Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
J. R. R. Tolkien, mentre i nuovi personaggi e luoghi sono di mia
proprietà, quindi se li volete usare o prendere come spunto,
prima siete pregati di chiedermelo. Questa storia è stata
scritta senza alcuno scopo di lucro.
ERINTI
CAPITOLO 24: LA GUERRA HA
INIZIO.
Il Palazzo d'Oro sembrava un formicaio con gente che correva a destra e
sinistra urlando. Erano tutti agitati, sembravano impazziti. Le urla
venivano sovrastate da boati, qualcuno lontano, qualcuno più
vicino. Numerosissimi corpi giacevano a terra, ormai la sala principale
era quasi piena. Molti si lamentavano a causa delle ferite gravi che
riportavano. Sam stava correndo tra i corpi insanguinati portando tra
le mani l'Athelas. Era zuppo di sudore, stanco e affamato. Non
ricordava nemmeno più quando fosse stata l'ultima volta che
aveva fatto una pausa. Ma doveva resistere. Raggiunse Arwen trafelato e
le porse l'erba. Quella lo ringraziò. Sentì
Aragorn chiamarlo. Quando arrivò al suo cospetto, anche
Frodo era lì accanto a lui.
- Amici miei, riposate un po', ve ne prego. - disse con tono pacato, ma
aveva lo sguardo preoccupato.
- Ma c'è ancora molto da fare… - provò
a replicare Frodo.
- É vero, ma se continuate così finirete anche
voi tra di loro… ed ho bisogno del vostro aiuto. -
dichiarò – Se proprio non riuscite a stare con le
mani in mano, andate a vedere le condizioni di Silwen. Ritornate qui
solo tra un'ora. -
- Non preoccupatevi, ci pensiamo noi qui! - rispose Pipino che era
appena tornato con Merry dalla loro pausa.
I due, rassegnati, si avviarono verso la stanza in cui riposava la
ragazza. Era distesa sul letto che dormiva. Erano passati due giorni da
quando era finita la battaglia con Morwen e l'avevano portata
all'accampamento. Non aveva ancora ripreso conoscenza, anche se aveva
aperto un paio di volte gli occhi. Ma era ripiombata immediatamente nel
sonno. Nonostante il volo che aveva fatto e che le fosse crollata
addosso una casa intera, aveva riportato solo una contusione
al fianco, la ferita alla spalla che le aveva procurato il Troll-Talpa
e un taglio alla gamba. Ma non erano gravi. La trave che le era finita
sopra non l’aveva schiacciata perché bloccata in
parte dalle altre macerie della casa e l’aveva protetta dai
detriti.
- Quando si riprenderà? - chiese Sam portando uno sgabello
alto accanto al letto dove già ve ne era uno e vi ci si era
accomodato Frodo.
- Gandalf dice che doveva essere da giorni che non riposava, poi quando
è arrivata qui c'è stata la battaglia…
- spiegò afferrando la brocca d'acqua che gli stava porgendo
l'altro.
- Comunque è davvero incredibile quanto somigli ad
Erdie… credevo sul serio fosse lei quando l'ho vista la
prima volta. - fece salendo sul suo sgabello, quindi prese la brocca e
riempì la bacinella sul comodino accanto a lei.
- Anche io, Sam. A quanto pare proviene dallo stesso Mondo di Ronald.
Spero che sopravviva alla guerra e riesca a tornare a casa. - Frodo
sembrava alquanto turbato.
- Dite che ce la faremo? Che riusciremo a vincere? - Sam aveva
strizzato il fazzoletto che aveva immerso nella bacinella e si stava
sporgendo verso il viso della ragazza per bagnarle le labbra.
- Confido nella forza dei nostri. - rispose sicuro di sé
l'altro. Poi vi fu un boato fortissimo che fece tremare l'intera
struttura. Della polvere cadde dal soffitto e Sam per lo spavento fece
cadere il fazzoletto sul viso di Monica – Signor Frodo! -
urlò terrorizzato.
- Questo era vicino… stanno avanzando sempre di
più. - disse con voce strozzata per la paura.
- Cos'era? - mormorò la ragazza. I due Hobbit si voltarono
verso il letto. Monica teneva in una mano il fazzoletto bagnato che le
era caduto sul viso pallido e li guardava frastornata.
- Si è svegliata! - esclamò Sam.
