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Autore: Voglioungufo    03/11/2017    3 recensioni
Horror | NaruSasu |HinaSaku | accenni SasuSaku
Esisteva, una volta, un principe triste che non sorrideva mai.
“Un obiettivo?”
“Sì, le domande sono le nostre guide. Senza domande ci perderemmo” spiegò, ripetendo quello che le aveva detto Sakura molto tempo prima.
“Una domanda” fece un sorriso amaro, di quelli che fanno le persone convinte di aver trovato tutte le risposte, ma poi alzò gli occhi, incatenando lo sguardo a quello chiaro di Hinata “Chiedo quale sia la mia colpa".

[La storia partecipa alla Hallowchallenge indetta dal gruppo facebook SASUNARU FANFICION italia. ]
Genere: Angst, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Nessun contesto
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La storia partecipa alla Hallowchallenge indetta dal gruppo facebook SASUNARU FANFICION italia
 
Prompts: Espiazione
Coppie: NaruSasu, con una HinaSaku!oneside e un accennino alla SasuSaku
Genere: Sovrannaturale e Horror.
Avvertimenti: Creepy e forse splatter sul finale. Credo che meriti una segnalazione per l’OOC di Sasuke che ad un certo punto chiama Naruto “Amore mio”. Sì, è la parte più spaventosa della storia xD
Introduzione: Esisteva, una volta, un principe triste che non sorrideva mai;
Un obiettivo?”
“Sì, le domande sono le nostre guide. Senza domande ci perderemmo” spiegò, ripetendo quello che le aveva detto Sakura molto tempo prima.
“Una domanda” fece un sorriso amaro, di quelli che fanno le persone convinte di aver trovato tutte le risposte, ma poi alzò gli occhi, incatenando lo sguardo a quello chiaro di Hinata “Chiedo quale sia la mia colpa”
Note: BUON HALLOWEEN! Anche se sono in ritardo di tre giorni, ehm. Però ci tenevo lo stesso a partecipare alla challenge, anche se devo dire che la storia non è venuta esattamente come la volevo io :/ spero di non aver fatto un completo disastro e che, come richiesto dal regolamento, non sia troppo romantica xD Lascio il parere a voi!
Ho messo il rating arancione non per scene lime, ma per una scena dove ci saranno un po’ di budella in giro hahaha
 
 
 
 
Eravamo praticamente le ombre dei gironi danteschi, condannati ad una espiazione ignominiosa che però, a differenza dei peccatori di Dante, non aveva dietro sé colpa alcuna.
(Alda Merini)





 
Il principe triste
 
Hinata tornava a casa dopo una lunga giornata di lavoro dal caffè. Nonostante l’autunno inoltrato, Looe – cittadina di poco più di cinquemila anime – continuava ad essere visitata da molti turisti, cosa che comprendeva benissimo. La Cornovaglia con i colori caldi dell’autunno diventava una vera meraviglia e Looe sembrava un borgo uscito direttamente da una fiaba. In più, con Halloween, tutto il paese si era attrezzato per la festività, lasciando zucche intagliare in ogni angolo e altri orpelli paurosi. Anche il suo caffè aveva attaccato delle decorazioni raffiguranti fantasmi e scheletri, perfino il menù era stato rintoccato in onore della festa. In particolare era molto fiera del teschio che aveva dipinto lei stessa, mettendolo sopra la cassa.
Halloween, il giorno in cui il mondo sovrannaturale poteva diventare reale.
Ma Hinata sapeva bene che quel mondo era vero ogni giorno.
 Lei aveva un dono, un dono che prima di comprenderlo le era costato anni di psicologia e isolamento a scuola. Perché lei era quella strana che vedeva le cose strane.
 La pazza.
Hinata non era pazza, Hinata aveva la Vista. Poteva semplicemente vedere cose che i comuni mortali non potevano: le pixis, i brownie, i lepricani, le fate… tutte quelle creature che le avevano detto esistere solo nella favole del folklore locale, erano reali. Lei poteva vederle.
All’inizio ne era spaventata, era convinta di essere davvero pazza, che in lei ci fosse qualcosa di sbagliato. Poi aveva conosciuto Sakura.
Sakura che di ordinario non aveva niente, con il suo corto caschetto rosa pastello, gli occhi verdi e enormi e quello strano tatuaggio sulla fronte ampia. Vestiva in modo semplice, con colori chiari, ma c’era qualcosa in lei che aveva subito acceso l’interesse di Hinata: Sakura aveva il suo stesso dono, la Vista.
Era stata lei a spiegarle che quelle che aveva creduto leggende in realtà erano storie vere, che il mondo sovrannaturale esisteva davvero ed era parallelo a quello mortale, ma nascosto. Le aveva detto che ogni tanto nascevano delle persone con quelle capacità di percepire, persone che nel passato venivano chiamate Druidi.
Sakura era una Druida.
Hinata era una Druida.
Non aveva faticato a credere a quelle parole, tutt’altro le aveva trovate perfettamente coerenti, come se fossero sempre esistite dentro di lei, ma fosse stata sempre troppo cieca per comprenderle.
Dopo quell’incontro, Hinata aveva lasciato la sua vecchia vita nella City per trasferirsi a Looe con Sakura. Vivevano insieme ormai da due anni e quel lasso di tempo Hinata aveva imparato più cose possibile sul ruolo del Druido. Ancora non le era molto chiaro e aveva molto da imparare, ma aveva capito che il loro ruolo principale era quello di mantenere inalterato l’equilibrio fra i due mondi. Una cosa era fin troppo certa: ogni cosa era vigilata da una regola. Ogni singolo aspetto della loro vita.
Se ne era resa conto subito, da quando aveva cominciato a realizzare di provare certi sentimenti per Sakura, fino ad arrivare a desiderarla. Ma…
Un druido non può sposarsi.
Un druido deve mantenere la propria verginità intatta.
Ed era stato come un laccio emostatico allacciato troppo stretto attorno al cuore, che ogni giorno stringeva sempre di più in una morsa dolorosa. Però Hinata voleva essere una Druida, soprattutto ora che aveva capito quale fosse il suo posto nel mondo.
Hinata avrebbe rispettato quella regola.
Così i due anni insieme erano passati e mai la sua vita era stata più strana ed emozionante. Certe notti bussavano alla loro porta creature incredibili, uscite direttamente dai libri illustrati per bambini, in cerca di un unguento, un portafortuna o una risposta dalle carte. Solitamente era sempre Sakura ad occuparsene, lei era ancora una novizia ed era meglio che la osservasse prima di fare qualcosa. C’era però una cosa in cui Hinata era particolarmente brava: la lettura dei tarocchi.
 
