La lunga strada verso casa - 1
Non ho
scuse per questo ritardo – davvero, nessuna scusa.
Avrei un
sacco di parole da usare per giustificare il fatto che mi ci sia
voluto così tanto per partorire questo capitolo, ma ho la sensazione
che qualunque spiegazione sarebbe inutile e superflua, per cui
rinuncio in favore della storia – che immagino sia il motivo per
cui adesso siete qui.
Grazie
per il vostro sostegno e la vostra pazienza,
EffieSamadhi
Per aspera ad astra
Capitolo dodicesimo
Lo sanno tutti che in
caso di pericolo si salva solo
chi sa volare bene:
quindi se escludi
gli aviatori, falchi,
aerei, nuvole, aquile e angeli,
rimani te.1
Torino, 13 marzo 2014
Emanuele si guarda intorno
con una punta d'imbarazzo, lo stesso che si prova restando in piedi
ai margini di una festa in cui non si conosce nessuno. Gli sembra di
essere di troppo, di essersi invitato in un luogo in cui proprio non
dovrebbe stare, e a nulla vale raccontarsi che è proprio così che
Daria deve essersi sentita quando ha varcato per la prima volta la
soglia di quella bella casa del centro. Vorrebbe riuscire a
convincersi che è soltanto una sensazione passeggera, che basteranno
pochi minuti per tornare a sentirsi a proprio agio, ma la verità è
che sono ormai vent'anni che prova quel fastidio, quella strana
convinzione di essere sempre di troppo, in qualsiasi situazione si
trovi. Si costringe a fissare lo sguardo su Luca, che libera il letto
dai libri sparpagliati in una specie di invito a prendere posto ed
immergersi nella sua vita, quasi che un gesto semplice come
accomodarsi potesse bastare a risolvere le cose. «Ti piacciono i
romanzi d'avventura, eh?» osserva, indicando uno scaffale colmo di
titoli che conosce bene. «Qual è il tuo autore preferito?»
«Mi piace tanto Jules
Verne» risponde Luca, spingendosi indietro gli occhiali. «Mi piace
perché tutte le cose che ha scritto sono state realizzate. A parte
il viaggio al centro della terra.»
«Io ho sempre adorato Il
giro del mondo in ottanta giorni» replica Emanuele, sfilando il
romanzo giusto dalla fila dedicata all'autore francese. «Non sai
quante volte ho sognato di partire anch'io per un viaggio simile.
Solo io, una mongolfiera e la tappa successiva.»
«Io invece ho sempre
sognato di andare sulla luna. Lassù non ci sarebbe nessuno pronto a
prendermi in giro.» Nel concludere la frase Luca abbassa gli occhi,
quasi imbarazzato dalla rivelazione appena concessa a quel fratello
che ancora non conosce, e che forse mai riuscirà a conquistare.
«Prendevano in giro anche
me, quando avevo la tua età» confessa Emanuele, rigirandosi ancora
tra le mani il libro. «Hanno continuato fino alla fine delle
superiori, in realtà. Probabilmente dovrei dirti di ignorarli e di
andare avanti per la tua strada, ma sarebbe un consiglio stupido. Non
smetteranno di prenderti in giro soltanto perché non rispondi alle
provocazioni. Anche se... beh, consigliarti di reagire e prenderli
tutti a pugni sarebbe altrettanto stupido» conclude, rimettendo a
posto il libro.
«Parli per esperienza
personale?»
Emanuele sorride, indicando
una piccola cicatrice bianca appena sopra il sopracciglio sinistro.
«Parlo come uno che è finito in pronto soccorso a farsi mettere
cinque punti per essersi ribellato e aver fatto a pugni con cinque
tizi più robusti di lui. È stata la prima ed unica volta che ho
reagito.»
«Come hai fatto a farli
smettere?»
Emanuele attraversa la
stanza a passo lento, andando a sedersi accanto a lui sul letto
rifatto. «Ho aspettato che le nostre strade si dividessero. Io sono
andato avanti per la mia, e loro... non lo so, sono scomparsi.»
«E hai trovato degli
amici?»
