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Autore: Ghrian    24/01/2018    0 recensioni
Carlotta è una semplicissima ragazza italiana, una come tante: studia, esce con delle amiche incredibilmente più pazze di lei...
Ma nell'università che frequenta stanno organizzando un tirocinio all'estero con un'altro indirizzo, completamente opposto al suo.
Si ritroverà catapultata in un altro mondo, a contatto con una cultura e abitudini enormemente differenti dalle sue e dovrà adattarsi a tutti i costi.
Aggiungiamoci due amici sclerati, lei che non è da meno e l'entrata in campo di dodici ragazzi... l'esplosione è alle porte, io lancio l'avvertimento!
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 22


-Hai capito benissimo, non serve che te lo ripeta.-

Per un momento non capii, poi mi resi conto che dovevo aver pensato ad alta voce, il che indicava evidentemente che non stavo bene. Proprio per niente, non era da me essere così distratta.

-No, sono molte cose ma non certo imbecille.- ribattei, senza troppo sforzo. Meglio così, il mio caratteraccio stava ritornando dalla vacanza immeritata che si era preso.

-Su questo siamo tutti d'accordo.- disse Kai, tentando di immettersi nella conversazione per spostare il discorso su qualcosa di meno pericoloso. Era intelligente quel ragazzo, tutti lo trattavano come un bel faccino ma aveva un cervello niente male. Aveva capito perfettamente che piega stavano prendendo le battutine di Chanyeol, così come lo avevo compreso io e la situazione non mi piaceva.

Chanyeol, però, alzò le spalle e senza dire niente a nessuno, prese una bottiglietta d'acqua ed uscì dalla cucina...certo, non prima di avermi mandato un'occhiata piuttosto eloquente.

Perplessa mi girai a guardare Baekhyun, che scrollò le spalle, anche lui indeciso quanto me.

Non avevo idea di cosa avrei dovuto fare, se seguirlo e chiarirci oppure far finta di nulla e cucinare il minestrone.

Scelsi la seconda, rendendomi conto dell'egoismo che mi guidava, ma d'altronde non avevo voglia di altri problemi.

Finii di cucinare in fretta e, una volta portato il rancio, salutai tutti rintanandomi nella mia bat-caverna, tentando di non far capire il mio turbamento.

Ma cosa voleva quel tipo da me?

Mi aveva domandato di uscire insieme a lui e io avevo acconsentito, oltre a questo non saprei proprio che altro fare.

Lo avevo cercato ma, a quanto pareva, la voglia di vedermi non c'era altrimenti trovare un buco tra i suoi impegni non sarebbe stato un problema.

Alzai le spalle con noncuranza, se aveva voglia di vedermi sapeva dove trovarmi.


Ero in ritardo, come al solito.

Mai una novità in quella vita.

Decisi che al mio ritorno dall'università avrei chiamato James, non ne potevo più di continuare a fare da balia a quei ragazzi.

Non fraintendetemi li adoravo, a parte uno, ma non riuscivo a star dietro alle lezioni e agli esami. In Corea il sistema universitario è molto più rigido di quello italiano, di conseguenza rimanevo sempre un passo indietro rispetto agli altri.

Non avevo intenzione di rischiare l'anno.

Avrei mantenuto i miei obblighi per continuare a vivere in quella casa, ma non potevo più recarmici ogni giorno.

Non era assolutamente una giustificazione, no?

In ogni caso non mi importava nulla, gli orari stavano diventando davvero improponibili e non riuscivo ad organizzarmi tra il lavoro e lo studio.

-Alleluia Carl, pensavo fossi caduta preda di qualche malanno improvviso e, agonizzante in mezzo alla strada, cercassi aiuto disperatamente.- esclamò Bea, con una simpatia che faceva invidia.

-Io mi chiedo se queste battute così spiritose te le studi la notte. A volte mi stupisci.-

-Rimarrai sempre con questo dubbio.- commentò, prendendomi sottobraccio e trascinandomi verso l'entrata dell'università.

-Hai questa malsana mania di volermi staccare il braccio. Cosa ti ha fatto di male, poverino?- chiesi teatralmente, cercando di simulare la mia espressione divertita in una smorfia di dolore.

-Lascia perdere la carriera da attrice. Andresti a vivere sotto i ponti cara.-

-Ti ringrazio, sempre gentile.-

Mi liberai dalla sua presa ferrea e mi fiondai in aula.

Si preannunciava una giornata davvero pesante.


