Non
doveva recarsi ad Illugan quel giorno ma era dal pic-nic che non
vedeva Demelza ed erano passate già due settimane da quel
bacio che,
d'istinto, le aveva dato nel bosco.
Dopo
si era tenuto un po' alla larga per darsi e darle tempo di riordinare
le idee sul loro rapporto. Era confuso quanto lei, non sapeva se
fosse giusto desiderarla a quel modo e nemmeno se baciarla fosse
stata una mossa azzeccata e corretta.
Però
era stato magico e meraviglioso baciarla di nuovo, dopo tanto
tempo... Era stato come sentirsi a casa, in pace, a proprio agio e in
estasi... Ed era stato un semplice bacio. Si chiese se anche lei si
fosse sentita così e sapeva che non avrebbe mai avuto il
coraggio di
chiederglielo. Era strano per loro che, una volta, parlavano di
tutto, ma da quando lei se n'era andata da Nampara era cambiata molto
e in certi frangenti era come avere davanti una persona nuova e
sconosciuta, da studiare prima di far qualsiasi cosa...
Dopo
quel giorno poi, c'era altro che li aveva tenuti lontani.
Una
violenta ondata di maltempo aveva colpito la Cornovaglia con pioggia
forte, incessante e ininterrotta. Pioveva da dodici giorni, i fiumi
erano ingrossati e la gente del posto era preda di forti
preoccupazioni. Il mare era grosso e non si poteva uscire in barca
per pescare ma erano i fiumi a destare massima preoccupazione.
Ingrossati, vorticosi e al limite, con tutta quella pioggia
minacciavano di esondare e allagare ogni cosa.
E
Demelza viveva in quel bosco, a pochi metri da un ruscello che ormai
doveva essere saturo d'acqua.
Fu
questo a spingerlo ad andare da lei. Aveva lasciato i bambini alle
cure di Prudie e a cavallo, sfidando la pioggia, coperto da un
pesante mantello, si era diretto ad Illugan per controllare lo stato
del ruscello ed eventualmente arginarlo con dei massi. Se solo quella
dannata testarda di sua moglie avesse smesso di vivere tanto isolata,
non avrebbe avuto addosso tutta quell'ansia!
Quando
arrivò nel bosco, a pochi metri dalla casa, si accorse
però che le
sue paure erano in parte infondate. Come suo solito Demelza non era
stata con le mani in mano ed aveva arginato il torrente, nei punti
più pericolosi, con dei grossi massi che ne deviavano
l'eventuale
fuoriuscita d'acqua.
Sospirò,
rinfrancato. Doveva aspettarselo da lei!
Ma
il cielo era minaccioso, pioveva ancora incessantemente ed era meglio
andare a vedere come andassero le cose.
Bussò
alla porta, chiamandola, non sapendo bene come rapportarsi a lei e
come si sarebbe comportata con lui, dopo quanto successo fra loro.
"Ross?"
- urlò una voce, da dentro.
Sorrise,
Demelza aveva un tono di voce allegro e rilassato, non pareva
contrariata dal suo arrivo, né tanto meno in imbarazzo.
"Posso
entrare?".
"Certo".
Entrò.
Il camino era quasi spento ma in casa c'era un calore piacevole.
Demelza aveva indosso una mantella, così come la piccola
Eleanor
che, seduta sul tavolo, si stava facendo infilare degli stivaletti da
sua madre. Sembravano in procinto di uscire.
La
bimba gli fece un grandissimo sorriso, agitando le gambette nel
vuoto, tanto che Demelza fece fatica a infilarle gli stivali. "Ross!"
- esclamò, allungando le braccia verso di lui.
Ross
si avvicinò alle due, stupito. "State uscendo? Con questo
tempo?".
Demelza
si voltò verso di lui, sospirando. "Devo andare al villaggio
a
ritirare la paga per il lavoro svolto in queste settimane. E sono
d'accordo con le famiglie per cui lavoro per dare una mano a
rinforzare gli argini del fiume. Hai visto come piove? Ho dovuto
mettere dei massi pure quì fuori, vicino al ruscello per
evitare di
avere l'acqua in casa".
Sì,
aveva visto, accidenti a lei! Ma l'idea che sua moglie uscisse con
quel tempo da lupi lo infastidiva, nonostante tutto fosse sotto
controllo. "Vai al villaggio con la bambina? Ma hai visto che
tempo c'è? Dove la lasci mentre lavori vicino al fiume? E'
pericoloso".
Demelza,
del tutto calma e tranquilla, abbottonò la mantellina rossa
di
Eleanor. "La lascio da Miss Marple. È una sarta come me,
lavoro
spesso con lei. Ha otto figli piccoli ed Eleanor gioca volentieri con
loro. Siamo già d'accordo".