«Non molti. Ma quei pochi
vanno bene. Se non altro, posso dire di averli scelti da me.» Si
guarda a lungo le mani, cercando il coraggio di alzare gli occhi su
quel fratello che sente minuto dopo minuto più vicino. «So che
adesso ti sembra impossibile credere che un giorno tutto questo possa
finire, ma ti assicuro che tutto ciò che ti occorre è un po' di
pazienza. Non ti voglio mentire, la strada è ancora lunga e sarà
tutta in salita, ma ti garantisco che una volta arrivato in cima ti
accorgerai che è valsa la pena aspettare, perché dalla vetta il
panorama sarà meraviglioso.»
*
Los Angeles, 13 marzo
2014
A piedi nudi mi avvicino al
lavandino, immergendo le stoviglie sporche nell'acqua calda. Ho
appena iniziato a strofinare la spugna contro un piatto quando sento
Shannon avvicinarmisi alle spalle, poggiando delicatamente il suo
corpo contro il mio. «Sai che hanno inventato un meraviglioso
elettrodomestico chiamato lavastoviglie?» sussurra al mio orecchio,
immergendo le mani nell'acqua per cercare le mie e stringerle.
«Certo che lo so. Figurati
che ne possiedo anche una» rispondo, evitando di raccogliere la sua
provocazione. «Ma lavare i piatti è una cosa che ho sempre adorato.
E poi a casa sono abituata così. Sono una povera commessa
squattrinata, devo risparmiare.»
«Ma io sono un musicista
ricco e famoso che non sa più che inventare per spendere i soldi che
guadagna, perciò non ho bisogno di risparmiare.»
«Male.
Dovresti metterl da parte per far fronte ai tempi difficili. Può
capitare a chiunque di crollare.»
«Per questa vita credo di
aver già dato. E se anche crollassi ancora, non sarebbero i soldi a
salvarmi» replica, accarezzandomi il collo con le labbra. «Dai,
lascia stare. Ci resta poco tempo da passare insieme, non voglio
certo sprecarlo guardandoti lavare i piatti» insiste, stringendo le
mie dita tra le sue per tirarle fuori dall'acqua.
«E che vorresti fare,
sentiamo?» rispondo con un sorriso, voltandomi tra le sue braccia
per trovarmi faccia a faccia con lui. «Vuoi passare tutto il giorno
a letto con me per rifarti del tempo perduto?» lo prendo in giro,
sapendo quanto gli dia fastidio essere accostato allo stereotipo
della rockstar ossessionata dal sesso.
«Non sono così banale»
risponde con una risata. «Voglio portarti in giro per la città.
Voglio che tu veda il mio mondo.» Per un lunghissimo istante ci
guardiamo negli occhi senza parole, e potrei giurare su quanto ho di
più caro al mondo che questa è una delle cose più romantiche che
mi siano mai state dette, anche se una mente preparata potrebbe
obiettare sul numero delle mie esperienze romantiche. «Che c'è, ho
detto qualcosa di sbagliato?»
Scuoto la testa, abbassando
appena lo sguardo. «Lascia perdere, stavo solo pensando» sorrido,
rialzando gli occhi. «Va bene, Shannon. Fammi vedere il tuo mondo.
Però prima portami a casa di Jared, per favore. Devo fare una doccia
e cambiarmi i vestiti.»
Alice chiude la
lavastoviglie e la mette in funzione, asciugandosi poi le mani,
mentre Jared pulisce con una spugnetta umida il bancone sul quale
hanno pranzato. «Che ne diresti di uscire?» le domanda. «Tanto a
questo punto mi sembra chiaro che Daria sta bene. Possiamo anche
smettere di preoccuparci per la sua incolumità.»
«E se dovesse tornare
mentre siamo fuori? Non ha le chiavi di casa» si preoccupa Alice,
come sempre pragmatica fino all'estremo.
«Beh, sono abbastanza
portato a presumere che si farebbe accompagnare da Shannon, e lui ha
un doppione delle chiavi, per cui sicuramente non resterebbe chiusa
fuori. Smetti di preoccuparti per lei» aggiunge, avvicinandosi per
metterle le mani sulle spalle. «Capisco che è la tua migliore amica
e non vuoi che soffra, ma io sono sicuro che stia andando tutto
bene.»
«Da quando ti hanno eletto
dio onniscente?» lo prende in giro lei.
«Quando ho vinto l'Oscar.
Santità, onniscenza, onnipotenza e onnipresenza erano comprese nel
prezzo» replica lui, come sempre pronto a rispondere ad ogni assalto
verbale della ragazza. «Dai, mettiti qualcosa di carino e fatti
bella. Ti porto a vedere gli angeli che popolano questa città»
conclude ammiccando, mentre la lascia andare.
