Capitolo VII
Non avrebbero mai
dovuto rimanere una notte fuori dalle mura.
«Non avremmo mai
dovuto, mai dovuto…»
«Petra, ti prego,
calmati, è passato. Ora è tutto passato».
«Non passerà mai, non
passerà mai…»
«
Per ora è passato».
Petra si abbandonò sul
letto e si rannicchiò in un angolo, abbracciata al mantello verde. Aveva smesso
di piangere ma si sentiva gli occhi vitrei.
Non provava da tempo
quella sensazione, ma quella notte il mare degli orrori l’aveva di nuovo
inghiottita, masticata, e poi sputata a terra.
«Di cosa hai parlato
con Levi? Lui è strano con te. Sembra che ti abbia protetta».
Lei alzò un po’ la
testa e guardò Auruo sbigottita. «Vuoi forse dire che dovevo morire?»
«No, Petra, io non…
Dico solo…»
«Vattene. Ti prego».
La vita non era più un
dono per nessuno di loro. Pesava come un macigno. La vita laggiù era un senso
di colpa.
Auruo uscì dalla stanza
e Petra si abbandonò di nuovo ai suoi incubi stringendo quel mantello sporco di
sangue.
Era stata la prima
spedizione dell’anno 848. Avevano trovato un vecchio forte in disuso e non
potevano lasciarsi scappare una tale occasione: dovevano esplorarlo bene.
Si fermarono la notte.
Perplessità, lamentele,
confusione, paura.
«I giganti sono molto
meno attivi la notte, non dovremmo avere problemi» aveva detto Hanji ad ogni
soldato. «Certo, se potessi studiarne uno da vicino avremmo meno dubbi…» aveva
poi sibilato in direzione di Levi. Solo la squadra di Levi aveva sentito.
Petra aveva guardato
Auruo preoccupata.
«No» le disse lui per
tutta risposta «Io mi fido del capitano». Non le disse altro, da quando l’aveva
vista baciarsi con Gavino alla festa era più distaccato
Toimo ed Erd annuirono,
ma erano poco convinti.
La notte era il loro
unico momento di pace. L’unico momento in cui potevano piangere, disperarsi e
non temere per la propria vita.
«Venite» li chiamò Levi
«ogni squadra ha la sua stanza».
Il castello era
malconcio ma conteneva vari tesori per cui valeva la pena essere lì. C’erano
mobili e cassettiere da esplorare in ogni camera.
Quella in cui si
diressero loro non era tanta grande e aveva un’unica grande finestra. C’era un
quadro sulla parete sinistra che mostrava il viso di una donna truccata e
benvestita, con un fiero sorriso.
Petra si perse per un
attimo a guardare in quel quadro e a immaginare un’altra vita.
«Uno a turno per ogni
squadra starà fuori dalla stanza di guardia. I caposquadra si turneranno invece
fuori dal castello» spiegò Levi. «Comincio io» aggiunse, e Petra ebbe
inspiegabilmente un tuffo al cuore.
Se lo ricordava bene,
Petra, il momento in cui lui era fuori nell’oscurità e nel pericolo e lei,
immobile e sveglia, a guardarlo fuori dalla finestra. Era strano, era dai tempi
della festa che Petra ogni tanto pensava a lui. Si sentiva una stupida ma non
poteva farne a meno, nella sua solitudine. Lui non era molto distante e non
passò molto tempo prima che si accorgesse del suo sguardo. Lo ricambiò e rimase
a fissarla con sguardo meno duro del solito.
Per Petra era quasi
equiparabile ad un sorriso e distese le labbra con gli occhi fissi su di lui.
Lo ricordava bene
perché era l’ultimo momento di gioia che ricordava.
Dei rumori, dei tonfi,
lui che si sposta con un balzo, poi ricerca il suo sguardo con un cenno del
braccio.
L’inizio dell’incubo.
«Ragazzi» chiamò subito
Petra, col sorriso raggelatole sulla bocca «Ragazzi… Ragazzi!»
«Petra, che succede?»