Si fermò brevemente sul marciapiede nel notare che, davanti alla porta della loro casa, stava uno sconosciuto. Era un uomo alto, dai capelli color notte che si amalgamavano nella penombra che era scesa nella via; indossava una cappotto elegante, scuro anche quello, lungo fino alle ginocchia, e teneva le mani ben piantate nella tasche.
Titubante, Hinata si avvicinò chiedendosi se fosse una persona vera o uno di Loro.
“Salve, ha bisogno di aiuto?” gli chiese gentilmente, notando l’insistenza con cui fissava la loro porta.
Lo sconosciuto si voltò e lei, arrossendo, si trovò a fronteggiare il viso più bello che avesse mai visto. Era perfettamente ovale, pallido come la neve appena scesa, dagli zigomi alti e i lineamenti leggermente androgini, ma decisi. Gli occhi avevano una forma a mandorla molto dolce, brillavano come l’ossidiana fra le lunghe ciglia scure e sotto l’arcata elegante delle sopracciglia fine.
Quello ricambiò il saluto con un cenno del capo, facendo scivolare sulla fronte quei fili di capelli neri. Tra le labbra sottili e chiare teneva stretta una sigaretta mezza consumata, dalla punta incandescente. Tirò fuori la mano dalla tasca, prendendo il mozzicone fra l’indice e il medio, soffiando una nuvola di fumo grigio; le dita erano sottili e lunghe e come le zampe di un ragno.
“E’ vero che qui c’è una che vende filtri d’amore?” chiese con un tono di voce duro, ma incredibilmente suadente per via di una pronuncia esotica.
Hinata si chiese a cosa servisse a un uomo così bello un filtro d’amore.
 “Sì, è vero” rispose educatamente, scandagliandolo da testa in piedi. Le creature magiche si nascondevano sempre agli occhi dei mortali, apparendo come uomini comuni, ma c’era sempre un dettaglio che non potevano celare ai Druidi, qualcosa che rivelava la loro natura sovrannaturale. Eppure, lui ne sembrava totalmente privo.
“Ed è vero che funzionano, anche?” continuò lo sconosciuto, facendo cadere la cenere dalla punta della sigaretta con un tocco elegante delle dita “O sono solo dei profumi?”
La ragazza sorrise, cercando di non apparire impacciata. “E-e se lo scoprissi da solo?” si sentì molto imbarazzata nel dirlo.
A quel suo tentativo, l’uomo accennò un sorriso. “Sono venuto qui proprio per questo”
Hinata lanciò uno sguardo alla porta di casa, notando che Sakura aveva lasciato un cartello con scritto “Torno subito!” pieno di scheletri stilizzati fatti con un pennarello rosa. Sorrise a quel dettaglio per nulla spaventoso, cercando le chiavi di casa.
Sakura aveva adibito il primo piano della loro villetta con giardino come se fosse la casa di una strega, riempiendola di odori speziati e oggetti del folklore locale. Era una erboristeria, ma ogni tanto fingeva di vendere pozioni magiche o amuleti ai turisti che si lasciavano incantare dalla magia di quella terra e volevano portarsi un souvenir a casa. Per questo, insieme alle erbe medicinali o alle pomate c’erano calderoni, libri di magia e una scopa spelacchiata.
Notando che lo sconosciuto non l’aveva seguita, si voltò a fissarlo.
 “Sakura non è casa, ma arriverà presto” gli sorrise gentilmente “Ma intanto puoi entrare e accomodarti” assicurò, non era il caso di lasciare un cliente fuori al buio: era da maleducati.
Quello accennò un altro sorriso, facendo un passo. “Io sono Sasuke”
“Hinata” si presentò.
“E’ un vero piacere conoscerti, Hinata” gettò la sigaretta a terra,spegnendola con la suola, prima di entrare dentro la casa.
 