- Come vi sentite? - chiese subito Frodo. Lei rimase alcuni istanti in
silenzio. Sembrava stesse cercando la risposta da dare.
- Uno straccio. - bofonchiò ancora assonnata.
I due Hobbit stavano per chiederle altre cose, ma vi fu un altro forte
boato che fece tremare di nuovo il Palazzo. Sam non poté
fare a meno di urlare un'altra volta. Frodo aveva sempre più
un'aria preoccupata e tirata in viso.
Monica invece aveva sgranato gli occhi e si era sollevata a sedere
nonostante le fitte alla spalla e al fianco.
- Che succede? - chiese ancora confusa. La preoccupazione
iniziò a far capolino nella sua mente. Ora si era iniziata a
rendere conto delle grida che percepiva in lontananza che provenivano
dalle altre stanze del Palazzo, passi veloci nei corridoi ed un suono
orribile provenire da fuori: boati, urla di guerra, clangore di armi,
grida di paura. Scostò le coperte dal letto –
Quanto ho dormito? - domandò confusa.
- Due giorni… Dove state andando? Non potete alzarvi! -
esclamò Frodo vedendola scendere dal letto.
Non appena appoggiò la gamba ferita le uscì un
lamento e si dovette riappoggiare al letto - Cosa sta succedendo? -
chiese allarmata osservando i due.
Questi si guardarono indecisi su cosa dirle – Siamo in
guerra. - spiegò Sam. Tanto valeva dirle le cose come
stavano, l'avrebbe scoperto comunque.
- Morwen… - sussurrò, il viso contratto nel
terrore. Iniziò a zoppicare per la stanza cercando di
raggiungere la porta.
- No, Morwen è stata sconfitta… si tratta di
Orchetti, Goblin e Troll. - rivelò Frodo che scese dallo
sgabello, imitato da Sam e iniziò a seguire la ragazza.
- Forse non dovreste andare in giro in quelle condizioni, sapete? -
cercò di farla ragionare l'altro – Vi prego,
fermatevi. - implorò. Ma ormai la ragazza era uscita dalla
stanza.
Rischiò di scontrarsi con qualcuno che quasi la travolse nel
corridoio. L'Uomo si allontanò trafelato. Si
guardò intorno disorientata e prese a destra. Svariate
persone passavano per il corridoio urlando: chi chiedeva dell'acqua
calda, chi delle bende.
- Hanno colpito delle case qui vicino! - gridò qualcuno in
lontananza.
Monica sentì dell'aria fredda provenire dal fondo del
corridoio, nella direzione in cui stava andando. Accelerò il
passo, i due Hobbit continuavano a seguirla con fatica.: troppa gente
alta in quei corridoi. Vide una porta sulla sua destra. Considerando la
temperatura bassa, doveva dare fuori. Quando la passò, il
gelo la investì. Ma non vi badò. Era troppo
sconvolta dalla scena che le si presentava davanti gli occhi: la
città era per lo più in fiamme. Alcune parti
delle mura erano distrutte. Sotto sentiva le urla della battaglia in
corso. Vedeva arcieri disposti sulle mura non ancora abbattute e il
fuoco che si levava dall'accampamento degli Elfi.
- Gli Elfi… - esclamò spaventata.
- Non vi era più nessuno all'accampamento quando sono
arrivati. - proferì una voce alla sua sinistra –
Per fortuna ci siamo accorti in tempo che si avvicinavano e siamo
riusciti a prepararci abbastanza bene per la battaglia. - Monica
osservava ammutolita la donna davanti a sé. Era veramente
bella: aveva lunghi capelli biondi che le ricadevano lungo la schiena,
era avvolta in un pesante mantello color verde scuro e nonostante
sembrasse comunque esile, aveva un portamento severo e fiero. Anche
quella la stava scrutando con i suoi occhi grigi – Se restate
qui fuori vestita leggera in quel modo vi prenderete un malanno. - le
fece notare.
Monica spostò lo sguardo su se stessa. Solo in quel momento
si rese conto di indossare una semplice tunica bianca, nemmeno tanto
pesante, ed era scalza. Appurò che in effetti faceva
dannatamente freddo. Però spostò di nuovo gli
occhi nocciola sulla battaglia in corso, imitata dall'altra - Sono
molti… forse troppi. - sussurrò – Fino
ad ora siamo riusciti a fronteggiarli alla pari, nonostante siamo in
numero minore, ma vedo che le nostre linee stanno cedendo. - disse con
voce preoccupata.
