TRE 2 _2
Anche
se la maggior parte delle guardie stava gestendo i prigionieri nel
cortile, le due occupate a sorvegliare le camere di Irakua erano
rimaste davanti alla porta. Asa si era seduta sul bordo del
letto, inquieta. Dall'incidente Irakua l'aveva pregata di stare con
lei ogni notte, richiesta a cui aveva accettato senza indugi. Le
piaceva poter passare del tempo in quella parte del castello, la casa
che divideva con la madre non erano così confortevole.
Inoltre sapeva che c'era qualcosa che non andava. Bastò qualche
giorno
per rivedere la solita Irakua, serena e gioviale, ma alcuni dei suoi
gesti mostravano un flebile sforzo, come se volesse nascondere quanto
l'episodio
l'avesse scossa.
- Asa… -
Ancora assopita Irakua non aprì nemmeno ad aprire gli occhi. - Lo
senti anche tu? -
- Di
che parli? -
Senza
la minima prova di cosa stesse parlando Asa provò a cercare un
suggerimento tra le ombre sui muri. Ci volle un po' per accorgersi
del tiepido calore sotto di loro. Sempre più velocemente il
materasso diventò incandescente. Stranita, Irakua si sollevò con le
mani mentre i timori di Asa la fecero destare completamente. Cercò
di prendere Irakua per un polso per spingerla via ma le sembrò di provare a spostare un
macigno. Spinta via da una forza estranea lasciò la presa, cadendo
pesantemente sul pavimento.
- ASA! -
Irakua cercò di raggiungerla ma i suoi piedi rimasero bloccati tra
le lenzuola. - ASA! -
La
porta della stanza si spalancò fragorosamente. Le guardie avevano
sentito le urla. Vennero colpiti da un forte vento anche se le
finestre erano chiuse. Sia Asa che gli uomini cercarono di
raggiungere il letto, bloccati.
- ASA!
AIUTAMI TI PREGO!!! -
Per quanto spingessero
le loro mani non oltrepassavano una distanza di pochi centimetri. Come trovarsi davanti ad un muro invisibile.
Continuarono
a provare fino alla colonna di luce. Irakua
sparì all'interno dello stesso bagliore. Continuò a gridare fino a quando tutto cessò.
Il
respiro di Asa si alternò ai singhiozzi. Poi la vide. Ancora nella
stessa posizione, Irakua era totalmente incolume.
Ringraziando
Silk Asa la raggiunse, piangendo ancor più forte. - Oh, aim…aim… -
Non
riusciva a fermarsi. Il senso di impotenza, mischiato alla
preoccupazione, la stavano soggiogando. Fortunatamente Irakua stava
bene.
Cercò
le sue mani, capire cosa fosse successo...
...ma
Irakua non reagì. Teneva lo sguardo fisso sul materasso. Nuovamente
le speranze della damigella crollarono.
- Come Stai Ika? Ti prego,
risp... -
Il
gesto fù improvviso. Continuando ad ignorarla Irakua appoggiò i
piedi a terra e si mise in piedi. - Devo andare. -
La
sua voce uscì era così tenue che a stento riuscirono a sentirla.
- Dove?
Cosa succede Ika? Dimmi qualcosa, ti prego... -
Forse
non poteva sentirla. Provò a chiamarla ancora, senza risultato, mentre una delle due
guardie si mise tra Irakua e la porta. - Cerchi di capire, ci è
stato dato l'ordine di non farla uscir... -
Le
parole gli si bloccarono in gola. Non riuscì vedere da dove
fosse uscito quel braccio ma solo cosa gli appoggiò sul collo: Un
coltello abbastanza largo da squarciargli la gola con un solo
movimento.
Asa
gridò per lo spavento. Tutti i presenti si immobilizzarono.
Incurante
della scena, Irakua continuò il suo cammino.
Verso il salone nei
sotterranei.
Hammerstone
riaccese tutte le torce, riportando l'illuminazione nella sala ad una
tenue penombra.
- Ommanion,
io non capisco… - balbettò Maki.