"Ross".
La
vocina di Ellie, che voleva attirare la sua attenzione, lo distolse
da quella conversazione. "Che c'è, piccola peste?".
Ellie
allungò le manine verso di lui. "Accio".
Sospirò.
"Vuoi venire in braccio?".
"Sì".
La
prese, sollevandola. La bimba gli mostrò Kiky, che teneva
fra le
braccia. "Bacino!".
"Al
tuo coniglio?".
"Sì".
"Non
lo vorresti tu, un bacino?".
"Nnnno!".
Stando
al gioco, mentre Demelza li guardava divertita, Ross diede un bacio
al coniglietto. "Ma dove te lo porti?".
Sua
moglie intervenne, lanciandogli un'occhiataccia. "Ho dovuto
contrattare con lei, accidenti a te! Non voleva mettere la mantella
di lana per tenersi in testa il tuo tricorno e per convincerla ho
dovuto concederle di portare Kiky in cambio del cappello. Tu invece,
che ci fai quì?".
Ross
la guardò storto, mettendosi la bimba sulle spalle. "Sono
quì
perché quella sconsiderata di mia moglie vive in un posto
isolato a
rischio inondazione e sono venuto a vedere se per caso fossi
affogata".
"Che
esagerato! Vivo vicino a un ruscello, non sulle rive del Tamigi".
"Il
ruscello sta per straripare!" - obiettò lui, pensando a come
quel botta e risposta avesse il sapore di tempi antichi e di un
rapporto che gli mancava come l'aria.
Demelza
si avvicinò, per riprendersi la figlia. "Su, dammela! Devo
andare e sono già in ritardo e come vedi, va tutto bene".
"Vuoi
una mano?" - chiese. Non aveva voglia di andarsene.
Demelza
ci pensò un attimo, come ponderando una risposta. "Vorrei
che
smettesse di piovere, di questo avremmo bisogno, ma siccome non
succede, se vuoi venire al villaggio con me per dare un aiuto, sei il
benvenuto. La situazione rischia di diventare grave, con questa
pioggia".
"Sicura?".
"Sì
certo, perché non dovrei esserlo?".
Ross
si grattò il mento, imbarazzato. "Beh, non ero
così certo che
fossi contenta di vedermi, dopo... dopo...".
Demelza
capì, senza che lui finisse la frase. "Pensavi che fossi
arrabbiata con te?".
"Non
sapevo che pensare".
Inaspettatamente,
lei gli prese la mano, stringendola fra le sue dita. Era calda, dolce
e gentile, in quella stretta. "Vorrei fare l'orgogliosa e dirti
che no, non lo avresti dovuto fare! E forse è
così, però...".
"Però?".
"Però
in questi ultimi tre anni, nessuno ha mai avuto per me gesti di
affetto e mi ha fatto piacere averne ricevuto uno da te".
Questo
gli gonfiò il cuore di gioia. Sapeva quanto dovessero
costargli
quelle parole e trovò tenero il fatto che fosse arrossita
nel
pronunciarle... In fondo non era cambiata poi così tanto.
"Buono
a sapersi" – rispose, in tono leggero.
Lei
ricambiò il suo sguardo, decisa. "Questo non significa che
puoi
rifarlo! Non era un invito".
Non
rispose, ma si sentiva leggero e sereno. E forse, nonostante le
parole di lei, ci avrebbe anche riprovato...
Rifiutò
di dargli la bimba e, al contrario, la tirò giù
dalle sue spalle,
nascondendola sotto il suo mantello. "Ellie, sta qua sotto al
coperto, così non ti bagni. Ora io, tu e la mamma facciamo
un giro a
cavallo fino al villaggio".
Eleanor
spalancò gli occhi, sorpresa e forse spaventata. "Tavallo?
Io
c'ho palura però".
Era
fantastica, riusciva sempre a farlo ridere con quel suo modo buffo di
parlare. "Fidati di me, so come si fa a non cadere".
"Mamma"
– disse, cercando Demelza con lo sguardo. Beh, forse non si
fidava
per niente, nonostante le sue raccomandazioni...
Lei
la rassicurò. Uscirono fuori, sotto la pioggia battente,
Ross con la
bimba fra le braccia e Demelza davanti a lui, in sella.
Il
tempo era pessimo, il cielo di un grigio cupo e carico d'acqua e Ross
faticò per tenere il cavallo ed impedirgli di scivolare sul
fango.