- Cosa è successo? - chiese lei confusa.
- Vi racconto tutto mentre rientriamo. - dichiarò posandole
una mano sulla schiena e guidandola all'interno – Dopo che
Morwen è stata sconfitta, siamo stati attaccati da loro.
Grazie alle guardie alle porte siamo riusciti a scorgerli almeno in
tempo per organizzare le difese, poi questa sera, abbiamo fatto partire
il contrattacco, ma loro sono decisamente di più di noi.
Hanno anche Troll d'assalto e stanno lanciando massi con le catapulte
contro le mura. Per non parlare dei massi infuocati che cercano di far
arrivare all'interno della città per provocare incendi. Se
non arriveranno i rinforzi, non so se ce la faremo a vincere. -
spiegò – Abbiamo già un sacco di feriti
che si sono andati a sommare a quelli che avevano combattuto nell'altra
battaglia. Tra non molto non sapremo più dove metterli.
L'unico posto che per il momento è al sicuro è
qui. - dichiarò.
- E forse non ancora per molto. - commentò Sam che
trotterellava dietro di loro accanto a Frodo.
Rientrarono nella stanza in cui si trovava la ragazza fino a poco prima
– Quanti sono? - chiese.
- Dicono quindicimila. - Monica sgranò gli occhi sconvolta
– Noi dovremmo essere poco più di duemila. Per
questo stiamo sperando nell'aiuto dei Nani e dei Rohirrim delle
città qui vicine. -
- Non sono stati avvisati? - domandò l'altra ora preoccupata
ed agitata.
- Sì, abbiamo mandato dei messaggeri ad informarli. Se
accetteranno di aiutarci, dovrebbero arrivare a breve. Ma la situazione
è grave ed ogni istante può esserci letale. - un
altro boato vicino li fece sobbalzare.
- Se? - ripeté Monica confusa.
- I rapporti tra la gente di Rohan e i Nani delle Caverne Scintillanti
non sono stati molto amichevoli, ultimamente. Dobbiamo quel po' di
dialogo solo a Gimli, il loro Signore, che è ancora buon
amico di mio fratello Eomer. -
- Credo che sia tutto dovuto all'influenza di Morwen. Ora che
è morta non ci dovrebbe essere motivo di astio tra di voi e
loro. Accetteranno sicuramente. - replicò Monica con tono
sicuro.
Eowyn la guardò stupita. Non sapeva perché, ma
quell'affermazione le aveva ridato speranza e l'aveva rincuorata. Le
sorrise – Sarete affamata… volete che vi porti
qualcosa? -
- Magari! - esclamò. Erano giorni che non metteva qualcosa
sotto i denti.
- A quello ci penso io! - dichiarò Sam – So dove
poter racimolare qualcosa… ma non vi aspettate niente di
che. - disse leggermente mortificato.
- Andrà benissimo qualsiasi cosa trovate, Messer Hobbit. -
rispose Monica sorridendogli riconoscente.
Quello ricambiò il sorriso e si affrettò ad
uscire. Poco dopo tornò con del cibo, ma non da solo. Melime
fece capolino dietro di lui. Monica fu veramente felice di rivederla
che l'abbracciò di slancio e scoppiò in lacrime.
Restarono per alcuni minuti a parlare: Monica le raccontò a
grandi linee quello che aveva passato e quanto fosse preoccupata per
tutti loro. Alla notizia della morte di Alyon, Melime si
rattristò. Poi fu il suo turno di raccontarle cosa era
accaduto. Ma lei ed Elveon erano riusciti a salvarsi grazie ad Elrohir
che era riuscito a proteggerli da due Orchetti.
- Se non fosse stato per lui, a quest'ora saremmo morti. -
dichiarò.
- Dov'è ora Elveon? - chiese la ragazza.
- L'ho lasciato con Galadriel, non c'è posto più
sicuro. - abbozzò un sorriso.
- Sono tutti a combattere? - si informò.
- Sì. Tutti quelli in grado di combattere sono nella
pianura. - rispose con un velo di preoccupazione nella voce.
