Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Loda    09/01/2018    3 recensioni
Quanto poco abbiamo conosciuto le vite di Petra, Auruo, Gunther e Erd e il loro rapporto con lo stesso Levi? Questa fan fiction va un po' indietro nel tempo e propone una possibile versione della loro storia all'interno della legione, con il punto di vista di Petra.
Personaggi: Levi, Petra, Auruo, Gunther, Erd, Hanji, Erwin, Eren più altri inventati.
[dal testo] Petra uscì dalla camera di Levi con circospezione e cercando di camminare piano - i suoi passi le rimbombavano minacciosamente nelle orecchie, le pareva impossibile che nessuno li sentisse. Era mattino presto e in cuor suo sperava che nessuno vedesse l'ennesima delle sue vergogne. Non fu abbastanza furtiva - quando mai era stata capace di nascondere qualcosa - perché incontrò Erd lungo il cammino e la sua colpevolezza le si dipinse in faccia. Erd l'aveva colta in flagrante e lei non seppe mentire. Lui era confuso, lei disse solo: "Non dirlo ad Auruo... Non dirlo a nessuno." La verità era che Erd non l'aveva colta in flagrante, solo che lei aveva voglia di parlare con qualcuno.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Auruo, Bossard, Erd, Gin, Gunter, Shulz, Petra, Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 7
Capitolo VII
 
 
 

Non avrebbero mai dovuto rimanere una notte fuori dalle mura.
«Non avremmo mai dovuto, mai dovuto…»
«Petra, ti prego, calmati, è passato. Ora è tutto passato».
«Non passerà mai, non passerà mai…»
«Per ora è passato».
Petra si abbandonò sul letto e si rannicchiò in un angolo, abbracciata al mantello verde. Aveva smesso di piangere ma si sentiva gli occhi vitrei.
Non provava da tempo quella sensazione, ma quella notte il mare degli orrori l’aveva di nuovo inghiottita, masticata, e poi sputata a terra.
«Di cosa hai parlato con Levi? Lui è strano con te. Sembra che ti abbia protetta».
Lei alzò un po’ la testa e guardò Auruo sbigottita. «Vuoi forse dire che dovevo morire?»
«No, Petra, io non… Dico solo…»
«Vattene. Ti prego».
La vita non era più un dono per nessuno di loro. Pesava come un macigno. La vita laggiù era un senso di colpa.
Auruo uscì dalla stanza e Petra si abbandonò di nuovo ai suoi incubi stringendo quel mantello sporco di sangue.
Era stata la prima spedizione dell’anno 848. Avevano trovato un vecchio forte in disuso e non potevano lasciarsi scappare una tale occasione: dovevano esplorarlo bene.
Si fermarono la notte.
Perplessità, lamentele, confusione, paura.
«I giganti sono molto meno attivi la notte, non dovremmo avere problemi» aveva detto Hanji ad ogni soldato. «Certo, se potessi studiarne uno da vicino avremmo meno dubbi…» aveva poi sibilato in direzione di Levi. Solo la squadra di Levi aveva sentito.
Petra aveva guardato Auruo preoccupata.
«No» le disse lui per tutta risposta «Io mi fido del capitano». Non le disse altro, da quando l’aveva vista baciarsi con Gavino alla festa era più distaccato
Toimo ed Erd annuirono, ma erano poco convinti.
La notte era il loro unico momento di pace. L’unico momento in cui potevano piangere, disperarsi e non temere per la propria vita.
«Venite» li chiamò Levi «ogni squadra ha la sua stanza».
Il castello era malconcio ma conteneva vari tesori per cui valeva la pena essere lì. C’erano mobili e cassettiere da esplorare in ogni camera.
Quella in cui si diressero loro non era tanta grande e aveva un’unica grande finestra. C’era un quadro sulla parete sinistra che mostrava il viso di una donna truccata e benvestita, con un fiero sorriso.
Petra si perse per un attimo a guardare in quel quadro e a immaginare un’altra vita.
«Uno a turno per ogni squadra starà fuori dalla stanza di guardia. I caposquadra si turneranno invece fuori dal castello» spiegò Levi. «Comincio io» aggiunse, e Petra ebbe inspiegabilmente un tuffo al cuore.