Ampie pozzanghere lastricavano la strada di campagna che portava ad
Illugan e la pioggia era talmente forte che, d'istinto, strinse a se
Demelza e la bimba per fare in modo che non si bagnassero troppo.
Giunti
al villaggio, si accorse che la situazione era pessima. I rigagnoli
d'acqua che correvano fra le case si erano ingrossati e alcune
baracche erano già invase dall'acqua. Illugan era un
villaggio
povero, la maggior parte delle persone vivevano in abitazioni di
legno fatiscenti e non avevano la possibilità di spostarsi
altrove,
se la situazione fosse degenerata.
Arrivarono
da Miss Marple e alla finestra si affacciò una nidiata di
bimbi dai
capelli biondi e rossi, col viso da monelli e i vestitini mezzi
stracciati. La casa era più grande delle altre, anche se di
certo
non abbiente. Una piccola veranda riparava l'ingresso dalla pioggia e
la padrona di casa, l'amica e collega di Demelza, arrivò ad
aprir
loro con un neonato fra le braccia e un bimbo moccoloso sui due anni
attaccato alla gonna. Eleanor le fece un ampio sorriso, era palese
che con quelle persone si trovasse bene, e Demelza affidò la
piccola
senza particolari problemi. "Torneremo prima di sera a
prenderla" – disse solamente.
La
ragazza, che aveva forse trent'anni ma un viso ancora da bambina,
nonostante tutto, annuì. "Grazie Demelza e grazie a voi
signore, per l'aiuto che ci date. Se solo non dovessi allattare e non
avessi tanti bambini in giro per casa, verrei pure io al fiume con
voi a dare una mano".
Demelza
scosse la testa. "Tu ci stai dando un aiuto quì, curando i
nostri figli assieme ai tuoi. Non preoccuparti, ognuno fa la sua
parte per quel che può".
Ross
la osservò in silenzio. Demelza aveva trovato un suo mondo e
una sua
rete di conoscenze in quel posto, un aiuto, amicizia e una sua
indipendenza. Era apprezzata e amata, così come la piccola
Eleanor
che, felicemente, giocava con quei piccoli bimbi senza denaro e
probabilmente futuro, considerandoli suoi compagni e suoi pari. Per
un attimo pensò al grande divario, almeno su carta, fra
Ellie e quei
piccoli di Illugan. Per legami di sangue, la bimba di Demelza faceva
parte dei Boscawen, uno dei casati più importanti e ricchi
di Londra
e probabilmente dell'intera Inghilterra... Se fosse stata
riconosciuta e legittimata, avrebbe avuto abbastanza denaro e potere
per guardare quelle persone dall'alto in basso. Questo faceva male e
faceva paura, da pensare... Anche perché, per fortuna, la
piccola
Ellie era quanto di più lontano esistesse dalla ricchezza e
dal
potere delle grandi famiglie d'Inghilterra.
Fu
felice che Demelza fosse stata tanto forte e orgogliosa da rifiutare
ogni legame con quelle persone e che, nonostante le mille
difficoltà
incontrate, stesse crescendo la piccolina da sola. Ed Ellie era un
prodotto di Demelza e del suo mondo, una bimba allegra, spontanea,
chiassosa e che si accontentava di un nulla, per essere felice.
Si
avvicnò a Demelza, appoggiandole la mano sulla spalla. "Su,
andiamo?".
Lei
annuì. "Si. Direi di lasciare qui il cavallo, saremo
più
liberi. Miss Marple ce lo terrà volentieri".
La
donna annuì. "Sì, legatelo quì sotto
il porticato, starà
all'asciutto. Incaricherò i bambini più grandi di
dargli del fieno,
più tardi".
Accettò.
Salutarono Ellie, promettendole che sarebbero tornati prima di sera e
poi, a piedi, si diressero verso il fiume.
Già
in lontananza lo si sentiva vorticare, l'onda di piena era arrivata e
gli argini erano al collasso e prossimi a cedere.
Si
guardarono negli occhi, dicendosi silenziosamente che dovevano darsi
da fare.
Molti
uomini erano impegnati a mettere sacchi di sabbia e pietre sulle
rive, urlavano ordini e imprecavano contro la pioggia battente ma le
loro voci irose erano in parte coperte dal frastuono del vento e
della pioggia, oltre che dallo scorrere irrefrenabile del fiume.
"Ser
Dalton" – urlò Demelza a un uomo in la con gli
anni che
spostava un sacco di sabbia – "Sono quì e con una
mano amica
in più ad aiutarci. Che devo fare?".
L'uomo,
un tizio grassoccio e calvo, alzò la mano in segno di
saluto.