Auruo, con la voce impastata di sonno, si alzò lentamente.
Erd e Toimo erano già
alla porta con delle fiaccole in mano. «Andiamo, presto!»
«Ci sono i giganti?»
continuò Auruo, improvvisamente sveglio.
I quattro si lanciarono
fuori dalla stanza ma una volta al buio della notte non trovarono Levi.
«Capitano!» chiamò Erd
a gran voce.
Gli altri lo imitarono,
col panico nella voce. La luce delle stelle e delle fiaccole non bastavano. Non
vedevano niente e si guardavano intorno atterriti. Non avevano mai combattuto
in una situazione come quella.
All’improvviso una
delle quattro fiaccole cadde a terra con un urlo.
«Toimo!» gridò Erd
mentre Petra era troppo confusa per capire.
Davanti ai loro occhi
impietriti cadde un mantello verde.
«Correte!» urlò ancora
Erd, gli occhi deformati dall’illuminazione della fiamma e dalla paura. Afferrò
con una mano la divisa di Toimo e corse.
Petra perse di vista
tutti e si mise a correre, all’impazzata e alla cieca. Concentrati, si diceva,
concentrati, Petra, devi ascoltare, devi
ascoltare!
Ma le urla erano sempre
di più e lei non capiva da dove venivano i tonfi dei passi dei giganti.
Muoveva la fiaccola in
tutte le direzioni precise, certa che si sarebbe trovata di fronte alle fauci
di un gigante prima o poi. Non pensava più a Toimo, ad Auruo, neppure a Levi
che chissà che fine aveva fatto. Pensava solo egoisticamente a se stessa. A
come salvarsi.
Continuò ad avanzare,
circospetta e tremante. Un tonfo più forte alla sua destra e si mise a correre
verso sinistra a perdifiato, finché non inciampò in qualcosa. Gemette ma si
rialzò subito, ritrovò la fiaccola e con terrore e esaminò cosa l’aveva
ostacolata. Era un cadavere.
Freneticamente Petra
cercò il viso e gli puntò addosso il fascio di luce. Sotto i rivoli di sangue e
le croste, quello era il viso cereo di Claire.
Petra non riuscì a
trattenere un grido. Le si avvicinò per capire se era davvero morta.
«Claire? Claire?!»
Le scossò la spalla ma
smise immediatamente quando capì che Claire non aveva più un braccio.
A me non è la morte in sé che sconvolge. Se io morissi e basta, okay.
Ma l’idea di venire divorata, di non avere più un corpo… So che morirò prima o
poi, spero solo che il mio corpo rimanga integro.
«No!» urlò Petra «No!»
Le parole di Claire, che non pensava di poter ricordare così bene, rimbombavano
nella sua testa e sembravano così profetiche, così terribili.
Si sollevò da terra e
afferrò il busto dell’amica.
«Non perderai altri
pezzi, Claire» mugolò, impazzita «Ti porto a casa, ti porto a casa…»
La fiaccola in una mano
e il corpo sotto l’altro braccio, Petra si trascinò nel campo, con le grida e i
boati in sottofondo.
Poi li vide, i due
piedi di un gigante. Urlò, cercò il suo dispositivo ma Claire era d’impiccio e
cadde rovinosamente a terra. Il gigante le crollò addosso, la bocca spalancata
e la lingua a penzoloni. Lei urlò e cercò di arretrare ma era troppo tardi, lui
era caduto proprio sopra la sua gamba, e l’avrebbe presa.
Non riuscì a pensare a
niente, nessun ultimo pensiero o desiderio, ma poi si accorse che il gigante
non si muoveva. Era morto.
Sopra la sua schiena
comparve una figura intagliata nella notte. Era Levi.
«Capitano» pianse di
gioia e di gratitudine Petra «Capitano…»
Levi non aveva neanche
l’ombra della gioia che provava lei.
«Cosa stavi facendo
Ral? Ti trascinavi dietro un cadavere?!»
Petra non l’aveva mai
visto così arrabbiato.