- Non tutti. - precisò Eowyn con tono seccato. Melime
sospirò, sapeva benissimo quello che intendeva. Anche Monica
aveva intuito cosa intendesse la Donna che poi salutò ed
uscì dalla stanza.
Passarono molte ore, era l'alba, ma il sole che sorgeva era coperto
dalle nubi nere cariche di pioggia. La battaglia continuava ad
imperversare nella pianura. In un primo momento le forze alleate erano
riuscite a contrastare le legioni di Orchetti e Goblin, ma ora avevano
battuto la ritirata all'interno delle mura per riprendere fiato e
organizzare un secondo contrattacco. Regnava un'aria pesante ai piedi
del Palazzo di Meduseld, dove si erano radunati tutti i guerrieri.
Erano stipati uno accanto all'altro, fin troppi in quello spazio
ristretto. La città era ridotta a cumuli e macerie e colonne
di fumo nero si levavano in aria dalle case colpite. Gli incendi erano
stati per lo più tutti spenti. Da fuori le mura si levavano
grida intimidatorie da parte degli Orchetti. Gli arcieri sulle mura
continuavano a respingere gli attacchi del nemico, ogni tanto qualcuno
cadeva trafitto dalle frecce nere. I Goblin erano quelli più
ostinati: provavano e riprovavano ad arrampicarsi per raggiungere
l'interno della città. Le catapulte che non erano state
ancora distrutte avevano smesso di lanciare massi, per il momento.
- Non resisteremo ancora per molto. - fece Faramir, l'aria stanca, come
quella di tutti i presenti – Abbiamo bisogno di rinforzi, e
subito. -
- Abbiamo mandato richieste d'aiuto a tutti coloro che sono nelle
vicinanze, non possiamo fare altro che aspettare e sperare che
arrivino. - replicò Eomer mentre gli passava un otre pieno
d'acqua.
- Anche il cibo inizia a scarseggiare. - riferì loro Arwen
che era scesa con Aragorn ed altri guaritori a prendersi cura dei
feriti. Ormai il Palazzo era sovraffollato.
- Maledizione! - urlò Elfwine scaraventando a terra il suo
otre vuoto. Era frustrato dal fatto che non riusciva a difendere e
proteggere il suo Popolo e i suoi amici.
- Non serve a niente arrabbiarsi. - commentò Eldarion
raccogliendo l'oggetto e porgendoglielo. Poi gli poggiò una
mano sulla spalla.
- Guardalo, è più giovane di te, ma sa come
mantenere la calma. - lo rimbeccò il padre sorridendogli
bonariamente. Elfwine abbozzò un sorriso dando poi una pacca
sulla schiena ad Eldarion.
- Ha preso tutto dalla madre. - fu il commentò di Elrond che
guardò beffardo Aragorn poco più in là.
Il Re di Gondor sorrise, ma non disse niente. Era molto preoccupato
anche lui, anche se già avevano vissuto una situazione
simile in passato, al Fosso di Helm. E quella volta avevano a
disposizione solo un piccolo gruppo di Uomini. Sospirò. Se
solo avesse avuto ancora la forza di combattere.
Merry e Pipino stavano distribuendo Lembas in giro. In quel momento era
il cibo più adatto per tutti. Quest'ultimo scorse Gandalf in
disparte. Se ne stava dritto su un cumulo di macerie ad osservare la
pianura sotto a lui. Restò a fissarlo per un po' –
Che cos'ha secondo te? - chiese al cugino.
Merry girò la testa verso di lui, poi seguì il
suo sguardo e anche lui scorse la figura bianca – Credo sia
preoccupato. A quanto pare la situazione non è delle
migliori. - Pipino mosse un passo con intenzione di raggiungerlo, ma
l'altro lo afferrò per la spalla – Non farlo, non
faresti che peggiorare il suo umore. Lo sai che quando fa
così è anche più burbero del solito. -
gli sussurrò per non farsi sentire.
In quel momento Frodo passò loro accanto e si
inerpicò sul cumulo di macerie. Poco dopo era al fianco
dello Stregone ed anche lui si mise ad osservare in silenzio la pianura
di fronte a loro. Era una distesa nera., piena di Orchetti e Goblin che
non sembravano risentire della stanchezza e continuavano a lanciare
attacchi contro le mura.
- Arriveranno i rinforzi? - chiese dopo un lungo momento di silenzio.
