La domanda è rimasta sulla bocca di Ben da
quando, entrando, li ha salutati. Gliel’hanno scorta ancor prima che
la ponesse, balzellando tra i denti di cui il sorriso si riempie,
largo e caldo come il sole d’estate. Gliel’hanno annusata tra le
trame di un maglione straordinariamente colorato e tra i
fiocchi di neve che decorano i suoi capelli biondi, come piccoli
diamanti in un oceano dorato.
«Dunque, cosa farete a Natale?»
Carlos ruota il capo; ha l’aria idiotica
tenera di un cane davanti alla sua prima pallina rimbalzata per aria
– l’istinto gli dice di rincorrere quel suono
{ Natale. Cos’è?
Cos’è? Ma che colore è?[1]
}, di afferrarlo fin coi denti e averlo. Tenerlo.
Suo.
Harry si gratta la nuca con la punta
dell’uncino; il concetto gli sfugge, ma ugualmente sorride – e, come
sempre, lo fa con la ferocia di un alligatore.
«Insomma, sull’Isola si festeggia il Natale,
vero?» Ben bestemmia, lo scopre quando gli occhi dei due Lost
Boys si piantano tra le mattonelle a scacchi del pavimento. Una
gialla, una blu, una gialla, una blu…
«Oh, io… mi dispiace… non pensavo…»
Harry scrolla le spalle –
think happy
thoughts[2],
gracchia la voce maligna di suo padre.
«Tranquillo, Raggio di sole, per tua
fortuna non ti serve pensare quando hai un bel faccino» ha la lingua
lunga, il giovane pirata, e la tira fuori tutta per leccare
la guancia del principe. Osceno, sporco e maledetto, come il cuore
della loro Isola.
Carlos ridacchia e annuisce.
Ben sbuffa e arrossisce, allunga una mano tra i
capelli di De Vil, mescola ciuffi bianchi e corvini e lo spintona
piano, levandogli un «Hei!» di rimprovero.
«Quello che volevo dire è che sarei onorato se
lo festeggiaste insieme a me. Nella tenuta invernale della mia
famiglia» propone, la schiena dritta e il tono degli annunci reali.
«È un ordine, mio re?» lo canzona Carlos.
«Sono serio» Lo è. Serio nel prendere la mano
di Harry e quella di Carlos nelle sue, serio nel posare un bacio sul
dorso di entrambe e portarsele al petto «Sarebbe il miglior regalo
di Natale.»
Serio. Romantico. Drammaticamente perfetto. E
se non fosse che lo ama da star male, Carlos (forse) lo
odierebbe a morte – Harry, invece, lo odierebbe di certo, senza
forse, specialmente ora che il rossore si spande fin sulla punta
delle orecchie e l’autocombustione entra nella lista dei modi
possibili in cui il figlio di Hook potrebbe morire: infilzato,
affogato, azzannato da un coccodrillo, per autocombustione. E grazie
tante, sua maestà!
«Facciamo così, io vengo…» sospira languido. La
pausa lascia tempo all’immaginazione e la lingua di Harry, che
umetta le lebbra da un angolo all’altro, fa il resto «–a festeggiare
il Natale insieme a te, se, in cambio, tu e Pup venite
nel mio letto.»
Ben deglutisce a vuoto. Carlos si sta quasi
sciogliendo tra le mattonelle del corridoio. Una blu, una gialla,
una blu, una gial–
«E quando dico “venite”, miei cari, lo intendo
nel modo più erotico ed eccitante del termine» la punta dell’uncino
sfiora il collo di Ben, lasciando una scia di brividi che seguono
gli arabeschi disegnati sulla sua pelle, prima che Harry l’incastri
al bavero di Carlos, strattonandolo per tirarlo a sé. De Vil quasi
gli cade addosso, è un «Ohooo!» urlacchiato e braccia mulinate che
finiscono aggrappate alle spalle di Hook.
«Perché devo essere sempre io quello
strattonato?» domanda il più piccolo, simulando l’offesa.
Harry lo zittisce con un morso vicinissimo alla
bocca. Azzanna il vuoto, sorride come uno squalo che annusa il
sangue e s’avventa infine sulle sue labbra. Assapora, morde,
trionfa sulla bocca di De Vil.
«Ottima… ottima risposta… sì… non avrei… uhm…
saputo dire di meglio…» boccheggia Carlos.
Harry rivolge il sorriso da squalo a Ben e
nell’azzurro dei suoi occhi c’è già bandiera nera issata –
all’arrembaggio.
«Affare fatto, Raggio di sole?» avvolge
un braccio intorno al collo di Carlos – ne fa il proprio bottino – e
avanza verso il re di Auradon. Annienta le distanze, schiaccia
entrambi contro il petto di Ben, allunga il collo e dondola col
volto davanti al suo.
«Affare fatto»
Lo sanciscono con un bacio e sulla bocca di Ben
c’è sia estate che inverno. L’estate gorgogliante di una risata
divertita e l’inverno natalizio di una frullata della nuca –
con la stessa frenesia di un cane bagnato – dove la neve incastrata
tra i suoi capelli, cola gelida sugli altri due.
Ben ride e li chiude tra le braccia. Tiene
stretto il suo Natale, forte, con prepotenza.
Suo.
Suo, di loro.
Suo per loro. |