«Io…»
Levi spostò con un
calcio la testa del gigante e Petra ebbe la gamba libera. Ma le faceva
malissimo, faceva fatica a muoverla. Decisa a non mostrare nessun dolore, cercò
di alzarsi in piedi. Cadde all’istante.
«Presto, andiamo via di
qui!» Levi l’afferrò e se la caricò sulle spalle. I suoi occhi dovevano essersi
abituati al buio perché subito trovò un appiglio, sparò il suo dispositivo e si
librarono in aria.
«No!» urlò Petra,
divincolandosi «No! Claire! Claire!»
Atterrarono su un
tetto, Petra non sapeva più dov’erano, forse era la cima del castello. Stava in
piedi a fatica, ma avrebbe voluto buttarsi di sotto.
«Claire! Il corpo di
Claire!» continuava a farneticare Petra «Capitano, la prega, per lei era
importante che il suo corpo…»
«Ral, smettila!» sbottò
Levi.
«Toimo è morto!» gridò
Petra, ancora più forte «E Claire…»
«Non puoi rischiare la
vita per un morto, Ral, è fuori discussione!»
Petra lo guardava e
ricordava a com’era sempre impassibile, freddo, glaciale. Ricordò
improvvisamente che era colpa sua se erano rimasti in quel castello.
«Lei non capisce… Non
capisce… Lei è un insensibile!» urlò, tra le lacrime.
Levi le appoggiò le
mani sulle spalle.
«Morire così,
trascinandoti dietro i morti, sarebbe solo un oltraggio al loro sacrificio. Non
è questo quello che loro vogliono».
Petra piangeva. Non era
riuscita a tenere a freno la lingua. Il capitano le aveva salvato la vita, e
lei si sentiva così stupida. Le aveva salvato la vita, sì, ma era colpa sua se
quelle di tutti erano in pericolo!
Quelle di tutti…
«Torniamo a combattere»
disse improvvisamente, tirando su col naso.
«Io torno a combattere.
Ora ti porto al sicuro nella camera».
«Cosa?» Petra rimase
interdetta.
«Sei ferita, Ral,
moriresti».
Fece per prenderla per
un braccio ma Petra si scostò.
«Capitano, non può
farmi questo… Non può chiedermi di starmene al sicuro mentre gli altri intorno
a me muoiono!» Quasi gridò.
Levi non si impietosì
neanche un po’. «Non te lo sto chiedendo. Te lo sto ordinando».
Petra pianse. Pianse
mentre il capitano di nuovo la prendeva e la portava con sé, pianse mentre la
lasciava nella stanza e chiudeva la porta. Pianse per tutta la notte mentre
sentiva le grida fuori dalle mura. Aveva pensato di alzarsi e di andarsene ma
si rendeva conto anche lei che la gamba la inchiodava al pavimento. Non avrebbe
potuto aiutare nessuno.
Erano le prime luci
dell’alba quando per primo nella stanza entrò Auruo.
Il cuore di Petra
esplose per un momento di gioia mentre si trascinava faticosamente alla porta e
andava ad abbracciarlo. Poi entrò Erd, sporco di sangue, e, non curandosene,
abbracciò anche lui. Infine entrò Levi e Petra trattenne il respiro.
«Bossard, Yin, cercate
Hanji e seguite le sue indicazioni» disse Levi, fissando Petra.
Erd obbedì subito,
Auruo lanciò uno sguardo confuso all’amica poi lo seguì.
«Siediti» disse Levi a
Petra, accennando alla gamba.
Lei scese lentamente
sul pavimento, lui la imitò.
«Stiamo raccogliendo i
cadaveri. Di Claire nessuna traccia, mi dispiace».
La ragazza annuì e
chinò il capo.
Poi i ricordi della
notte le piovvero addosso come lame e subito ripuntò lo sguardo sul capitano.
«Mi dispiace per quello
che le ho detto. Io non lo pensavo davvero».
Lui non diceva niente e
lei andò avanti: «Vorrei essere come lei. Saper cosa fare, non vacillare mai…»
Cercò il contatto visivo dei suoi occhi, quegli occhi fermi, ma che mai aveva
pensato potessero essere spenti.