La prima cosa che Hinata fece, ancora prima di togliersi il cappotto, fu quella di accendere il caminetto elettrico. Il fuoco divampò immediatamente, scaldandole la faccia. Si voltò verso Sasuke, che aveva cominciato a gironzolare per la sala, incuriosito da piante che erano state appese al soffitto per lasciarle essiccare. Nonostante il calore che stava riscaldando l’ambiente, non parve per nulla intenzionato a togliersi il cappotto scuro. Gironzolò, andando al bancone, dove sopra Sakura aveva messo un listino su tutte le attrazioni magiche.
“Leggete anche il futuro?” domandò con quel suo accento strano “Usate la mano, i fondi da tè, le sfere di cristallo o i tarocchi?”
Hinata arrossì mentre si toglieva la sciarpa e scalzava il cappotto. “Io solo i tarocchi, ma Sakura sa usarli tutti” rispose.
“Quindi potresti provare a leggermi il futuro?”
Quella proposta la resa incerta. “Credevo foste qui per un filtro d’amore”
Sasuke scrollò le spalle. “Certo, ma perché non sfruttare l’occasione fino in fondo? Quando mai mi capiterà di entrare nuovamente nel covo di una strega?” e i suoi occhi scuri brillarono leggermente di scherno a quella domanda retorica.
Non rispose subito titubante, è vero che lei non poteva ricevere i clienti, ma solo quelli sovrannaturali, gli umani poteva gestirli tranquillamente, no?
Alla fine, annuì, decidendo di accontentarlo, anche se non poteva nascondere a se stessa di essere emozionata. Fino a quel momento aveva usato le carte solo sotto la supervisione di Sakura, visto quanto erano pericolose, era la prima volta che provava a interrogarle da sola.
Chiese a Sasuke di aspettarla, e magari di accomodarsi sul tavolino rotondo, mentre prendeva le sue carte.
Un’altra delle tante regole di quel mondo era che ogni Druido possedesse il proprio mazzo di carte, che aveva disegnato e dipinto lui stesso, usando al posto del rosso il sangue di un cervo e tingendole poi in una pozione speciale che le purificasse. Era stata Sakura a spiegarle come fare la pozioni e le aveva dato il libro da dove copiare le figure.
Tornò da lui con un cofanetto in legno in mano e si sedette di fronte all’uomo, accennando un sorriso nervoso per l’emozione. Decise che nel caso le carte non le avessero rivelato niente, avrebbe inventato, tanto non se ne sarebbe mai accorto.
Prese un tappetino, distendendolo sopra il tavolo rotondo.
Cominciò a disporre le carte in ordine, leggermente in difficoltà, erano molto più grandi e lunghe di quelle normali da gioco, per questo faticava a tenerle tutte insieme nelle sue manine piccole.
“Che cosa vuoi sapere?” gli chiese.
Sasuke si appoggiò allo schienale, facendo una smorfia serpentina. “Non lo so. Sorprendimi”
“Mi serve che tu stia dritto con la schiena, con le braccia rilassate lungo i fianchi e le gambe parallele”
Inarcò una sopracciglia davanti a quell’improvvisa autorevolezza e decise accontentarla, rizzando la schiena con gli aveva chiesto.
Quando Hinata finì di riordinare le carte gliele passò, insieme a una invocazione da leggere mentre le mescolava, aggiunse che alla fine avrebbe dovuto passargliele con la mano sinistra.
Sasuke sembrava divertito. “Non credevo fosse un rito così complicato”, poi prese fiato, corrucciando leggermente la fronte per leggere la scrittura obliqua:
 
«Io vi scongiuro e imploro, Destini, Geni e Pianeti! Le cui magiche influenze gravitano su tutte le creature, affinché con le vostre arti misteriose mi prepariate, in buona ed indovinata combinazione, i magici emblemi delle sacre Carte, allo scopo di conoscere, a mezzo dell'oracolo, quanto il presente e l'avvenire mi tengano riservato.
Io vi scongiuro nuovamente con ferma volontà e vero desiderio, senza timori né incertezze, perché si mostri l'oracolo in forma così chiara e semplice, che non mi lasci luogo a dubbi, anche se le predizioni di questo mi siano avverse e fatali1
 
Detto ciò, gliele passò con la mano sinistra, come richiesto, e Hinata le mescolò ancora sette volte, in onore dei pianeti. Alla fine le mise al centro del tavolo.
Tutto il suo imbarazzo era svanito, concentrata nei gesti di quel rituale che aveva cominciato a sentire come una seconda pelle.
“Mettici sopra la tua mano sinistra” ordinò, senza accenno di tremore nella voce “Taglia il mazzo, ponendo a destra il mucchio superiore”
Sasuke lo fece, per nulla intimorito dall’improvviso tono autorevole della ragazza. Poi Hinata distribuì le carte da destra a sinistra, per iniziare a leggere.
“Ho bisogno che tu mi dia un obbiettivo, una domanda alla quale rispondere. Altrimenti, andremo alla cieca” mormorò Hinata.
“Un obiettivo?”
“Sì, le domande sono le nostre guide. Senza domande ci perderemmo” spiegò, ripetendo quello che le aveva detto Sakura molto tempo prima.
“Una domanda” fece un sorriso amaro, di quelli che fanno le persone convinte di aver trovato tutte le risposte, ma poi alzò gli occhi, incatenando lo sguardo a quello chiaro di Hinata “Chiedo quale sia la mia colpa
Senza sapere perché, davanti a quella domanda Hinata tremò. Poi scoprì la prima carta, i suoi occhi si annebbiarono, come se fosse entrata in un mondo pieno di nebbia.
In trance, iniziò a parlare.
 
 
“C’era una volta un principe.
Lui era il secondogenito di una illustre famiglia e perciò, per evitare che ci fossero futuri contrasti con il primogenito, a causa dell’eredità, fu mandato a prendere i voti sacerdotali, quando ancora era molto giovane.
Tutti lo chiamavano il principe triste, perché era bello, ma non sorrideva mai.
Il principe triste non sorrideva mai; c’era apatia nella sua voce quando pregava e nessuna vera devozione quando accettava la particola fra le labbra.
Si dice, che il principe triste piangesse quando si confessava, perché non amava Dio.
Si dice, che il principe triste si fosse innamorato del ragazzo che accendeva ogni sera le candele in chiesa.
Il principe triste non sorrideva mai, tranne a quel ragazzo; c’era desiderio quando gli parlava e pura devozione quando pretendeva di baciare quelle labbra.
Si dice, che il principe triste piangesse quando si confessava, perché non amava Dio.
Lui amava un altro uomo.
E con quell’uomo scappò lontano, deciso che se non potevano unirsi sotto il nome di Dio, lo avrebbero fatto nel volere del Diavolo. Scapparono credendo che finché sarebbero stati insieme nulla avrebbe potuto fermarli.
O almeno così credevano”
 
