Razer corse zoppicando per la via che avevano imboccato.
Davanti a lui Noir controllava ogni angolo e ogni punto cieco per paura
di veder ricomparire l’uomo che li aveva messi
all’angolo
Un’altra esplosione illuminò la notte.
L’assassino sorrise da sotto la sua maschera. Nonostante quel
contrattempo il suo piano aveva comunque funzionato alla perfezione.
Doveva migliorare ancora un paio di dettagli, ma sarebbe sicuramente
riuscito ad epurare il mondo da quei mostri. Ne era certo.
Il polso destro gli fece arrivare una scarica di dolore dritta nel
cervello.
Durante quei pochi istanti di combattimento aveva perso il suo coltello
e, probabilmente, si era rotto il polso.
Chi era quell’uomo biondo?
Da dove era arrivato?
Era certo di averlo visto comparire dal nulla a mezz’aria,
così come era certo che era lo stesso uomo che lo aveva
interrogato a bordo della nave con cui era arrivato sul continente.
Strinse il polso con la mano sinistra, continuando stoicamente a
correre lungo quella strada.
Noir si voltò un attimo nella sua direzione, come per
sincerarsi che l’assassino lo stesse ancora seguendo.
Un’altra esplosione fece sentire la sua voce, ma era stata
meno fragorosa di quelle che l’avevano preceduta.
Un ruggito potente e cristallino squarciò il cielo,
muovendosi rapido verso la zona cittadina colpita da quella terribile
disgrazia di fuoco.
Razer tremò nell’udire quel suono.
Non lo conosceva. Non lo aveva mai sentito prima.
Gli mancò il respiro, come se le pareti delle case attorno a
lui gli si stessero stringendo attorno.
Lui conosceva tutti i versi di quei mostri. Lui doveva conoscerli
tutti. Doveva.
Perché quello non lo conosceva?
Nessuna versione di quelle aberrazioni ruggiva in quel modo. Poteva
sembrare quasi un suono prodotto da un oggetto, invece che da una
creatura vivente. Se un uomo avesse fatto suonare un enorme calice di
cristallo, forse, avrebbe fatto lo stesso suono.
Ma quello era un ruggito, ne era certo.
Aumentò la sua andatura, ignorando il dolore al polso per
riuscire ad accostarsi all’uomo che lo precedeva.
- Come hai fatto a far esplodere quei barili senza il terzo corpo? Il
calore non sarebbe dovuto essere sufficiente. –
- Ne ho aperto uno e ci ho appoggiato sopra uno di quei cadaveri.
– rispose tranquillamente l’uomo dai capelli neri,
allungando lo sguardo per scoprire le forme dietro una cassa a lato
strada – Togliti quella maschera, sei troppo riconoscibile.
–
Razer si sfilò prontamente il guscio bianco dal volto,
nascondendolo sotto la camicia che portava indosso.
- Poteva esploderti in faccia. Hai rischiato di morire. – gli
fece notare, stringendosi il polso dolorante contro il petto.
- Non ho rischiato nulla. – continuò Noir senza
smettere di muoversi per la via – La mia maledizione non mi
permetterebbe di morire. –
Si stavano dirigendo a sud, verso la radura in cui avevano lasciato il
carro con cui erano arrivati.
La loro intenzione, fin dall’inizio, era quella di tornare al
porto di Jidan per imbarcarsi sulla prima nave disponibile.
Razer aveva parlato col nostromo dell’Ala di Albatros,
durante la traversata che li aveva portati lì. A suo dire,
un’altra nave passeggeri sarebbe arrivata nel girò
di sei giorni per gettare lì l’ancora. La Freccia
di Rame, l’aveva chiamata nella sua ubriachezza. Il capitano
doveva essere un certo Bertran Darren.
Qualcosa dalla pelliccia scura sfrecciò accanto ai due
uomini, dirigendosi verso il centro della città.
Poteva essere un grosso cane randagio, ma Razer preferì non
fermarsi per accertarsene.
Raggiunsero l’estremità meridionale della
città, per poi inoltrarsi nella boscaglia che sembrava
guerreggiare con le strutture umane per guadagnare terreno su cui
crescere.
Un cavallo brucava tranquillamente le chiazze d’erba che
erano riuscite a crescere sotto quelle fronde, quasi indisturbato dalle
esplosioni che erano scoppiate fino a poco prima, alle sue spalle era
ancora saldamente fissato il carro con i quali erano arrivati.
- Muoviamoci. Quell’uomo potrebbe averci seguito fin qui.
– disse rapido Razer, balzando sulla panchina destinata al
cocchiere e prendendo in mano le redini.
Noir si fermò, immobilizzandosi ai piedi della carrozza.
– Quel tipo non era umano, vero? – chiese con voce
tremante.
- Proprio tu mi stai chiedendo se non era umano? E, poi, che
altro vuoi che sia? Ora sali. Dobbiamo andarcene di qui. –
Noir non fu convinto di quello che sentì, ma non
provò a controbattere, prendendo il suo posto a fianco del
conducente.
- Continuerà a seguirci, vero? –
- Non potrà se copriremo bene le nostre tracce. –
le redini schioccarono, costringendo il cavallo ad alzare il muso da
terra e intimandogli di incamminarsi a passo sostenuto.
Noir rimase per diverse ore in silenzio, con lo sguardo perso davanti a
sé. La sua mente non era davvero lì, era persa a
ragionare su quello che aveva visto e provato quella sera.
Ne era certo, quell’uomo biondo era comparso dal nulla in
aria.
Così come era certo che la sua arma si fosse prima rotta e
poi rigenerata.
Quell’arma era davvero fatta d’acciaio?
Si, si rispose, ne era sicuro.
