Capitolo
22
-Hai
capito benissimo, non serve che te lo ripeta.-
Per
un momento non capii, poi mi resi conto che dovevo aver pensato ad
alta voce, il che indicava evidentemente che non stavo bene. Proprio
per niente, non era da me essere così distratta.
-No,
sono molte cose ma non certo imbecille.- ribattei, senza troppo
sforzo. Meglio così, il mio caratteraccio stava ritornando
dalla
vacanza immeritata che si era preso.
-Su
questo siamo tutti d'accordo.- disse Kai, tentando di immettersi
nella conversazione per spostare il discorso su qualcosa di meno
pericoloso. Era intelligente quel ragazzo, tutti lo trattavano come
un bel faccino ma aveva un cervello niente male. Aveva capito
perfettamente che piega stavano prendendo le battutine di Chanyeol,
così come lo avevo compreso io e la situazione non mi
piaceva.
Chanyeol,
però, alzò le spalle e senza dire niente a
nessuno, prese una
bottiglietta d'acqua ed uscì dalla cucina...certo, non prima
di
avermi mandato un'occhiata piuttosto eloquente.
Perplessa
mi girai a guardare Baekhyun, che scrollò le spalle, anche
lui
indeciso quanto me.
Non
avevo idea di cosa avrei dovuto fare, se seguirlo e chiarirci oppure
far finta di nulla e cucinare il minestrone.
Scelsi
la seconda, rendendomi conto dell'egoismo che mi guidava, ma
d'altronde non avevo voglia di altri problemi.
Finii
di cucinare in fretta e, una volta portato il rancio, salutai tutti
rintanandomi nella mia bat-caverna, tentando di non far capire il mio
turbamento.
Ma
cosa voleva quel tipo da me?
Mi
aveva domandato di uscire insieme a lui e io avevo acconsentito,
oltre a questo non saprei proprio che altro fare.
Lo
avevo cercato ma, a quanto pareva, la voglia di vedermi non c'era
altrimenti trovare un buco tra i suoi impegni non sarebbe stato un
problema.
Alzai
le spalle con noncuranza, se aveva voglia di vedermi sapeva dove
trovarmi.
Ero
in ritardo, come al solito.
Mai
una novità in quella vita.
Decisi
che al mio ritorno dall'università avrei chiamato James, non
ne
potevo più di continuare a fare da balia a quei ragazzi.
Non
fraintendetemi li adoravo, a parte uno, ma non riuscivo a star dietro
alle lezioni e agli esami. In Corea il sistema universitario
è molto
più rigido di quello italiano, di conseguenza rimanevo
sempre un
passo indietro rispetto agli altri.
Non
avevo intenzione di rischiare l'anno.
Avrei
mantenuto i miei obblighi per continuare a vivere in quella casa, ma
non potevo più recarmici ogni giorno.
Non
era assolutamente una giustificazione, no?
In
ogni caso non mi importava nulla, gli orari stavano diventando
davvero improponibili e non riuscivo ad organizzarmi tra il lavoro e
lo studio.
-Alleluia
Carl, pensavo fossi caduta preda di qualche malanno improvviso e,
agonizzante in mezzo alla strada, cercassi aiuto disperatamente.-
esclamò Bea, con una simpatia che faceva invidia.
-Io
mi chiedo se queste battute così spiritose te le studi la
notte. A
volte mi stupisci.-
-Rimarrai
sempre con questo dubbio.- commentò, prendendomi
sottobraccio e
trascinandomi verso l'entrata dell'università.
-Hai
questa malsana mania di volermi staccare il braccio. Cosa ti ha fatto
di male, poverino?- chiesi teatralmente, cercando di simulare la mia
espressione divertita in una smorfia di dolore.
-Lascia
perdere la carriera da attrice. Andresti a vivere sotto i ponti
cara.-
-Ti
ringrazio, sempre gentile.-
Mi
liberai dalla sua presa ferrea e mi fiondai in aula.
Si
preannunciava una giornata davvero pesante.
Una
volta infilata la chiave nella toppa, tirai un sospiro di sollievo,
finalmente quella giornata estenuante stava per finire.
Non
vedevo l'ora di farmi una doccia calda, infilare il mio pigiama con
le paperelle e buttarmi nel letto pronta per dormire fino alla
settimana dopo.
Invece
mi aspettava la cucina dei vicini, nella casa dei vicini e
probabilmente anche con i vicini al suo interno.