- Lo spero. Ho mandato anche alle aquile una richiesta d'aiuto, ma
ancora niente. - rivelò quello.
Frodo scrutò il cielo plumbeo. Sembrava dovesse iniziare a
piovere da un momento all'altro. - Questa situazione mi riporta
indietro nel tempo. - dichiarò.
- Purtroppo siamo destinati a non avere lunghi periodi di pace,
ultimamente. Speravo che con la sconfitta di Sauron ci saremmo goduti
finalmente un lungo riposo, ma mi sbagliavo. - commentò
quello turbato.
- Ma non sarebbe dovuto finire tutto con la morte di Morwen? -
domandò l'Hobbit.
- Lo avevo pensato anche io. Probabilmente è stata lei ad
invocare queste legioni. Magari erano già pronte da un pezzo
in attesa dell'ordine per attaccare, nascoste chissà dove, e
noi non ce ne siamo accorti. Eppure, Frodo… che questa cosa
rimanga fra me e te… - proferì chinandosi su di
lui lanciandogli un'occhiata eloquente – Inizio ad essere
convinto che ci sia qualcun altro di più potente dietro a
tutto ciò. E voglio vederci chiaro. - sussurrò.
- Te ne vai? - fece allarmato l'Hobbit.
L'Istaro sorrise bonariamente – Oh no, amico mio. Questa
volta ho da sistemare la questione qui, prima. - detto ciò
gli cinse le spalle con un braccio – Ho come la sensazione
che succederà qualcosa in nostro vantaggio, fra non molto. -
riferì spostando lo sguardo sulla gente sotto di loro.
Eowyn stava camminando tra i presenti con le bende in mano. Ogni tanto
lanciava qualche parola di conforto al suo Popolo. Si sentiva
incredibilmente impotente. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter essere
anche lei al fianco di quei guerrieri, ed invece era lì, a
prendersi cura dei feriti. Passò accanto ad Eomer e Faramir
che non degnò nemmeno di uno sguardo: era arrabbiatissima
con loro che l'avevano costretta a restare tra le mura di Edoras. Si
diresse invece verso il figlio.
- Elboron, sei ferito? Hai mangiato qualcosa? - gli chiese preoccupata.
Il giovane moro si voltò a guardarla e le sorrise - Per il
momento sto bene. Merry mi ha appena lasciato questo. - e le
mostrò il Lembas nella mano a cui aveva già dato
un morso.
- Com'è la situazione? - gli sussurrò per evitare
di farsi sentire dal fratello e dal marito.
- Non a nostro favore. Speriamo tutti nei rinforzi, ma ancora non si
vede nessuno. La cosa non fa bene al nostro umore. Molti stanno
perdendo le speranze e così non riescono a dare il loro
meglio. - evitò di guardarla negli occhi. Si sentiva
mortificato e del tutto inutile.
Ad Eowyn le si strinse il cuore a vederlo in quello stato. Capiva
benissimo cosa stesse provando – Vedrai che presto
arriverà qualcuno in nostro aiuto. - proferì
sicura stringendo le dita attorno alle bende. Il ragazzo la
guardò stupito, lei abbozzò un sorriso e
proseguì il suo percorso nel prendersi cura dei feriti.
Lastie stava raggiungendo il gruppo di amici ed i suoi uomini seguita
da Monica che l'aveva aiutata a cambiare il bendaggio della ferita che
le aveva procurato Elrohir. Fortunatamente non aveva risentito dei
movimenti durante la battaglia e si stava ormai rimarginando.
Continuava a scrutare la ragazza al suo fianco, era assente, da quando
l'aveva rivista poco prima. Anche mentre l'aiutava nel bendaggio non
aveva aperto quasi mai bocca. C'era qualcosa che la turbava, ma non
riusciva a capire cosa. Ne era certa perché,
incredibilmente, si comportava come Erdie quando aveva qualcosa che non
andava: tendeva a rinchiudersi in se stessa e a non parlare. Ed a
quanto pareva, non era l'unica ad averlo notato. Elrohir continuava a
lanciarle occhiate di sottecchi. Elladan invece spostava lo sguardo tra
Melime e la Dunedain cercando una risposta a quel comportamento. Lastie
fece spallucce. Anche Glorfindel continuava a fissare la ragazza con
aria crucciata cercando come di leggerle nella mente.
