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ULTERIORI FRAMMENTI DI
VERITA'
Base di Novosibirsk,
sala operativa
Antonov, Kyrianov e Wichinskji, tre dei componenti lo staff della base,
sobbalzarono sulle sedie allorché sugli schermi dei computers, e su quelli più
ampi fissati alle pareti, d'improvviso, le immagini cambiarono di genere
sostituendosi rapidamente a quelle che i tre ormai erano abituati a vedere da
diversi mesi. Alcuni schermi si riempirono di panoramiche su angoli remoti della
Terra: deserti ricoperti di grigi tappeti di ferraglie, distese di acqua più o
meno calma e infine altri rivelarono ciò che c'era sopra di loro, ossia il
cielo, con stelle e pianeti che si muovevano lenti nel nero siderale.
"Che mi venga un colpo! - esclamò Antonov fissando, sbigottito quel mutamento
così repentino - Ma che è successo?".
"Qualcuno ha riattivato telescopi e satelliti" commentò Wichinskji, con
soddisfazione.
"Wow" fece Kyrianov, allegro.
"E' sicuro che sia un bene?" lo contestò Antonov.
"Beh, - rispose Kyrianov, su di giri - almeno si vede qualcosa di nuovo".
Antonov, invece, guardò, sconsolato e adirato, il deserto ricoperto di
spazzatura ferrosa. Tuttavia, subito dopo, quello spettacolo gli accese un lume
di ottimismo.
"Ha ragione Kyrianov. - convenne - Chissà che ora non vedremo meglio e prima
gli sporcaccioni che arrivano qui a scaricare le loro schifezze per poterli
abbattere subito".
Senza farsi vedere, Wichinskji sospirò e sbuffò. Per un verso poteva anche aver
ragione, ma quell'uomo odiava proprio chiunque non fosse terrestre, per
principio.
Siberia, non lontano
da Novosibirsk
Dio creò il cielo, la
Terra e gli altri pianeti, i sistemi solari, le galassie e le
costellazioni....l'universo, insomma ! Poi decise di popolare i pianeti... non
tutti...solo alcuni....quelli che si trovavano ad una giusta distanza dal Sole
attorno al quale giravano, in quanto si era reso conto che altri si trovavano
troppo lontani o troppo vicini a quel Sole da poter essere abitati senza che gli
esseri viventi ne ricevessero danni gravi: troppo caldo da essere bruciati o
troppo freddo da essere congelati. E in un qualche modo misterioso, i popoli
dei pianeti abitati lo vennero a sapere cominciando a credere ad un entità
superiore a loro, che aveva donato loro la vita e i mezzi per viverla nel modo
più appropriato: la terra per poterne coltivare i frutti e sfamarsi, l'acqua per
potersi dissetare, mantenere l'igiene e navigarci sopra per poter raggiungere le
varie zone del pianeta....
Ma un giorno,
qualcuno aveva annunciato che non esisteva alcun Dio e che tutto era stato
generato da un'esplosione primordiale nell'universo, miliardi di anni
prima......
"Heron! Heron! Heron!" lo richiamò Stefano, scuotendolo, accortosi dello stato
quasi catatonico in cui il comandate alieno sembrava essere caduto mentre
narrava i fatti.
Heron si scosse, effettivamente in trance.
"Si" fece, riacquistando completamente lo stato di veglia.
"Mi sta dicendo che la fede in Dio è stata equamente distribuita in tutto
l'universo? - lo incitò - Che forse in tutti i pianeti abitati, i popoli credono
in Dio? Che il suo messaggio è arrivato ovunque ci sia vita? La teoria è
pazzesca!...Assurda!...Ma splendida!".
Heron si destò del tutto dal suo stato di trance e accomodò meglio sul sedile.
"Non ne ho un'idea precisa. - rispose Heron, completamente sveglio ma calmo -
Per quel che ne so io potrebbe anche essere avvenuto. Il mio amico Adoniesis mi
ha raccontato di templi bruciati e di mio padre che mi ha portato fuori da uno
di questi, in fiamme, mentre eravamo dentro a pregare".
"E la croce, Heron? - lo sollecitò a continuare Stefano - Annamaria mi ha
parlato di una croce che ha visto anche lei".
"Non ho mai saputo con esattezza cosa volesse dire quella croce. - rispose Heron
quasi dispiaciuto di non poter fornire una spiegazione esauriente a quell'enigma
- Credo fosse un simbolo di quella fede, ma l' ho vista di sfuggita in quel
tempio". Stefano percepì una profonda emozione nella voce rotta del suo compagno
di viaggio.
"Dobbiamo saperne di più, comandante! - sentenziò, fermo nel proposito -
Probabilmente, questa è la chiave del passato di questo pianeta. - quindi si
girò verso di lui - Perché ha voluto dirlo solo a me?".
" Perché ho pensato che solo lei e sua moglie avreste potuto capire" rispose
Heron, ora sicuro e tranquillo.
Stefano gli dette una pacca sulla spalla dalla sua parte.