"Brava, sei arrivata davvero! Visto che non sei sola e qui siamo
già in tanti, tu e il tuo amico potreste spostarvi verso la
periferia. Ancora nessuno è andato da quelle parti per
vedere gli
argini e c'è un punto, sotto al ponticello di St. Arthur,
che è più
basso degli altri. Se il fiume cercasse una valvola di sfogo per
esondare, quello sarebbe il posto ideale. È una spiaggetta
piccola,
in due dovreste farcela ad alzare l'argine con delle pietre".
Demelza
annuì e dopo un'occhiata di intesa con Ross, si diressero a
grandi
falcate verso la periferia.
Ross
la seguì, da quelle parti l'esperta era lei e lui non aveva
idea di
come muoversi e di come riconoscere il posto indicato da Ser Dalton.
Giunsero
in campagna, sorpassando le ultime baracche, mentre lui, silenzioso,
pensava a come la povera gente, nelle grandi difficoltà,
fosse
sempre pronta a darsi una mano e a sostenersi per superare i momenti
difficili. Fosse stato così anche fra i grandi ricconi del
Parlamento, l'Inghilterra sarebbe stato un posto meraviglioso dove
vivere.
Giunsero
al ponticello, erano in aperta campagna e c'era solo una baracca
abbandonata da quelle parti dove ripararsi, se il tempo fosse
peggiorato. Erano entrambi fradici e i loro mantelli, pesanti ormai
come sacchi di cemento, potevano essere strizzati per quanta acqua
avevano assorbito.
Demelza
però, non sembrava in difficoltà. E a lui venne
da sorridere. Il
tempo era pessimo, erano bagnati, infreddoliti, soli e in aperta
campagna con a pochi metri un fiume che poteva straripare da un
momento all'altro e lui era contento. Era stupidamente e allegramente
contento! Erano anni che lui e lei, da soli, non combattevano per una
causa comune, non lavoravano fianco e fianco e si parlavano con
quella leggerezza e quella spontaneità che aveva scorto in
quel
giorno. Era strano ma avvertiva che per la prima volta, fra loro, non
c'erano i fantasmi di Hugh ed Elizabeth a dividerli ma semplice
voglia di collaborare insieme per un fine comune. Ed era bello,
avrebbe voluto che quella pioggia non finisse mai...
"Ross!"
- lo richiamò Demelza, riportandolo alla realtà.
Era arrivata al
ponticello, a pochi metri dalla riva, e lo guardava spazientita. "Che
ci fai lì impalato? Mica ti ho portato fin qui per ammirare
il
paesaggio!".
"Oh,
scusa" – rispose, preso in castagna. Scese la scarpata e la
affiancò, dando uno sguardo preoccupato al fiume. L'acqua
scorreva
impetuosa, era scura e piena di detriti e la sua violenza faceva
quasi paura. Se fosse tracimata, avrebbe distrutto il lavoro di mesi
nei campi. "Che facciamo?" - le urlò, con la voce coperta
dal frastuono del fiume.
Demelza,
col fiatone, si guardò attorno. Gli indicò con la
mano delle grosse
pietre bianche sotto il ponte, probabilmente portate lì dal
fiume e
che potevano essere utilizzate per alzare gli argini. "Usiamo
quelle, che ne dici?".
Sì,
poteva funzionare. "Va bene, ma credo siano pesanti per te".
Lei
lo guardò storto. "Ah Ross, vai al diavolo!".
Con
la sua forza e la sua determinazione, che da sempre l'avevano
contraddistinta, Demelza si avvicinò alle pietre,
sollevandone una
senza problemi. "Hai dimenticato quanto sono forte?".
Sospirò,
mascherando un sorriso. All'apparenza era esile e delicata ma sua
moglie era una leonessa, lo era sempre stata e questo non era
cambiato, negli anni. "Forse, un pò". Si
avvicinò,
aiutandola a sua volta. Spostarono senza sosta tutte le pietre che
riuscirono a trovare, le misero dove la riva era più bassa,
rinforzando quella barriera improvvisata con la sabbia bagnata.
Ed
alla fine, oltre ad essere fradici, erano pure sporchi e pieni di
terra. Il loro mantello era completamente chiazzato di fango e la
pioggia era sempre più incessante.
"Dovremmo
fare un bagno" – disse, quando ebbero finito.
Demelza
guardò il cielo plumbeo. "Oh, non è necessario.
Sta qua fermo
sotto questa pioggia cinque minuti e otterremo lo stesso effetto".
Considerò
per alcuni istanti la cosa ma poi decise che no, non era lo stesso.
La prese per mano, attirandola a se. "Senti, andiamo un attimo
in quella baracca all'asciutto o ci prenderemo una polmonite".