 
“Hinata!”
Sussultò, prendendo un lungo respiro, con la sensazione di essere appena emersa in superficie dopo aver nuotato per ore in un lago ghiacciato e putrido.
I tarocchi erano ancora sul tavolo, non ancora tutti scoperti. Sasuke era seduto davanti a lei, in una posizione rilassata e un sorriso divertito sul volto.
Sakura era sulla porta, il cappotto addosso e le chiavi tese davanti a sé come se fossero un’arma. La sua espressione era furibonda, spaventata e preoccupata insieme, non l’aveva mai vista così.
“Finalmente sei qui, Sakura” commentò tranquillo Sasuke, alzandosi dalla sedia e girandosi a fronteggiare la donna. Quella strinse più saldamente la presa sulle chiavi, facendosi guardinga.
“Tu cosa ci fai qui, Sasuke?”
Hinata sbatté le palpebre accorgendosi che le tremavano le mani. Teneva ancora in mano la carta che stava per voltare.
Il Diavolo.
“Ti stavo cercando. Ho bisogno del tuo aiuto” disse Sasuke, facendo un passo in avanti.
Sakura si irrigidì immediatamente. “Non muoverti” ordinò fredda e contemporaneamente afferrò una boccetta piena di polvere. La infranse a terra, proprio ai piedi dell’uomo, immediatamente il suo contenuto si dispose a cerchio attorno a lui, imprigionandolo.
Avvertendo la forza invisibile che gli impediva di oltrepassare il cerchio, Sasuke strinse le labbra. “Verbena” sbottò “Non era necessario usarla”
Ma Sakura lo ignorò completamente, correndo incontro a Hinata con il volto che era una maschera di preoccupazione.
“Lo hai invitato tu qui dentro?” sbottò afferrandola per le spalle “Ti ha fatto qualcosa? Se solo ha alzato le mani…”
“N-non mi ha fatto niente” balbettò lei confusa.
“Mi ha solo letto i tarocchi” le raggiunse la voce di Sasuke “Sono venuto in pace, Sakura. Ho bisogno del vostro aiuto”
Lei non parve credergli minimamente e continuò a rivolgersi alla corvina.
“Ti avevo detto di non far entrare nessuna creatura mentre non c’ero, di non trattare con loro!”
“Pensavo… pensavo fosse un umano” mormorò mortificata “Scusami”
Davanti alla sua espressione pentita Sakura non riuscì a mantenere lo sguardo pieno di rimprovero e sospirò, accarezzandole i capelli. “L’importante è che tu stia bene”
Poi la sua espressione tornò inflessibile, mentre si alzava a fronteggiare Sasuke. Hinata la vide prendere una delle spade che tenevano attaccate sopra il caminetto.
“La lama è stata immersa nell’acqua benedetta” iniziò la Druida duramente “Se devi parlare, cerca di essere convincente, a meno che tu non voglia essere infilzato”
“Non puoi uccidermi” disse Sasuke, soppesando comunque con preoccupazione la lama puntata contro di lui.
“No, è vero” confermò “Ma posso farti patire le pene dell’inferno”
Gli occhi neri brillarono d’ira per un secondo, accendendosi come tizzoni ardenti. Fece una smorfia, come se avesse ingoiato un gusto particolarmente amaro.
“Sono qui per rimediare alla mia colpa”
 
“La tua colpa” ripeté Sakura, fece una smorfia sarcastica “Quale, delle tante?”
Sasuke arricciò le labbra infastidito, sembrava cominciare ad essere innervosito dalla spada puntata contro di lui e dall’essere bloccato in quel cerchio.
“Quella iniziale, che ha dato origine a tutte le altre”
“Oh, quindi vuoi essere battezzato dal tuo peccato originale” replicò ironica Sakura.
Sasuke assottigliò lo sguardo. “Siete Druidi. È vostro dovere aiutarmi a ristabilire l’equilibrio”
Sakura non abbassò lo sguardo, inflessibile. “Io non sono più una Druida” sembrò glielo stesse rinfacciando.
A quelle parole, Hinata spalancò la bocca. Cosa?
“Ma lei sì” ribatté Sasuke indicandola.
“E’ solo una novizia, è ancora inesperta” si scaldò “Non la tirerai in mezzo ai tuoi sporchi affari”
Sasuke sembrò perdere definitivamente la pazienza. “E’ vostro dovere, dannazione!” sbottò “Non sarei venuto qui da te, se non fossi disperato”
Vide Sakura aumentare la presa sull’elsa della spada, come se stesse lottando contro un impulso interno, ma poi la vide abbassare il braccio e sospirare frustata.
“Va bene, spiegati. E prendi la tua vera forma, è giusto che Hinata veda che razza di mostro sei”
A quelle parole taglienti, Sasuke fece una smorfia, ma eseguì l’ordine, portandosi le dita al colletto del cappotto, sfilando un bottone dopo l’altro dalle asole, lo lasciò scivolare dalle spalle e Hinata arrossì nel rendersi conto che sotto era a petto nudo.
Eppure c’era qualcosa che stonava.
Sbattendo le palpebre più volte, cominciò a notare che dal retro della sua spalla sinistra si stavano spandendo delle piccole fiammelle nere che iniziarono a deturpare il petto, salendo a macchiare perfino il volto. E i suoi occhi erano diventati rossi.
Deglutì, non trovandolo affatto mostruoso, ma terribile.
“La storia che ti hanno raccontato i tarocchi è vera, è la mia storia, ma sei stata fermata prima che potessi finirla. Il nome del mio amante era Naruto e scappammo insieme. Avevamo deciso di fare un patto con il Diavolo: la nostra anima in cambio dell’eternità insieme”
“Perché?” non riuscì a trattenersi e quella domande le uscì in un bisbiglio. Chi vorrebbe mai fare una cosa del genere?
Perché quando desideri qualcosa, la desideri al prezzo dell’anima2” ormai tutto il suo corpo era deturpato da quei simboli neri e maligni, che danzavano sulla sua pelle come se fosse animati.
“Ma lui aveva già stretto un patto” si intromise Sakura “Un patto con Dio”
Hinata ricordò quello che le aveva insegnato e mormorò, come se stesse recitando: “Quando infrangi un patto divino, lo paghi con la dannazione”
Distrattamente, Sasuke portò una mano sulla propria spalla, da dove si diramavano i simboli inchiostrati. “Io fui maledetto, ma anche Naruto dovette pagare il peso della mia azione”
Sakura si diresse verso la finestra, a guardare fuori nella strada buia. “Lasciami indovinare: fu trasformato nello spirito di una volpe”
Annuì. “Sì, è esatto. Come lo sai?”
“E’ qui fuori, sul mio giardino” borbottò lugubre.
“Può essere. Io non posso vedere il suo spirito, mi è proibito. Fa parte della maledizione. Non posso morire, ma non provo più nessuno di quei piaceri o bisogni che caratterizzano i vivi” la sua voce si incrinò “Questo corpo è la mia tomba, ma io non sono ancora morto”
“E noi come possiamo aiutarti?” chiese Sakura sprezzante, allontanandosi dalla finestra “Non possiamo andare contro i voleri del divino”
“Le colpe vengono sempre pagate con un’espiazione” rispose prontamente Sasuke “Mi serve un Druido che celebri il rito di espiazione”
Sakura rimase a lungo in silenzio, camminando per la stanza, come se stesse valutando quelle parole. Hinata non l’aveva mai vista così nervosa.
“Che tipo di rito?” mormorò alla fine, sedendosi sulla sedia davanti a Hinata.
“Voglio che tu rende tangibile Naruto” cominciò, ma fu immediatamente interrotto.
“Necromanzia, quindi. È proibita, lo sai”
“Per questo mi rivolgo a te, non spezzeresti nessun giuramento. E comunque, lo evocheresti per pochi minuti. Giusto… giusto il tempo che…” sembrò non riuscire a trovare la parola, come se faticasse a pronunciarla.
“Che ti perdoni?” tentò di indovinare sarcastica.
Scosse la testa. “Che mi divori”
 