Erano stati tutti molto felici di rivederla in piedi e che si stava
dando da fare a dare una mano con i feriti. Emmeline, che faceva parte
delle guaritrici, quando l'aveva vista comparire nel salone del Palazzo
d'Oro, le era quasi saltata addosso, stritolandola in un abbraccio. Era
stata così preoccupata da quando aveva saputo cosa le era
successo da Leopold. Quindi aveva deciso di prenderla sotto la sua
custodia come assistente guaritrice, così da poterla tenere
d'occhio che non si sforzasse, visto che la ragazza aveva voluto a
tutti i costi dare una mano, nonostante fosse ferita.
Passò ancora un po' di tempo, poi Eomer fece rialzare tutti
coloro che erano ancora in grado di reggersi in piedi.
- Ci aspetta una lunga battaglia, amici miei. Il nostro nemico
è in vantaggio su di noi, ma non lasceremo che si impossessi
della nostra città. Lo respingeremo fino all'ultimo
Orchetto, Goblin o Troll! Resistete fino all'arrivo dei rinforzi! -
gridò.
- Ma mio Signore, ancora non è arrivato nessuno…
- proferì un Rohirrim esponendo così la paura di
tutti.
- Noi Nani non abbandoniamo i nostri compagni. - intervenne Gimli con
tono lapidario.
- Io confido nel mio Popolo e in quello dei Nani. Gimli, figlio di
Gloin, Signore delle Caverne Scintillanti è mio amico e
così il suo Popolo. Sono sicuro che arriveranno a darci una
mano. - sentenziò Eomer poggiando la mano sulla spalla del
Nano.
Nonostante le parole di Eomer, si capiva benissimo che non vi era un
grande entusiasmo tra i guerrieri. I loro pensieri erano cupi, il cuore
pesante, il coraggio li aveva abbandonati ed erano stanchi.
Coloro che li avevano assistiti fino a quel momento li osservarono
partire verso la battaglia in silenzio. Come se stessero andando al
loro stesso funerale.
Leopold diede un bacio sulla guancia ad Emmeline che stava trattenendo
le lacrime. Eowyn, poco più in là, teneva strette
tra le sue le mani del figlio, poi le lasciò andare. Aragorn
ed Arwen restarono in silenzio a guardare i loro cari, sperando che non
succedesse niente a nessuno di loro.
Monica restò a fissare con un groppo in gola e la paura che
le attanagliava il cuore tutti i presenti allontanarsi. Poi
seguì gli altri all'interno del Palazzo, c'era ancora molto
lavoro da fare.
Purtroppo molti feriti erano rimasti all'aperto, così
dovettero procurarsi tutte le coperte possibili per tenerli al caldo.
Avevano spostato quelli più gravi all'interno del Palazzo,
con quel freddo sarebbero morti sicuro in poco tempo. Fuori vi erano
quelli ridotti meno peggio.
Era passata un'ora quando da lontano si udirono dei corni. Corsero
tutti fuori sul porticato e finalmente poterono gioire: videro una
moltitudine di Cavalieri di Rohan attaccare e travolgere a cavallo le
legioni nemiche. Diedero loro del filo da torcere e riuscirono a
sbarazzarsi di molti Orchetti e Goblin. Ma erano ancora in numero
inferiore.
Eowyn pregava di non vedere nessuno dei suoi cari varcare la soglia del
Palazzo. Continuava a correre a destra e sinistra dando ordini di dove
disporre i feriti in base alla gravità delle condizioni in
cui riversavano.
Ad un tratto ci fu un gran boato proveniente da fuori. La terra
tremò sotto i loro piedi. Calò il silenzio. Il
terrore si impadronì dei presenti.
Un Uomo entrò trafelato nel Palazzo – Sire
Aragorn, la porta ovest ha quasi ceduto, fra non molto saranno qui! -
annunciò.
Ci fu un lunghissimo momento in cui tutti trattennero il fiato, poi il
panico. Le persone iniziarono ad urlare terrorizzate. Aragorn si
voltò verso Arwen, lei contraccambiò il suo
sguardo, capendo. Non poteva non fare niente, dopotutto sarebbe sceso
anche lui in battaglia. Gli altri erano tutti a combattere nella
pianura e probabilmente non si erano nemmeno accorti di cosa stesse
succedendo. Raggiunse il porticato e vide un folto numero di Orchetti
che cercavano di sfondare la porta con un ariete, giù in
fondo la collina.