Senz'altra risposta che un
sorriso, Alice si allontana verso la camera da letto, mentre Jared
resta fermo al centro della cucina per quasi un minuto, chiedendosi
perché il destino sia sempre così beffardo, e per quale strana
ragione Dio, Buddha o qualunque divinità governi il mondo abbia
deciso di mettere sul percorso suo e di Shannon due ragazze
assolutamente perfette, solo troppo lontane dalla loro strada.
Ripensa all'istante in cui lui e Alice si sono trovati così vicini
da aver bisogno di fare soltanto un piccolo passo per unirsi, e
scuote la testa ricordando come lei lo abbia fermato, sicura che
stare insieme non avrebbe fatto altro che complicare le cose. Sì, è
vero, gli eventi avrebbero preso una piega completamente diversa,
questo lo sa anche lui, ma qualcosa gli dice che comunque potrebbero
farcela, che insieme potrebbero piegare le leggi del destino e
costruirsi un futuro perfetto, un universo parallelo in cui essere
soltanto Jared e Alice, senza complicazioni e senza guai – un
meraviglioso mondo ideale nel quale due fratelli disgraziati quanto
lui e Shannon possono finalmente essere felici ed esserlo insieme,
all'unisono, senz'altra preoccupazione se non quella di trascorrere
la vita sorridendo in compagnia delle donne che amano.
*
Torino, 13 marzo 2014
Dopo due ore trascorse
ininterrottamente a chiacchierare con Luca di libri, scuola, computer
e musica, Emanuele esce dal palazzo profondamente cambiato. Sa che
non è un cambiamento fisico, che il suo aspetto è sempre lo stesso,
eppure sa che due ore sono bastate a farlo crescere, a farlo
maturare, a farlo diventare quell'uomo che ha sempre sperato di poter
diventare. Due ore sono bastate a renderlo più forte di quanto
avrebbe mai creduto di poter essere, e improvvisamente capisce che
cosa intendeva dire Daria quando gli ha consigliato di dare una
possibilità a quel nuovo fratello, a quel ragazzino che in un primo
momento riusciva a vedere soltanto come un potenziale ostacolo alla
propria serenità. Forse non riuscirà mai a perdonare sua madre,
forse non riuscirà mai a guardarla negli occhi, meno che mai a
volerle di nuovo bene come da bambino, ma di una cosa è certa: per
Luca lui sarà sempre pronto a farsi avanti, perché sa cosa vuol
dire cercare di diventare adulti senza una guida, e non può
permettere che Luca debba affrontare le prove della vita senza
l'aiuto di qualcuno che ci è già passato.
*
Los Angeles, 13 marzo
2014
«Devono essere usciti»
commenta Daria quando si rende conto che attaccarsi al campanello è
inutile, perché la casa è deserta. «E ho anche il cellulare
scarico, perciò non posso nemmeno chiamare Alice.»
«Aspetta, Jared mi ha dato
un doppione della chiave» rispondo, frugandomi le tasche. «Per le
emergenze» ammicco, facendo scattare la serratura e spalancando la
porta per consentirle di entrare. Daria si fa avanti nell'ingresso a
passo incerto, quasi si sentisse a disagio. Mentre sfilo le chiavi e
chiudo il portone osservo il modo in cui Bruce continua a seguirla
come è solito fare con mia madre, e istintivamente mi viene da
sorridere, perché la cosa, oltre a divertirmi come non mai, mi
appare come un ulteriore segno che sia Daria la donna giusta per me.
«Jared è stato gentile ad ospitarvi» commento. «Mi stupisce un
po', in realtà, perché è dannatamente geloso della sua privacy.
Almeno spero vi abbia dato delle stanze decenti.»
«C'è una sola stanza in
questa casa che non sia decente?» mi prende in giro lei, mentre
Bruce devia dal proprio percorso per andare ad accucciarsi in un
angolo del salotto baciato dal sole del primo pomeriggio. «Non ho
una grande esperienza di viaggi, ma credo che questa casa sia
migliore della maggior parte degli alberghi» aggiunge mentre la
seguo lungo il corridoio. Mi fermo sulla porta mentre lei entra nella
propria stanza e appoggia la borsa sul letto perfettamente rifatto.