La
giornata andava sempre meglio.
Mi
sfilai il giubbotto di pelle e lo lanciai sul divano, insieme alla
borsa piena di libri universitari. Mi tolsi le scarpe e indossai le
pantofole rosa, pronta per entrare all'inferno.
Sbuffando,
aprii la porta e con estrema tranquillità, varcai la soglia
della
casa. Lo spettacolo che vi trovai mi lasciò come sempre
basita.
I
ragazzi erano tutti sul divano, abbracciati in una stretta mortale
mentre dalla televisione arrivavano urli terrificanti. Ovviamente
stavano guardando un film horror, categoria odiata dalla sottoscritta
che preferiva film d'azione o semplice commedie.
Alzai
le spalle, a me andava bene, almeno finché non mi
costringevano a
guardarli con loro, lì iniziavano a crearsi i veri problemi.
So
essere una grandissima rompipalle quando mi ci metto.
Comunque
mi avviai verso la cucina, senza far caso ad un paio di occhi a
mandorla che mi seguivano nella semi oscurità. Ero intenta
ad
insultarmi per non aver fatto la spesa, quando un gentiluomo con i
capelli a fungo non mi spuntò dietro le spalle.
Da
brava eroina qual ero, saltai spaventata, pensando chissà
cosa. E
ovviamente ne ricavai una risata schernitrice.
-Che
vuoi?- sibilai malevolmente a Chanyeol.
Lui,
per un momento, spalancò gli occhi sorpreso, ma fu questione
di
pochi secondi, poco dopo gli aveva già ridotti ad una
fessura. Beh,
più di quanto non fossero già.
-Sei
insopportabile, lo sai?-
-Me
lo dicono in molti.- ribattei, senza saper bene cosa dire.
-Dovresti
dargli ascolto.- rispose lui, prendendo una bottiglietta d'acqua ed
accingendosi ad andare verso il salotto.
-Sicuramente,
ma vedi, almeno io non chiedo falsi inviti.- sputai, senza pensare a
quello che avevo appena detto. Cavolo, perché non tengo a
freno la
lingua qualche volta?
Chanyeol
si voltò a guardarmi, il viso sconvolto.
Sconvolto
da che cosa, mi chiesi io. Bah, mistero della vita.
-Che
hai da guardarmi così? Ho detto solo la verità.-
mi difesi,
prendendo una padella per cuocere delle bistecche.
Sbatté
gli occhi un paio di volte e poi si scrollò.
-Me
ne sono dimenticato.- sussurrò, guardando per terra.
-Come
te ne sei dimenticato?! Come cavolo hai fatto a dimenticartene?!-
urlai, tanto da far spegnere la televisione agli altri e farli
accorrere per paura che uccidessi qualcuno.
Almeno,
suppongo fosse per quello, divento abbastanza feroce quando mi ci
metto.
-Ascolta...
ho avuto mille cose a cui pensare: le canzoni, i concerti... non
avevo il tempo per pensare anche a te.-
Nel
finire la frase si accorse della grandissima cavolata che era appena
uscita dalla sua bocca, spalancò gli occhi e aprì
la bocca,
probabilmente cercando qualche giustificazione per la sua uscita. Ma
rimase a boccheggiare, senza sapere cosa dire.
Io,
dal canto mio, non avevo nulla da ribattere.
Gli
stiravo le mutande, pulivo la loro casa, cucinavo, studiavo. Non
avevo il tempo nemmeno per guardarmi un film,per chiamare un'amica.
Non
avevo tempo per vivere.
E
lui non riusciva a trovare cinque minuti per pensare a me? Per
chiedermi se andava bene venerdì, alle otto, al ristorante
giapponese?
Ma
vaffanculo.
-Beh,
visto che sei così occupato da non trovare neanche cinque
minuti per
me, meglio che non ti disturbi affatto.- ribattei, mettendo nel
piatto le bistecche e servendole agli undici ragazzi sbigottiti.
-Anzi,
sarà meglio che mi trovi qualcos'altro da fare, non vorrei
mai
assillarti troppo con la mia presenza.-
E
dopo questa stupenda frase d'effetto, levai le tende, tornandomene a
casa pronta per la serata che avrei dovuto avere: doccia, pigiama e
letto.
Ma
prima urgeva una chiamata a James.
Il
prima possibile.
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