Col
fiato corto e le guance rosse dallo sforzo, Demelza si trovò
ad
accettare. "Sì, credo sia una buona idea. Comincio ad essere
stanca".
"Dio
sia lodato..." - mormorò lui, sarcastico.
Demelza
lo guardò storto, ma non rispose. Anche lei sembrava, come
lui,
felice di quella strana sintonia che li aveva uniti quel giorno,
nonostante le mille difficoltà incontrate. Lei lo sapeva
quanto lui,
erano nati per lavorare fianco a fianco come una squadra e questo non
era cambiato, nonostante tutto.
Entrarono
nella baracca, era un luogo angusto, spoglio e cadente, senza
arredamento, con solo del fieno ammucchiato in un angolo. Demelza
sospirò, sedendosi sul fieno e togliendosi il mantello. "Che
posto lugubre".
Dovette
darle ragione, era un luogo orribile. "Ma quanto meno è
asciutto".
"Finché
l'argine tiene" – obiettò sua moglie.
"Già".
Si sedette accanto a lei, sulla paglia, non sapendo bene cosa fare.
"Potevamo essere al caldo, in questo momento, se tu..." -
iniziò, senza nemmeno sapere perché tirasse in
ballo
quell'argomento.
"Se
io, cosa?" - domandò lei, piccata.
"Se
tu non fossi tanto testarda da voler vivere qui ad Illugan".
"Ci
vivo da queste parti, è la mia terra e le persone che hai
incontrato
poco fa sono miei amici. Non eri obbligato a venire, se non ne avevi
voglia".
Sbuffò,
non gli andava di discutere con lei, tanto alla fine Demelza avrebbe
comunque avuto l'ultima parola. "Hai freddo?".
"Un
pò" – ammise lei, strofinandosi le braccia. "Mi
fanno
male tutti i muscoli, era da quando ho sistemato la mia casa nel
bosco che non sollevavo tanti pesi".
Quella
semplice frase lo incupì e lo riportò a quei
giorni caotici quando
se n'era andata da Nampara. "Quando hai rifiutato il mio aiuto
per ristrutturare il mulino, perché volevi che lo facesse
Hugh?".
Improvvisamente, ripensandoci, si sentì irritato. In fondo
non ne
avevano mai parlato davvero del poeta, eccetto per la figura di padre
mancato di Eleanor, e ancora non gli era andata giù. Era
ancora
arrabbiato, verso se stesso, verso Hugh e verso di lei. Aveva
accettato la situazione rendendosi conto che quello che era successo
era in parte colpa sua, ma non aveva dimenticato e quel senso di
amarezza in fondo non l'aveva mai abbandonato. E mai se ne sarebbe
andato, se non avesse affrontato quei suoi demoni.
Demelza
lo guardò, improvvisamente seria pure lei, senza
più traccia di
divertimento nell'espressione del viso. "Ross, non è il
momento
di parlarne".
"Invece
credo sia il momento giusto, visto che siamo soli e siamo andati
sull'argomento" – ribatté lui, secco.
Demelza
sospirò. "Non ho rifiutato il tuo aiuto perché
desideravo
avere Hugh vicino, avrei voluto fare tutto da sola, se proprio ci
tieni a saperlo. Hugh ha insistito e...".
Lui
la bloccò. "Anche io ho insistito, ma hai rifiutato lo
stesso!".
"Ero
arrabbiata con te, non volevo vederti e incontrarti mi faceva male.
Come potevo accettare il tuo aiuto a sistemare il posto che mi ero
scelta come casa, dopo che ti avevo lasciato e avevo abbandonato
Nampara? Consideravo Hugh un amico, una spalla su cui piangere e
qualcuno che sapeva capirmi. Lui era preoccupato per me, in maniera
genuina, non voleva che vivessi ad Illugan ma visto che non poteva
farmi cambiare idea, ha insistito almeno per aiutarmi ad avere una
casa decente. Credo che pensasse che comunque, in breve tempo, sarei
tornata da te. Una cosa provvisoria, insomma".
Ross
la guardò, c'era furore nel suo sguardo, si sentiva bruciare
dalla
rabbia nel sentire quelle parole. Facevano male perché
davano voce
al suo fallimento come uomo e marito... Facevano male perché
c'era
stato un tempo in cui la donna che amava aveva volto il suo sguardo
altrove e un altro uomo si era preso cura di lei. "Lo
consideravi migliore di me" – disse, sotto voce.
Demelza
spalancò gli occhi, sembrava sorpresa da quelle parole.
"Migliore
di te? Ross, che diavolo stai dicendo? Sai benissimo che non
è
così".