La guardo sfilarsi le scarpe e avvicinarsi all'armadio per mettersi
alla ricerca di abiti puliti da indossare per il nostro pomeriggio
fuori, e meno di un istante più tardi fa capolino nella mia mente il
ricordo di un pomeriggio simile, quando durante la mia seconda visita
a Torino l'ho guardata tirare fuori la sua vita da un mucchio di
scatoloni, esponendola davanti ai miei occhi come una serie di quadri
da ammirare e dai quali imparare tutto su di lei. «Che c'è?» mi
domanda dopo un istante, sentendo addosso il mio sguardo.
«Ti sto soltanto
guardando» sussurro con un mezzo sorriso, sapendo che a chiunque
potrebbe apparire una frase senza significato – a chiunque, tranne
a lei.
«E che cosa vedi?»
sorride di rimando lei, sfilando una camicia dalla stampella.
«Qualcosa che ho rischiato
di perdere, ma che ora mi terrò ben stretto.» Senza smettere di
sorridere si volta di nuovo verso l'armadio, e a quel punto inizio a
muovermi in avanti a passi lenti, fino ad arrivarle alle spalle. Alzo
una mano e le sfioro il collo, percependo un lieve mutamento nel suo
respiro. Faccio scivolare la mano più avanti, cingendola anche con
l'altro braccio, fino ad arrivare a stringerla contro di me come se
avessi paura che ogni istante insieme possa essere l'ultimo. «Mi ero
già perso molto prima che mi lasciassi» sussurro al suo orecchio,
sentendomi improvvisamente libero di dire tutto ciò che mi passa per
la testa senza timore di essere respinto o preso per pazzo. «Non
sono mai stato una persona buona, ma quando ti ho conosciuta ho
capito che forse, con un po' di impegno e di fortuna, avrei potuto
diventarlo. Conoscerti mi ha fatto capire che potevo diventare
migliore.» Quasi avesse capito che ogni interruzione potrebbe essere
fatale Daria tace, lasciandomi continuare. «Starti vicino mi fa
sperare di poter diventare la persona che ho sempre voluto essere.
Credo sia questo il motivo per cui ti amo. Perché grazie a te io
sono me stesso.» Abbasso la testa fino a sfiorarle la nuca con le
labbra, ma senza cercare di andare oltre. Restiamo fermi in quella
posizione a lungo, circondati dal silenzio e dalla pace, e per un
istante mi ritrovo a pensare che il solo modo di salvarmi da me
stesso sia restare sempre con lei.
«Smettila di guardare il
cellulare» la ammonisce Jared, trattenendosi a stento dallo
strapparle di mano l'apparecchio per gettarlo tra le onde. «Sono
sicuro che Daria sta bene.»
«Scusa, ma delle tue
sensazioni non so che farmene» replica Alice, troppo nervosa per
riuscire a rilassarsi. «Per quel che ne so Shannon può averla
uccisa, fatta a pezzi e nascosta nello scantinato.»
«Questo è impossibile.»
«Oh, davvero? E cosa te lo
fa pensare, scusa?»
«Il fatto che Shannon non
abbia uno scantinato, tanto per cominciare» risponde Jared in tono
ovvio. «E poi il fatto che mi abbia mandato un sms per dirmi che il
cellulare di Daria è scarico, ma che stanno tutti e due benissimo,
tanto per finire.»
Alice rimane di sasso per
un paio di secondi, ma non appena riesce a riaversi dallo stupore
niente le impedisce di assestare una forte pacca sulla spalla
dell'uomo. «Shannon ti ha scritto e tu non mi hai detto niente? Ma
che razza di stronzo sei?»
«Uno stronzo cui verrà un
bel livido, immagino» risponde lui, massaggiandosi la parte offesa
con gesto teatrale. «Ma sei sempre così manesca?»
«Non fare la vergine
offesa, adesso. Ci sono andata leggerissima, praticamente era una
carezza.»
«Non faccio la vergine
offesa, mi hai fatto male sul serio» piagnucola Jared, consapevole
che qualsiasi altra ragazza si lascerebbe muovere a pietà dal suo
sguardo – qualunque ragazza, ma non la caparbia Alice. «Ti farò
scrivere dai miei avvocati.»
«Sono una studentessa
squattrinata, non posso permettermi di pagare un avvocato che mi
difenda dalle false accuse di una patetica rockstar.»