- Porti
pazienza. Presto dovremmo conoscere i risultati dei nostri sforzi. -
Spazientito,
il ravuo provò a mettersi il cuore in pace. Nell'attesa poteva
risolvere un altra questione. Si avvicinò a Grifon. Senza un
adeguata sorveglianza, il comandante non aveva provato
alcun gesto avventato.
- Chiamerò
qualcuno che li scorti in una cella. - dichiarò Hammerstone.
Il
ravuo lo ignorò. - Solo gli uomini che sono venuti al castello
verranno imprigionati. Per quanto riguarda il comandante Grifon, la
punizione sarà diversa. Avrei potuto anche comprendere i motivi che
l'hanno portata qui, ma ha ignorato una mia richiesta e cercato di
ferire un fedele servitore del regno... questo è tradimento. -
Il
cuore del generale iniziò a battere irregolarmente.
Dopo la magia, anche una condanna a morte?
Ed
è proprio a lui che Maki si rivolse. - Sarai tu, Greguar, a
eseguire la sentenza. -
La
sua risposta arrivò repentina. - Mi rifiuto. Grifon verrà messo a
processo. -
- VUOI
FORSE DISOBBEDIRE AD UN MIO ORDINE??? -
- Fermatevi
tutti. -
Anche
se tenue, Maki riconobbe subito la voce. Non appena la vide scendere
le scale la rabbia lasciò spazio ad una cieca paura. Aveva
espressamente ordinato ai suoi uomini di non fare uscire Irakua dalle
sue stanze e, in cuor suo, che non scoprisse mai ciò che stavano
facendo. Invece era lì.
Precipitosamente
la raggiunse. - Irakua, che cosa… -
Bastò
guardarla negli occhi per capire che c'era qualcosa di strano in lei.
Appariva stanca ed assonnata, da più vicino completamente assente.
Inoltre, chiunque avrebbe fatto domande dopo aver sentito l'allarme o
vedendo i prigionieri nel cortile. Irakua no. Non mostrava la minima
preoccupazione.
- Non
uccidetelo. - disse lei. - Ci servirà. Come tutti gli altri. -
Senza
nemmeno che Maki se ne accorgesse, i ruoli si erano invertiti. Non
più colui che nascondeva la verità, ma quello che non capiva.
- Gli
uomini che sono stati catturati. Falli portare qui. -
- Perchè? -
la voce di Maki si fece quasi disperata. - Irakua, ma che sta
succ... -
- Sarò
io ad avverare il tuo desiderio, padre. Riporterò la sicurezza a
Raula, esattamente come tu vuoi. -
E
lì fù chiaro. Hammerstone ed Ommanion rimasero incerti sul da
farsi, Grifon confuso. Il ravuo devastato. Abbattuto, abbassò
lo sguardo. - Sarà fatto... -
Si
incamminò verso le scale. Hammerstone lo raggiunse, camminando
al suo fianco. - Dove stai andando? La questione non è finita. -
Il
ravuo si fermò di soprassalto, lanciando all'amico uno sguardo
affranto.
Irakua
era stata coinvolta. Il resto non aveva più senso.
- Volevo
fare la cosa giusta. -
Ricominciò
a camminare. Fermo, Hammerstone lo seguì con lo sguardo mentre saliva le scale. Sarebbe stato
bellissimo fare lo stesso; chiudere quella faccenda come se non fosse
mai avvenuta. Non poteva. Vedere coi propri occhi le intenzioni di
Irakua aveva la priorità.
- Generale
Hammerstone? - nel silenzio della sala, la voce di Irakua era
ancora comprensibile.
- Dimmi
Irakua. -
- Prenda
quattro uomini. Insieme, portate ogni prigioniero. -
Hammerstone
ebbe un attimo di esitazione. - Ha intenzione di ucciderli? -
- Nessuno
di loro morirà. Non questa notte. -
Ancora titubante Hammerstone seguì gli ordini. Poco dopo ritornò con quattro soldati che controllavano la fila di prigionieri.
