CAP 4 - PATRIARCHI E FOCOLARI: LA BAMBINO CON IL FIOCCO
BLU ( IIparte)
4
Patriarchi
e focolari:
La
bambina con il fiocco blu
(II parte)
Gennaio 1756
Fu una settimana di guerra
fredda in casa de’Jarjayes…
Judith preservava la propria
regalità di cerva
trasformandosi in tigre quando si trattava di Oscar: la proteggeva con
aggressiva dolcezza facendola dormire nella sua camera, talvolta nella
culla
talvolta persino vicino a lei nel letto…Quella gelosia
illudeva di non pensare
all’educazione futura che sarebbe stato opportuno
impartire…
François, intanto, si era esiliato
temporaneamente in un’altra
camera, lanciando ammonimenti e costringendo chiunque a
rassegnarsi che la figlia sarebbe stata “
figlio”.
La faccenda divenne ancora
più spinosa durante una mattina
di gennaio dopo capodanno.
Era giunto il momento di
inserire il nome della neonata nei
registri parrocchiali e battezzarla.
A occuparsi dell' eroica e
delicata missione venne chiamato
Jeremy Meunier.
Accolto con somma venerazione
dai servi che, gocciolavano
imbarazzo e costernazione dietro la cordialità , giunse
dinanzi ai padroni di
casa.
Erano un trittico di composta
tensione: i coniugi
mostravano l’incarnato bronzeo brunito delle incurvabili
icone bizantine mentre
la bimba, in braccio alla madre, non osava lamentarsi infagottata in un
abitino
bianco piumato di merletti.
Il parroco non sapeva
veramente se il clima fosse
drammatico o comico. Era come nelle tragedie greche in cui il messo
annunciava
la notizia in cui si sarebbe ribaltata la sorte degli eroi? O era
dinanzi ad
una platea desiderosa di ascoltare qualche storiella buffonesca?
Guardava interrogativo tutti i
camerieri che rispettosi ma
ansiogeni stavano ai lati del salone da pranzo: probabilmente lo
credevano il
Cristo incarnato in grado di dispensare miracoli.
- Il Signore vi benedica
– ruppe il ghiaccio sorridendo festoso – che questo
anno possa donarvi
serenità, gioia e…nuove energie.
- Potete dirlo ben forte
, padre Jeremy – stiracchiò François
lanciando un’occhiata arcigna alla moglie
– vi ringraziamo di cuore per essere venuto.
- Che il Signore possa
proteggervi in eterno – aggiunse gentile la donna schivando
il marito – siamo
felici che possiate vedere la nostra piccina.
Mostrò orgogliosa
Oscar che si guardava attorno sorpresa ,
con gli occhietti azzurri in cui si mescolavano ancora confusamente le
cromature dei genitori.
Jeremy si avvicinò
incantato e commosso carezzandole il
faccino accuratamente rinfrescato:
- Che capolavoro! È
biondissima! Non per essere sfacciato, Madame , ma vostra madre, se non
ricordo
male , possiede una chioma chiara chiara.
- Oh sì! –
esaltò
Judith - lei ha genitori
e antenati svedesi! Anche io
avevo i capelli biondi appena nata ma non così . Erano
più scuri.
- Devo ammettere…che mi
ricorda un vostro ritratto da piccolo , generale…vi somiglia
nell’espressione!
Il conte ebbe un indispettito
guizzo che gli fece sollevare
la mandibola : la galleria d’arte della villa era spesso
oggetto d’ammirazione
da parte del gesuita, amico di famiglia. In particolare costui adorava
i ritratti
(tutti i tipi di
ritratti ) e apprezzava
la sensibilità e l’umanità con cui
venivano resi gli infanti.
François provava
vergogna di uno splendido dipinto che lo
raffigurava a due anni intento a giocare su un sofà con un
animaletto di pezza.
Il pittore dei de Jarjayes aveva manifestato pazienza ciclopica a
eternare quel
baleno di innocenza nelle pupille sorprese.
- Beh sì –
considerò
contemplando la figlia – un po’ è
vero…ricorda me…ma c’è anche
molto di
Judith…Comunque, padre, entrate , accomodatevi!
Il parroco si sedette ad un
tavolo ellissoidale davanti
alla coppia. Aprì il registro di cuoio ramato che
sollevò un odore d’ocra
rugosa. Prese , lindo e positivo, la penna e il calamaio ,
accuratamente
preparati da Albert, e
domandò:
- Dunque, signori…che
nome avete stabilito per la fanciullina?
Judith, sistemandosi in grembo
la figlia , sospirò severa
scagliando un allusivo e rapido sguardo allo sposo.
- È stata una scelta
alquanto travagliata, padre.
- Immagino che non ci si
accontenti di poco per una futura e splendida contessa.
François,
posò un avambraccio sul tavolo protendendo il
petto in avanti foderato dalla giacca militare.
- Si potrebbe affermare
così…soprattutto quando è impossibile
trascurare progetti e doveri per il bene
dei de Jarjayes.
- Progetti che gravano
parecchio sull’animo – soggiunse la moglie ergendo
la testa.
- Mmmh…credo di
comprendere…disporre dell’avvenire crea
frequentemente apprensioni. Come chiameremo, la novella arrivata?
- Oscar François.
Il sacerdote rese ancora
più sferici gli occhi grandi e
scuri.
-
Eh?
Oscar?
- Sì.
Si grattò il naso
che pareva volesse fuggire ma non poteva poiché
voluminoso.
- Emh…proprio Oscar?
Il conte inclinò il
volto di lato socchiudendo assolutistico
gli occhi:
- Qualcosa vi urta ,
padre Jeremy?
- Per favore, conte, non
fraintendetemi…- si scusò il gesuita arrossito di
vergogna - è….solo che…è
curioso chiamare Oscar François
una
futura damigella…
- Ciò non mi pare sia
d’ostacolo al sacro rito del battesimo.
Judith, più dolce e
desiderosa di deporre la
rigidezza del marito , chiarì:
- Padre, credetemi,
questa…scelta è stata dettata da…una
situazione estrema e dura da intendere.
Il conte appoggiò
il gomito sul bracciolo della seggiola
quasi volesse dare uno strattone metaforico alla moglie che tentava di
superarlo in una gara tra maratoneti.
- Accanto alla culla del
mio erede ci sarà un fioretto.
Jeremy non si sarebbe mai
voluto trovare sul sentiero che
divideva due vulcani in attività. Sinceramente, poi, era mortificato dal
più profondo alla vista
di quella coppia che aveva unito e sposato. Perfino
i suoi baffetti sottili e umili
tremolavano disgraziati.
