i voleri del divino”
“Le
colpe
vengono sempre pagate con un’espiazione” rispose
prontamente Sasuke “Mi serve
un Druido che celebri il rito di espiazione”
Sakura
rimase a lungo in silenzio, camminando per la stanza, come se stesse
valutando
quelle parole. Hinata non l’aveva mai vista così
nervosa.
“Che
tipo
di rito?” mormorò alla fine, sedendosi sulla sedia
davanti a Hinata.
“Voglio
che
tu rende tangibile Naruto” cominciò, ma fu
immediatamente interrotto.
“Necromanzia,
quindi. È proibita, lo sai”
“Per
questo
mi rivolgo a te, non spezzeresti nessun giuramento. E comunque, lo
evocheresti
per pochi minuti. Giusto… giusto il tempo
che…” sembrò non riuscire a trovare
la parola, come se faticasse a pronunciarla.
“Che
ti
perdoni?” tentò di indovinare sarcastica.
Scosse
la
testa. “Che mi divori”
Forse
era
la prospettiva che Sasuke venisse divorato da uno spirito ad aver
convinto
definitivamente Sakura ad aiutarlo, Hinata non lo sapeva dire con
certezza.
Il
Dannato
aveva spiegato che l’unico modo che aveva per morire, e
quindi per espiare la
sua colpa, era quello di venire divorato dalla persona che aveva amato.
Sakura
aveva mostrato qualche perplessità, perché
solitamente una spirito quando
divora un umano acquista corporeità e può tornare
sulla terra.
Ma
Sasuke
aveva ribattuto prontamente, scuotendo la testa desolato.
“Appunto, un vivo. Io non
posso essere considerato un
vivo”
“Perché
proprio ora? Avresti potuto compiere questo rito sacrificale molto
prima” aveva
continuato Sakura.
Era
stata Hinata
a rispondere, sollevando l’ultimo tarocco rimasto sul tavolo
e scoprendolo. Lo
mostrò a Sakura. “Il Mondo,
la
chiusura di un ciclo”
Sasuke
annuì. “Esatto. Questa notte il mio ciclo di colpa
finisce e per questo
dobbiamo andare adesso. Se
aspettiamo
domani, il Samahin sarà
passato e
comincerà un nuovo ciclo. E dovrò aspettare altri
cinquecento anni”
Hinata
conosceva il Samahin, gliene aveva
parlato Sakura: è
conosciuto anche con
il nome di Capodanno Celtico ed è una vecchia festa pagana
per celebrare la
fine dell’estate. Samahin
si
troverebbe in un punto a temporale, che non appartiene né
all’anno vecchio né a
quello nuovo, per questo il velo che divide il mondo dei vivi da quello
dei
morti è così sottile.
Sakura
si
era massaggiata l’ampia fronte. “Quindi abbiamo
tempo solo fino a mezzanotte,
grandioso”
Nonostante
il borbottio infastidito, si era subito prodigata ad organizzare la
cosa. Non
avrebbero fatto l’evocazione nel suo giardino, in mezzo ai
suoi adorati fiori,
su questo era sicura. Sarebbero andati fuori da Looe, anche per evitare
di
beccare qualche ficcanaso.
Sakura
aveva spedito Sasuke ad aspettare fuori, mentre lei prendeva tutto
l’occorrente.
“Lo
farò
io” disse rivolta ad Hinata “Ti mostrerò
come fare, anche se non dovrai mai
evocare un morto, ma è bene che tu sappia come si
fa”
Lei
aveva
annuito, fissandola timidamente, una chiara domanda riflessa negli
occhi
chiari.
“Sakura…”
La donna
irrigidì la posa delle schiena, capendo immediatamente cosa
volesse chiederle. “No”
rispose “Non sono più una Druida” e nel
dirlo si sfiorò il rombo che aveva sulla
fronte “Ho rotto il patto di castità,
innamorandomi di un… uomo”
lo disse con disprezzo.