Lui
parve non sentirla. Il vulcano che covava in lui da tre anni era in
eruzione e tutto il dolore e la rabbia stavano uscendo. Dovevano
uscire o sarebbe impazzito! Doveva dirle come si sentiva, liberarsi e
farle capire quanto Hugh avesse minato ogni sua certezza e gli avesse
tolto la felicità. "Come potrei saperlo? Hai cantato per
lui,
lo hai pensato, hai provato sentimenti che ti hanno spinta fra le sue
braccia. Hai avuto una figlia da lui e non ti sei mai voltata
indietro per vedere chi ti eri lasciata alle spalle".
Demelza
parve ferita da quelle parole. Ma non rabbiosa, anzi, preoccupata nel
vederlo mettersi così dolorosamente a nudo... "Ross, io non
amavo Hugh. Non dell'amore come lo intendi tu, non nel senso del vero
amore. Era diverso, almeno da parte mia... Per me Hugh era un amore
fatto di affetto, romanticismo, un amore forse da ragazzina.
Quell'amore che non ho vissuto quando avevo l'età giusta per
farlo.
Ma non l'amore che vale una vita, che ti riempe l'esistenza e ti fa
sentire a posto col mondo, non l'amore che ti cattura e fa perdere
d'importanza tutto il resto. Non l'amore senza il quale non puoi
più
vivere e che, se lo perdi, ti fa sentire svuotata e senza aspettative
per il domani. Non l'amore che, quando lo provi, ti stordisce e non
ti fa più capire niente. Quando ero con lui, non mi sentivo
come
quando ero con te".
Era
confuso, si sentiva disorientato davanti a quelle parole e al tono di
rimpianto che lei aveva usato. Aveva detto cose bellissime su cosa
aveva provato in passato per lui e forse proprio per questo era
ancora più arrabbiato con se stesso, oltre che con lei, per
averla
persa. "Non ti sentivi come con me? In bene o in male? Era
meglio o peggio?". Era una domanda stupida, ma aveva bisogno di
sentirglielo dire che per lei, nessuno sarebbe mai stato come lui.
"Ross..."
- sussurrò Demelza, sospirando, non sapendo forse che altro
dire.
Le
prese il polso, la attirò a se. Hugh Armitage aveva avuto la
sua
donna, l'aveva toccata, amata, accarezzata e fatta sua. Lo odiava, lo
avrebbe sempre odiato per questo! E tutto quello che lui voleva era
togliere ogni traccia da lei, dal suo corpo, di quel dannatissimo
poeta che aveva stravolto le loro vite. "Dimmelo? Lo pensi, lo
piangi?".
Demelza
sostenne il suo sguardo. "Lo penso, sì a volte capita. Penso
a
lui come si pensa a una persona per cui si è provato affetto
e che è
morta giovane".
"Lo
rimpiangi? Rimpiangi i suoi baci, come ti toccava, come ti faceva
sentire?".
Demelza
tentò di divincolarsi, con scarsi risultati. "Ross,
smettila!".
Ma
lui non la smise, non poteva, era come un fiume di lava in piena.
"Dimmelo".
"COSA?".
La
guardò. Nel suo sguardo convivevano rabbia, passione e
desiderio. Li
aveva repressi a lungo ma ora non gli era più possibile
farlo.
"Quando ti baciava, sentivi quello che sentivi con me? Quando
hai fatto l'amore con lui, ti ha fatta sentire come ti facevo sentire
io?".
Credeva
che a quelle domande, Demelza si sarebbe arrabbiata e lo avrebbe
spinto via. Invece, incredibilmente, non lo fece. Col fiato corto e
le guance rosse, smise di lottare. Lo guardò negli occhi e
in essi
vide la stessa fermezza, la stessa fierezza e la stessa passione
unita a rabbia che si agitavano anche in lui in quel momento. Santo
cielo, non poteva resisterle quando assumeva quell'espressione e quel
temperamento di fuoco che riusciva a tenergli testa e a zittirlo, a
travolgerlo e confonderlo. "No, non sentivo le stesse cose! Come
avrei potuto, Ross?".
E
a quelle parole, fu troppo. La voleva e lei lo voleva! La conosceva
troppo bene per non accorgersene. Quella strana lite aveva come
abbattuto tutte le barriere che si erano costruiti per resistersi e
ora c'era come una calamita che li attirava uno verso l'altro. Non
era amore, non in quel momento. Non c'era posto per quello, per la
tenerezza, per le carezze, per i baci... Non ne avevano bisogno, per
quelli forse ci sarebbe stato tempo dopo.
Loro
avevano bisogno di sfogare rabbia e dolore troppo a lungo repressi.