- Ah….- tentennò -
quindi….scrivo
Oscar?
Spazientito
François sbatacchiò le iridi :
- Certo, padre! –
digrignò
i denti - Quanti Ave
Maria devo
pronunciare per farvelo incidere su quel libro?!
- Chiedo venia! Non
desideravo essere
importuno…Allora…Oscar…
- …Françoise , padre –
circostanziò soave e
integerrima Judith.
- Oscar…
Françoise…
Il generale , ricevuto lo
sgambetto a tradimento , rizzò le
spalle e le sopracciglia :
- Françoise?!
Perché?!
Avevo detto François!
- Caro – perorò la
contessa - non
possiamo negare il fatto
che lei è e sarà contessa,
qualsiasi
sarà il suo percorso formativo.
- Che ti è saltato in
testa?
- Oscar François
sarebbe troppo drastico e
assurdo….e poi Oscar non sembra neppure cristiano!
La bimba mugolò
tossicchiando quasi interrogativa.
- A dire il vero ,
Madame – illustrò Jeremy - ci
fu un
santo germanico che portava quel nome…secondo la tradizione,
l’onomastico
dovrebbe cadere il tre febbraio…
- Ma…-
replicò risentita la donna - convenite
con me che un doppio nome maschile sarebbe inaccettabile! È
già difficile
abituarsi a Oscar !
- Eh, sì…anche un
nome
di santa andrebbe bene…magari come terzo nome! Anne, la
madre della Vergine! Elisabeth! Rachele oppure…
- Si chiamerà Oscar
Françoise! Basta – troncò importunato
il Generale - o
questo battesimo si celebrerà la domenica
delle Palme!
Si stropicciò le
palpebre tra pollice e indice per
impastare in maniera più sopportabile quel bruciante
compromesso.
Oscar emetteva versetti e
brontolii di perplessità mentre
la madre, soddisfatta di aver vinto quella piccola battaglia, le diede
un bacio
sulla guancia.
Jeremy cercò di
trovare un nesso tra disagio ed esuberanza
sdrammatizzante.
- Giusto!Giusto! – pronunciava
infondendosi ottimismo - Oscar Françoise…
sarà un perfetto equilibrio tra forza
virile e grazia di rosa!
***§***
Le irremovibili correnti di
gelo , cariche di nuvole e raggi solari inargentati, non
avevano fermato
Grégoire e Bénédicte.
Avvolti in vestiti di velluto
e mantelli pesanti giunsero a
villa de Jarjayes entusiasti di ammirare la nipotina ed assistere al
battesimo.
Judith era felice della loro
presenza, François un po’
meno. Certo, non si trattava di astio e antipatia ma temeva un
complicarsi
ulteriore della faccenda.
Una volta messi comodi , i
suoceri , naturalmente, furono
condotti nella camera in cui ninnava la culla protetta da una bella
stola di
veli ricamati.
Non osarono turbare il sonno
di Oscar , il cui profilo
minuto dalla bocca paffuta, si
stagliava
sul morbido cuscino. Restarono profondamente toccati dalla
serenità e dalla
salute che veniva espirata da quelle narici rosate e piccolissime.
Grégoire ebbe
parole tenere mentre Bénédicte , dopo
un’iniziale leggerezza,
tornò severa e persino
inasprita. Aveva ritenuto un’onta
che la
bambina si chiamasse “ Oscar “ e che avrebbe ,
probabilmente, seguito
un percorso differente dalle altre
fanciulle. Anche il marito esternò, con maggiore diplomazia
ma eguale
sbigottimento, i bizzarri propositi del genero. Quest’ultimo
, cercando di mantenere
l’autocontrollo, perseverò fermissimo come se
fosse la cosa più naturale del
mondo far entrare un ipotetico uomo
nelle guardie reali. “ Dentro Oscar
c’è
anche il mio sangue” appianava “ e i
bambini hanno l’animo aperto a tutto. Non conta tanto il
sesso quanto la mente
che deve recepire “ . Prontamente Judith opponeva
“ la mente è molto
delicata e può precipitare! “ Da qui si propagavano catene
e catene
discussioni a cui si unì Bénédicte e
che vennero arbitrate dal paziente
Grégoire.
La sera prima del battesimo, la contessa scrisse a Oriane
per sfogarsi della
frustrante situazione. Purtroppo la sorella abitava a Napoli e non si
sapeva
ancora quando , con la famiglia , sarebbe tornata in Francia.
Avvertiva l’
esigenza di una persona esterna, sebbene stretta parente, che non era
pregna
del pulviscolo turbolento di Villa de Jarjayes. Dialogare con il marito
significava
caricare preventivamente i cannoni mentre la madre stava arroccata sui
propri
principi di indignata moralità. Non sentiva il desiderio di
recar dispiacere al
padre che voleva godersi la nipotina in pace senza avvelenamenti.
Bisogna
aggrapparsi all’estenuante pazienza che richiedevano gli
scambi epistolari e
attendere la volitiva e informale calligrafia della mano
amica…
Restava la consolazione della
cerimonia.
Il giorno seguente il cielo e
l’aria trasudavano limpidezza
fine e pungente. Pini e pioppi
sfoggiavano un verde scuro, gonfio e imponente ; il suolo mostrava le
squame
ciottolose umide di lieve nevischio.
Quella domenica la chiesetta
romanica di Joyssigni accoglieva
imperterrita i fedeli con la
facciata a capanna in pietra franco-longobarda mentre il campanile
assisteva silenziosamente
uguale ad un fedele paggio.
C’erano alcuni
nobili che risiedevano fuori Parigi , poi
notai e contabili , diversi artigiani , mercanti e agricoltori. Tutti
parlavano
davanti il sagrato, una folla compatta da lontano e
fratturata da vicino. Si notavano chiaramente
le chiazze ocra, marroni e grigi dei più umili da un lato, i
completi seriosi e
neri dei borghesi da un altro lato e gli abiti blu, verdi e
bordò dei baroni e
dei conti vicini ai portoni secondari.
François e Judith
appartenevano alle prime schiere di
parrocchiani che portavano i bimbi da battezzare. Oscar era
scrupolosamente avvolta
in tessuti di candida lana, munita di una cuffietta pesante che le
proteggeva orecchie
e i riccio letti. Si univa ai borbottii , ai lamenti e alle lagnanze
degli
altri piccoli iniziati alla comunità cattolica.