“Non
sono
maledetta come Sasuke, ma sono stata espulsa
dall’ordine” mormorò “Ho la
Vista e
tutto ma… non posso considerarmi una sacerdotessa del
sovrannaturale”
Hinata
rimase in silenzio, rimuginando su quella nuova scoperta. “Lo
amavi?”
Sentì
le
sue dita sfiorargli le guance. “Sì, purtroppo lo
amavo. Ma no, non ne è valsa
la pena. Io sono nata per essere una Druida, eppure ho gettato via la
mia vita
per una singola follia. Ti prego, non fare mai il mio stesso errore, te
ne
pentiresti in eterno”
Annuì,
sentendo il laccio omeostatico stringere ancora di più
attorno al suo cuore. Ma
non l’avrebbe delusa, non avrebbe mai potuto farlo.
“Lui
chi
era?”
Gli
occhi
verdi si riempirono di rabbia. “Sasuke
Uchiha”
Sasuke
era
seduto sul bordo del marciapiede, il cappotto nuovamente addosso e lo
sguardo
perso nel buio. Aveva le labbra piegate in una smorfia amara e in quel
momento
a Hinata ricordò davvero un principe triste.
Accanto
a lui,
seduta sulle zampe posteriori, stava una volpe. Il fantasma
di una volpe. Se la fissava attentamente, riusciva a
vederle attraverso, come se i suoi colori fossero troppo sbiaditi per
essere
tangibili; in più, cosa più importante, la luce
del lampione non creava nessuna
ombra.
Guardò
i
due, chiedendosi se si fossero pentiti davvero della loro azione,
proprio come
si era pentita Sakura. A ripensarci, sentì l’acido
aggredirla la gola, insieme
alla voglia di insultare Sasuke. Non sapeva se fosse rabbia o gelosia
per
quello fatto a Sakura.
“Quindi
non
te l’aveva raccontato” considerò Sasuke,
avvertendola alle proprie spalle. Lo
vide tirare fuori una sigaretta e infilarsela fra le labbra.
“No”
rispose e si stupì di come la sua voce fosse uscita secca.
La
fiamma
dell’accendino scattò, lambendo la punta del
bastoncino. “Non capisco perché
sia ancora così offesa, alla fine può fare ancora
tutti quei riti assurdi e
mescolare i tarocchi”
Era
strano
Sasuke, parlava del sovrannaturale con un incredibile tono scettico,
come se
considerasse tutto quello fandonie. Eppure lui ne faceva parte, proprio
come
lei.
“Tu
l’amavi?” chiese, avvertendo una contrazione al
cuore.
“No,
ho
amato… amo una sola
persona” lo disse
con un tono così sconfitto che Hinata avvertì la
propria gelosia evaporare.
Non era colpa sua se aveva
un cuore gentile,
fin troppo incline al perdono.
“Lo
sai”
disse, ricalibrando il tono della propria voce “E’
proprio accanto a te”
Rise
notando che Sasuke si era voltato dalla parte sbagliata.
“L’altro
lato” lo corresse, affondando il naso nella sciarpa rossa. Lo
guardò mentre
fissava il vuoto incerto, la sigaretta abbandonata fra le dita a
consumarsi.
“Qui?”
chiese esitante.
Annuì,
mentre l’uomo alzava una mano a tentoni, cercando di
indovinare dove fosse il
capo dell’animale. La volpe fece scattare la lingua rosea,
per leccargli le
punta delle dita, ma incorporea com’era si lasciò
attraversare.
Fu una
scena così triste che Hinata avvertì un’altra
contrazione al petto.
Lo
sbattere
violento della porta la riscosse e, voltandosi, vide Sakura percorrere
il
sentiero tra le rose con un passo di battaglia e uno sguardo che
lanciava
scintille.
“Andiamo,
prima finisce questa storia e prima possiamo andare a fare dolcetto o
scherzetto”
Il
viaggio
in macchina fu silenzioso. Sasuke era stato fatto sedere sui posti
dietro,
mentre Sakura guidava con le nocche bianche da quanto stringeva il
volante.