I
sentimenti di Grifon sbalzavano velocemente tra il fallimento e ciò
Irakua poteva avere in serbo per loro. Nonostante ciò, fù un
sollievo vedere ogni partecipante alla missione camminare sui propri
piedi. Le esche del ponte non parevano ferite, Jojer, Kimistro e
Garen avevano macchie di sangue e lividi su braccia e testa.
Quando
tutti furono fatti inginocchiare nei pressi della scala, Irakua si
fermò a pochi passi dal contenitore di metallo. Tracciò una linea per aria. Il suo movimento parve
lineare e preciso, proprio come la luminosa incisione quadrata che si delineò
sul pavimento. Si sollevarono sottili pareti
trasparenti, il cubo si completò. La superficie si fece densa, fino a
diventare completamente nera.
La scena lasciò sia i soldati, che gli uomini di Grifon
increduli. In pochi trovarono il coraggio di commentare.
La
parete si dissolse. Al suo interno non vi era più nulla; il
contenitore svanito insieme al pavimento su cui era appoggiato.
Gli
occhi spenti della ragazza si soffermarono su uno dei prigionieri.
- Portatelo
qui. -
- Io
sono il responsabile di ciò che è accaduto! - esclamò Grifon. - Abbiate clemenza con i miei uomini. -
Un
paio di guardie continuarono a procedere verso Smer.
- AVETE
VISTO?? - gridò Smer. - PIETà VI PREGO!! -
L'uomo
cercò
disperatamente di divincolarsi. Dopo un paio di
tentativi riuscirono a sollevarlo di peso e portarlo nelle
vicinanze di Irakua.
Le suppliche di smer non portarono alcun risultato, amplificandosi
quando venne gettato nel fosso. Anche gli uomini che lo avevano
portato lì rimasero agghiacciati. Si trovarono davanti ad un
fosso
di almeno venti piedi di profondità. I mattoni perfettamente
intagliati come se il foro per terra fosse sempre sato lì. Un
perfetto cubo. Si allontanarono velocemente, senza il
coraggio di alzare gli occhi.
Irakua
sollevò entrambe le braccia. Bastarono tre parole in un
irriconoscibile lingua ed una grande fiamma purpurea si sollevò dal
fondo della fossa. Le urla di Smer si fecero disumane.
- Lo
sta bruciando! - esclamò qualcuno.
Un
minuto, forse due e le sofferenze di Smer finirono. Il fuoco si
affievolì, lasciando solo una densissima coltre di fumo che si
espanse nell'aria circostante. Le torce rimasero alte ad illuminare
il centro della sala. Molti dei suoi compagni distolsero lo sguardo,
altri pregarono per il compagno caduto.
Poi
sentirono i colpi.
Un
primo tonfo, seguito da un altro. La nebbia si era propagata per gran
parte della sala. Nonostante la densità una figura si sollevò in
piedi, crollando sulle proprie ginocchia dopo un paio di passi.
Metà del suo corpo fù ben visibile. Apatica, Irakua rimase ad ammirare la sua creazione. - Accogli la
tua nuova natura. -
Non
poteva essere Smer. La sua figura era imponente, almeno cinque volte
l'uomo più grosso nella sala. Il volto si era allungato come
quello di
un felino, la muscolatura ingigantita ed un paio di grosse ali ossute
erano comparse dietro la schiena. Il corpo era interamente cosparso di
peli, fatta eccezione del petto muscoloso. Esclamazioni di orrore
echeggiarono per le mura. Irakua le appoggiò una mano sulla
fronte. - D'ora in avanti il tuo unico obbiettivo sarà quello di
proteggere la città e i suoi cittadini. -
Mentre
parlava una forte luce si manifestò sul petto della bestia che ruggì ferocemente.
- Sadarac.
Così ti chiamerai. -
Non
appena quella luce sparì la creatura crollo a terra,
inerme.
- Portatelo
via. - ordinò Irakua.
Dinnanzi
a quell'orrore Hammerstone non riuscì più a rimanere impassibile.