Marie era stata concordemente
nominata madrina assieme alla
crucciata Bénédicte che non aveva approvato la
presenza della governante in
quel frangente. Grègoire, come al solito, tentava di
rabbonirla invitandola a
farsi scaldare dal sole e non dal freddo suolo di sassi.
Con piacere
partecipò all’evento Blaise assieme alla moglie Elenoire di
ventitré anni.
- Signori – sorrise
l’ufficiale – vi facciamo le nostre più
sincere e affettuose felicitazioni!
Finalmente possiamo festeggiare!
- Anche noi, Blaise,
siamo lietissimi di avervi qui tra noi– ricambiò
tersa Judith – ho saputo da
François che presto non sarete più soli.
- Volevamo dei bimbi ed
ecco giunta la tanto attesa conferma.
La giovane ricambiò
un’espressione gioiosa, benché fosse
d’indole riservata e restia a parlare con scioltezza . Era
d’aspetto semplice e
curato, con una carnagione fresca e luminosa su cui spiccavano labbra
indaco
rosseggiante. I lunghi capelli neri si arrotolavano in una rigonfia
crocchia
sul capo che lasciava cascare tornelli di boccoli sulla nuca . Portava
un
vestito blu scuro che le dava la giusta sicurezza per non sembrare
né troppo
sobria e né troppo fastosa.
- Sì – rispose con
voce
chiara e ponderata – se Dio vuole , il piccolo
vedrà la luce prima dell'estate.
Forse a maggio.
- Già stiamo discutendo
su che nome dare – scherzò il marito - che avi
glorificare e quali no. Tanto so
che uscirà vincitrice la futura mater
familia .
Elenoire gli strinse il
braccio affabile ma al contempo
vigile: era scrupolosa, perspicace e diffidente . Si sentiva
profondamente
soddisfatta della sua unione,
soprattutto, con
un uomo
intelligente, brillante e attraente. Quest’ultimo aspetto si
rivelava un’arma a
doppio taglio giacché provava una forte gelosia , conscia di
alcune avventure
galanti del consorte. Nonostante non si definisse civetta, ci teneva a mostrasi in
perfetto ordine e avvolta
in abiti di elevata sartoria. Controllava furtiva le altre dame per
tranquillizzarsi e dare valore alla propria grazia.
François ricordava,
sorridendo dentro se stesso, che
l’amico aveva frequentato donne di bellezza più
estrosa e frizzante. Tuttavia
Elenoire era indispensabile: non poteva mai essere una passione focosa
o una dea
donata da Eros. Doveva occupare il trono di moglie - madre, pulita e
affidabile
senza possedere ottusa passività. Blaise, pur di non
prendere decisioni
affrettate ( e prolungare la libertà
di scapolo
seducente) , aveva scelto diligentemente la fanciulla da portare
all’altare.
Desiderava pace, stabilità e bei figlioletti.
- Dunque– si rivolse
all’amico – alla fine avete
stabilito…Oscar Françoise. Confesso che sono
stupito se vedo la tua bimba. Un nome molto particolare per una
nuvoletta così
delicata…
Alla stregua di un giaguaro , che sospetta un invasore
nella propria
selva, il generale si mise quasi in guardia, ficcando gli occhi dentro
le
pupille del suo interlocutore. Quel “ molto
particolare” gli pizzicava tale e quale ad una
chela di granchio che
importunava la saldezza dei suoi piedi.
- Oscar Françoise
è un
nome perfetto – sentenziò minatorio –
starà bene ad un futuro ufficiale delle
Guardie Reali.
Elenoire non riuscì
a dissimulare preoccupato disorientamento
mentre Blaise inarcò le sopracciglia come per dire
“ sicuro di non aver una
febbre cerebrale?” ma
annuì :
- Sì…capisco,
capisco.
Ci sono state… motivazioni importanti. Lei sarà
l’erede della famiglia.
- Imparerà ogni regola e
le permetterò di essere forte quanto un uomo.
Judith, mettendo comoda la
neonata in braccio , si inserì
tentando di temperare l’imbarazzante piglio militaresco :
- La piccola avrà
un’istruzione come si deve, abbiamo una bella biblioteca e
imparerà a suonare
il piano e ad essere elegante e discreta.
I Rochebrune
sorrisero per evitare impicci con altre incresciose domande: il volto
di
François si accingeva a tingersi di bigio uguale alle pietre
della chiesa
mentre la contessa , con le labbra tirate , non sapeva quale scudo
prendere per
arginare altre sofferenti affermazioni sulla piccola Oscar.
La campana , per fortuna, chiamò la folla
col suo squillo d’ottone oscillante
e la messa potette iniziare.
Sulle prime panche di legno
sederono le famiglie coi bambini,qualcuna
aristocratica e qualcuna che palesava l’accresciuta potenza
di una stirpe di
avvocati o giuristi. I più umili formicolavano coi loro
rosari sia sul fondo
della navata sia nei posti centrali. Padre Jeremy , non digeriva quegli
scompartimenti classisti , essendo naturalmente cristiano fin nel
midollo. Sosteneva,
causando parecchie volte la stizza dei feudatari
di campagna, che anche il fornaio o il macellaio
avessero diritto a pregare nei primi posti dato che il Creatore era
presente
ovunque ma la disposizione dei fedeli non era facilmente controllabile.
Marie era seduta accanto a
conti de Jarjayes e aveva alle
spalle Marcel, Pauline e il nipotino. André , che ormai
iniziava a sentirsi
invincibile avendo imparato a camminare e a correre, non stava quieto.
Voleva
toccare le pietre a terra per cercare le formiche e prontamente la
mamma glielo
impediva. Voleva saltellare e il padre gli sibilava di placarsi.
Ciondolava in
maniera insistente contro le sue gambe, fino a che non fu sollevato e
incastrato sulla panca. Muoveva i suoi scarpini di cuoio ,
spiegazzò il
completino blu scuro da domenica, spinse avanti il labbro superiore in
una
smorfia imbronciata. Allora
strofinò
lamentoso il faccino contro il petto della mamma.
- Tesoro – lo riprese
lei – stai buono! Non vedi com’è brava
madamigella Oscar?
- Esatto – aggiunse il
padre – lei è più piccola e ha
già smesso di fare i capricci.
André , seccato e
incuriosito , vide Judith che si voltò un
attimo verso di lui sorridendo dolcemente. Scorse il cappellino di
Oscar , che
lasciava scappare i riccioli biondi, e
delle
piccole braccia che si muovevano pacate e rassicurate.