«Io vorrei i suoi
occhi» concluse stupidamente, mentre i suoi secernevano di nuovo lacrime.
«Non li vuoi davvero»
rispose Levi, senza guardarla.
Petra non disse niente
e lui, dopo un po’ di esitazione, andò avanti: «L’ultima volta che ho pianto è
stata quattro anni fa».
Alla ragazza venne
naturale chiedere: «Cos’è successo quattro anni fa?»
Levi devastava i
giganti, le avevano detto. Erano morti i suoi amici e l’unica che era riuscita
ad avvicinarlo era Hanji.
«È morta Isabel»
rispose il capitano, sempre senza guardarla.
Petra moriva dalla
voglia di chiedergli chi fosse. Era la sua ragazza, era ovvio. Perché
altrimenti gli sarebbe piombata addosso quella tristezza?
«Sono stati i giganti?»
chiese invece.
Levi parve sospettare
quale fosse la vera domanda di Petra, perché disse: «Isabel e Farlan erano
praticamente la mia famiglia. Siamo cresciuti nei bassifondi. Ci siamo aiutati
a vicenda. Non mi ricordo nemmeno perché siamo entrati nella legione. Non mi
ricordo nemmeno perché sono rimasto».
Petra non l’aveva mai
sentito parlare così tanto. Continuava a guardare dritto davanti a sé. La
ragazza inavvertitamente gli toccò un braccio.
Lui non si scostò.
«So solo che da allora»
proseguì «il mio odio per i giganti è implacabile».
Si voltò all’improvviso
a guardarla e lei quasi ebbe un sussulto.
I suoi occhi erano
ancora cupi e fermi e Petra capì che avere quegli occhi voleva dire anche aver
visto tutto quello che il capitano aveva visto.
Rimasero fermi a
guardarsi per quel che poteva essere un attimo eterno, poi Levi si alzò,
dicendo che dovevano andare ad aiutare gli altri.
Petra obbedì subito e
si fece aiutare a scendere le scale.
Era pieno giorno e la
fila di corpi era interminabili.
Petra notò solo allora
che Levi non li guardava, lei invece ci si tuffò a capofitto con lo sguardo,
col batticuore.
Molti non li conosceva,
finché non incappò nel corpo di una ragazza bionda molto carina. La riconobbe
quasi istantaneamente e cercò Erd, che aveva lo sguardo fisso sulla stessa
ragazza.
«Erd…» sussurrò Petra
andandogli vicino. Lo abbracciò piangendo e lui la lasciò fare.
Quando montarono a
cavallo il ragazzo le consegnò il mantello verde di Toimo.
«L’avevo nascosto stanotte.
L’ho ritrovato, tienilo».
Stava cercando di
addormentarsi abbracciata al mantello di Toimo, in quella stanza dove era
rimasta solo lei, quando Auruo bussò ancora alla sua porta insistentemente,
chiedendo come stava.
Nonostante tutto, lui
non si dava mai per vinto.
Ma Petra era così
stanca e triste che volle ignorarlo. Si aggrappava al pensiero di Levi, a
quello che lui le aveva detto, che la faceva sentire più vicina a lui. Si
aggrappava alla divisa di Toimo e si ricordava di come lui e Claire si erano
trovati bene insieme alla festa.
Era un po’ come
aggrapparsi a Claire.
Sono stata assente per più di due anni, chiedo perdono. In
questo periodo ho lavorato ad altre storie e ho vinto un concorso
pubblicando così il mio primo libro (anzi, se volete saperne di
più scrivetemi o visitate la mia pagina) e quindi ho trascurato
(direi abbandonato) questa mia unica fanfiction. Ammetto che questo
capitolo è un po' scadente rispetto agli altri, forse devo un
attimo ringranare, ma ho pensato che sarebbe davvero un peccato non
concludere la vicenda, perciò sono tornata per restare!
Spero di ritrovarvi tutte :)