Se lo ricordava bene, Petra, il momento in cui lui era fuori nell’oscurità e nel pericolo e lei, immobile e sveglia, a guardarlo fuori dalla finestra. Era strano, era dai tempi della festa che Petra ogni tanto pensava a lui. Si sentiva una stupida ma non poteva farne a meno, nella sua solitudine. Lui non era molto distante e non passò molto tempo prima che si accorgesse del suo sguardo. Lo ricambiò e rimase a fissarla con sguardo meno duro del solito.
Per Petra era quasi equiparabile ad un sorriso e distese le labbra con gli occhi fissi su di lui.
Lo ricordava bene perché era l’ultimo momento di gioia che ricordava.
Dei rumori, dei tonfi, lui che si sposta con un balzo, poi ricerca il suo sguardo con un cenno del braccio.
L’inizio dell’incubo.
«Ragazzi» chiamò subito Petra, col sorriso raggelatole sulla bocca «Ragazzi… Ragazzi!»
«Petra, che succede?» Auruo, con la voce impastata di sonno, si alzò lentamente.
Erd e Toimo erano già alla porta con delle fiaccole in mano. «Andiamo, presto!»
«Ci sono i giganti?» continuò Auruo, improvvisamente sveglio.
I quattro si lanciarono fuori dalla stanza ma una volta al buio della notte non trovarono Levi.
«Capitano!» chiamò Erd a gran voce.
Gli altri lo imitarono, col panico nella voce. La luce delle stelle e delle fiaccole non bastavano. Non vedevano niente e si guardavano intorno atterriti. Non avevano mai combattuto in una situazione come quella.
All’improvviso una delle quattro fiaccole cadde a terra con un urlo.
«Toimo!» gridò Erd mentre Petra era troppo confusa per capire.
Davanti ai loro occhi impietriti cadde un mantello verde.
«Correte!» urlò ancora Erd, gli occhi deformati dall’illuminazione della fiamma e dalla paura. Afferrò con una mano la divisa di Toimo e corse.
Petra perse di vista tutti e si mise a correre, all’impazzata e alla cieca. Concentrati, si diceva, concentrati, Petra, devi ascoltare, devi ascoltare!
Ma le urla erano sempre di più e lei non capiva da dove venivano i tonfi dei passi dei giganti.
Muoveva la fiaccola in tutte le direzioni precise, certa che si sarebbe trovata di fronte alle fauci di un gigante prima o poi. Non pensava più a Toimo, ad Auruo, neppure a Levi che chissà che fine aveva fatto. Pensava solo egoisticamente a se stessa. A come salvarsi.
Continuò ad avanzare, circospetta e tremante. Un tonfo più forte alla sua destra e si mise a correre verso sinistra a perdifiato, finché non inciampò in qualcosa. Gemette ma si rialzò subito, ritrovò la fiaccola e con terrore e esaminò cosa l’aveva ostacolata. Era un cadavere.
Freneticamente Petra cercò il viso e gli puntò addosso il fascio di luce. Sotto i rivoli di sangue e le croste, quello era il viso cereo di Claire.
Petra non riuscì a trattenere un grido. Le si avvicinò per capire se era davvero morta.
«Claire? Claire?!»
Le scossò la spalla ma smise immediatamente quando capì che Claire non aveva più un braccio.
A me non è la morte in sé che sconvolge. Se io morissi e basta, okay. Ma l’idea di venire divorata, di non avere più un corpo… So che morirò prima o poi, spero solo che il mio corpo rimanga integro.
«No!» urlò Petra «No!» Le parole di Claire, che non pensava di poter ricordare così bene, rimbombavano nella sua testa e sembravano così profetiche, così terribili.
Si sollevò da terra e afferrò il busto dell’amica.
«Non perderai altri pezzi, Claire» mugolò, impazzita «Ti porto a casa, ti porto a casa…»
La fiaccola in una mano e il corpo sotto l’altro braccio, Petra si trascinò nel campo, con le grida e i boati in sottofondo.
Poi li vide, i due piedi di un gigante. Urlò, cercò il suo dispositivo ma Claire era d’impiccio e cadde rovinosamente a terra. Il gigante le crollò addosso, la bocca spalancata e la lingua a penzoloni. Lei urlò e cercò di arretrare ma era troppo tardi, lui era caduto proprio sopra la sua gamba, e l’avrebbe presa.
