Oscurità
Jessi infilò la chiave nella serratura.
Si sentiva ancora un
po’ scossa per la faccenda dei Latnok, ma le piacque il
pensiero di poter raccontare ogni cosa a Sarah. Le dispiaceva di aver
lasciato sua madre così, senza una valida spiegazione, ma
ora le avrebbe raccontato ogni cosa e Sarah avrebbe capito.
E poi
sarebbero partite. Insieme.
La porta
si aprì e Jessi entrò. La luce era
spenta e la ragazza premette la mano sull’interruttore,
chiudendo la porta alle proprie spalle. Improvvisamente
avvertì una fitta d’inquietudine che
cercò di ignorare. Infondo non aveva senso il nodo allo
stomaco che sentì di colpo, no?
Probabilmente
Sarah, non vedendola tornare, era salita nella stanza e
si era messa a letto. Jessi ricordò che la donna le aveva
raccontato che non amava molto andare a dormire tardi.
Eppure,
ogni brandello di logica non riuscì a placare
minimamente il panico improvviso che le invase il petto.
Avanzò rapidamente, mentre il cuore le batteva
più forte.
«Sarah?»
chiamò, timida.
Non
udì nessuna risposta e la sua certezza che la madre
fosse là, nella stanza accanto, iniziò a farsi
più incerta. Mosse ancora qualche passo, timorosa.
«Sarah,
sono a casa» affermò allora, ad
un tono più alto.
Il cuore
iniziò a batterle davvero troppo forte, quando solo
il silenzio le rispose, ancora una volta. Percorse in fretta il
corridoio. Non poteva essere successo! Non con Sarah.
Chiamò
ancora, incerta, con voce prossima a tremare e a
spezzarsi: «Sarah?»
Si
affacciò nella propria stanza. Sarah non c’era.
Ma una sagoma, scura e inquietante agli occhi di Jessi,
attirò lo sguardo della giovane. La sua valigia. La ragazza
si avvicinò e notò un foglio incastrato tra le
maniglie del bagaglio. La prese sperando con tutte le proprie forze di
leggere un messaggio in cui Sarah diceva di essere uscita per qualche
istante a comprare qualcosa. Qualunque cosa.
Si rese
conto che le mani le tremavano mentre apriva il foglio.
Quando lo
ebbe davanti, per un momento provò
un’orribile paura. Si sentì schiacciata dalla
pressante sensazione di stare per mettersi in trappola da sola. Si
aggrappò alla propria parte razionale: non si poteva avere
paura di un pezzo di carta.
Inghiottendo
per farsi coraggio, iniziò a leggere.
Fu come
staccarsi dalla realtà, così bruscamente
da sentirsi dolorante. Jessi seguì con gli occhi e con la
mente quelle frasi vergate in inchiostro. Leggeva, ma la sua mente
pareva non recepire il messaggio che ogni logica le indirizzava.
Significava quello,
ma lei non riusciva a crederci.
Quando
ebbe finito, si sentiva intontita. Le sue dita intorpidite
lasciarono la presa su quella lettera maledetta. Quando la carta
scivolò leggera sul pavimento, lo stordimento scomparve,
lasciando Jessi nello sconforto più assoluto. Stava
così male da non avere nemmeno la forza di piangere.
Non
riusciva a crederci. Non voleva
crederci, con tutta se stessa.
Eppure la lettera, caduta con la parte scritta rivolta verso
l’alto, le urlava il contrario. E quell’intrico di
lettere nere all’improvviso le pareva una ragnatela
d’oscurità, pronta ad appiccicarsi a lei, per
trascinarla nell’abisso più cupo.
Ancora
una volta. Era successo ancora. Perché nessuno la
teneva con sé? Era così sbagliata? La testa le
rintronava di un dolore sordo. Avrebbe voluto semplicemente
accartocciarsi come una foglia secca, dimenticata da tutti e da tutto.
Era stata
abbandonata ancora. Da Sarah. Perché?
Perché deludeva sempre gli altri? Doveva essere davvero una
persona orrenda, se nemmeno sua madre la voleva.
Ai tempi
della Madacorp, Jessi aveva paura
dell’oscurità, quando essa la ghermiva ed
inghiottiva qualsiasi cosa le potesse impedire di fare azioni che non
voleva compiere.
In quel
momento, invece, se solo avesse avuto la forza di premere
sull’interruttore, lo avrebbe fatto. Avrebbe accolto a
braccia aperte l’oscurità, per farsi avvolgere da
essa in modo da dimenticare di essere stata abbandonata di nuovo.
Ciao a tutti! So di essere stata un
po’ assente, ma assicuro
che è principalmente colpa di Internet che era andato a
farsi benedire. E un poco di me, che sono andata ad Asiago.
Comunque, ora sono tornata.
Ho visto l’episodio in cui Jessi torna a casa e non trova
più Sarah (che tristezza!) e mi è frullata in
testa l’idea di scrivere questa One-Shot.
Saluti,
Pepe
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