Quando venne il momento del
battesimo e i conti si
alzarono, sollevò il mento spostandosi a destra e sinistra.
Marcel lo prese in
braccio per mostrargli la cerimonia.
Il piccolo non poteva
coglierne il significato né la
formula della liturgia ma sembrò quasi impressionarsi nel
momento in cui padre
Jaremy scoprì la testolina candida bagnandola con
l’acqua.
Sotto il crocifisso che
raffigurava un Cristo eretto, di
antichità rigida ma luminescente, il catino di ottone non
osò ingoiare la
bimba.
Marie , emozionata, vide
Judith vicina a François che reggeva
solidamente la figlia. A lui era spettato sorreggerla in
quell’istante di
benedizione pura.
Esaminando il viso di Oscar ,
che pigolava pieno di gocce
trasparenti , si sentì fiero, preoccupato e triste: quel
rito era scivolato
sopra una piccola mente che non avrebbe serbato il ricordo del primo
ingresso
in una comunità. Al livello inconscio sarebbe perdurato
l’attaccamento materno
e il…padre?
Odorò la neonata
vicinissima e lontana: lui era un oggetto
esterno, completamento esterno che doveva per forza essere mutuato
dalla
moglie. Le diede la piccina in braccio e , con gesto insperabilmente
delicato, posò
la mano sulla sua schiena. Non era certo
la prima volta che il cuore gli rinfacciava la natura della sua
mancanza
genitale. Aveva avuto cinque bambine ma sta volta la coscienza si era mostrata terribilmente
più chiara. Esisteva
un’invidia impotente, senza
cattiveria…l’invidia di conoscere quei limiti
insanabili. Era più alto di Judith , possedeva una
muscolatura più forte ,
diversa ma non avrebbe mai potuto ottenere il prodigio di un utero che
nutriva
un feto. La compagna devolveva il cibo in modo naturale e lui lo poteva
cercare
fuori ; i segni del proprio sangue che scorreva in Oscar bisognava
estrapolarli
in un processo assai più difficoltoso: la piccola doveva
introiettarlo
profondamente facendolo uscire dalla categoria degli enti superficiali.
La contessa , nel frattempo,
indugiava sul consorte
intuendo fumosamente cosa potesse impensierirlo e chiedendosi se si
sarebbe confessato
faccia a faccia perché
quella tristezza
strana era stata
sottile , rapida ma
sfolgorante quanto un fulmine nel cielo scuro. Com’era
possibile che la
ragionevolezza potesse andare di pari passo con provvedimenti
integerrimi e
pesanti?
Queste domande continuarono a
barbugliare ,simili a
fogliame scomposto dal vento, fino a che la cerimonia non
terminò.
Le voci di
Grégoire, Bénédicte che parlavano coi
Rochebrune
, unite all’aria effervescente del sole invernale, contribuirono a sotterrare
ogni elucubrazione.
Una volta sul sagrato , Marie
raggiunse, ilare , la sua famiglia prendendosi in braccio il
nipotino :
- Sei proprio un
birbante! – lo rimbrottò – volevi fare
il diavoletto, eh?!
- Lui diventa nervoso
quando si avvicina l’ora di pranzo – rise il padre
– si trasformerà in lupo da
grande!
- André è un
bellissimo
bambino.
Judith si era avvicinata con
Oscar, destando costernazione
in Marcel e Pauline che fecero un inchino rispettoso.
Bénédicte scosse il capo
in segno di diniego per quell’atteggiamento espansivo
appropriato più per una
donzelletta campagnola che per un’aristocratica .
- Inaccettabile! –
sussurrò al marito – ti pare perdere tempo a
salutare quegli
artigiani di villaggio? Lei avanza così , senza
porsi scrupoli!
Spetta loro salutarla con le dovute e adeguate deferenze!
- Cara – ribatté
l’uomo
– sarebbe sconveniente se si stesse relazionando con dei
bruti , ma la signora
Marie è una governante brava e diligente. Ha commesso
qualche svogliatezza, a
tuo parere? Non mi pare.
- Ha eseguito i propri compiti
come si conviene alle più efficienti delle governanti.
- Esatto. Quindi , visto
che hai senno e senso del giudizio, concordi sul fatto che i membri
della sua
famiglia sembrano persone squisite e a modo. Poi il loro
bambino è vivace e
spigliato!
- Certo, certo…-
pronunciò
roca e altezzosa la domina – ma nostra nipote è un
vero splendore ed possiede il
sangue di famiglie illustri. Quel bambino può essere
grazioso quanto vuoi ma
percorrerà sentieri di sassi e terra battuta.
- Ciò non vuol dire che
l’intelligenza e il carattere gli mancheranno.
- Grégoire…sei
incorreggibilmente prodigo . Il tuo ascendente
si è fatto davvero sentire sulle nostre figlie.
- Non potevo lasciarti sola
a reggere la fatica del timone di casa.
Col suo piglio ironico e
pacifico , che si rifletteva nella figura morbida, l’uomo
mise a tacere la regale sposa dai capelli
biondissimi come duri gioielli.
Judith , incurante del
cipiglio materno , continuava a
discorrere:
- In questi giorni farò
portare a Marie una copertina per il piccolo.
Vi ringrazio per quello che avete realizzato per noi . Il
vostro
lenzuolo , Pauline
, è meraviglioso.
- Sono io a dovervi
ringraziare , Madame . Voi e vostro marito siete stati generosi. La
bambina è
una piccola regina.
Blaise , che in quel momento
si era affiancato a François ,
gli chiese piano :
- Sono i parenti della
signora Marie, giusto ?
- Sì. I Grandier,
persone oneste – l’uomo cercava di tenere un
atteggiamento patrizio ma si
notava l’ ammirazione che veniva a galla –ricordi
la scrivania che ho nel mio
studio? Quel mobile molto
antico che si
era davvero rovinato? L’ha restaurato da cima a fondo il
signor Marcel mentre
la moglie ha donato delle belle lenzuola ricamate a Judith .
- Ho presente, certo! non
mi avevi anche raccontato che Judith gli ha aiutati col cuore in mano.
Il generale assentì
gravemente :
- Vedi – ammise
sottovoce – anche per loro non è stato facile
concepire subito un figlio.
- Capisco – intuì
delicato l’amico per non rigirare il coltello in
un’antica piaga – però adesso
il Cielo ci sorride…e ora tutti saremo alle prese con dei
bei pupi.
François
reagì con un sorriso per esorcizzare quella
sotterranea stizza che masticava per i Grandier.