Non riuscì a pensare a niente, nessun ultimo pensiero o desiderio, ma poi si accorse che il gigante non si muoveva. Era morto.
Sopra la sua schiena comparve una figura intagliata nella notte. Era Levi.
«Capitano» pianse di gioia e di gratitudine Petra «Capitano…»
Levi non aveva neanche l’ombra della gioia che provava lei.
«Cosa stavi facendo Ral? Ti trascinavi dietro un cadavere?!»
Petra non l’aveva mai visto così arrabbiato.
«Io…»
Levi spostò con un calcio la testa del gigante e Petra ebbe la gamba libera. Ma le faceva malissimo, faceva fatica a muoverla. Decisa a non mostrare nessun dolore, cercò di alzarsi in piedi. Cadde all’istante.
«Presto, andiamo via di qui!» Levi l’afferrò e se la caricò sulle spalle. I suoi occhi dovevano essersi abituati al buio perché subito trovò un appiglio, sparò il suo dispositivo e si librarono in aria.
«No!» urlò Petra, divincolandosi «No! Claire! Claire!»
Atterrarono su un tetto, Petra non sapeva più dov’erano, forse era la cima del castello. Stava in piedi a fatica, ma avrebbe voluto buttarsi di sotto.
«Claire! Il corpo di Claire!» continuava a farneticare Petra «Capitano, la prega, per lei era importante che il suo corpo…»
«Ral, smettila!» sbottò Levi.
«Toimo è morto!» gridò Petra, ancora più forte «E Claire…»
«Non puoi rischiare la vita per un morto, Ral, è fuori discussione!»
Petra lo guardava e ricordava a com’era sempre impassibile, freddo, glaciale. Ricordò improvvisamente che era colpa sua se erano rimasti in quel castello.
«Lei non capisce… Non capisce… Lei è un insensibile!» urlò, tra le lacrime.
Levi le appoggiò le mani sulle spalle.
«Morire così, trascinandoti dietro i morti, sarebbe solo un oltraggio al loro sacrificio. Non è questo quello che loro vogliono».
Petra piangeva. Non era riuscita a tenere a freno la lingua. Il capitano le aveva salvato la vita, e lei si sentiva così stupida. Le aveva salvato la vita, sì, ma era colpa sua se quelle di tutti erano in pericolo!
Quelle di tutti…
«Torniamo a combattere» disse improvvisamente, tirando su col naso.
«Io torno a combattere. Ora ti porto al sicuro nella camera».
«Cosa?» Petra rimase interdetta.
«Sei ferita, Ral, moriresti».
Fece per prenderla per un braccio ma Petra si scostò.
«Capitano, non può farmi questo… Non può chiedermi di starmene al sicuro mentre gli altri intorno a me muoiono!» Quasi gridò.
Levi non si impietosì neanche un po’. «Non te lo sto chiedendo. Te lo sto ordinando».
Petra pianse. Pianse mentre il capitano di nuovo la prendeva e la portava con sé, pianse mentre la lasciava nella stanza e chiudeva la porta. Pianse per tutta la notte mentre sentiva le grida fuori dalle mura. Aveva pensato di alzarsi e di andarsene ma si rendeva conto anche lei che la gamba la inchiodava al pavimento. Non avrebbe potuto aiutare nessuno.
Erano le prime luci dell’alba quando per primo nella stanza entrò Auruo.
Il cuore di Petra esplose per un momento di gioia mentre si trascinava faticosamente alla porta e andava ad abbracciarlo. Poi entrò Erd, sporco di sangue, e, non curandosene, abbracciò anche lui. Infine entrò Levi e Petra trattenne il respiro.
«Bossard, Yin, cercate Hanji e seguite le sue indicazioni» disse Levi, fissando Petra.
Erd obbedì subito, Auruo lanciò uno sguardo confuso all’amica poi lo seguì.
«Siediti» disse Levi a Petra, accennando alla gamba.
Lei scese lentamente sul pavimento, lui la imitò.
«Stiamo raccogliendo i cadaveri. Di Claire nessuna traccia, mi dispiace».
La ragazza annuì e chinò il capo.
