E'
come se i nostri
mondi collidessero.
Il mio sta implodendo
e tu resti a guardare.
Vomitò
tutto quello che aveva bevuto nelle ultime due ore.
Vomitò
anche tutto quello che aveva masticato, ingoiato e non digerito. La
bile, la rabbia, la paura...Vomitò quel senso di
inadeguatezza che
gli aveva serrato lo stomaco davanti allo sguardo di Stefan, al
coraggio stupido di Marcian Lo Sconosciuto, all'indifferenza di Gail
per quel messaggio che lui si ostinava a portare in scena ogni sera.
Si
chiese cosa ci fosse di sbagliato in lui. Cosa impedisse alla gente
di capire davvero. Quello che provava, quello che
cercava di
dire loro in ogni modo, in ogni singolo gesto, parola, grido
disperato da quel maledetto palco!
Si
accasciò a terra, le braccia sorrette solo dalla ceramica
sudicia
del cesso davanti a lui. In quel momento si faceva talmente schifo da
non trovare nemmeno così orrendo starsene lì sul
pavimento, in
mezzo al lerciume, ad aspettare che il cuore smettesse di correre
come un pazzo nel suo petto, la testa di pulsare e quel dannato
sapore di ristagnargli in bocca con tanta ostinazione.
Spinse
indietro i capelli, sperando che non si fossero macchiati ma senza
forze per sincerarsene davvero; li avvertiva umidi e appiccicosi, ma
non gli importava, a condizione che non gli ricadessero sulla fronte
sudata.
L'idea
di uscire da quel cubicolo e tornare nella confusione del locale lo
terrorizzava a morte. Sentiva la musica rimbombare ossessivamente
perfino da lì. Non c'era nessun posto in cui nascondersi, in
mezzo a
quella confusione: inevitabilmente lo avrebbero cercato, lo
avrebbero visto e lo avrebbero giudicato. Non importava chi
fossero “loro”. Non avevano un nome o una faccia,
erano le
centinaia di persone senza nome e volto che si erano girate nella sua
direzione quando avevano incrociato la sua strada, nel corso
lunghissimo di quella vita di merda che continuava a sfuggirgli dalle
dita. Doveva pur esserci un senso da qualche parte! Perché
solo lui
sembrava incapace di vederlo?
La
porta di legno, a cui era appoggiato con la schiena, venne spalancata
di colpo. Brian si considerò fortunato ad essere ancora
accasciato
contro il water o niente lo avrebbe salvato dal ritrovarsi steso a
terra a fissare dal basso il volto arrossato del gigante biondo che
occupava adesso la soglia. Senza muovere un muscolo, gli rivolse
un'occhiata stanca.
-...non
si bussa, Eric?- borbottò piatto, svogliato.
Lui
non gli prestò attenzione. Il suo sguardo vigile lo studiava
analiticamente e lo fece sentire incredibilmente nudo ed esposto.
Brian
si alzò di scatto, scavando dal fondo del proprio ego quanto
restava
del proprio coraggio e orgoglio. Spinse di lato Eric, che lo
lasciò
fare, e passò oltre, uscendo nel bagno e raggiungendo il
lavandino.
L'immagine spettrale allo specchio lo salutò con un paio di
occhiaie
verdi e labbra così livide da sembrare appena scappate
all'inferno.
Nonostante il trucco! Brian aprì l'acqua e la raccolse sui
palmi a
coppa, poi infilò il viso tra le mani e grattò
via ciò che restava
del make up, strofinando con ostinazione la pelle fino a renderla
rossa e dolorante. La faccia che lo accolse, quando
raddrizzò la
schiena, non era migliore di quella di pochi istanti prima. Adesso,
al posto delle occhiaie verdi, c'erano le scie scure di mascara,
matita ed ombretto, che segnavano con prepotenza il solco profondo
sotto i suoi occhi, rendendoli più brillanti, vividi e
irreali del
solito. Sembrava una maschera su cui qualcuno avesse praticato dei
fori in corrispondenza di pupille di vetro colorato.
Vide
Eric alle proprie spalle. Lo vide sempre nel riflesso, non appena
scelse di distogliere l'attenzione da se stesso e puntarla su quella
figura enorme che sorrideva ironicamente dietro di lui.