La attirò a se e la baciò con passione, foga. E
Demelza lo lasciò
fare, rispondendogli, come se anche lei non avesse bisogno che di
quello. Volevano la stessa cosa, in fondo. Lui voleva togliere dalle
sue labbra e dal suo corpo il sapore di Hugh Armitage e lei
desiderava che lui lo facesse per sentirsi nuovamente pulita e in
pace con se stessa.
C'era
frenesia nei loro gesti, un bisogno disperato di aversi. Non potevano
aspettare, non lei, non lui...
Le
sollevò la gonna, le tolse la biancheria intima e Demelza
rispose
slacciandogli i pantaloni. Non avevano tempo per spogliarsi del
tutto, non avrebbero potuto aspettare.
La
prese con forza, la sentì irrigidirsi per il dolore ma non
poteva
fermarsi. Né Demelza pareva desiderarlo. Lo strinse a se, i
loro
sguardi rabbiosi si fronteggiarono senza mai abbandonare la presa. Si
mosse dentro di lei con rabbia, velocemente. Mai si era comportato
così, mai un loro amplesso era stato tanto selvaggio. Ma non
potevano farne a meno, era tutto quello di cui entrambi avevano
bisogno.
"Vorrei
che non fosse morto" – disse, fronteggiandola, con aria di
sfida.
Demelza,
travolta da quel turbine di piacere unito a dolore, si morse il
labbro. "Perché?".
"Perché
almeno lo avrei potuto uccidere io! E lo avrei fatto, sai?".
Demelza
gli afferrò i capelli, avvicinandolo a lei. Lo
baciò con rabbia,
gli morse il labbro e poi tornò a guardarlo negli occhi
mentre lui
si muoveva dentro di lei. "No, non lo avresti fatto" –
asserì, sicura.
"E
invece sì! L'ho salvato una volta ma ora so che non salverei
niente
di lui, eccetto Eleanor".
Questo
la zittì e per la prima volta Demelza non seppe cosa
rispondere.
I
loro movimenti divennero ancora più concitati e non
parlarono più,
presi in quel rapporto fatto di passione, frenesia e rabbia.
Non
durò a lungo, tutto scivolò via in pochi, intensi
attimi, in un
piacere intenso e bruciante... E in fondo entrambi sapevano che non
poteva che essere così.
Dopo
rimasero in silenzio, uno a fianco dell'altra, ad osservare il
soffitto. Il rumore della pioggia era l'unico alito di vita in quella
capanna fatta di muto silenzio e stupore per quanto successo. Era
strano per Ross, non riusciva a muoversi, a toccarla, a fare nulla.
La
rabbia e la frenesia di poco prima avevano lasciato il posto a una
pace fatta di immobilità. Si sentiva in colpa, non era
così che
avrebbe voluto che succedesse, ma in entrambi l'istinto aveva preso
il posto dei sentimenti e della ragione. Erano tre anni che non la
toccava e forse quanto successo ne era la naturale conseguenza. "Mi
spiace di averti fatto male" – disse solo, sotto voce.
Mollemente,
Demelza girò il capo verso di lui. Abbassò la
gonna del vestito che
era rimasta sollevata e poi, con fare stanco, scosse la testa. "E'
andata come doveva andare. Avevo... Avevamo bisogno... che fosse
così".
"Stai
bene?".
"Sì".
Ross
sentì improvvisamente freddo. Passata la rabbia, passata la
frenesia, sopito il desiderio, restava l'amarezza per quell'amore
bello e pulito che avevano perso e che mai avrebbero potuto
incontrare fra le braccia di qualcun altro. Ora lo sapevano
entrambi... "Mi dispiace lo stesso, non so cosa mi sia preso".
Demelza
sorrise, un sorriso triste. "Sei arrabbiato da tre anni, tutto
qui. E ne hai mille buoni motivi. Ma non avremmo dovuto farlo, questo
non risolve nulla e anzi, complica di nuovo tutto".
Ross
guardò distrattamente le travi di legno del soffitto. "Io lo
volevo e anche tu".
Lei
non negò, sapeva che Ross la conosceva come le sue tasche.
"Sì,
certo. Ma non sempre è auspicabile fare quello che si
desidera".
Si
voltò verso di lei, accarezzandole delicatamente i capelli e
la
guancia. "Ma essendo sposati, non abbiamo fatto nulla di poi
così sbagliato".
Demelza
lo guardò storto, non così convinta della cosa.
"Ross, questo
non ci porterà a nulla. E' sbagliato per noi, anche se siamo
ancora
sposati. Dovevamo tornare al villaggio, DEVO tornare a riprendere mia
figlia che ho lasciato nelle mani di altri per... per...".