Fece qualche passo verso Irakua ma le grida di Grifon sovrastarono
ogni commento, facendolo fermare.
- SMER!
CHE TI HANNO FATTO? RISPONDIMI SMER!!! -
Irakua
indicò proprio il comandante Grifon come prossima vittima. Debole e
disperato, non oppose nemmeno resistenza.
- CHE SIGNIFICA
HAMMERSTONE? CHE SIGNIFICA TUTTO QUESTO? -
Per
il generale la mancanza di una risposta fù la pietra
tombale sulle sue ultime forze. Rimase a guardare mentre lo
trascinarono. Grifon venne buttato nella fossa ed Irakua ripetè le
stesse parole, ricominciando il ciclo di urla e ruggiti. Nulla era
cambiato, nemmeno le sembianze del Sadarac che venne fuori o l'ordine
che gli venne impartito prima che perdesse conoscenza.
Uno
alla volta gli uomini di Grifon subirono la stessa sorte, alimentando la
durata del processo. Impotente, Kimistro piantò lo sguardo a terra, ascoltando i denti di Garen digrignare.
Dovevano
essere finiti in un altro regno. In una lontana era dove l'uomo non
aveva ancora imparato cosa fosse il rispetto per la propria specie.
- Maledetti… -
Solo
Kimistro sentì il suo compagno mentre Jojer, al fianco di Garen,
venne alzato da terra. Come altri il giovane provò a chiedere pietà,
ottenenendo solamente il dispiacere degli uomini incaricati di
trasportarlo. Secondo Kimistro non provavano nemmeno a nascondere la
paura che li stava muovendo. Erano schiavi di ciò che avevano appena
assistito e loro un manipolo di traditori. Al loro posto non si
sarebbe ricoperto d'onore.
In
quel momento Garen fece esplodere la sua rabbia. - POTETE BRUCIARE
LE NOSTRE ANIME E FAR FINTA CHE NON SIAMO MAI ESISTITI. IL NOSTRO
ESSERE ALIMENTA IL FUOCO DELL'ORGOGLIO DI SILKA. -
Ogni
uomo presente finì per guardarlo. Non Irakua. Da quando era scesa in
quella sala sembrava aver perso il dono dell'ascolto.
- MI
VERGOGNO PER ME STESSO E PER TUTTI QUELLI CHE HANNO DATO LA VITA PER
VOI. NON SIETE MERITEVOLI DI SILKA! NON SIETE MERITEVOLI DI RAULA! ED
UN GIORNO QUALCUNO VE LA FARà PAGARE... -
Si
zittì, accasciandosi al suolo. Pensò a Grifon e ai compagni che
aveva appena perso. Pensò alla sua famiglia e a ciò che sarebbe
potuto accadere alla città in futuro. Quali speranze potevano avere
ora?
Sentì le ginocchia staccarsi dal suolo e i
piedi strisciare sul pavimento. L’impatto con il terreno fù
doloroso ma ormai superfluo. Gli rimase solamente la forza di alzare
gli occhi al cielo e dire poche parole. - La città vi punirà. -
Una
vampata di calore gli salì dalla bocca della stomaco. Le fiamme si
propagarono fino a consumarlo.
Dolore.
Devastante e cieco dolore.
Venticinque,
giganteschi, corpi erano stati ammassati su un angolo esterno della
stanza. Quando ebbe finito, Irakua si rivolse al generale e alle
guardie che avevano appena finito di spostare l'ultimo Sadarac. -
Portateli nelle prigioni. Per molto tempo non dovranno avere
alcun rapporto con un altro essere umano, il loro cuore deve
dimenticare la malvagità con cui si sono macchiati. Durante
tutto il
processo ho fatto in modo che nessuno sentisse alcun rumore
proveniente da qui. Al momento la verità porterebbe nuovo caos,
perciò vi
invito perciò a non parlarne in giro. Se lo farete io lo
saprò e
verrà considerato tradimento. Abbraccerete la causa dei Sadarac.