Forse era la prospettiva che Sasuke venisse divorato da uno spirito ad aver convinto definitivamente Sakura ad aiutarlo, Hinata non lo sapeva dire con certezza.
Il Dannato aveva spiegato che l’unico modo che aveva per morire, e quindi per espiare la sua colpa, era quello di venire divorato dalla persona che aveva amato.
Sakura aveva mostrato qualche perplessità, perché solitamente una spirito quando divora un umano acquista corporeità e può tornare sulla terra.
Ma Sasuke aveva ribattuto prontamente, scuotendo la testa desolato. “Appunto, un vivo. Io non posso essere considerato un vivo”
“Perché proprio ora? Avresti potuto compiere questo rito sacrificale molto prima” aveva continuato Sakura.
Era stata Hinata a rispondere, sollevando l’ultimo tarocco rimasto sul tavolo e scoprendolo. Lo mostrò a Sakura. “Il Mondo, la chiusura di un ciclo”
Sasuke annuì. “Esatto. Questa notte il mio ciclo di colpa finisce e per questo dobbiamo andare adesso. Se aspettiamo domani, il Samahin sarà passato e comincerà un nuovo ciclo. E dovrò aspettare altri cinquecento anni”
Hinata conosceva il Samahin, gliene aveva parlato Sakura:  è conosciuto anche con il nome di Capodanno Celtico ed è una vecchia festa pagana per celebrare la fine dell’estate. Samahin si troverebbe in un punto a temporale, che non appartiene né all’anno vecchio né a quello nuovo, per questo il velo che divide il mondo dei vivi da quello dei morti è così sottile.
Sakura si era massaggiata l’ampia fronte. “Quindi abbiamo tempo solo fino a mezzanotte, grandioso”
Nonostante il borbottio infastidito, si era subito prodigata ad organizzare la cosa. Non avrebbero fatto l’evocazione nel suo giardino, in mezzo ai suoi adorati fiori, su questo era sicura. Sarebbero andati fuori da Looe, anche per evitare di beccare qualche ficcanaso.
Sakura aveva spedito Sasuke ad aspettare fuori, mentre lei prendeva tutto l’occorrente.
“Lo farò io” disse rivolta ad Hinata “Ti mostrerò come fare, anche se non dovrai mai evocare un morto, ma è bene che tu sappia come si fa”
Lei aveva annuito, fissandola timidamente, una chiara domanda riflessa negli occhi chiari.
“Sakura…”
La donna irrigidì la posa delle schiena, capendo immediatamente cosa volesse chiederle. “No” rispose “Non sono più una Druida” e nel dirlo si sfiorò il rombo che aveva sulla fronte “Ho rotto il patto di castità, innamorandomi di un… uomo” lo disse con disprezzo.
“Non sono maledetta come Sasuke, ma sono stata espulsa dall’ordine” mormorò “Ho la Vista e tutto ma… non posso considerarmi una sacerdotessa del sovrannaturale”
Hinata rimase in silenzio, rimuginando su quella nuova scoperta. “Lo amavi?”
Sentì le sue dita sfiorargli le guance. “Sì, purtroppo lo amavo. Ma no, non ne è valsa la pena. Io sono nata per essere una Druida, eppure ho gettato via la mia vita per una singola follia. Ti prego, non fare mai il mio stesso errore, te ne pentiresti in eterno”
Annuì, sentendo il laccio omeostatico stringere ancora di più attorno al suo cuore. Ma non l’avrebbe delusa, non avrebbe mai potuto farlo.
“Lui chi era?”
Gli occhi verdi si riempirono di rabbia. “Sasuke Uchiha”
 