Il Signore aveva concesso un
maschietto fulgido a quei
villici che non dovevano preoccuparsi di stirpi e pesi regali mentre a
lui,
discendente di una schiatta che esisteva fin dai capetingi, era toccata
l’ennesima femmina!
Proprio vero che gli ultimi erano i
primi!
Dovette però
accantonare quel risentimento poiché la sua
parte cristiana ( non proprio totale come in padre Jeremy) esisteva e
gli
gettava secchiate d’acqua fredda nella mente.
Raggiunse la moglie e la
governante nella maniera più
garbata possibile, da autentico gentiluomo che però non
rinuncia al radicato
guizzo militaresco.
- Judith, Marie
– chiamò – dobbiamo
avviarci verso la nostra
carrozza. Signori Grandier è stato un piacere incontrarvi.
Congratulazioni
per…il vostro magnifico André.
Asciutto, senza fronzoli, ma
corretto. Sì…non aveva nulla
di cui rimproverarsi.
I suoi occhi , tuttavia, si
sciolsero dalla rigidezza per
rimirare quella coppia: gli fecero tenerezza ma non sprezzante
compassione. Marcel
indossava una giacca molto sobria e dei pantaloni di seconda mano
puliti e
ordinati. Si era dovuto arrangiare con degli stivali da campagna lavati
e messi
a lucido mentre Pauline era coperta da un abito verdino ,
anch’esso non proprio
nuovo, tenuto in perfetta compostezza ,
spazzolato e stirato per le feste . Entrambi avevano occhi
intelligenti
dalla fragilità sensibile di chi ha sofferto senza
corrompersi di ulcere. Erano
veramente belli per quel contrasto tra il capello scuro e ricciuto
dello sposo e
quello ramato della sposa magra quanto
Judith.
André , scapigliato
e agreste, richiamava alla mente quei
dipinti caravaggeschi di Giovanni Battista, nobile, indomito e sincero.
Quando li salutarono,
François sentì la necessità di avere
un dipinto della famiglia, un quadro vero senza idealizzazione.
Perché non c’era
bisogno di alcuna mistificazione per scorgere la grazia di quei
genitori e di
quel bimbo.
All’improvviso un
rumorio crescente di zoccoli martellò
nell’aria.
- Blaise – fece Elenoire
– quella carrozza che si sta dirigendo qui…lo
stemma…non sono i Girodel?
- Sì –
avvalorò il
marito aggrottando le sopracciglia – ma non credo che si
fermeranno qui. Loro
non appartengono a questa parrocchia.
- Se non ricordo male
hanno dei possedimenti qui vicino…
- È un miracolo che il
Generale Frédéric Claude non abbia avanzato
pretese per questi terreni! Forse
la mano di un angelo l’avrà fermato prima di
dissanguare qualcuno.
La carrozza
calpestò il sentiero della chiesa.
In quei secondi di ansiogeno
trotto, legati da una feroce
empatia , Frédéric scostò la tendina
del finestrino e François posò
istintivamente lo sguardo nella sua direzione.
Tre proiettili invisibili di
fastidio, disprezzo e gelo.
Poi tutto tornò normale.
Mentre si allontanavano ,
Girodel adagiò, con maggiore
morbidezza, il
dorso sullo schienale del
sedile . Aveva l’alterigia felina del governatore di una
provincia soggiogata.
- Ma che piacevole
sorpresa…- pronunciò con labbra incurvate
all’ingiù - a quanto pare i de
Jarjayes possono stringere tra le braccia il loro fanciullo. A
proposito,
Ivonne: si è saputo se è un rampollo o una
contessa?
Ivonne, foderata da un pesante
vestito verde scuro e da una
mantella beige , stava aggiustando la cappa marrone al piccolo Victor.
- Non so nulla – rispose
asciutta e quasi distratta - Madame de Jarjayes si è
ritirata da corte e non ha
lasciato certo trapelare notizie private.
Il marito sorrise calando le
palpebre compiaciuto di sarcasmo.
- Per lo meno , da bravo
cavaliere cristiano, il generale desidera evitare che un altro dei suoi
angioletti finisca dimenticato nel Limbo, lontano dal Padre Eterno.
- Frédéric! Tenete
per
voi i commenti da serpe.
Ivonne esternava irritazione per non mostrare
al suo bambino
quella devastante sottomissione che la ottenebrava da tempo. Non
sopportava
sinceramente l’indole sprezzante di quell’uomo ma
ne aveva fastidioso
timore. Quando lo
vide per la prima
volta in casa dei genitori era rimasta colpita dal suo aspetto
principesco e
dalla bellezza pietrosa e austera… ma qualcosa non
l’aveva convinta : il verde
acqua degli occhi non sfolgorava rasserenante ma acuminato simile ad un
quarzo
che si nutre solo di neve e gode della desolazione che gli sta al
cospetto.
Divenne presto odiosa la sua intelligenza che scaraventava sui gradini
più
bassi , il suo senso dell’osservazione che analizzava e
demoliva, il suo riso
ferocemente bianco e dritto.
I lunghi capelli neri
sembrava fossero più aguzzi irradiati dalla
luminescenza invernale così
come il viso che si riordinava in una tranquillità arrogante.
- Che bisogno c’è
di
indignarsi in questo modo? – scrollò fintamente
benevolo - È
più che lecito proteggere lo spirito dei
propri figli e ciò che stiamo facendo anche noi. Se
continuerai ad ascoltarmi,
Victor mio, sarai in grado di ottenere grandi cose e di non prestare
attenzione
a chi è destinato a restare indietro.
Victor…Victor!
Il bimbo distolse il faccino
dal finestrino che rilasciò
l’alone bianco del suo respiro; gli piaceva tanto guardare le
carrozze e i loro
destrieri , giganteschi in confronto ai suoi giocattoli. Era una delle
poche
cose che gli dava un sogno raggiante perché si vedeva
cavaliere molto più del
padre. Lui restava però il sommo sacerdote a cui bisognava
obbedire per cercare
di ottenere un anelo di affetto che non si capiva se esistesse oppure
no.
- Scusate , padre. G-
guardavo i cavalli.
Il bambino si era messo subito
composto coi piedi che
oscillavano imbarazzati per non riuscire a toccare terra.
Cercò un segno di
vaga transigenza davanti al padrone che aveva assunto
un’espressione calma…
Calma alla maniera di un paziente spillo che giace su un tavolo.
- Sciocco – punse con
precisa velenosità il despota - Non
riuscirai a correre su un cavallo se guardi sempre indietro.