-Che
diavolo vuoi?!- lo apostrofò, cercando di suonare minaccioso
ma
risultando soltanto sfinito.
Lui
sbuffò una risatina e gli andò incontro.
Istintivamente Brian si
ritrasse contro il lavandino, voltandosi nello stesso momento, sulla
difensiva. Mai come in quell'istante Eric gli era sembrato
minaccioso, ma sospettava fosse solo lui a sentirsi particolarmente
fragile.
Il
gigante lo ignorò. Aprì il rubinetto e
c'infilò sotto le mani per
sciacquarle.
-Brutta
serata, ragazzino?- s'informò in modo quasi gentile.
Brian
capì a quel punto che lui lo doveva aver sentito mentre
rimetteva
anche l'anima in quel cesso di merda. Si morse le labbra fino a farle
sanguinare, cercando di calmare il dannato battito impazzito
all'altezza dello stomaco.
-Senti,
chiariamo una cosa.- sbottò aspro.- Noi due non siamo
amici...
-Ah,
questo lo so!- rise Eric, apertamente.
Brian
si perse a metà del proprio discorso, spiazzato da quella
reazione
tanto neutrale alle sue parole. Lasciò ricadere
“l'intimidatorio”
dito che aveva sollevato verso di lui e si rilassò contro il
sostegno di porcellana alle proprie spalle.
-...ma
mi dici che diavolo vuoi da me?- sussurrò in tono appena
udibile,
senza preoccuparsi, stavolta, di suonare meno stanco e debole di
quanto si sentisse davvero.
Eric
chiuse l'acqua, si voltò verso di lui e sollevò
un sopracciglio.
-Perché
pensi che voglia qualcosa da te?- ritorse spiccio. Strappò
dal
rotolo lì di fianco alcuni tovaglioli e si
asciugò le mani, per poi
gettarli nel cestino vicino al muro. Quando tornò a
guardarlo, Brian
era ancora in attesa di una spiegazione.- Ragazzino, te l'ho detto la
prima sera: mi piaci.
-La
gente che dice questo, poi cerca di infilarmi le mani nei pantaloni.-
affermò pianamente Brian.
Eric
rise di nuovo. Scavò nella tasca dei jeans e tirò
fuori una bustina
trasparente simile alle altre svariate bustine trasparenti che, in
quel tour, erano passate dalla sua mano a quella di Brian.
Lui,
però, sentì che avrebbe fatto bene a voltarsi ed
andarsene.
-Vuoi
che ti infili le mani nei pantaloni?- ironizzò Eric.
“...piuttosto
preferirei la castrazione chimica...”
Non
ebbe la prontezza di spirito di rispondere, comunque. E questo era
abbastanza insolito da aumentare fortemente quel senso di
straniamento e disagio che avvertiva. Adesso come adesso, voleva solo
uscire da lì e tornare in Hotel per rinchiudersi in camera
fino alla
fine dei giorni.
Eric
avanzò verso di lui, colmando la distanza di sicurezza
– già
breve – che Brian aveva mantenuto fino a quel momento.
Fortunatamente si limitò a posare sul piano in ceramica il
sacchetto
e a farsi indietro con la stessa ironia beffarda ancora dipinta in
viso.
-Sai
ragazzino...non posso dire che l'idea non mi intrighi,- ammise
semplicemente.- ma continuo a pensare che resterei molto deluso di
scoprire cosa c'è lì sotto!-
esclamò accennando un gesto
tanto eloquente quanto volgare.- Quindi, non seccarti, ma mi limito a
dirti che mi piaci e che mi piace fare regali agli amici.
Evidentemente
aveva del tutto ignorato il fatto che Brian ci avesse tenuto a
specificare che loro due non era affatto amici.
-E
poi, questo tour è una tale rottura! Tu sei una delle poche
cose
interessanti che sia successa da quando è iniziato.-
confessò
candidamente, reinfilando le mani in tasca per lasciarcele, stavolta.
- Mi piace l'idea di movimentarti un po' una serata, che sembra
proprio ti stia andando di merda!