E quella sensazione che gli attanagliava le viscere? Non aveva mai
sentito il suo sangue ribollire in quel modo.
La sensazione era stata più forte, sulla nave,
perché?
Sperava unicamente di non dover ritrovare nuovamente sul suo percorso
quell’uomo biondo. Poteva essere lui la creatura in grado di
ucciderlo.
Il carro uscì dal fogliame, tornando a far girare le sue
ruote lungo la strada battuta che lo avrebbe riportato a Jidan.
L’unica cosa a cui Razer riusciva a pensare era la strada
più veloce per tornare a casa.
Avrebbero dovuto imbarcarsi senza dare troppo nell’occhio
sulla Freccia di Rame, arrivare a Derout e, immediatamente, cercare di
salire a bordo del treno Nube in direzione dei Muraglia e rimanerci
sopra il più possibile.
Di lì in avanti, poi, non avrebbero dovuto far altro che
seguire uno degli antichi sentieri che percorrevano i fianchi desolati
dei Monti Muraglia.
Chi sarebbe mai andato a cercarli su quelle montagne carbonizzate?
Erano il nascondiglio perfetto per chiunque.
Di lì in avanti, poi, avrebbe potuto servirsi di quel potere
incredibile di Noir, qualora ne avesse ancora avuto bisogno. Poco gli
importava di chi fosse il sangue che gli scorreva nelle vene, il suo
passato o il fatto che fosse un ricercato dal governo.
Era un alleato importante, per lui.
Sua sorella non avrebbe avuto difficoltà a occuparsi anche
di lui.
L’assassino si voltò verso l’uomo che
gli sedeva accanto, studiandolo per pochi secondi.
Sembrava così tranquillo, così inerme.
Un brivido corse lungo la schiena dell’uomo dal polpaccio
ustionato.
Sapeva che, se mai avesse provato ad attaccarlo, probabilmente, avrebbe
fatto la stessa fine di Rakre, se non una peggiore. Non lo conosceva o,
per lo meno, non conosceva a sufficienza il suo potere.
Forse aveva un punto debole, scoperto, ma non ne era certo.
Aveva visto bene cosa era successo con quel mercante da quattro soldi.
Il suo potere aveva protetto la sua gola dal coltello e, quasi
contemporaneamente, aveva trafitto la testa dell’uomo che gli
stava alle spalle, quasi come se avesse una coscienza a sé
stante.
Razer fu quasi sollevato che Noir fosse umano e non uno di quei mostri
a cui dava la caccia. O, per lo meno, quasi interamente umano.
Le voci che circolavano su di lui erano molteplici e discordanti. Aveva
viaggiato molto, prima di imbarcarsi in quella missione, aveva raccolto
informazioni su tutte le Terre, spingendosi fin sul continente per
essere pronto ad ogni evenienza.
Durante quei viaggi aveva incontrato decine di bardi e girovaghi, senza
contare le pattuglie al servizio del Tribunale di Gerala, ed ognuno di
loro aveva dipinto un quadro diverso dell’uomo che gli stava
accanto in silenzio.
Chi diceva che era un mostro, chi un demone, chi un essere maledetto
dagli stessi dei. Si diceva che potesse cambiare volto, che uccidesse
chiunque incrociasse con lui lo sguardo, erano decine le storie
riguardanti interi villaggi ridotti in polvere dal suo potere.
Razer non sapeva a cosa credere, ma era abbastanza certo che non
fossero tutte infondate.
Dopotutto, si era fatto esplodere un barile di polvere nera a pochi
centimetri dal corpo e ne era uscito illeso.
L’assassino tornò a concentrarsi sulle briglie,
sconvolto da quei pensieri.
Angolo dell'Autore:
Ciao a tutti!
Oggi inizierò con un'informazione tecnica, per poi passare
ai miei soliti deliri solo in un secondo momento.
La settimana prossima, mi duole dirlo, non riuscirò a
pubblicare nulla. Il mio portatile ha deciso di cominciare a fare le
bizze seriamente e questo sta rallentando davvero troppo la mia
produzione dei capitoli.
Se tutto va bene, però, il primo dicembre dovrei tornare in
piena forma, probabilmente con un nuovo pc, se questo continua su
questa strada.
Detto ciò, continuo a ringraziare OldKey, whitesky e la ragazza
imperfetta per le loro recensioni, sempre preziosissime, e voi tutti
che continuate a leggermi settimana dopo settimana, alcuni addirittura
aprono il capitolo a dieci minuti dalla sua pubblicazione che,
avvenendo questa tra mezzanotte e l'una, è una cosa non da
poco.
Mi spiace davvero tanto dover saltare una settimana. Per farmi
perdonare, vi voglio lasciare qualcosa su cui riflettere.
Il prossimo capitolo sarà dedicato al Viandante, ci saranno
dei piccoli cameo, un ritorno agli albori e altre piccole chicche.
Sarà un capitolo sicuramente lungo.
Ma, soprattutto: Ci sarà un quak quak davvero importante per
la trama.
Spero di avervi dato un po' di hype per il prossimo capitolo, davvero.
Oh, giusto, con il 10.5 si scoprirà finalmente chi
è Noir. (in quel momento potrete anche canticchiarvi le
canzoni de "La sirenetta" se volete, saranno abbastanza azzeccate.)
Vorrei lasciarvi almeno l'introduzione di quel capitolo ma... mi
spiace, non c'è ancora nulla nero su bianco.
Alla prossima, miei cari lettori.
Alla prossima e, adesso che una parte importante di questa
storia si è conclusa, se qualcuno di voi avesse voglia di
lasciarmi i suoi pareri riguardo la trama, i personaggi o qualunque
altra cosa gli passi per la testa, giusto per farsi due chiacchiere,
è il benvenuto.
Qui Vago passa e chiude. |