Sasuke era seduto sul bordo del marciapiede, il cappotto nuovamente addosso e lo sguardo perso nel buio. Aveva le labbra piegate in una smorfia amara e in quel momento a Hinata ricordò davvero un principe triste.
Accanto a lui, seduta sulle zampe posteriori, stava una volpe. Il fantasma di una volpe. Se la fissava attentamente, riusciva a vederle attraverso, come se i suoi colori fossero troppo sbiaditi per essere tangibili; in più, cosa più importante, la luce del lampione non creava nessuna ombra.
Guardò i due, chiedendosi se si fossero pentiti davvero della loro azione, proprio come si era pentita Sakura. A ripensarci, sentì l’acido aggredirla la gola, insieme alla voglia di insultare Sasuke. Non sapeva se fosse rabbia o gelosia per quello fatto a Sakura.
“Quindi non te l’aveva raccontato” considerò Sasuke, avvertendola alle proprie spalle. Lo vide tirare fuori una sigaretta e infilarsela fra le labbra.
“No” rispose e si stupì di come la sua voce fosse uscita secca.
La fiamma dell’accendino scattò, lambendo la punta del bastoncino. “Non capisco perché sia ancora così offesa, alla fine può fare ancora tutti quei riti assurdi e mescolare i tarocchi”
Era strano Sasuke, parlava del sovrannaturale con un incredibile tono scettico, come se considerasse tutto quello fandonie. Eppure lui ne faceva parte, proprio come lei.
“Tu l’amavi?” chiese, avvertendo una contrazione al cuore.
“No, ho amato… amo una sola persona” lo disse con un tono così sconfitto che Hinata avvertì la propria gelosia evaporare.
 Non era colpa sua se aveva un cuore gentile, fin troppo incline al perdono.
“Lo sai” disse, ricalibrando il tono della propria voce “E’ proprio accanto a te”
Rise notando che Sasuke si era voltato dalla parte sbagliata.
“L’altro lato” lo corresse, affondando il naso nella sciarpa rossa. Lo guardò mentre fissava il vuoto incerto, la sigaretta abbandonata fra le dita a consumarsi.
“Qui?” chiese esitante.
Annuì, mentre l’uomo alzava una mano a tentoni, cercando di indovinare dove fosse il capo dell’animale. La volpe fece scattare la lingua rosea, per leccargli le punta delle dita, ma incorporea com’era si lasciò attraversare.
Fu una scena così triste che Hinata avvertì  un’altra contrazione al petto.
Lo sbattere violento della porta la riscosse e, voltandosi, vide Sakura percorrere il sentiero tra le rose con un passo di battaglia e uno sguardo che lanciava scintille.
“Andiamo, prima finisce questa storia e prima possiamo andare a fare dolcetto o scherzetto”
 
Il viaggio in macchina fu silenzioso. Sasuke era stato fatto sedere sui posti dietro, mentre Sakura guidava con le nocche bianche da quanto stringeva il volante. Aveva lo sguardo puntato sulla strada e Hinata poteva praticamente toccare la tensione che occupava tutto l’abitacolo.
Era la prima volta che vedeva l’invocazione di un morto, non sapeva cosa aspettarsi. La sua mente le proponeva scene scadenti di film dell’orrore che aveva visto da piccola, quelli che spesso finivano con la morte di tutti i protagonisti in un lago di sangue e budella. Rabbrividì al solo pensiero, guardando la campagna della Cornovaglia immersa nella notte.
Non fecero molta strada, preferendo raggiungere un boschetto di pioppi non distante. Quando scesero dall’auto Hinata vide la volpe sul ciglio, con la coda folta che si agitava festosa. 
“Andiamo tra gli alberi” ordinò Sakura “Non vorrei che passasse qualche macchina e ci notasse. Farò anche in modo di renderci invisibili in quel punto del bosco, per ogni precauzione”
Non si allontanarono troppo comunque, attraverso le cortecce era ancora possibile intravedere l’auto.
Sakura cominciò subito a disporre l’ambiente per il rituale, dalla borsa di stoffa che si era portata dietro tirò fuori candele, boccette piene di un liquido scuro e vischioso e un grosso tomo di pelle. Quest’ultimo lo passò a Hinata, chiedendole di aprirlo a pagina 369, mentre lei creava un pentagono di protezione. Fece quanto richiesto, accorgendosi che il libro era scritto nell’antica lingua celtica; la stava ancora imparando, quindi faticò a capire cosa ci fosse scritto.
Comunque, riconosceva l’aurea negativa di quelle parole.
Sasuke le guardò adoperarsi senza dire nulla, mentre ogni candela veniva accesa e posta a una punta del pentagono. Nelle cera erano state incise delle rune.
Quando finì l’opera, il fantasma della volpe, senza che nessuno dicesse niente, andò a sedersi al centro del pentagono, le orecchie ritte e la coda tesa, in attesa.
Sakura prese il libro dalle mani di Hinata, preparandosi a leggere l’invocazione. 
Prese un lungo respiro. “Spero di non dovermene pentire, Sasuke” minacciò. Poi si schiarì la gola e, quando socchiuse le labbra, dalla sua bocca uscì una cantilena ritmata, leggermente ipnotica. Hinata non capì se fosse per la suggestione o se davvero della nebbiolina violacea avesse cominciato a salire dal terriccio umido. Le fiamme delle candele si erano allungate, agitandosi come se ci fosse un vento incapace di spegnerle e le rune incise sulla cera brillarono.
La volpe al centro del pentagono appiattì le orecchie, ringhiando un poco, mentre i suoi colori si facevano sempre più vividi, più reali. 
Quando Sakura terminò il rituale la sua voce si spense di botto, senza nessun preavviso. Sasuke si avvicinò ai margini del pentagono, gli occhi sgranati e le labbra socchiuse.
Lo sentì mormorare “Naruto” e qualcos’altro in una lingua che non conosceva, alzò una mano come per volerlo sfiorare. Sembrava essersi totalmente dimenticato della presenza dei due Druidi.
Sakura gli si affiancò, tenendo le spalle dritte e l’espressione inflessibile. “Non può uscire dal pentagono, si dissolverebbe ancora in spirito. L’unico modo che hai per farti divorare è che tu entra. Una volta entrato, non potrai più uscire”
Quelle parole ebbero il potere di riscuoterlo e il braccio teso cadde nuovamente accanto al suo busto. Annuì, girandosi a guardarla. “Ti ringrazio e mi dispiace per…”
Non riuscì a terminare la frase, perché l’acuto di una sirena spaccò l’aria, ferendo loro i timpani e facendo saltare sul posto Hinata. Rapita com’era dalla situazione magica, si era completamente dimenticata che a nemmeno cinquanta metri passava una statale.
Immediatamente dopo al rumore, anche delle luci cominciarono a lampeggiare fra le cortecce degli alberi.
“Cosa diavolo…?” imprecò Sakura girandosi a scrutare la strada. Affianco alla sua macchina si era parcheggiata una della polizia statale, accompagnata da un carro attrezzi.
Un carro attrezzi che stava agganciando la sua macchina.
Spalancò gli occhi, sconvolta. “Cosa diavolo credono di fare alla mia auto?!” sbottò. Si voltò verso Hinata “Tieni tu d’occhio il pentagono, mentre vado a vedere cosa vogliono” e lanciò una imprecazione in celtico.
Hinata annuì, emozionata che le desse un incarico così importante.
Al che Sakura puntò l’indice contro Sasuke. “Non muoverti nemmeno tu” gli ordinò “Voglio la soddisfazione di vederti divorato”
Quello piegò le labbra in una smorfia, facendo appena un cenno con il capo.
“Tienilo d’occhio” ripeté Sakura a Hinata, prima di cominciare ad allontanarsi in direzione della strada.
“Ehi, voi!” gridò sbracciandosi, tornando visibile “Che diamine state facendo?”
I poliziotti si voltarono verso di lei. “E’ vostra questa macchina?”
“Sì, shannaro!” sbottò, cercando di fermare l’aggancio al carro attrezzi.
“Una segnalazione anonima ha detto che in questa macchina è presente un ordigno terroristico” spiegò pazientemente un poliziotto, facendosi solo leggermente minaccioso.
Sakura spalancò gli occhi. “Un ordigno terroristico? Intendete una bomba?”
Annuì. “Dobbiamo portarla in centrale, per degli accertamenti” allungò un braccio per prenderla, ma lei si tirò indietro.
“Questo è folle, non c’è nessuna bomba nella mia auto!”
Il poliziotto sembrava sul punto di perdere la pazienza. “Non faccia resistenza”
 