-Non
sai quanto.- concordò Brian brevemente, evitando il suo
sguardo.
Finì per incocciare di nuovo nella propria immagine riflessa
ed ebbe
serie difficoltà a riconoscersi.-Cristo!-
sfiatò stravolto.
Eric,
intanto, sembrava essersi stancato di lui e stava già
tornando verso
la porta del bagno.
-Se
vuoi un consiglio, ragazzino,- annunciò la voce roboante del
gigante, senza attendere che lui chiedesse effettivamente che gli
fosse dato qualche discutibile consiglio - lascia perdere tutti
quelli che non sono abbastanza furbi da capire quanto vali e cerca
altrove.
Eric
scomparve dietro il battente, che si richiuse da sé, e Brian
si
ritrovò solo in compagnia di un sacchettino di pillole di
LSD.
...beh...prenderne
una, dimenticarsi in fretta di quanto successo ed uscire a cercare
compagnia non sembrava affatto un brutto programma.
Le
sue dita saettarono istintivamente verso il sacchetto, afferrandolo
con forza. Brian si tirò dritto, rassettò i
vestiti sgualciti e,
infilate in tasca le pillole, uscì rapidamente dal bagno.
-Brian!-
Alzò ulteriormente il tono quando l'uomo si voltò
verso di lui, per
essere certo che lo sentisse, nonostante la musica e nonostante a
separarli ci fosse quasi per intero il bancone del bar.-
Dov'è
David?!
Eno
si strinse nelle spalle. A Brian fu chiaro che era molto più
interessato alle tette della tizia con cui stava chiacchierando al
suo arrivo, che a dargli indicazioni su dove avrebbe potuto trovare
il cantante.
Sbuffò
infastidito.
Il
sacchetto trasparente nella sua tasca posteriore pesava come un
macigno. Brian fissò intensamente il bicchiere alto che era
appena
stato servito alla donna accanto a lui e si chiese se fosse il caso
di ordinare da bere o se fosse meglio uscire da lì prima di
ritrovarsi a soffocare per la voglia di farsi e
quella di
sparire in un buco profondo chilometri. Si accorse solo quando lei
parlò, che la donna era di nuovo Gail.
-Guarda
che David è appena uscito.- gli disse. Brian
sollevò lo sguardo
verso di lei, una luce bramosa negli occhi.- Se ti sbrighi, lo trovi
sul retro. Jeff stava andando a prendere la macchina.
-Grazie.
Quasi
corse via. Sentendosi un po' stupido nel farlo e non sapendo nemmeno
bene per quale ragione, invece di cercare un facile rifugio nella
droga, stava preferendo cercarlo tra le braccia di Bowie. La cosa lo
spaventava a morte, in realtà. Mentre usciva dalla sala da
ballo,
lasciandosi alle spalle la confusione e il rumore, sentiva nuovamente
il cuore prendere a rimbalzare impazzito nella cassa toracica,
spingendo giù, giù sullo stomaco!
Nel
giro di pochi giorni, Bowie sarebbe scomparso completamente dalla sua
esistenza.
...o
forse sarebbe stato Brian a scomparire dall'esistenza di David Bowie.
Non aveva ben chiaro se l'essere una star e un'icona decennale
comportasse di ridurre tutti gli altri a comparse anche nella propria
vita, quando avevano la sorte di incontrarti sul loro cammino.
In
ogni caso, lui sarebbe stato un punto passato su una linea retta
verso un futuro incerto. Aggrapparsi a quel punto poteva significare
cambiare totalmente il corso della propria vita: Steve gli aveva
detto chiaramente che Stefan era geloso di Bowie, che temeva le
scelte di Brian, che Brian avrebbe fatto fatica a riguadagnare la sua
fiducia...cosa sarebbe stato di tutti loro una volta che il Duca
Bianco fosse sparito e loro tre si fossero trovati a dover fare i
conti con i Placebo e nient'altro?
No,
rifugiarsi tra le braccia di Bowie non sembrava affatto la scelta
saggia. E, per assurdo, appariva più saggio tornare
indietro,
ordinare qualcosa al bar e mandare giù una o due di quelle
pillole
magiche che Eric aveva dispensato con tanta generosità.