Aveva lo sguardo puntato sulla strada e Hinata poteva praticamente
toccare la
tensione che occupava tutto l’abitacolo.
Era la
prima
volta che vedeva l’invocazione di un morto, non sapeva cosa
aspettarsi. La sua
mente le proponeva scene scadenti di film dell’orrore che
aveva visto da
piccola, quelli che spesso finivano con la morte di tutti i
protagonisti in un
lago di sangue e budella. Rabbrividì al solo pensiero,
guardando la campagna
della Cornovaglia immersa nella notte.
Non
fecero
molta strada, preferendo raggiungere un boschetto di pioppi non
distante.
Quando scesero dall’auto Hinata vide la volpe sul ciglio, con
la coda folta che
si agitava festosa.
“Andiamo
tra gli alberi” ordinò Sakura “Non
vorrei che passasse qualche macchina e ci
notasse. Farò anche in modo di renderci invisibili in quel
punto del bosco, per
ogni precauzione”
Non si
allontanarono troppo comunque, attraverso le cortecce era ancora
possibile
intravedere l’auto.
Sakura
cominciò subito a disporre l’ambiente per il
rituale, dalla borsa di stoffa che
si era portata dietro tirò fuori candele, boccette piene di
un liquido scuro e
vischioso e un grosso tomo di pelle. Quest’ultimo lo
passò a Hinata,
chiedendole di aprirlo a pagina 369, mentre lei creava un pentagono di
protezione. Fece quanto richiesto, accorgendosi che il libro era
scritto
nell’antica lingua celtica; la stava ancora imparando, quindi
faticò a capire
cosa ci fosse scritto.
Comunque,
riconosceva l’aurea negativa di quelle parole.
Sasuke
le
guardò adoperarsi senza dire nulla, mentre ogni candela
veniva accesa e posta a
una punta del pentagono. Nelle cera erano state incise delle rune.
Quando
finì
l’opera, il fantasma della volpe, senza che nessuno dicesse
niente, andò a
sedersi al centro del pentagono, le orecchie ritte e la coda tesa, in
attesa.
Sakura
prese il libro dalle mani di Hinata, preparandosi a leggere
l’invocazione.
Prese un
lungo respiro. “Spero di non dovermene pentire,
Sasuke” minacciò. Poi si
schiarì la gola e, quando socchiuse le labbra, dalla sua
bocca uscì una
cantilena ritmata, leggermente ipnotica. Hinata non capì se
fosse per la
suggestione o se davvero della nebbiolina violacea avesse cominciato a
salire
dal terriccio umido. Le fiamme delle candele si erano allungate,
agitandosi
come se ci fosse un vento incapace di spegnerle e le rune incise sulla
cera
brillarono.
La volpe
al
centro del pentagono appiattì le orecchie, ringhiando un
poco, mentre i suoi
colori si facevano sempre più vividi, più
reali.
Quando
Sakura terminò il rituale la sua voce si spense di botto,
senza nessun
preavviso. Sasuke si avvicinò ai margini del pentagono, gli
occhi sgranati e le
labbra socchiuse.
Lo
sentì
mormorare “Naruto”
e qualcos’altro in
una lingua che non conosceva, alzò una mano come per volerlo
sfiorare. Sembrava
essersi totalmente dimenticato della presenza dei due Druidi.
Sakura
gli
si affiancò, tenendo le spalle dritte e
l’espressione inflessibile. “Non può
uscire dal pentagono, si dissolverebbe ancora in spirito.
L’unico modo che hai
per farti divorare è che tu entra. Una volta entrato, non
potrai più uscire”
Quelle
parole ebbero il potere di riscuoterlo e il braccio teso cadde
nuovamente
accanto al suo busto. Annuì, girandosi a guardarla.