Hinata guardò Sakura litigare con i poliziotti con le sopracciglia corrugate, erano troppo lontani perché potesse sentire cosa stesse sbraitando. Sicuramente, nulla che non potesse risolvere, perciò tornò a guardare Sasuke.
“Quanto manca alla mezzanotte?” chiese lui.
Hinata accennò un sorriso. “Mancano ancora due ore, non preoccuparti”
“Non mi preoccupo” la contraddisse “Secondo te, è accettabile finire all’inferno per amore?”
Quella domanda la spiazzò un attimo e abbassò lo sguardo, non sapendo cosa rispondere. “Immagino sia una consolazione, sì” risolse alla fine.
“Una consolazione…” ripeté “Che grande controsenso, dicono che l’amore sia il bene migliore e poi finisci all’inferno per questo, a dover espiare una colpa che non si può nemmeno definire tale”
“Ma ci sono regole che non possono essere infrante, altrimenti sarebbe… anarchia” ripeté quello che le diceva Sakura, anche se non molto convinta.
 A quelle parole Sasuke sorrise apertamente, ma era un sorriso freddo e pieno di scherno. “Potresti diventare una brava druida, dai?”
Arrossì. “Sto solo cercando di fare il mio meglio” si schernì.
Perché Sakura non arrivava? Cominciava ad avere freddo.
“La lettura delle carte è stata magistrale, ero molto colpito” continuò Sasuke, con un tono di voce così basso che dovette fare un passo verso di lui per capire cosa stesse dicendo.
“Fino alla fine hai dato la giusta interpretazione, anche se…” si interruppe.
Hinata stava per chiedergli spiegazioni, ma non ne ebbe il tempo.
Con uno scatto repentino, Sasuke artigliò la mano al suo braccio e, prima che potesse anche solo rendersene conto, la scagliò al centro del pentagono, facendola cadere a terra, davanti alle zampe della volpe.
“Cosa?” ansimò, vedendo l’animale arricciare le labbra, scoprendo i denti. Cercò di alzarsi per uscire dal pentagono, ma ormai era imprigionata lì dentro dalle rune.
“Il Mondo” iniziò Sasuke con voce pigra “Non significa solo conclusione di un ciclo, quello è il suo maggior significato, certo. Ma ha anche  significati negativi, come la  menzogna. Ed  è per questo che non diventerai una brava Druida” lasciò che le sue parole le entrassero nella mente prima di proseguire.
“Secondo la concezione biblica, l’espiazione non è una punizione, ma un avvenimento salvifico. È un atto di pura misericordia divina, di un Dio che decide di venire immeritatamente incontro al peccatore.
Dopo cinquecento anni, Dio mi ha perdonato.
E io lo ringrazio con il sangue di una creatura innocente, gentile e pura”
Hinata tremò, capendo tutto e sentì la paura bloccarle il respiro in gola.
Era lei la creatura.
Sarebbe morta, l’avrebbe uccisa senza nessuna pietà.
“M-ma questo non è g-giusto” balbettò, sentendosi completamente paralizzata davanti agli occhi rossi della volpe.
Sasuke non si lasciò minimamente impietosire dalle sue lacrime. “Nemmeno costringere il proprio figlio a prendere i voti sacerdotali e condannarlo a una vita infelice lo è”
“Per favore…” supplicò con un filo di voce “Q-questo non ha senso”
Sasuke, infastidito, prese una sigaretta e cercò l’accendino. “Invece sì. Quando evochi un morto e questo si nutre della carne di un mortale, torna in vita. Non me ne faccio niente dell’espiazione se non ho Naruto”
La volpe, come avvertendo il proprio nome, scattò verso di lei. Hinata gridò, avvertendo le zanne stringersi sul suo braccio, superando gli strati del cappotto e lacerare la pelle.
Cadde a terra, sbilanciata e la volpe le salì sul petto, cominciando a graffiarle il collo con gli artigli delle zampe anteriori. Gridò con tutta la forza che aveva in corpo, mentre il cappotto veniva aperto, fatto a pezzi insieme agli abiti per scoprire la carne tenera e morbida. La volpe affondò il muso, imbrattò di rosso quella pelle candida, pura, scavando con i denti attraverso gli strati di muscoli e orgoni, leccando il sangue che fuoriusciva con la lingua. Hinata gridava, si agitava, avvertendo il corpo bruciare di dolore ovunque, mentre lo sentiva così forte da stancarla, da sopraffarla.
“P-per f-f-avore” pianse ancora, le lacrime che si imbrattavano al sangue schizzato sul suo volto. Era senza fiato, voleva solo che quel dolore indicibile smettesse di tormentarla.
Sasuke guardò l’intera scena senza battere ciglio, una smorfia annoiata sul volto mentre fumava con flemma la sigaretta. Nessuna espressione di disgusto lo tradì nemmeno quando la volpe cominciò a ingurgitare brandelli di carne, sporcandosi l’intero pelo di un rosso vischioso, lucido sotto la luce della luna. Non provò pentimento quando gli occhi di Hinata si rivoltarono, carichi di lacrime, in cerca di una salvezza; nemmeno udire quelle grida strazianti lo smosse dalla sua indifferenza.
Gettò solo la sigaretta fra il fogliame umido.
“Confesso, a Dio onnipotente a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro.
Dio onnipotente, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna.
Amen”
La volpe le aveva aperto la pancia, affondando con le zanne nell’intestino, fra le budella viscide e sporche di sangue. Le inghiottì, diventando sempre più grande.
“Signore, pietà.
Cristo, pietà.
Signore, pietà”
Continuò Sasuke, con tono mono monotono, privo di ogni reale speranza.
“Pregate, fratelli, perché il mio e vostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente”
Il sangue aveva macchiato le foglie umide attorno a lei, il terreno si era imbevuto di quel liquido vitale andato sprecato.
E lei, Hinata, era morta.
Morta con gli occhi rivolti al cielo, chiedendo una pietà che non sarebbe arrivata. Non per lei, che era la vittima sacrificale.
E in tutto quello, Sasuke continuava nella sua liturgia.
“Padre clementissimo, noi ti supplichiamo e ti chiediamo, per Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Salvatore, di accettare questi doni, di benedire queste offerte, questo santo e immacolato sacrificio
La volpe cominciò a trasformarsi, il pelo si ritirò mostrando una pelle caramellata, liscia sotto i muscoli guizzanti. Il muso si appiattì, facendosi sempre più ovale e gli occhi cominciarono a colorarsi di blu, come il cielo del paradiso.
Fu una bocca umana quella che staccò il primo morso dal cuore di Hinata.
“Prendete e mangiatene tutti:
questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi”
Concluse Sasuke.
 