Ma,
poi, Brian uscì all'aria aperta. Un vento gelido gli
rimbalzò
addosso, cercando inutilmente di ricacciarlo dentro il locale, fece
sbattere la porta alle sue spalle, Brian la guardò e poi si
girò ad
allargare lo sguardo all'intero spazio del parcheggio sul retro.
Riconobbe David immediatamente. Era una macchia chiarissima in un
cielo nero, punteggiato di lampioni. Sorrideva. Il suo viso appariva
disteso e sereno e Brian poteva sentire un eco lontana delle sue
parole, dolci, morbide come sempre, scivolare fino a lui sulle tracce
di quel vento.
Lo
calmò in un momento. Brian provò la stessa
sensazione di
tranquillità e sicurezza che aveva avvertito quando, quel
mattino,
si era svegliato accanto a lui. Fino a quel momento, era sembrata
passata un'eternità da allora, ma adesso si rese conto che
erano
solo poche ore che lui e David si erano separati e che tutto quello
che voleva in quell'istante era tornare con lui in
Hotel e
chiudersi con lui nella propria camera, fino alla fine dei giorni.
Brian
iniziò a camminare in direzione dell'uomo. Lo spirito
decisamente
più leggero ed i passi più sicuri e meno
affrettati. E poi la vide.
Emily
era un'elegante curva nera e bianca sullo spaccato monocromatico
della notte.
Lei e
Bowie non si sfioravano nemmeno. In piedi uno davanti all'altra. Lui
un punto di luce nel cappotto bianco, lei un angelo nero con il
vestito a balze che scivolava sul vento, da sotto il giubbino di
pelle troppo corto.
Brian
s'immobilizzò. Nessuno dei due sembrava essersi accorto di
lui,
Bowie parlava ancora, con quella sua voce calda e rasserenante, lei
oscillava leggermente, come fosse incorporea, un'apparizione
spettrale. La limousine dell'uomo arrivò in silenzio dal
fondo del
parcheggio e fermò davanti a loro. Jeff scese ad aprire la
portiera,
il braccio di Bowie si sollevò a circondare le spalle magre
di
Emily, la strinse a sé con affetto e senso di protezione
evidenti
perfino a quella distanza, le sussurrò qualcosa all'orecchio
o forse
le diede un bacio in quello spazio piccolo, intimo, tra il lobo ed il
collo. Sparirono nell'auto ancora abbracciati.
Brian
sentì distintamente il suono della crepa che si era appena
allargata, perfetta e precisa, nel suo piccolo mondo disastrato.
Perché
non mi hai detto
quello che sentivi?
Perché hai voluto che
scoprissi da solo quanto a fondo eri spezzato?
Stefan
si era annoiato in fretta di Marcian tanto quanto della propria
personalissima ribellione senza senso.
Vedere
uscire Brian a quel modo, per non vederlo più tornare, gli
aveva
lasciato un senso di vuoto così persistente che non era
bastato
tutto l'alcool che era riuscito ad ingoiare per sedarlo.
Marcian
era stato congedato in malo modo, dopo che aveva tentato inutilmente
di farsi portare in albergo dal bassista. Stef era uscito dal
privé
dichiarando che andava a prendere una boccata d'aria e, invece, si
era diretto al bar a caccia del proprio cantante, ma senza avere
fortuna.
Appoggiato
di spalle al bancone, tentava adesso di capire se sarebbe stato in
grado di individuare Brian nella piccola folla che ancora occupava il
locale. Nonostante l'ora tarda, la maggior parte degli invitati alla
festa era ancora lì, complici i pochi giorni di pausa che li
separavano dalla data successiva e la voglia di far festa a ridosso
della conclusione del tour.
Stefan
riconobbe un paio di figure familiari che bevevano sedute a pochi
passi da lui. Si voltò da quella parte.
-Revees!-
gridò attraverso il rumore. Il musicista si voltò
insieme con
Gail.- Avete visto Brian?
Revees
scosse la testa. Gail, al suo fianco, si sporse sul bancone e gli
rispose: Credo sia andato via con David!- urlò.- Lo stava
cercando
prima! Penso siano tornati in albergo assieme!