"Grazie per la fiducia" disse, sorridendo.
"Di niente" replicò Heron. Stefano si voltò un istante verso di lui e,
sorridendo, alzò il pollice della mano destra in segno di intesa. Heron rispose
alla stessa maniera torcendo le labbra in un mezzo sorriso di complicità.
Fra i due si stava stabilendo un bel rapporto di comprensione e, forse anche
amicizia. Due rappresentanti di due popoli di due pianeti relativamente lontani,
che però sembravano aver avuto un destino comune. Non solo! Stefano realizzò
che, - pareva incredibile, - grazie al suo nuovo amico di un altro mondo, stava
venendo a conoscenza dei fatti che in passato avevano sconvolto il suo.
In quel momento, tuttavia, accadde qualcosa che cambiò radicalmente la
situazione creatasi attorno a loro.
Il momento di
un'altra verità
Sul display collegato al radar, un oggetto di dimensioni piuttosto ragguardevoli
- di sicuro un'aeronave, se non un'astronave - apparve a sinistra avanzando
lento e dirigendosi verso un grosso punto al centro dello schermo. I due uomini
concentrarono i loro sguardi sullo schermo seguendo l'oggetto, con attenzione.
L'oggetto non arrivò al punto centrale e il disegno schematico di un'esplosione
si formò sul monitor. E sempre alla loro sinistra, Stefano, con la coda
dell'occhio e Heron girandosi di scatto nella direzione, videro da dov'erano
un'enorme fiammata nel cielo che schiarì di molto la già non completa oscurità
circostante loro, dovuta al Sole che in quel periodo non tramontava mai del
tutto all'orizzonte.
Heron credette di non avere più dubbi.
Ora sapeva come, e soprattutto dove, era morto suo padre.
Base di Novosibirsk
Antonov seguì, soddisfatto, la fase dell'esplosione godendosi lo spettacolo del
veicolo saltato in aria e scoppiato in pezzi schizzati ovunque nello spazio che
stavano ricadendo sul suolo come le comete del 10 agosto, pur non essendo ancora
arrivati a quella data.
"Altri insozzatori fuori dalle scatole!" esclamò fregandosi le mani.
Pochi secondi dopo, Zitowskji, il radarista, uscì nello spiazzo annunciandogli
di aver intercettato un veicolo aereo.
"Piccolo o grande?" chiese Antonov, sul chi va là.
"Piccolo, direi. - rispose l'uomo - Sembra un normale aereo da turismo".
Lievemente seccato, Antonov rientrò nell'edificio e andò dietro al giovane
tecnico del radar fino alla sala controllo.
Sull'aereo
Il Sole a mezz'asta all'orizzonte illuminava il viso di Heron i cui bei tratti
si erano improvvisamente induriti diventando lame taglienti e conferendo
all'uomo un'espressione di glaciale furore.
"Tutto bene, amico?" gli chiese Stefano, preoccupato di quella rapida
trasformazione.
"Si" fu la risposta fredda e lontana dell'alieno che guardava fisso davanti a sé
come se stesse vedendo un nemico da abbattere immediatamente.
Stefano gli sfiorò la spalla.
"Hey, - lo apostrofò, ma in tono apprensivo - Turbato dall'esplosione? Forse è
stato un incidente".
"No. - lo contraddisse Heron, mantenendosi gelido - Non è stato un incidente.
L'esplosione è stata voluta. Di sicuro quella era un'astronave carica di
spazzatura".
Stefano fu certo di capire ma si sentì ugualmente la spina dorsale percorsa da
una scarica di forti
brividi di allarme.
"Beh... - se ne uscì con l'intenzione di recare un minimo di conforto al
comandante - Forrest ci ha avvertiti che il responsabile della base qui in
Siberia è un tipo da prendere con le molle".
Heron si voltò verso di lui e accennò un sorriso.
"Già. - confermò - Vero. Dobbiamo andare a prendere l'uranio. - continuò
tornando serio ma acquisendo un'espressione meno minacciosa - E la medicina per
il mio equipaggio".
Di colpo, a Stefano venne in mente un particolare a cui non aveva pensato;
almeno non prima di quel preciso istante. E volle condividerlo con Heron.
"Hey, .... " lo richiamò, allegro. Heron si girò verso di lui, sorridendo a
labbra chiuse.
"Si?"
"Sarà meglio non parlare dell'uranio" suggerì.
Dapprima, Heron non capì poi però arrivò alla stessa intuizione: l'uranio era
usato anche per costruire armi atomiche e anche lui lo sapeva. Tacitamente,
annuì per fargli sapere che aveva compreso, accompagnando il sì con l'ormai
consolidato gesto del pollice alzato. Stefano rispose alla stessa maniera, senza
aggiungere altro, riaccese i motori dell'aereo ed effettuò l'ennesimo decollo di
quel lungo viaggio. Il territorio piatto gliene permise uno abbastanza normale,
non troppo verticale.
E non si alzò eccessivamente. Non erano molto lontani dalla meta.
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