***§***
Febbraio 1756
Stava rischiando parecchio ma
lo stemma del leone pulsava
pesantemente…
Stringeva
l’impugnatura dei suoi principi ma Judith gli
sfuggiva…
Judith…Judith lo
sparava silenziosamente, affossata nella
sua trincea di ferita dolcezza…
Ella si difendeva senza
bisogno d’attaccare crudamente.
Guardava in faccia il nemico e
non per distruggerlo…
Lo sferzava per intrappolarlo.
Prenderlo in giro.
Perché era stanca e
non voleva soffrire il freddo.
François la
osservava passeggiare, sotto la condensa dei
raggi invernali, con Oscar tra le braccia…Erano un duetto di
violini
tristemente libero, privo d’uno spartito guida…
Lui si sentiva esule, piccolo,
inadeguato.
In battaglia non esitava a
gettarsi all’assalto ma quegli
istanti lo disperavano in
un’inammissibile vergogna.
Uscire
dal tracollo,
ritrovare le miniere d’oro, dimenticare il risucchio
dell'onta…I de’ Jarjayes
non potevano e non dovevano annegare.
François le aveva
assorbite fin troppo bene quelle norme.
Fissava l’emblema
araldico di famiglia in un raccoglimento
fiero eppure…infingardo…astioso…
Una strana sensazione di
sconfitta lo pervadeva, una verità
che tentava di sfrattare ma che mai sarebbe riuscito ad annullare.
La consapevolezza
d’una prigionia senza uscita, che durava da
tempo, da sempre.
Ascoltare ordini.
Ascoltare il terrore.
Ascoltare lo spettro
d’un mondo che non aveva mai
desiderato assimilare…
Suo padre, Jean Antoine ,
aveva trionfato.
Un teorema paradossale. Una
condanna a morte che non
sarebbe morta.
Se non avesse subito quelle
strozzature al collo, non
sarebbe stato l’uomo attuale. La sua impalcatura di sassi e
argilla si
reggeva su pilastri
di ferro rugginoso
ma era la sua impalcatura…La sua totalità
contraddittoria e smembrata.
Disgraziatamente lo sapeva ma
aveva troppo timore a
rivedere i calcoli errati…
Judith, tuttavia, continuava a
minacciarlo…continuava a
chiamarlo…
François non
sarebbe riuscito a stracciare l’arazzo del
Leone de’Jarjayes e neanche a sopportare da solo la sua mente
perennemente
gonfia.
Quella sera, dopo cena,
raggiunse la stanza della moglie.
Si accostò dietro
la porta ma non bussò garbatamente.
Entrò nella stanza
con grezzo silenzio perché non poteva
ammettere che il cuore era un muscolo che si agitava
incontrollato…
La giovane si era assopita
lasciando un lume acceso…
Affianco al suo letto, la
culla della bimba…
Un aroma rosa, di pesche e
fiori, s’espandeva
dai cotoni pesanti delle coperte
e delle lenzuola…
L’uomo
camminò lentamente…
Un lieve gemito scosse la
calma. Un gemito che ne produsse
altri…
Oscar iniziava a stropicciare
le sue coperte.
Il
padre si affacciò
al lettino e lei s’interruppe.
I due si contemplarono
sorpresi l’uno dall’altra…
L’orologio della
stanza cadenzava le nove, in un chiacchiericcio
granicolo di minuti, quieti, soleggiati…era sera fuori ma
ogni ombra scivolava
via in una cascata che sbiancava di meraviglia.
François non capiva
se detestasse o amasse follemente
quella piccina…
Era calamitato dai suoi
capelli rugiadosi, striati di
riflessi ghiaccio…
Il visino rosseggiava
lievemente sulle guance e a illuminarlo
quegli occhi in cui si fondevano cielo e mare senza confini tra aria e
onde,
tra ossigeno e abisso…
Le ciglia lunghe erano
insolitamente nere, ventagli di
rondini leggere.
Le labbra minute
s’inclinavano e si sollevavano in
espressioni smarrite
di divertimento.
L’uomo
allungò le braccia con lentezza
ieratica quasi stesse officiando un
rituale latino…
Le mani lapidee afferrarono il
torace della bimba:
le tiepide ondulazioni dei
respiri accondiscesero la presa in uno sciabordio.
Una morbidezza devastante
parve insinuarsi sotto la pelle
…Nel sangue un richiamo soffuso, una forza tenue che
congiunse due continenti: uno
di giovinezza antica e scrostata, l’altro friabile e ornato
di virgulti ancora
chiusi.
L’odore del padre
s’intersecò con quello della figlia: un
amarognolo autunno di faggi e pini e un’aurea di rose bagnate di latte.
Oscar si addossò
maldestramente a François che restò
impietrito e indeciso.
Lei gli strofinò il
naso sulla spalla e gli spalmò la
manina sul volto.
Lui sbuffò cercando
di distanziarsi da buffetti che diventavano più
impudenti…
La bimba gli afferrava il
mento, gli scuoteva le guance e
cominciava a scombinargli i capelli
- Insomma! –
ringhiò
piano lui – vuoi stare ferma?
Oscar fece un cinguettio di
dispettoso affetto.
Il padre le mise una mano in
testa costringendola a stare
quieta sulla sua spalla.
- Che diamine…
La figlia salivò
sulla vestaglia da camera.
L’uomo l’allontanò
guardandola
in cagnesco: lo fissava candidamente prendendo a giocherellare coi
colletti smossi
della pesante camicia.
François si
lasciò trasognare…
Scostò piano la
mano della neonata e , con una severa e
imprevista premura, prese la copertina posata sul bordo della culla e
gliel’avvolse attorno ….Lei emise versetti ancora
scontornati ma con una gamma
incredibile di colori vivaci…
Agitava le braccia per issare
piloni di parole che
non poteva pronunciare. Balbettava
giocosa, impaziente desiderando essere presa di nuovo in braccio per
correre
dentro quegli occhi.
- Qual buon vento,
François?
Judith , sveglia, aveva gli
occhi aperti e il dorso posato
sui cuscini…La sua espressione era inflessibile come quella
d’una sacerdotessa
greca e beffeggiatrice come
quella di una gitana.
Il marito , malgrado provasse
irritazione, la trovò
splendida con quell’aureola di boccoli che fumeggiava sulle
spalle e la veste
da notte che celava, simile ad un peplo d’acqua, le sue
snellezze…
Se non fosse stato pressato
dalla superbia, o dalla smania
d’apparire superbo, si sarebbe precipitato ad abbracciarla.