«Chi sarebbe la patetica
rockstar, scusa?» reagisce lui sbarrandole la strada. «Adesso
pagherai per questo affronto!» Comprendendo che Jared sta per
attaccarla a colpi di solletico, Alice si volta in fretta e inizia a
correre nella direzione dalla quale provengono, scansando con agilità
le poche persone a spasso sul lungomare. Non appena le è possibile
scarta verso la spiaggia, iniziando a correre sulla sabbia senza più
pensare – per la prima volta da quando le cose tra lei e Jared si
sono complicate si sente di nuovo libera e senza pensieri, tanto che
bastano pochi metri per farle dimenticare perché stia correndo tanto
rapidamente. E proprio quando è appena riuscita a spegnere del tutto
il cervello le gambe lunghe di Jared recuperano il vantaggio, le sue
mani le afferrano la vita e il suo peso la vince, facendola cadere
sulla sabbia fine. Per la prima volta in tutta la giornata Alice
scoppia a ridere di gusto, come non faceva da tempo, finalmente
libera da qualsiasi vincolo o costrizione. Per la prima volta non le
importa di apparire al meglio, non le importa della sabbia che si
infila sotto i vestiti o dei capelli scarmigliati – per la prima
volta dopo tanto tempo si sente solo Alice, ed è la
sensazione più bella del mondo. Da qualche parte sopra di sé
ritrova il viso di Jared, che nella corsa ha perso il bizzarro
cappello che indossava e ora si ritrova a fissarla a capo scoperto,
con gli occhi ancora seminascosti dagli occhiali da sole. Alice
solleva una mano per sfilargli le lenti, e a quel gesto Jared chiude
per un istante le palpebre, prendendosi un attimo per prendere
coraggio con un profondo respiro, quasi che Alice lo stesse
spogliando di ogni difesa. Dal canto suo, quando Jared riapre gli
occhi Alice trattiene il fiato, come sempre incapace di credere che
quello sguardo così luminoso possa essere reale. Gli occhi di
Jared hanno lo stesso colore dell'oceano che sente sciabordare in
lontananza, a tratti sembrano quasi aver rubato l'azzurro del cielo.
Alice non riesce a smettere di guardare quegli occhi turchesi, e non
è soltanto perché il peso di Jared la trattiene a terra – c'è
qualcosa, in quegli occhi, in grado di ammansire la bestia più
feroce, qualcosa in grado di prendere la sua integrità, ridurla a
brandelli e costringerla persino a ringraziare. «Che c'è?» si
sente domandare, senza riuscire a smettere di guardare quegli occhi
così magnetici e in apparenza sinceri.
Scuote appena la testa,
Alice, senza reprimere un sorriso, e con una mano gli scosta dal viso
una ciocca di capelli sfuggita alla coda. «Non lo so» sussurra,
senza nemmeno essere certa che lui riesca a sentirla. «È solo che
non riesco a smettere di guardarti.»
Jared sorride, restituendo
lo sguardo e specchiandosi a lungo negli occhi verdi della ragazza
stesa sotto di lui. Ha passato una vita intera ripetendosi di essere
un uomo forte, uno capace di non cedere alle tentazioni del cuore, ma
in questo momento sa che tutte le sue certezze stanno venendo meno,
perché sono bastati un paio di occhi buoni e sinceri ad inchiodarlo
al muro, a spogliarlo di tutte le sue corazze e a metterlo di fronte
alla realtà – sono bastati gli occhi di Alice a fargli capire che
nemmeno uno come lui può sfuggire all'amore. Per questo, prima che
la magia del momento passi ed entrambi inizino a provare imbarazzo,
per questo fa la cosa più logica, ciò che qualunque uomo farebbe:
senza altre parole abbassa la testa e cerca le labbra di Alice,
pronto a catturarle in quello che gli sembra il primo vero bacio
della sua vita. Superata l'iniziale paura del rifiuto, Jared si rende
conto che Alice non ha intenzione di tirarsi indietro: sente le sue
braccia circondargli il collo per attrarlo verso di sé, e nonostante
non abbia mai amato le scommesse sa che è questo il momento,
che è ora che lui e Alice diventeranno una cosa sola, fosse anche
per un pomeriggio soltanto.