 
Le candele sulle punte del pentagono si spensero di colpo, come se un vento invisibile fosse calato.  Solo la luna illuminava quello spiazzo fra gli alti tronchi spogli dei pioppi, sorelle che alzavano le mani alla notte in cerca anch’esse di una pietà divina.
Hinata era riversa in un lago di sangue e budella, pelle mancante e morsi profondi fino a mostrare le ossa bianche. I muscoli recisi e la pancia squartata, come la gola. Gli occhi aperti nel nulla.
L’uomo, accucciato su di lei, si alzò traballante, come se non fosse sicuro di reggersi solo sulle gambe. I capelli biondi erano lunghi, ingarbugliati e selvaggi, ma il sorriso che gli rivolse fu infantile, innocente, carico di dolcezza.
Sa..suke” articolò a fatica. Gli occhi azzurri spiccavano come un ossimoro in quel volto imbrattando di rubino, con sulle labbra ancora il gusto del sangue di Hinata.
Sasuke non riuscì più a trattenersi e aprì le braccia, cominciando ad avanzare verso di lui. Anche Naruto scattò in avanti, scontrandosi contro quel petto e gettandogli le braccia dietro il collo, stringendolo e lasciandosi stringere possessivamente.
“Ha funzionato, ha funzionato” ripeteva in continuazione Naruto, lappandogli la pelle del collo con quella lingua che ancora sapeva di sangue. Ma non gli importò e lasciò che le loro labbra collidessero in un bacio disperato e violento, assaporando quel sapore ferroso ancora caldo nella bocca dell’amante.
Si sporcò del suo stesso sangue, ma non gli importò.
“Sì, amore mio, ha funzionato”
E, per la prima volta dopo cinquecento anni, il principe triste sorrise.
 
 
Mistero della fede.
Amen
 
 
 
 
1.     1.Invocazione tratta da “I Tarocchi, la suprema arte della Cartomanzia”
2.     2. Citazione di Eraclito
   
 
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