“Ti ringrazio e mi dispiace
per…”
Non
riuscì
a terminare la frase, perché l’acuto di una sirena
spaccò l’aria, ferendo loro
i timpani e facendo saltare sul posto Hinata. Rapita com’era
dalla situazione
magica, si era completamente dimenticata che a nemmeno cinquanta metri
passava
una statale.
Immediatamente
dopo al rumore, anche delle luci cominciarono a lampeggiare fra le
cortecce
degli alberi.
“Cosa
diavolo…?” imprecò Sakura girandosi a
scrutare la strada. Affianco alla sua
macchina si era parcheggiata una della polizia statale, accompagnata da
un
carro attrezzi.
Un carro
attrezzi che stava agganciando la sua
macchina.
Spalancò
gli occhi, sconvolta. “Cosa diavolo credono di fare alla mia
auto?!” sbottò. Si
voltò verso Hinata “Tieni tu d’occhio il
pentagono, mentre vado a vedere cosa
vogliono” e lanciò una imprecazione in celtico.
Hinata
annuì, emozionata che le desse un incarico così
importante.
Al che
Sakura puntò l’indice contro Sasuke.
“Non muoverti nemmeno tu” gli ordinò
“Voglio la soddisfazione di vederti divorato”
Quello
piegò le labbra in una smorfia, facendo appena un cenno con
il capo.
“Tienilo
d’occhio” ripeté Sakura a Hinata, prima
di cominciare ad allontanarsi in
direzione della strada.
“Ehi,
voi!”
gridò sbracciandosi, tornando visibile “Che
diamine state facendo?”
I
poliziotti si voltarono verso di lei. “E’ vostra
questa macchina?”
“Sì,
shannaro!”
sbottò, cercando di fermare l’aggancio al carro
attrezzi.
“Una
segnalazione anonima ha detto che in
questa macchina è presente un ordigno
terroristico” spiegò pazientemente un
poliziotto, facendosi solo leggermente minaccioso.
Sakura
spalancò gli occhi. “Un ordigno terroristico?
Intendete una bomba?”
Annuì.
“Dobbiamo portarla in centrale, per degli
accertamenti” allungò un braccio per
prenderla, ma lei si tirò indietro.
“Questo
è
folle, non c’è nessuna bomba nella mia
auto!”
Il
poliziotto sembrava sul punto di perdere la pazienza. “Non
faccia resistenza”
Hinata
guardò Sakura litigare con i poliziotti con le sopracciglia
corrugate, erano
troppo lontani perché potesse sentire cosa stesse
sbraitando. Sicuramente,
nulla che non potesse risolvere, perciò tornò a
guardare Sasuke.
“Quanto
manca alla mezzanotte?” chiese lui.
Hinata
accennò un sorriso. “Mancano ancora due ore, non
preoccuparti”
“Non
mi
preoccupo” la contraddisse “Secondo te,
è accettabile finire all’inferno per
amore?”
Quella
domanda la spiazzò un attimo e abbassò lo
sguardo, non sapendo cosa rispondere.
“Immagino sia una consolazione, sì”
risolse alla fine.
“Una
consolazione…” ripeté “Che
grande controsenso, dicono che l’amore sia il bene
migliore e poi finisci all’inferno per questo, a dover
espiare una colpa che
non si può nemmeno definire tale”
“Ma
ci sono
regole che non possono essere infrante, altrimenti sarebbe…
anarchia” ripeté
quello che le diceva Sakura, anche se non molto convinta.
A quelle parole Sasuke
sorrise apertamente, ma
era un sorriso freddo e pieno di scherno. “Potresti diventare
una brava druida,
dai?”
Arrossì.
“Sto solo cercando di fare il mio meglio” si
schernì.
Perché
Sakura non arrivava? Cominciava ad avere freddo.
“La
lettura
delle carte è stata magistrale, ero molto colpito”
continuò Sasuke, con un tono
di voce così basso che dovette fare un passo verso di lui
per capire cosa
stesse dicendo.