Mentre Daria è sotto la
doccia io vago per il soggiorno di Jared, ficcanasando qui e là come
faccio ogni volta che mi trovo da solo in casa sua. Bruce sonnecchia
ancora in un angolo, e mentre aspetto che Daria si prepari mi diverto
a curiosare tra gli scaffali di mio fratello, chiedendomi come sia
possibile che un maniaco del controllo come lui abbia una casa tanto
incasinata. All'improvviso mi ritrovo tra le mani un vecchio album di
fotografie, e senza nemmeno rendermene conto sono eduto sul divano,
intento a sfogliare le istantanee del nostro passato.
«Che cosa stai guardando?»
mi sento domandare poco dopo. Alzo lo sguardo e trovo Daria in piedi
dietro di me, con la testa lievemente piegata verso destra, intenta a
cercare di capire che cosa attragga tanto la mia attenzione.
«Ho trovato un vecchio
album di fotografie. Gli stavo dando un'occhiata» rispondo. «Sei
pronta per andare?» le domando subito dopo, chiudendo la raccolta.
«No, fammi vedere»
replica lei, facendo il giro del divano per venire a sedersi accanto
a me. «Mi sono sempre piaciute le fotografie.»
«Perché? Sono solo...
beh, ricordi.»
A questo punto Daria fa una
cosa strana, una cosa che ancora una volta mi ricorda perché io la
ami così tanto: solleva lo sguardo su di me, con un sorriso, e in un
gesto tanto dolce da levare il fiato mi accarezza la guancia con un
dito. «Sono un modo per conoscere il tuo mondo.»
Sorrido, riaprendo l'album
sulle mie ginocchia. «Allora mettiti comoda, perché qui dentro ci
sono quarant'anni di storia da mostrarti.»
«Aspetta, Jared» sospira
Alice, puntandogli le mani sulle spalle per convincerlo a sollevarsi.
«Siamo in spiaggia» gli fa notare. «E siamo in pieno giorno.»
Soltanto in quel momento,
guardandosi attorno, Jared si rende conto che se vogliono andare
avanti devono trovarsi un posto più appartato – perché nonostante
in giro non ci sia un cane, è sicuro come la morte che se
continuassero a darsi da fare lì verrebbero sicuramente beccati e
denunciati per atti osceni in luogo pubblico, e per quanto se ne sia
sempre fregato delle regole, l'ultimo dei suoi pensieri è quello di
far passare dei guai ad Alice. «Hai ragione. Vieni con me» replica,
sollevandosi e porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi. Subito
dopo la prende per mano e inizia a correre verso l'auto, sicuro che
esista soltanto un luogo in cui nessuno li distuberà.
«Santo cielo, eri così
carino da piccolo!» esclamo, puntando il dito contro una fotografia
che lo ritrae insieme a Jared all'età di circa tre anni.
«Vorresti dire che ora non
sono più carino?» replica Shannon, fingendosi lievemente risentito.
«Ora sei un uomo
incredibilmente sexy» ribatto con un sorriso. «Il che è
decisamente molto meglio» aggiungo prima di stampargli un bacio
sulla guancia. Torno ad accoccolarmi contro di lui mentre continua a
sfogliare le pagine della raccolta, raccontando ogni scatto come se
non fosse passata una vita intera dal momento raffigurato, ma una
manciata di minuti. Ascolto i suoi racconti con attenzione, beandomi
del suono della sua voce roca e chiedendomi come mi sia potuta
passare per la mente l'idea di rinunciare a lui – perché più
andiamo avanti più mi rendo conto che è esattamente il tipo d'uomo
che ho sempre immaginato accanto a me.
«Dove siamo?» chiede
Alice quando Jared finalmente parcheggia, spegnendo il motore. Guarda
davanti a sé e capisce che sono saliti sulle colline che proteggono
la città, ma non riesce a capire perché Jared abbia deciso di
portarla proprio lì.
«Scendi» risponde lui,
aprendo lo sportello. Anche se dubbiosa, Alice lo segue. Dubita della
sua sanità mentale quando lo guarda chiudere gli occhi, prendere un
respiro profondo e allargare le braccia, come a voler cingere tutta
la città in un abbraccio. «Vieni qui» dice poi, prendendola per
mano e convincendola a mettersi davanti a lui, esattamente di fronte
alla città. «Chiudi gli occhi e prendi un respiro profondo» le
sussurra, mentre Alice sente il vento scompigliarle i capelli.