-
Nel
vedere la paura nei loro occhi Irakua proseguì. - Questi traditori
rinasceranno e daranno a Silka una protezione mai avuta prima.
Credete in me e non dovrete temere più nulla. -
Una
volta concluso li abbandonò nel sotterraneo.
Lo sguardo delle guardie si focalizzò su Hammerstone.
- L’avete
sentita? - disse freddamente. - Portateli nella prigione. -
- Ma
signore… -
- Se
fossi in te non direi altro. È un ordine e va rispettato. -
Il
soldato provò a ribattere ma si bloccò in tempo. - Come
desidera. -
Quando
il generale lasciò il sotterraneo gli uomini avevano appena finito
di organizzare lo spostamento. Ipotizzando quanto le creature
pesassero, ci avrebbero messo tutta la notte.
Resistette
fino al cortile prima di fermarsi, tremante e con la fronte
completamente sudata. Più volte aveva vacillato nel cammino,
sentendo lo stomaco rivoltarsi su sé stesso.
Come
poteva poteva Irakua considerarli traditori quando erano gli unici ad
aver fatto la cosa giusta? Come avrebbero spiegato la presenza dei
Sadarac alla gente? E alle altre città?
Ormai
ne era assolutamente certo. Le urla che aveva sentito in quel
sotterraneo lo avrebbe tormentato per tutta la notte. Forse per
sempre.
Proprio
come le conseguenze.
La
festa andava avanti da ore. Nessuno dei banditi si preoccupò della
confusione che stavano facendo, sapendo che non vi erano persone nella
regione di Numura col coraggio di avvicinarsi al rifugio. Figurarsi
interromperli.
Lurcas
sbucò da una delle siepi vicino all'accampamento. Era
rozzo, si riconosceva tale, ma le cicatrici sul corpo gli avevano
insegnato ad essere cauto, gli amori finiti a mantenere un briciolo
di classe.
Vantavano
cinquanta uomini, numero in costante incremento come le loro
ricchezze. Pensando a quella inimmaginabile lussuria quasi si
commosse.
Era
stato il destino a volerlo. Solo un Dio benevolo li aveva salvati
dalla miseria a cui erano abituati.
Raggiunse
il focolare centrale, il più maestoso che avevano disposto. La sua
dama lo stava attendendo con un malizioso sorriso. Non poteva
rilassarsi con lei, non ancora. A causa del vino che cominciò a
farsi sentire, dovette cercare tra tutte le brutte facce presenti. Si
era allontanato, come sempre.
Imperdonabile.
Anche se aveva giurato con evidente controvoglia, aveva promesso.
Avrebbe partecipato!
- Bond! -
esclamò.
- Cosa
c’è? - chiese un bandito seduto al cerchio del focolare.
- Che
fine ha fatto Kuro? -
- L’ho
visto passare tra gli alberi, non so cosa sia andato a fare… -
Al
pensiero di addentrarsi nella foresta, la vista di Lurcas vorticò in
anticipo. Prima però guardò la sua dama. Non aveva di certo
dimenticato le buone maniere. - Perdonami, amore mio. Devo chiederti
di pazientare ancora un pò. Il ragazzo è giovane, deve imparare a
godere delle gioie della vita. -
Non
sembrò essersi offesa, mandandogli un bacio per aria.
Con
un sorriso smagliante il capo dei banditi passò tra i suoi
uomini. Quando l'oscurità lo avvolse fù facile perdersi nei
ricordi.
Come
fosse ieri. Dieci anni erano già passati.
Lo
avevano incontrato solitario nel passaggio di montagna, con occhi
pieni di disgusto e malvagità. Diceva che stava cercando uomini e
non mostrò la minima paura, nemmeno quando Ragae scese da cavallo
con la mazza tra le mani. Il bambino non sembrò gradire quello
sguardo sprezzante. Lurcas considerò la mossa di Kuro un vero tocco
di classe: Con qualche strano potere lanciò Ragae contro un grosso masso
nelle vicinanze.