“Fino
alla
fine hai dato la giusta interpretazione, anche
se…” si interruppe.
Hinata
stava per chiedergli spiegazioni, ma non ne ebbe il tempo.
Con uno
scatto repentino, Sasuke artigliò la mano al suo braccio e,
prima che potesse
anche solo rendersene conto, la scagliò al centro del
pentagono, facendola
cadere a terra, davanti alle zampe della volpe.
“Cosa?”
ansimò, vedendo l’animale arricciare le labbra,
scoprendo i denti. Cercò di
alzarsi per uscire dal pentagono, ma ormai era imprigionata
lì dentro dalle
rune.
“Il
Mondo”
iniziò Sasuke con voce pigra “Non significa solo
conclusione di un ciclo,
quello è il suo maggior significato, certo. Ma ha anche significati negativi, come
la menzogna. Ed è
per questo che non diventerai una brava
Druida” lasciò che le sue parole le entrassero
nella mente prima di proseguire.
“Secondo
la
concezione biblica, l’espiazione non è una
punizione, ma un avvenimento
salvifico. È un atto di pura misericordia divina, di un Dio
che decide di
venire immeritatamente incontro al peccatore.
Dopo
cinquecento anni, Dio mi ha perdonato.
E io lo
ringrazio con il sangue di una creatura innocente, gentile e
pura”
Hinata
tremò, capendo tutto e sentì la paura bloccarle
il respiro in gola.
Era lei
la
creatura.
Sarebbe
morta, l’avrebbe uccisa senza nessuna pietà.
“M-ma
questo
non è g-giusto” balbettò, sentendosi
completamente paralizzata davanti agli
occhi rossi della volpe.
Sasuke
non
si lasciò minimamente impietosire dalle sue lacrime.
“Nemmeno costringere il
proprio figlio a prendere i voti sacerdotali e condannarlo a una vita
infelice
lo è”
“Per
favore…”
supplicò con un filo di voce “Q-questo non ha
senso”
Sasuke,
infastidito, prese una sigaretta e cercò
l’accendino. “Invece sì. Quando evochi
un morto e questo si nutre della carne di un mortale, torna in vita.
Non me ne
faccio niente dell’espiazione se non ho Naruto”
La
volpe,
come avvertendo il proprio nome, scattò verso di lei. Hinata
gridò, avvertendo
le zanne stringersi sul suo braccio, superando gli strati del cappotto
e
lacerare la pelle.
Cadde a
terra, sbilanciata e la volpe le salì sul petto, cominciando
a graffiarle il
collo con gli artigli delle zampe anteriori. Gridò con tutta
la forza che aveva
in corpo, mentre il cappotto veniva aperto, fatto a pezzi insieme agli
abiti
per scoprire la carne tenera e morbida. La volpe affondò il
muso, imbrattò di
rosso quella pelle candida, pura, scavando con i denti attraverso gli
strati di
muscoli e orgoni, leccando il sangue che fuoriusciva con la lingua.
Hinata
gridava, si agitava, avvertendo il corpo bruciare di dolore ovunque,
mentre lo
sentiva così forte da stancarla, da sopraffarla.
“P-per
f-f-avore” pianse ancora, le lacrime che si imbrattavano al
sangue schizzato
sul suo volto. Era senza fiato, voleva solo che quel dolore indicibile
smettesse di tormentarla.
Sasuke
guardò l’intera scena senza battere ciglio, una
smorfia annoiata sul volto
mentre fumava con flemma la sigaretta. Nessuna espressione di disgusto
lo tradì
nemmeno quando la volpe cominciò a ingurgitare brandelli di
carne, sporcandosi
l’intero pelo di un rosso vischioso, lucido sotto la luce
della luna. Non provò
pentimento quando gli occhi di Hinata si rivoltarono, carichi di
lacrime, in cerca
di una salvezza; nemmeno udire quelle grida strazianti lo smosse dalla
sua
indifferenza.
Gettò
solo
la sigaretta fra il fogliame umido.