«Adesso riaprili» le ordina dopo qualche secondo. Alice obbedisce e
resta senza fiato: si sente come Rose in Titanic, quando in
bilico sulla prua della nave si convince di poter volare. La città è
lì, davanti a lei, come un meraviglioso quadro dipinto da un pittore
di enorme talento. «Questo è l'unico posto in cui la città degli
angeli può essere completamente tua» sussurra ancora Jared,
baciandole il collo, e per un istante Alice sa che potrebbe fare di
lei ciò che vuole, perché le ha appena dato ciò che lei ha sempre
desiderato da un uomo – Jared le ha dato il mondo, e questo basta a
decidere di dargli tutta se stessa.
«Baciami, Jared» sussurra
a sua volta, voltando la testa per riuscire a guardarlo negli occhi.
Jared fa di più: la fa voltare tra le sue braccia, la stringe contro
di sé e poggia la fronte contro la sua, restando immobile a lungo
prima di sfiorare le sue labbra. Alice si aggrappa al suo collo con
una forza che non credeva possibile, sicura soltanto di volerlo
accanto a sé con ogni fibra del proprio essere. Non sa in quale
momento, non sa come succeda, ma d'improvviso si ritrova stesa a
terra, nascosta dai cespugli, dolcemente sovrastata da Jared. Solleva
le braccia per aiutarlo a sfilarle la maglietta e si ritrova a
sospirare quando le labbra dell'uomo sfiorano i suoi seni, già
sicure di quale sia il modo giusto per convincerla ad abbassare ogni
difesa. Si lascia spogliare come una bambina e cerca di aiutarlo a
fare lo stesso, senza smettere di cercare la sua pelle, senza
permettergli di abbandonarla nemmeno per un istante. Trattengono
entrambi il fiato quando i loro corpi si uniscono per la prima volta,
ma dopo un primo attimo di immobilità iniziano a muoversi in
perfetta sincronia, come se si conoscessero da sempre, come se per
anni non avessero fatto altro che perdersi l'uno nell'altra.
«Credo saresti un buon
padre» sussurra Daria dopo un lungo silenzio, cogliendomi un po' di
sorpresa. Si accorge del mio sguardo e si affretta a correggere il
tiro: «Non sto dicendo che dovremmo avere dei figli. Insomma, non è
che adesso che ci siamo ritrovati dobbiamo... era solo per dire
che... era solo per dire che secondo me i tuoi figli saranno
fortunati. Insomma, se avrai dei figli saranno fortunati ad avere te
come padre.»
«Non ho mai pensato che un
giorno avrei avuto dei figli» confesso. «Insomma, quando stavo con
Christine mi piaceva pensare che un giorno avremmo avuto una famiglia
nostra, ma erano soltanto le fantasie di un ragazzino innamorato. Non
erano veri progetti. E quando sono cresciuto... beh, lo sai. Ci sono
stati momenti in cui non pensavo nemmeno di poter sopravvivere fino
al giorno successivo, figurarsi mettere su famiglia.»
«Io non credo che i figli
vadano programmati» replica, facendosi più tranquilla. «Dovrebbero
essere una di quelle cose che ti capitano e basta, come vincere alla
lotteria. Credo che la sola cosa cui si debba fare attenzione sia la
persona con cui li si fa.»
Volto la testa per
guardarla, cercando disperatamente il coraggio di porle la domanda
che mi sta frullando in testa da quando abbiamo iniziato questo
discorso. «Tu lo faresti un figlio con me?» Daria solleva lo
sguardo, confusa. «Non c'è una risposta sbagliata, tranquilla»
aggiungo, cogliendo il suo imbarazzo. «La mia è soltanto
curiosità.»
Solo a questo punto, sicura
di non rischiare nulla, Daria rilassa il volto, tornando a sorridere
e a respirare in maniera regolare. «Ci sono almeno un milione di
cose che farei con te, Shannon» sussurra, spostando di nuovo lo
sguardo sulle fotografie. «Può darsi che avere un figlio insieme
rientri tra queste.»
Non so come sia accaduto di
preciso, come questa nostra strana storia si sia evoluta tanto in
fretta da portarci ad ipotizzare già di diventare genitori, ma non
me ne preoccupo più di tanto. Non sono tanto stupido da credere che
dopo il dolore degli scorsi mesi non ci saranno più ostacoli, perché
in fondo non ci siamo incontrati che sei mesi fa e siamo ancora ben
lontani dal conoscerci davvero, eppure in qualche modo sento che le
cose tra Daria e me andranno bene, perché ora siamo certi che nessun
ostacolo può essere così insormontabile da
separarci – almeno non per sempre.
