No, non mi
sono dimenticata di questa raccolta, anzi, è una di quelle
cose che occupano costantemente i miei pensieri, ma la vita vera si
mette in mezzo e quindi son passati più di sette mesi
dall'ultimo aggiornamento. Spero che non siate andati via tutti.
Intanto,
piccolo momento in cui protagonista è un personaggio che io
amo molto, Maedhros, figlio maggiore di Feanor, colto poco prima di
partire per le battaglie che alla fine culmineranno nella Nirnaed
Arnoediad, la Battaglia delle Innumerevoli Lacrime.
Russandol
Quando le mie
guardie mi riferirono il nome dell'elfa che si era presentata alle
porte del mio regno, mi misi a ridere. Naturalmente non poteva essere
davvero lei, una donna che avevo visto l'ultima volta piangere su
quel mucchio di cenere che era stato mio padre, e che poi si era
lanciata a capofitto nella battaglia.
Avevo
concluso che era morta in quell'occasione e che il suo spirito, in
qualche modo finalmente sereno, fosse a Mandos.
Invece me la
ritrovai davanti, accerchiata dalle mie guardie, con la solita
espressione indecifrabile e i capelli legati sulla nuca. Provai quasi
un moto di nostalgia, nel vederla dopo tanto tempo, mi ricordava
giorni più felici, a Tirion, prima che il Giuramento ci
portasse alla guerra.
Con un cenno
ordinai che ci lasciassero soli e le guardie uscirono, così
come gli altri che erano nella Sala del Trono.
< Cosa ci
fai qui, Alatariel? > domandai.
Mi lanciò
un lungo sguardo prima di rispondere, come se stesse soppesando la
mia domanda, o riflettendo sulle parole da dire.
< Non
sarei potuta andare da nessun'altra parte, naturalmente, > disse
infine, piano, < ho sentito che uno dei Silmaril si trova ora
nelle mani di Thingol, nel Doriath. Credevo di trovare un raduno di
eserciti. >
Mi stava
accusando di inoperosità, a modo suo persino di tradimento.
< Non c'è
nessuna sicurezza che effettivamente uno dei Gioielli sia stato
recuperato. >
Fece una
smorfia, come un sorriso storto verso di me.
< Un
mortale e la figlia del Re del Doriath sono entrati nella fortezza
del Nemico. Per quale motivo, secondo te? Una fuga romantica? >
< Non sono
uno sciocco, ma una cosa è ipotizzare, ben altra cosa è
avere la certezza. Sei sempre stata fin troppo impulsiva, ma io non
ho solo la responsabilità di me stesso, come puoi vedere.
Inoltre > aggiunsi, prima che potesse ribattere, < ho mandato
dei messaggi ai miei fratelli, e alle case di Fingolfin e Finarfin,
nonché agli Uomini e ai Nani, perché si riuniscano
contro Morgoth. >
Quando
nominai i miei fratelli sembrò sussultare.
Fra tutti i
figli di Feanor io ero stato l'unico con cui Alatariel era riuscita a
stringere un qualche tipo di rapporto, i miei fratelli non si
fidavano di lei e a volte non potevo fare a meno di chiedermi se non
avessero ragione. Perché mio padre aveva portato un'estranea
fra noi? Era evidente che in un certo qual modo fosse attratto da
lei, ma neanche lontanamente quanto Alatariel, ancora ragazzina, lo
fosse a sua volta da Feanor.
Eppure non
potevo fare a meno di trovarla interessante a mia volta, la sua
compagnia era piacevole e sapeva essere dolce e spiritosa quando si
sentiva a proprio agio. Le avevo confidato della mia amicizia con
Fingon prima che a chiunque altro e lei mi aveva parlato di ciò
che provava per Finrod e di come temesse di non poterlo mai
ricambiare. Era stata mia amica, sotto gli Alberi di Valinor.
Adesso mi
sembrava quasi di avere di fronte un'estranea e probabilmente il suo
pensiero era il medesimo. Guardava la mia mano mancante con
espressione sorpresa, come se si stesse chiedendo se l'elfo che aveva
di fronte fosse il medesimo di sempre o qualcuno di totalmente
diverso.
< Come è
successo? > mi chiese, e stranamente la sua voce era sommessa,
commossa quasi. Come al solito i miei tentativi di decifrare i suoi
pensieri si erano rivelati errati.
< Me l'ha
tagliata Fingon. >
Mi guardò,
gelida. Forse pensava che avessi fatto una battuta, ma non fece
commenti.
< Dove sei
stata tutto questo tempo? La tua presenza sarebbe stata importante. >
Lottava con
se stessa? Non voleva rispondermi, o forse non credeva che mi sarebbe
importato? Non sapere cosa le stesse passando per la mente era
frustrante.