“Confesso,
a Dio onnipotente a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri,
parole,
opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E
supplico
la beata sempre vergine Maria, gli angeli santi e voi, fratelli, di
pregare per
me il Signore Dio nostro.
Dio
onnipotente, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci
conduca
alla vita eterna.
Amen”
La volpe
le
aveva aperto la pancia, affondando con le zanne
nell’intestino, fra le budella viscide
e sporche di sangue. Le inghiottì, diventando sempre
più grande.
“Signore,
pietà.
Cristo,
pietà.
Signore,
pietà”
Continuò
Sasuke, con tono mono monotono, privo di ogni reale speranza.
“Pregate,
fratelli, perché il mio e vostro sacrificio sia
gradito a Dio, Padre onnipotente”
Il
sangue
aveva macchiato le foglie umide attorno a lei, il terreno si era
imbevuto di
quel liquido vitale andato sprecato.
E lei,
Hinata, era morta.
Morta
con
gli occhi rivolti al cielo, chiedendo una pietà che non
sarebbe arrivata. Non per
lei, che era la vittima sacrificale.
E in
tutto
quello, Sasuke continuava nella sua liturgia.
“Padre
clementissimo, noi ti supplichiamo e ti chiediamo, per Gesù
Cristo, tuo Figlio
e nostro Salvatore, di accettare questi doni, di benedire queste
offerte,
questo santo e immacolato
sacrificio”
La volpe
cominciò a trasformarsi, il pelo si ritirò
mostrando una pelle caramellata,
liscia sotto i muscoli guizzanti. Il muso si appiattì,
facendosi sempre più
ovale e gli occhi cominciarono a colorarsi di blu, come il cielo del
paradiso.
Fu una
bocca umana quella che staccò il primo morso dal cuore di
Hinata.
“Prendete
e mangiatene tutti:
questo
è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi”
Concluse
Sasuke.
Le
candele
sulle punte del pentagono si spensero di colpo, come se un vento
invisibile
fosse calato. Solo
la luna illuminava
quello spiazzo fra gli alti tronchi spogli dei pioppi, sorelle che
alzavano le
mani alla notte in cerca anch’esse di una pietà
divina.
Hinata
era
riversa in un lago di sangue e budella, pelle mancante e morsi profondi
fino a
mostrare le ossa bianche. I muscoli recisi e la pancia squartata, come
la gola.
Gli occhi aperti nel nulla.
L’uomo,
accucciato su di lei, si alzò traballante, come se non fosse
sicuro di reggersi
solo sulle gambe. I capelli biondi erano lunghi, ingarbugliati e
selvaggi, ma
il sorriso che gli rivolse fu infantile, innocente, carico di dolcezza.
“Sa..suke” articolò a
fatica. Gli occhi
azzurri spiccavano come un ossimoro in quel volto imbrattando di
rubino, con
sulle labbra ancora il gusto del sangue di Hinata.
Sasuke
non
riuscì più a trattenersi e aprì le
braccia, cominciando ad avanzare verso di
lui. Anche Naruto scattò in avanti, scontrandosi contro quel
petto e
gettandogli le braccia dietro il collo, stringendolo e lasciandosi
stringere
possessivamente.
“Ha
funzionato, ha funzionato” ripeteva in continuazione Naruto,
lappandogli la
pelle del collo con quella lingua che ancora sapeva di sangue. Ma non
gli
importò e lasciò che le loro labbra collidessero
in un bacio disperato e
violento, assaporando quel sapore ferroso ancora caldo nella bocca
dell’amante.
Si
sporcò
del suo stesso sangue, ma non gli importò.
“Sì,
amore
mio, ha funzionato”
E, per
la
prima volta dopo cinquecento anni, il principe triste sorrise.
Mistero
della fede.
Amen
1.
1.Invocazione
tratta da “I Tarocchi, la suprema arte della
Cartomanzia”
2.
2. Citazione
di Eraclito
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