Poi i ricordi della notte le piovvero addosso come lame e subito ripuntò lo sguardo sul capitano.
«Mi dispiace per quello che le ho detto. Io non lo pensavo davvero».
Lui non diceva niente e lei andò avanti: «Vorrei essere come lei. Saper cosa fare, non vacillare mai…» Cercò il contatto visivo dei suoi occhi, quegli occhi fermi, ma che mai aveva pensato potessero essere spenti.
«Io vorrei i suoi occhi» concluse stupidamente, mentre i suoi secernevano di nuovo lacrime.
«Non li vuoi davvero» rispose Levi, senza guardarla.
Petra non disse niente e lui, dopo un po’ di esitazione, andò avanti: «L’ultima volta che ho pianto è stata quattro anni fa».
Alla ragazza venne naturale chiedere: «Cos’è successo quattro anni fa?»
Levi devastava i giganti, le avevano detto. Erano morti i suoi amici e l’unica che era riuscita ad avvicinarlo era Hanji.
«È morta Isabel» rispose il capitano, sempre senza guardarla.
Petra moriva dalla voglia di chiedergli chi fosse. Era la sua ragazza, era ovvio. Perché altrimenti gli sarebbe piombata addosso quella tristezza?
«Sono stati i giganti?» chiese invece.
Levi parve sospettare quale fosse la vera domanda di Petra, perché disse: «Isabel e Farlan erano praticamente la mia famiglia. Siamo cresciuti nei bassifondi. Ci siamo aiutati a vicenda. Non mi ricordo nemmeno perché siamo entrati nella legione. Non mi ricordo nemmeno perché sono rimasto».
Petra non l’aveva mai sentito parlare così tanto. Continuava a guardare dritto davanti a sé. La ragazza inavvertitamente gli toccò un braccio.
Lui non si scostò.
«So solo che da allora» proseguì «il mio odio per i giganti è implacabile».
Si voltò all’improvviso a guardarla e lei quasi ebbe un sussulto.
I suoi occhi erano ancora cupi e fermi e Petra capì che avere quegli occhi voleva dire anche aver visto tutto quello che il capitano aveva visto.
Rimasero fermi a guardarsi per quel che poteva essere un attimo eterno, poi Levi si alzò, dicendo che dovevano andare ad aiutare gli altri.
Petra obbedì subito e si fece aiutare a scendere le scale.
Era pieno giorno e la fila di corpi era interminabili.
Petra notò solo allora che Levi non li guardava, lei invece ci si tuffò a capofitto con lo sguardo, col batticuore.
Molti non li conosceva, finché non incappò nel corpo di una ragazza bionda molto carina. La riconobbe quasi istantaneamente e cercò Erd, che aveva lo sguardo fisso sulla stessa ragazza.
«Erd…» sussurrò Petra andandogli vicino. Lo abbracciò piangendo e lui la lasciò fare.
Quando montarono a cavallo il ragazzo le consegnò il mantello verde di Toimo.
«L’avevo nascosto stanotte. L’ho ritrovato, tienilo».
Stava cercando di addormentarsi abbracciata al mantello di Toimo, in quella stanza dove era rimasta solo lei, quando Auruo bussò ancora alla sua porta insistentemente, chiedendo come stava.
Nonostante tutto, lui non si dava mai per vinto.
Ma Petra era così stanca e triste che volle ignorarlo. Si aggrappava al pensiero di Levi, a quello che lui le aveva detto, che la faceva sentire più vicina a lui. Si aggrappava alla divisa di Toimo e si ricordava di come lui e Claire si erano trovati bene insieme alla festa.
Era un po’ come aggrapparsi a Claire.














Sono stata assente per più di due anni, chiedo perdono. In questo periodo ho lavorato ad altre storie e ho vinto un concorso pubblicando così il mio primo libro (anzi, se volete saperne di più scrivetemi o visitate la mia pagina) e quindi ho trascurato (direi abbandonato) questa mia unica fanfiction. Ammetto che questo capitolo è un po' scadente rispetto agli altri, forse devo un attimo ringranare, ma ho pensato che sarebbe davvero un peccato non concludere la vicenda, perciò sono tornata per restare!

Spero di ritrovarvi tutte :)
   
 
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