- Volevo vedere se tu e
Oscar davate ancora segni di vita…- rispose lui con acida
ironia- è da ieri
sera che non vi vedo dal momento che ami dissolverti.
- Non abitiamo dall’altra
parte del mondo…se eri tanto preoccupato potevi benissimo
raggiungerci.
Mite e algente, Judith si
alzò lentamente dal giaciglio per
prendere la figlia in braccio.
- Non oserei mai, cara ,
invadere il tuo recinto di legno massiccio…Mi dispiacerebbe
se ci restassi
male.
- Anche a me, caro,
causerebbe dolore abbattere il tuo castello di pietra
…è la tua residenza
estiva per restare al fresco?
François fece un
ghigno d’abbattimento…Gli rodeva quella
puntura ma stranamente non fu in grado d’alimentare la
belligeranza…
La sposa cullava Oscar che
tartagliava appagamento sotto la
luce dorata del candelabro…
La calura della penombra , che
modellava la camera in lamine
nere e rilievi infiammati , trapassava la mente e il cuore…
- Judith…- sospirò
François – la villa mi appare, a volte, tanto
immensa che ho paura di non
trovare le stanze a cui tengo di più.
La donna lasciò
ondeggiare dolcemente gli occhi cerulei…
Indugiò, in
silenzio, sull’alta figura dello sposo, sfrangiabile
simili a nubi temporalesche…
Lui si scostò i
capelli castani dalla fronte che fin da
adolescente faticava a pettinare…veniva a chiedere
l’armistizio .
- Hai ragione – ammise
ella – gli spazi grandi sembrano sprecati se non sono colmati
dal sole.
Guardò il lato
vuoto del letto dove dormiva solitamente lo
sposo e si rivide lei, ragazza fidanzata,
che non soffriva più la
solitudine…Ricordava l’ardore con cui pensava a
François, sognando di averlo affianco, sentire il peso del
suo corpo che
piegava il materasso e che poi le avvolgeva le membra…
- Sai – continuò
lei – è
brutto non avere una muraglia contro cui urtare.
Lui sorrise imbronciato:
dormire nel deserto poteva confortare
visto che dimoravano silenzio e
libertà…tuttavia…senz’acqua
era impossibile
sopravvivere.
Judith si sedette sul letto
iniziando ad allattare Oscar.
- Su, vieni .
L’uomo, piamente
rispettoso, si accomodò vicino senza osare
invaderla.
Sarebbe tornato a dormire
assieme a lei sotto
un’unica coltre di stoffa e caldo.
Quella notte avrebbero
riposato su versanti opposti, privi
di abbracci o carezze ardenti , ma almeno si trovavano a navigare sullo
stesso
veliero…
La maternità di
vaniglia e pelle scaldata possedeva una
magia così terrena e pura che lui, l’influsso
maschile incurvabile, non raggiungeva…sarebbe
stato destinato ad altro per la figlia…il legame col suo
effluvio l’avrebbe
conosciuto in seguito poiché la figura paterna ( lo sapeva
benissimo) era una
realtà spigolosa e particolare: si
trattava di una colonna che sorregge o fa dolere la schiena, di cui ci si accorge della
sua concretezza
solo alcuni anni dopo aver abbandonato il grembo materno. Una
concretezza che
segnava in bene o in male una qualunque crescita.
Judith avrebbe, ugualmente,
conservato l’aurea di una
placenta protettiva
volta a fare sempre
da rifugio e consiglio.
In quel momento occorreva
schiarire, grazie alla delicatezza
della sera, il
complesso gioco di onde
cosmiche.
- Judith…- mormorò
greve
il marito - mi sono comportato e mi comporterò magari in
maniera esecrabile.
Non intendo giustificarmi invano. Mio padre, mio nonno e i miei
antenati si
sono trasmessi il testimone degli obblighi verso la corona.
È un antico
giuramento che mai abbiamo infranto. Io appartengo a questa catena
e…Oscar è la
nostra unica erede.
La donna avvertì
l’angoscioso e lieve peso della figlia
connessa al suo petto e la manina raggomitolata sullo scollo della
camicia. Non
poteva comprendere nulla di quel linguaggio e non poteva stabilire
consciamente
i suoi abiti…Gli uccellini mutano il piumaggio tramite la mano universale della
natura mentre i
piccoli umani cambiano le proprie penne per le norme genitoriali, che a
loro
volta affondano le radici nelle secolari tradizioni sociali integrate
biologicamente in
ogni paesaggio
terrestre.
- François . Temo che le
venga sottratta la normalità di una vita da fanciulla, la
possibilità di
formarsi , avere gioie, una
famiglia…
- Non le sto negando il futuro
ma dovrà imparare a costruirsi una strada, affrontando
sacrifici.
- Lo so…lo so…per
questo
è sbagliato viziare i figli. Rischiano di non apprezzare le
cose e di
mistificare la realtà . E’ giusto insegnarlo
ma…riuscirà mai
a conseguire un’educazione da soldato?
Lo sguardo dell’uomo
si aggrappò alle ante del mobile che
sonnecchiava accanto al baldacchino. Il suo pensiero finì
ingarbugliato nelle
spirali vegetali di edera e fiori campestri che arricchivano fittamente
il legno;
miriadi di disegni barbiturici e ammonitori che stimolavano lo
smarrimento e al
contempo rapide soluzioni.
- Ti chiedo di avere
fiducia in me – implorò sicuro il conte contraendo
la fronte e facendo
addentrare di più l’oscurità - Il latte
che tu stai dando a Oscar è impareggiabile e insostituibile.
Sono uomo…ma in
quanto padre devo offrirle un altro nutrimento. Più duro
sì, ma che la
fortificherà più delle altre donne. Si
muoverà libera. Avrà una grossa quanto
mai grave autonomia di spazi e posizione. Ci saranno
responsabilità che lei,
imparando l’onore, la fatica e l’autorevolezza
porrà dentro l’animo. Spero che
così…guarderà l’essenza
delle cose e non la superficie.
- Lei conoscerà
l’essenza del suo essere donna, François. Non puoi
arrestare il ciclo della
natura. Anche se la proteggeremo con vestiti maschili , arrivata ad una
certa
età, prenderà consapevolezza del proprio corpo.
Gli occhi azzurri di Judith
pareva avessero ricevuto la
colatura fiammeggiante delle candele . Vacillavano ma restavano
lì senza
l’intenzione di cadere.