< Dovevo
andare via, non potevo sopportare di rimanere con voi. Mi capisci
vero? >
Annuii. La
capivo meglio di quanto mi fossi mai reso conto. Realizzai
improvvisamente, come se qualcuno mi avesse gettato dell'acqua gelida
addosso gridandomi la verità, che una parte di me aveva
sperato di rimanere per sempre prigioniero su quella maledetta
montagna, in preda ai tormenti. Cos'era, in fondo, il dolore di un
polso rispetto all'atroce sofferenza che mi portavo nel cuore?
C'era una
piccola porzione di Maedhros che non aveva mai lasciato il
Thangorodrim, se ne stava appesa lì come se nulla avesse
importanza oltre a quel dolore lancinante.
<
Combatterò. >
La voce di
Alatariel mi riportò bruscamente alla realtà. Non ero
più lì, Fingon era venuto e mi aveva tagliato la mano
all'altezza del polso, ignorando le mie suppliche. Senza rendersene
conto, aveva fatto molto più che salvarmi dal precipizio, mi
aveva salvato da me stesso.
<
Combatterò con te, per la Casa di Feanor, come sempre. >
< Non ho
dubbi che lo farai, come sempre. >
Mi guardò
di sottecchi e un sorriso sardonico le increspò le labbra:
< Ti
offrirei la mia spada in segno di fedeltà, ma le tue guardie
me l'hanno tolta, mio signore. >
Scoppiai a
ridere.
< Non si
entra nella Marca di Maedhros armati senza che Maedhros non abbia
qualcosa da dire in proposito, > ribattei a mia volta divertito, <
ma non temere, ti verrà restituita presto. >
I miei
fratelli non sarebbero stati affatto contenti, ma non potevo farci
nulla, non avrei potuto tenerla lontana nemmeno se avessi voluto.
Ricordavo Alatariel accanto a me il giorno in cui avevamo giurato di
riprenderci i Silmaril, ricordavo il suo volto rigato di lacrime
quando Feanor era morto, ricordavo la sua presenza come se ci fosse
sempre stata.
Averla di
nuovo intorno era come un barlume di mio padre e della nostra vecchia
vita. Non volevo rinunciarci.
Mi alzai e
scesi i gradini che mi separavano da lei. Mi avviai verso la porta e
lei mi seguì, silenziosa e docile, stranamente. Sentivo
addosso il suo sguardo mentre la precedevo e uscivo nel corridoio,
facendo un cenno alle guardie che si avvicinarono.
Presi la
spada di Alatariel che una di loro mi porgeva: era diversa da quella
che aveva avuto un tempo, quella che si era fatta forgiare a Tirion e
che si era portata dietro fin nella Terra di Mezzo, questa era più
sottile e leggera, con l'elsa di un verde pallido e sottili linee
d'argento intrecciate.
Glie la
restituii senza un commento e lei se la legò alla cintura.
Solo in quel momento mi resi conto che portava gli abiti degli Elfi
dei Boschi. Potevo immaginare il motivo che l'aveva portata
all'isolamento nell'Ossiriand ma non commentai.
Alatariel
finì di allacciarsi la cintura e mi guardò,
sorridendomi sinceramente per la prima volta da quando ci eravamo
ritrovati.
< Sai che
avrai sempre la mia lealtà, vero, Russandol? >
Mi commosse
quel ricorrere al soprannome con cui mi chiamavano solo i miei
fratelli e i miei amici più cari, il soprannome con cui mi
chiamava un tempo. La sensazione del tempo che tornava indietro mi
scaldò il cuore, l'avrei abbracciata se avessi osato, ma
sapevo che non me lo avrebbe mai permesso, che non avevamo quel tipo
di intimità.
Mi chiesi se
qualcuno, su tutta Arda, avesse quel tipo di intimità con
Alatariel. Non riuscivo a immaginare che qualcuno potesse
abbracciarla, tenerle la mano, qualcuno con cui lei non fosse
fredda... a parte mio padre forse.
< Le mie
guardie ti mostreranno una stanza per te, > le dissi, <
considerala casa tua, per tutto il tempo che vorrai stare qui. >
Si inchinò
leggermente e andò via, senza guardarsi indietro.
Si
preparavano venti di guerra, l'ennesima di quella lotta senza fine.
Ma ora
eravamo di nuovo riuniti, i figli di Feanor e Alatariel, insieme nel
giuramento che aveva segnato le nostre vite indelebilmente, che, ne
avevo la certezza come un presagio funesto, ci avrebbe portati tutti
alla rovina.
***
Nota:
“Russandol” vuol dire “chioma di rame” ed è
l'epesse di Maedhros, cioè il soprannome con cui lo chiamavano
i suoi familiari e amici.
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