Una volta infilata la chiave nella toppa, tirai un sospiro di sollievo, finalmente quella giornata estenuante stava per finire.

Non vedevo l'ora di farmi una doccia calda, infilare il mio pigiama con le paperelle e buttarmi nel letto pronta per dormire fino alla settimana dopo.

Invece mi aspettava la cucina dei vicini, nella casa dei vicini e probabilmente anche con i vicini al suo interno.

La giornata andava sempre meglio.

Mi sfilai il giubbotto di pelle e lo lanciai sul divano, insieme alla borsa piena di libri universitari. Mi tolsi le scarpe e indossai le pantofole rosa, pronta per entrare all'inferno.

Sbuffando, aprii la porta e con estrema tranquillità, varcai la soglia della casa. Lo spettacolo che vi trovai mi lasciò come sempre basita.

I ragazzi erano tutti sul divano, abbracciati in una stretta mortale mentre dalla televisione arrivavano urli terrificanti. Ovviamente stavano guardando un film horror, categoria odiata dalla sottoscritta che preferiva film d'azione o semplice commedie.

Alzai le spalle, a me andava bene, almeno finché non mi costringevano a guardarli con loro, lì iniziavano a crearsi i veri problemi. So essere una grandissima rompipalle quando mi ci metto.

Comunque mi avviai verso la cucina, senza far caso ad un paio di occhi a mandorla che mi seguivano nella semi oscurità. Ero intenta ad insultarmi per non aver fatto la spesa, quando un gentiluomo con i capelli a fungo non mi spuntò dietro le spalle.

Da brava eroina qual ero, saltai spaventata, pensando chissà cosa. E ovviamente ne ricavai una risata schernitrice.

-Che vuoi?- sibilai malevolmente a Chanyeol.

Lui, per un momento, spalancò gli occhi sorpreso, ma fu questione di pochi secondi, poco dopo gli aveva già ridotti ad una fessura. Beh, più di quanto non fossero già.

-Sei insopportabile, lo sai?-

-Me lo dicono in molti.- ribattei, senza saper bene cosa dire.

-Dovresti dargli ascolto.- rispose lui, prendendo una bottiglietta d'acqua ed accingendosi ad andare verso il salotto.

-Sicuramente, ma vedi, almeno io non chiedo falsi inviti.- sputai, senza pensare a quello che avevo appena detto. Cavolo, perché non tengo a freno la lingua qualche volta?

Chanyeol si voltò a guardarmi, il viso sconvolto.

Sconvolto da che cosa, mi chiesi io. Bah, mistero della vita.

-Che hai da guardarmi così? Ho detto solo la verità.- mi difesi, prendendo una padella per cuocere delle bistecche.

Sbatté gli occhi un paio di volte e poi si scrollò.

-Me ne sono dimenticato.- sussurrò, guardando per terra.

-Come te ne sei dimenticato?! Come cavolo hai fatto a dimenticartene?!- urlai, tanto da far spegnere la televisione agli altri e farli accorrere per paura che uccidessi qualcuno.

Almeno, suppongo fosse per quello, divento abbastanza feroce quando mi ci metto.

-Ascolta... ho avuto mille cose a cui pensare: le canzoni, i concerti... non avevo il tempo per pensare anche a te.-

Nel finire la frase si accorse della grandissima cavolata che era appena uscita dalla sua bocca, spalancò gli occhi e aprì la bocca, probabilmente cercando qualche giustificazione per la sua uscita. Ma rimase a boccheggiare, senza sapere cosa dire.

Io, dal canto mio, non avevo nulla da ribattere.

Gli stiravo le mutande, pulivo la loro casa, cucinavo, studiavo. Non avevo il tempo nemmeno per guardarmi un film,per chiamare un'amica.

Non avevo tempo per vivere.

E lui non riusciva a trovare cinque minuti per pensare a me? Per chiedermi se andava bene venerdì, alle otto, al ristorante giapponese?

Ma vaffanculo.


-Beh, visto che sei così occupato da non trovare neanche cinque minuti per me, meglio che non ti disturbi affatto.- ribattei, mettendo nel piatto le bistecche e servendole agli undici ragazzi sbigottiti.

-Anzi, sarà meglio che mi trovi qualcos'altro da fare, non vorrei mai assillarti troppo con la mia presenza.-

E dopo questa stupenda frase d'effetto, levai le tende, tornandomene a casa pronta per la serata che avrei dovuto avere: doccia, pigiama e letto.

Ma prima urgeva una chiamata a James.

Il prima possibile.

   
 
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