Il generale posò i
gomiti sulle ginocchia e intrecciò le
dita delle mani. La moglie ne osservò impaziente il profilo
divenuto immobile…
metà inscurito dalla notte invernale , metà
illuminato dalla luce calda: da
grande Oscar avrebbe esibito un volto simile? Una parte che avrebbe
luccicato
sotto il sole e un’altra remota , relegata in ombre
intangibili?
- Hai ragione …-
sollevò
il viso François rischiarandolo quasi del tutto -
però un’educazione di spada
penetra lo stesso nella mente. Inizia da piccoli e non esce
più.
- Non vorrai che tua
figlia resti sola, senza un marito e dei figli? – si
inasprì la donna - Non
è una questione di norme civili o
etichette ereditarie! È il cuore che potrebbe
esigerlo…io e te non siamo fatti
di sabbia prosciugata che cade senza emettere rumori. Abbiamo messo in
gioco
ogni nostra goccia di sangue in questo matrimonio. Io ho voluto te, tu
hai
voluto me sebbene siamo diversi e ci troviamo scaraventati su posizioni
opposte. Oscar non potrà conoscere se stessa se non
amerà!
- Ci sarai sempre
Judith…Oscar dovrà imparare a suonare il
pianoforte, a prendere esempio dalla
tua leggiadria, dalla tua costanza. Lei avrà acqua e fuoco
camminando su questa
terra. non temere. Affronteremo di volta di volta ogni sua
perplessità e…ogni
problema nonostante , probabilmente, si profili un’odissea.
Il conte si
avvicinò un po’ di più , posando la
propria
mano su quella della moglie che sorreggeva la lattante.
- Almeno Oscar – propose
lei un pò più distesa - potrebbe
essere affiancata
da un aiutante…una guardia del corpo…
- Ti riferisci ad un
attendente?
- Sì…una persona
valente
, onesta e più che affidabile…
Il consorte per un attimo
tacque contemplando un disegno a
carboncino e china appeso alla parete di fronte. Era la riproduzione di
una
pittura vascolare greca che rappresentava un giovane cavaliere coperto
di
clamide seguito a piedi da un soldato con lancia e scudo.
- Riflettevo anche io a
riguardo…- rispose positivo - è una faccenda
difficile ma non impossibile.
Bisognerà valutare molto attentamente.
Un attendente sveglio e
capace, sì. Oscar era pur sempre
una fanciulla e comunque tanti comandanti avevano un altro soldato che
li seguiva
nel lavoro e negli oneri.
Doveva essere un uomo forte,
privo di malsani desideri e abitudini…magari
non eccessivamente bello. Meglio che la lealtà venga emanata
da un viso grezzo
piuttosto che da un Apollo scolpito da Fidia. Si potevano
già annusare premonizioni
complicate e scomodissime.
L’uomo
preferì non pensare d’essere un pericoloso
timoniere…preferì non pensare che Oscar sarebbe
diventata la stella di
una nebulosa confusionale.
Adesso la piccola respirava il
sonno dorato, con le ossa
ancora morbide, il cuore più leggero di un lenzuolo : non
distingueva ancora il
ritmo del giorno e della notte, né le maree incostanti delle
emozioni e delle
domande infinite.
C’erano solo la
pelle del respiro materno e lo sguardo del
padre che sussurrava tra un’ondata
di
schiuma salata e un graffio di vento.
***Fine
Libro Primo***
§
Note
Personali:
ciao a tutte/i, carissime/i!
Siamo giunte alla fine del
Libro Primo!
Capisco di essere stata un
po’ OOC , ma mi è sempre
piaciuto indagare su dinamiche mai viste di personaggi “
secondari”.
Desideravo che Judith restasse
dolce, calma e gentile ma
che , al contempo manifestasse una combattività materna ,
una combattività delle
sue posizioni che
uscisse da un ruolo
marginale. Nella storia originale avrei desiderato comparisse di
più perché
Oscar deve pure avere una figura femminile di riferimento!
Per quanto riguarda
François …eh!eh! che dire? È un
po’ il
mio figlioccio problematico! Ah!ah!ah! Da dopo la storia Nella
mia penombra , ho voluto calarmi in
quest’avventura e
conoscerlo meglio, a trecento sessanta gradi …e
mi ci sono affezionata profondamente!
Spero che voi
l’abbiate apprezzato in questa mia versione,
un po’ diversa e che magari può
spiazzare…perché è un personaggio
problematico.
Mi auguro di non aver creato un altro personaggio ma di aver aggiunto
pennellate all’integerrimo generale…non solo
generale, ma figlio, marito e
padre.
Spero anche che abbiate gradito tutti gli altri membri
della famiglia de
Jarjayes e della famiglia de la Seigne così come gli altri
amici : Blaise, il
dottor Deronne, padre Jeremy, i
Grandier ;) e i Girodel ( so quanto possa
essere delizioso Frédéric XD XD )
Naturalmente è
stato impegnativo ed estenuante tenere conto
del periodo e dei personaggi storici per creare eventi il
più completi possibile…
Ho deciso di mettere
“storia completa” per alleggerire il
carico di un’epopea lunga
^^”
Ci tengo a precisare che I leoni della Corona NON è una
SAGA, bensì un romanzo UNICO
composto da 4 libri. Il primo ci ha mostrato il background dei de
Jarjayes , il
secondo parlerà
dell'’infanzia di
Oscar e André, il terzo
dell’adolescenza
e l’inizio dell' età adulta e il Quarto
sarà l’ultima parte. Non modificherò
gli eventi della trama originale ma
intendo mostrare vicende quotidiane inedite e panoramiche storiche su
cui
evolveranno i personaggi^^
Prossimamente , quindi,
creerò proprio la serie dei Leoni
della Corona , così in futuro potrete leggere in modo
compatto i macro capitoli
di questa avventura che saga non è! Ho deciso di fare
più libri fin dall’inizio
e poi ho deciso di dividerli in modo da non risultare troppo pesante.
Vi ringrazio di cuore per
essere arrivate/i fino qui tra
guerre in Europa e in America, tra drammi e felicità
quotidiane dei nostri eroi…
Oscar e André sono
piccini ma avranno taaaaanto da
raccontarci assieme a Victor e tutti gli altri.
La giostra delle battaglie
della storia non si fermerà e le
piccole realtà famigliari possiedono ancora grandi segreti
da raccontare.
Un ringraziamento speciale a
Lady Dreamer mia consulente
speciale che mi segue in ogni universo narrativo!
Ci vedremo nel 2018 con il
Libro Secondo!
Un abbraccio!!
|