Stefan
soffocò bruscamente il senso di abbandono che gli
risalì addosso
con ferocia. Annuì senza aprire bocca. Si staccò
dal bancone con un
gesto rapido e scoordinato, sentiva solo il bisogno urgente di uscire
davvero da lì, allontanarsi da quella sensazione spiacevole
di aver
perso qualcosa di troppo importante.
Steve
lo intercettò sulla soglia del corridoio che portava
all'esterno. Si
accorse facilmente del suo stato d'animo, ma, del resto, lo aveva
seguito apposta per assicurarsi che fosse tutto a posto.
-Stef!-
lo chiamò inutilmente.
Lui
si voltò, lo vide e poi lo ignorò e corse fuori,
inseguito dai
passi del batterista. Steve lo raggiunse all'uscita posteriore del
locale; sbucarono entrambi nel parcheggio silenzioso, la porta che
sbatteva con violenza alle loro spalle.
-Che
succede?- chiese immediatamente Steve, piazzandoglisi di fronte.
Stefan
non rispose. Cercò di calmare i nervi e riprendere il
controllo,
evitando accuratamente di incrociare lo sguardo dell'amico.
Cavò di
tasca le sigarette, se ne accese una e, poi, si lasciò
cadere a
sedere per terra, spalle al muro del locale dietro di sé. Da
lì gli
alzò in faccia gli occhi, con una rassegnazione evidente
perfino
nella semioscurità che li circondava.
-Non
avrei dovuto comportarmi come ho fatto.- mormorò angosciato.
Steve
sospirò. Con fatica si sistemò al suo fianco,
appoggiando anche lui
la schiena al muro umido e bestemmiando mentalmente contro quegli
idioti dei suoi migliori amici che lo obbligavano a simili
sciocchezze nel cuore della notte e nel mezzo di una festa.
Non
disse niente del genere.
-Se
vuoi la mia opinione spassionata, per quanto tu sia stato orrendo
e vagamente ridicolo, Brian se l'è meritata tutta.
-Certo!-
sbuffò Stefan, amaramente.- E cosa ci ho guadagnato?! Che
lui è
tornato esattamente dove non volevo che fosse: con Bowie!
Steve
sospirò di nuovo. Tirò su le ginocchia, ci
appoggiò un gomito,
s'inclinò in avanti e si grattò pensieroso la
testa, studiando da
sotto in su l'espressione di pura disperazione che Stefan rivolgeva
adesso al parcheggio vuoto.
-Non
credo che essere gentile e carino con lui ti avrebbe portato
vantaggi, sotto questo profilo.- considerò pianamente.- Al
massimo,
Brian avrebbe passato la notte con te e domattina sarebbe tornato da
Bowie.
Stefan
non disse nulla. Tanto, sapevano entrambi che sarebbe sarebbe andata
esattamente così e non avevano davvero bisogno di dirselo ad
alta
voce. Il punto, molto più banalmente, era che a Stefan
sarebbe anche
stato bene: non voleva perdere Brian e, se questo significava
continuare ad essere una seconda scelta, lo svedese stava scoprendo
tristemente in fretta quanto fosse disponibile ad esserlo.
Steve
lo sapeva anche senza che Stef glielo dicesse. Era tragicamente
consapevole delle dinamiche sbagliate che animavano la coppia che lui
e Brian formavano, tragicamente consapevole di come quest'ultimo ci
riversasse dentro buona parte del veleno che lo alimentava. Stefan
era un'ancora di salvezza? Brian poteva insistentemente rosicchiare
la corda che li univa nonostante sapesse che sarebbe andato alla
deriva senza possibilità di recupero.
-...Stef...-
Lui lo guardò.- Lascialo andare quanto prima.-
consigliò a voce
bassissima. Faceva fatica a dirlo, aveva paura quanto Stefan che, il
giorno in cui si fosse trovato davvero da solo, Brian avrebbe finito
per autodistruggersi. Era come una stella pericolosamente vicina al
termine del proprio ciclo vitale – Lascialo. Almeno uno di
voi due
deve uscire da questa storia ancora vivo.