"Per
viverti un attimo con tuo marito!" - disse lui, concludendo la
frase per lei.
Lei
alzò gli occhi al cielo, cercando di mettersi a sedere.
"Ross,
dico sul serio! Devo tornare al villaggio a riprendere Ellie, si sta
facendo tardi".
"No,
non è tardi, c'è ancora luce anche se sta
piovendo". Non
voleva andarsene, non ancora. Voleva stare con lei, di nuovo, e
impedirle di scappare. Voleva amarla, stavolta in modo diverso, con
la dolcezza e la tenerezza di una volta.
Demelza
sospirò. "Perché vuoi stare qui? Fa freddo,
è umido e abbiamo
a pochi metri un fiume in piena che potrebbe straripare".
Si
sedette, la fronteggiò. "Voglio fare l'amore con te".
"Lo
abbiamo appena fatto, Ross!".
Lui
scosse la testa. "In quello che abbiamo fatto poco fa, non c'era
niente di amorevole".
Per
qualche strano motivo questo la fece sorridere, spezzando un
pò
della tensione e dell'imbarazzo che si era creato fra loro.
"Accidenti a te" – disse, tirandogli in faccia una
manciata di paglia.
"Vuoi?"
- insistette lui. Doveva insistere, doveva abbattere tutte le difese
che Demelza si era costruita attorno per non soffrire.
E
stavolta fu Demelza ad accarezzargli la guancia. "Ross, ci
faremo del male, lo sai?".
"Sarà
bellissimo farmi male con te".
Demelza
gli sfiorò la mano, intrecciò le dita alle sue e
sospirò. Pure lei
sembrava combattuta e impaurita quanto lui. Non era la risoluzione
dei loro problemi, lo sapevano entrambi. Ma erano anche consapevoli
che dire no, alzarsi ed uscire non era la soluzione. Avrebbero solo
rimandato l'inevitabile e sarebbe bastato un niente per ricascarci.
Si desideravano da sempre e sempre sarebbe stato così. Se
non fosse
successo quel giorno, che importanza avrebbe avuto? Sarebbe successo
il giorno dopo, dopo una settimana o dopo un mese. Ma sarebbe
successo! "Ross, ce ne pentiremo, dopo" – provò ad
argomentare, con scarsa convinzione.
"Forse
no". La rivoleva, almeno per un attimo rivoleva la donna della
sua vita.
Demelza
rimase in silenzio per un attimo, come in riflessione. Lo
guardò,
osservò il capanno che era stato il loro rifugio e poi la
finestra
da cui, tenue, entrava un pò di luce. Poi staccò
la mano dalla sua
ma fu solo per un attimo. La riprese, la portò al suo
corpetto e la
poggiò sui bottoni che lo tenevano legato. "Sì
Ross" –
disse solo, dandogli il permesso di farlo.
Lui
annuì. La strinse a se, la baciò sulle labbra
dolcemente, senza più
la foga di poco prima. Piano, uno dopo l'altro, si tolsero tutti gli
indumenti che prima non avevano avuto tempo di levarsi.
Così,
senza fretta, gustandosi ogni attimo, ogni tocco e ogni carezza...
Ross
la guardò, era bellissima come la ricordava e le gravidanze
non
avevano scalfito per nulla il suo fisico che sembrava ancora quello
di una ragazzina. Era più magra rispetto a quando vivevano
assieme a
Nampara, Demelza viveva una vita dura e difficile e probabilmente il
cibo scarseggiava spesso nella realtà quotidiana che si era
costruita.
La
guardò e capì che era sua, che era sempre stata
sua e che lui era
stato un grandissimo idiota a farla scappare lontano, insieme a un
altro. Non poteva tornare indietro nel tempo per rifare tutto senza
errori, dai suoi errori non poteva fare altro che imparare.
E
forse quello era il primo passo...
La
spinse delicatamente sulla paglia, si toccarono e accarezzarono senza
fretta, guardandosi negli occhi come se avessero paura di perdersi.
Non c'era più la rabbia e la foga di poco prima e il dolore
aveva
lasciato posto alla voglia di amarsi e riscoprirsi. Era strano, erano
marito e moglie da anni ma si sentivano emozionati come se entrambi
stessero vivendo la loro prima volta.
La
baciò a lungo e con lei fece l'amore a lungo.
Non
fu breve, non fu come poco prima...
Fuori
la pioggia batteva incessantemente sulla campagna inglese ma a Ross
non importava. A quella pioggia doveva tutto!
Per
molti era fonte di preoccupazione ma a lui, a loro, aveva donato un
attimo di vero amore.
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