Si portò in cima alle scale e sfoderò Anduril
– Ascoltatemi tutti attentamente! - gridò. Tutti
si bloccarono a guardarlo e si azzittirono – Il nemico sta
per entrare dalla porta ovest. So che vi chiedo molto, ma ho bisogno di
tutti coloro che sono ancora in grado di reggere tra le mani una spada
per impedirgli di entrare e difendere questa città e tutti
coloro che vi sono rifugiati al suo interno. Non lasceremo Edoras
cadere! Proteggeremo tutti, a qualsiasi costo! Combattete al mio
fianco? -
Uno ad uno, i feriti si alzarono e sfoderarono le loro spade, poi lo
acclamarono. Nei loro occhi brillava una luce di determinazione.
Aragorn non sapeva quanto avrebbero potuto resistere, ridotti in quel
modo. Ma ci avrebbero provato.
Poi esclamazioni di stupore si levarono tra i presenti, Aragorn si
voltò e sgranò gli occhi grigi: affianco a lui vi
era Eowyn, vestita con abiti maschili e la sua spada in mano. I lunghi
capelli biondi legati in una coda svolazzavano al freddo vento. Gli
sorrise, gli occhi grigi le fiammeggiavano.
- Qualsiasi cosa direte, mio Signore, sarà invano. Ho
già preso la mia decisione e nessuna vostra parola
potrà farmi cambiare idea. Questo è il mio
Popolo, è un mio dovere proteggerlo! - gridò
– Hai bisogno di tutto l'aiuto possibile, no? - gli
sussurrò poi.
Aragorn rimase a fissarla per alcuni secondi, poi le sorrise di
ricambio – Sapevo che alla fine l'avresti fatto. Tuo fratello
e Faramir mi uccideranno. Se non lo faranno prima gli Orchetti. -
- Non lascerò che accada! - esclamò qualcuno alle
loro spalle. I due si voltarono e rimasero basiti ad osservare la
ragazza davanti a loro. - Non guardatemi in quel modo, per favore.
Riesco benissimo a reggere la mia spada in mano, quindi
verrò anche io. - dichiarò determinata. Non
appena aveva visto saettare Eowyn via dalla sala principale aveva
capito cosa avrebbe fatto e la imitò. Nella stanza in cui
aveva riposato erano state ammucchiate tutte le sue cose, quindi si
cambiò in fretta: non sarebbe mai rimasta con le mani in
mano quando avrebbe potuto dare anche un piccolo aiuto.
- Le vostre ferite… - fece preoccupata Eowyn.
- Non sono niente in confronto a quelle di molti di loro. -
proferì indicando gli Uomini e gli Elfi in fondo alle scale
che li guardavano – Non sono una scusa per non fare la mia
parte. -
Aragorn le poggiò la mano sulla spalla –
Già mi avete salvato la vita una volta, Silwen. Quindi
confido in voi nel coprirmi le spalle. - Lei affermò con il
capo, sorridendogli.
- Se ci siete voi due al suo fianco sono più tranquilla. -
disse Arwen alle loro spalle.
I tre si voltarono e le sorrisero. Poi Aragorn le si
avvicinò, le carezzò il viso e la
baciò – Andiamo! - urlò poi. Scesero le
scale e si diressero di corsa alla porta ovest. Erano pochi, ma
determinati a non far passare nessuna creatura. Quando arrivarono
lì, la porta era ancora in piedi, ma ridotta male. Si
sentì un colpo assordante e quella tremò. Qualche
pezzo cadde a terra insieme a pietre che si erano staccate dall'alto
muraglione.
- Il prossimo è l'ultimo. - annunciò Aragorn
stringendo l'elsa di Anduril.
Monica aveva il cuore che le martellava nel petto, ma non per la paura.
Era eccitata. Avrebbe impiegato fino all'ultima briciola della sua
forza per uccidere più nemici possibili
“Più ne faccio fuori, meno restano agli altri da
combattere.” pensò traendo un profondo respiro.
Ci fu un altro colpo assordante. La porta si sbriciolò sotto
il loro naso. - Per Rohan! - si levò il grido di Aragorn
alto nel cielo plumbeo, seguito da quello dei compagni.
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