***
Gail
rideva ad una sua battuta. Brian Eno pensava che sarebbe stato il
caso di chiederle, una volta in Hotel, se avesse voglia di fermarsi a
bere un “bicchiere della staffa” da lui. Gli altri
intorno a loro
non sembravano nemmeno essersi accorti del clima di
complicità che
intercorreva con la donna.
La
limousine nera si fermò silenziosamente a pochi passi dal
punto cui
approdarono. Eno, cavallerescamente, aprì la portiera per
far salire
la bassista bruna; l'autista, sceso dalla macchina per aprire anche
l'altro sportello, si voltò, invece, verso di loro.
-Mr.
Eno!- lo chiamò con urgenza.
Brian
Eno si voltò senza capire cosa potesse esserci di tanto
pressante:
l'uomo aveva un'espressione preoccupata che era decisamente fuori
luogo come finale di una serata tanto piacevole e divertente.
-C'è
un cadavere all'ingresso del parcheggio!- esclamò l'autista.
Il
tempo si fermò. Diverse paia di occhi attoniti si girarono
in
direzione dell'uomo. Brian Eno, sfoggiando un autocontrollo
impeccabile, chiuse educatamente la portiera, nonostante Gail fosse
ancora in piedi di fianco a lui, e si voltò nella direzione
dell'autista.
-Spiegati.-
ordinò in tono fermo e pacato.
-Puoi
andare ad aprire tu, tesoro?
Emily
non gli rispose. Mise da parte il libro che stava leggendo e, in
mutande e con solo una maglietta di Bowie a coprirle il seno e la
pancia, saltò agilmente giù dal letto e
puntò alla porta della
suite. Nel bagno della camera, Bowie fischiettava allegro uno dei
propri singoli più vecchi.
Emily
ricambiò l'espressione preoccupata di Eno, fuori della
stanza, con
la propria curiosità più ingenua e sfrontata. Il
produttore la
ignorò.
-David?
-In
bagno.
Eno
annuì.
-Abbiamo
un problema.- annunciò subito dopo.
Quando
Bowie uscì dal bagno, la sua camera da letto era decisamente
più
affollata di quando l'aveva lasciata.
Il
cantante girò lo sguardo da Eno ad Emily a Revees e
ritornò a
puntarlo su Eno. Poi si accorse, senza bisogno che l'altro aprisse la
bocca, della figura bruna, pallida e sfatta che occupava il suo
letto.
Si
accigliò.
-Brian!-
sfiatò incredulo.
Si
precipitò da quella parte, scostando di peso Eno per poter
raggiungere il letto.
-Che diavolo succede?!-
ringhiò, facendosi spazio accanto al ragazzo, sul materasso,
e
posandogli affannosamente una mano sulla fronte.
Brian era gelido. Un
sudore ghiacciato appiccicò i polpastrelli della mano di
Bowie alla
sua pelle pallida. Il respiro del ragazzo era talmente flebile che
David dovette spostare la mano sul petto per assicurarsi che fosse
presente.
Per assurdo, quelle
constatazioni lo calmarono, ridandogli in un secondo la
lucidità
necessaria per agire. Si voltò verso Emily.
-Chiama la hall, dì che
mandino immediatamente il medico dell'Hotel.- ordinò.
La ragazza scattò verso
il telefono, lo afferrò e camminò lontano da loro
per poter
chiamare senza essere disturbata.
Eno si affiancò a Bowie.
-Era nel parcheggio della
discoteca.- cavò di tasca una bustina trasparente che
conteneva
ancora un paio di pillole colorate. Bowie le guardò senza
vederle.-
Non penso sia niente di serio,- cercò di rassicurarlo
l'amico.- ha
bevuto un po' troppo e l'alcool e queste non vanno d'accordo, lo sai.
Lo sguardo di David era
tagliente come una lama, il suo viso era totalmente inespressivo ma
Brian Eno avvertì distintamente la rabbia serpeggiare sotto
quella
calma apparente.