Gli
uomini rimasero terrorizzati, così come Lurcas, prima che
realizzasse il potenziale di quell'incontro. Qualsiasi cosa volesse,
qualsiasi cosa fosse, valeva la pena tenerselo stretto. Mai una
scelta nella sua vita si era mai rivelata così azzeccata.
Più
uomini. Più guadagno. Più forza.
Kuro
insegnò a quel gruppo senza destino la sua mentalità. Condivise con
loro il potere, li rese unici. In cambio chiese tempo per diventare
più potente e che tutti loro desiderassero diventare migliori,
superiori.
Anche
dopo aver superato la foresta, il fracasso della festa era altissimo.
Lo trovò qualche metro più avanti, seduto su un albero crollato. Lo sguardo fisso all'oscuro orizzonte.
- Le
parole hanno un valore, Kuro... -
In
ogni loro conversazione il rispetto rimarcava ogni parola, un aspetto
del loro legame che entrambi amavano fortemente. Dall'alto delle sue
capacità Kuro non aveva mai trattato nessuno con superiorità e
Lurcas non si era mai comportato come schiavo.
Troppo
preso dai suoi pensieri, il ragazzo non gli diede retta.
- Kuro… -
riprovò Lurcas.
- Ho
sentito qualcosa.. -
- Certo
che si, con tutta la confusione che stiamo facendo... -
- Non
qui... -
Lurcas fece un passo avanti. - Lo
sai che certe cose devi spiegarmele bene... -
Si
portò al fianco di Kuro, vedendogli nello sguardo tutto l'odio che
stava provando. Sprizzava voglia di uccidere.
Capendo
che stava provando emozioni unicamente umane, Kuro cercò di ritrovare
la calma. - Ho trovato qualcun'altro. -
Anche
se ci provava, rimase sempre una nota di risentimento.
- ...Qualcun'altro? -
- Qualcun'altro
come me, Lurcas, non sono più solo. -
Ritornata
alla stanza, sia Asa che le guardie erano sparite. Irakua si sedette
sul letto, passando qualche minuto a guardarsi le mani. Avrebbe avuto
il tempo di maneggiare quel corpo, imparare ogni cosa. Faceva parte
degli accordi.
- Come
ti senti? -
La
voce alle sue spalle non la sorprese. Sapeva che molto presto si
sarebbe presentato a lei. E già sospettava di chi si trattasse.
- Non
ha alcuna importanza. - rispose.
Si
girò a guardarlo. Rispetto agli altri uomini che aveva visto quella
notte lui non aveva né una chiara forma o dettagli, trovandolo
comunque bellissimo.
- Molto
bene. - l'uomo ombra svanì nel muro. Nello stesso punto comparì
un largo cerchio da cui uscirono tre uomini legati ed imbavagliati.
Il foro nel muro si strinse abbastanza per far passare nuovamente il
busto dell'uomo ombra. - Proprio come vi avevo spiegato: quattro
comandanti. Questi tre non hanno voluto credere alla nostra storia e
ora sanno troppo. Come avete intenzione di procedere? -
- Verranno
trasformati in Sadarac, come le guardie che sono scese nel
sotterraneo e tutti quelli con cui hanno parlato. Una volta liberi
per la città nessuno potrà scoprire quanti sono. - Irakua si
interruppe un attimo. - Non possiamo farlo qui. -
- Non
è un problema. Posso riportarli dove li tenevo fino a domani
mattina. Come preferisci, mia regina. -
La
ragazza si alzò, guardando il cielo notturno da dietro la tenda.
- è
andato tutto a meraviglia. - affermò l'uomo ombra.
- Spero
solamente che il dominatore capirà... -
- Certo
che si. Il futuro è dalla nostra parte. -
Un
mugolio fece girare Irakua verso uno dei corpi. Due erano
incoscienti, il terzo la osservava, cercando di parlare. Non riuscì
proprio a capire cosa stesse provando.
- Risolvo
io. - Allungandosi dalla sua postazione l'uomo ombra strinse l'uomo
per le caviglie, trascinandolo dentro al buco.
Urlare
non servì a nulla.
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