-Voglio che licenzi
Eric.- affermò Bowie con fermezza, ma senza che il suo tono
assumesse alcuna inflessione particolare.- E quando dico che voglio
che sia licenziato,- aggiunse allo stesso modo – intendo dire
che,
da domani, il suo unico modo per entrare ad un concerto
dovrà essere
pagando un biglietto.
Eno prese mentalmente
nota di quella disposizione, annuendo senza ribattere. David perse
interesse; tornò a concentrarsi su Brian, per rendersi conto
di non
essere stato neppure capace di allontanare da quel corpo sottile la
mano che ancora premeva contro il suo petto...aveva quasi paura che,
facendolo, Brian avrebbe semplicemente smesso di respirare.
-Il medico sta
arrivando.- annunciò Emily, riapparendo accanto a loro.
David sollevò gli occhi
su di lei. Appariva preoccupata almeno quanto lui ed era
così strano
vederla alterata per qualcosa che avvertì immediata
l'empatia che li
legava in quell'istante. Annuì silenziosamente, a mo' di
ringraziamento, e tornò a guardare Brian. Cauto e lento,
spostò la
mano, raddrizzando la schiena e cercando di riacquistare
completamente il controllo di sé e delle emozioni che lo
attraversavano in quel momento come una tempesta.
Brian respirava piano, ma
respirava. Al caldo della camera stava lentamente riacquistando un
colorito più salutare, la sua espressione sembrava
distendersi
lentamente, come se fosse immerso in un sonno appena più
profondo di
quanto usuale.
David si voltò verso
Eno.
-I suoi amici erano
ancora alla festa?
-Credo fossero rientrati
anche loro, perché non lo ho visti...
-Ok.- Bowie si voltò
verso Reeves.- Ti spiace andare a chiamare Stefan Olsdal e Steve
Hewitt?
Reeves si limitò ad
assentire brevemente ed uscì rapido dalla suite.
-David.- chiamò Eno,
approfittando di un momentaneo allontanamento di Emily, a caccia
delle proprie sigarette.- Starà bene.- promise quietamente,
quando
gli occhi dell'amico furono nei suoi.- E' un ragazzino, è
forte...e
se avessi pensato che era qualcosa di grave, lo avrei portato di
filato in ospedale, lo sai.- Sorrise.- Ne abbiamo viste di peggio,
noi due!- esclamò con finta allegria, cercando di smorzare
la
tensione almeno un po'.
Bowie annuì con un
sorriso incerto.
-...mi sento
responsabile.- ammise a voce bassissima.
Eno sbuffò, infastidito.
-Non sei suo padre! E'
comunque un adulto.- osservò brusco.
David si chiese come fare
per spiegargli esattamente il senso delle proprie parole. Si sentiva
responsabile di Brian, aveva la sensazione di avergli fatto un
qualche tipo di promessa, quel mattino, e di averla appena infranta,
lasciandolo solo con dei demoni che lui faceva fatica anche a
scorgere davvero. Non capiva ancora del tutto quali fossero le ombre
nelle quali Brian si dibatteva, cosa lo spaventasse da renderlo tanto
insicuro di sé. Lui...chiunque
vedeva solo un essere divino, una creatura perfetta nelle sue
imperfezioni, bella come poche cose al mondo e pronta a conquistare
l'anima di chiunque con un sorriso, una parola, un semplice cenno.
Brian no. Brian allo specchio vedeva qualcos'altro. Vedeva qualcun
altro. Qualcuno che, David aveva appena scoperto, era pronto a
saltare fuori e divorare il suo ragazzino tutto in una volta.
Nota di fine
capitolo della Nai:
Buongiorno
a tutti!
Penso
si sia intuito ma, come l'Outside Tour vole alla sua conclusione,
anche la storia sta per finire. Penso manchino pochi capitoli, di
fatto, e, purtroppo, al momento un po' di impegni pressanti, un po'
di confusione mentale, un po' di bisogno di prendere una pausa da
questa storia hanno fatto mancare l'ispirazione per completarla.
Non
vuol dire che l'abbandonerò! Ma sappiate che
riprenderò la
pubblicazione solo dopo aver scritto tutti i
capitoli che ne
compongono il finale.
Vi
ringrazio per essere stati presenti fino a qui e vi do appuntamento a
prestissimo.
MEM
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