Quando
Alice e Jared si rivestono, il sole sta già iniziando a calare sulla
valle degli angeli, tingendo il cielo di una particolare sfumatura
rossastra. «Potrei usare milioni di parole per descrivere
questo pomeriggio, ma temo che finirei con l'esagerare» sussurra
lui, mettendosi a sedere.
«Credo ci siano momenti in
cui non servono parole» risponde lei, appoggiandosi alla sua spalla.
«A volte troppe parole possono portare più danno che benefici»
aggiunge, mentre Jared le passa un braccio attorno alle spalle per
tenerla più vicina.
«Allora non dirò niente»
replica lui, baciandole teneramente la fronte. «Non voglio
commettere errori con te.» Se la tiene stretta, respirando il suo
profumo, tentando di mandare a memoria ogni singolo dettaglio che la
riguarda, perché sa che presto lei andrà via insieme a Daria,
lasciandolo solo, e a quel punto non avrà altro che i propri
ricordi. Si chiede come Shannon sia riuscito a sopravvivere senza il
conforto di avere Daria accanto a sé, ma è solo un istante: quasi
subito gli tornano in mente i mesi passati in bilico sull'orlo
dell'abisso, e d'istinto pensa di stringere Alice a sé pregandola di
non andarsene. «Mi amerai ancora domani mattina?» sussurra dopo un
lungo silenzio. Alice alza lo sguardo, senza capire il perché di
quella strana domanda. È più che sicura che non si sia mai parlato
d'amore, quindi non riesce a comprendere perché Jared lo stia
tirando in ballo proprio in questo istante. Avvertendo lo sguardo
confuso della ragazza, lui si lascia andare ad una risatina.
«Tranquilla, non era una domanda per te. Stavo solo pensando al
testo di una vecchia canzone.»
«Meno male» sussurra
Alice, sorridendo a sua volta. «Non ho nemmeno idea di che cosa
succederà tra due ore, figuriamoci se so cosa penserò domani
mattina.» Jared si sforza di sorridere con lei, ma in cuor suo sa
che vorrebbe fosse diverso – sa che vorrebbe soltanto essere amato,
ed essere amato soltanto da lei.
«Ti sei mai trovata ad
osservare la tua vita e a sognare di poterla cambiare completamente?»
le domanda all'improvviso, cogliendola di sorpresa. «Insomma, ti sei
mai fermata a chiederti che cosa sarebbe successo se ad un certo
punto della tua vita avessi fatto delle scelte diverse?»
«Per la mia salute
mentale, cerco di non farlo mai» risponde lei. «Credo che nessuno
dovrebbe farlo, a dire il vero. Perché, tu lo fai?»
«Qualche
volta» chiosa lui, continuando a guardare lontano. «Non dico
di non essere contento della mia vita. Mi piace la mia vita, e
soprattutto mi piace il mio lavoro. Credo di essere uno dei pochi
uomini al mondo che riescono ad essere felici facendo qualcosa che
davvero amano.»
«Però?»
Jared sorride, sapendo che
soltanto Alice sarebbe riuscita a cogliere la particolare sfumatura
nella sua voce. «Però a volte mi chiedo come sarebbero andate le
cose se non avessi mollato la scuola d'arte. Avevo tutte le carte in
regola per diventare un ottimo pittore, sai?»
«Probabilmente saresti
diventato uno snob che sorseggia Chardonnay e passa il tempo
criticando il resto del mondo. Non credo mi saresti piaciuto.» Alice
volta appena la testa, studiando il suo profilo. «E poi se avessi
fatto il pittore non ci saremmo conosciuti. Non è mia abitudine
frequentare le gallerie d'arte.»
«Va bene, allora sono
contento di essere diventato un musicista» risponde lui con un
sorriso. «Davvero non c'è nulla che cambieresti nella tua vita?»
aggiunge dopo un istante, sorpreso che una ragazza come lei possa
essere davvero soddisfatta di ciò che la circonda.
«No, per adesso no. Credo
di aver fatto tutte le migliori scelte possibili, e sono contenta di
quello che ho. Non ho mai avuto manie di grandezza. Sono una persona
normale, e questo per adesso mi basta.»
«Che cosa c'è di tanto
speciale nell'essere normali?» le domanda lui, curioso di sapere che
cosa l'abbia portata a pensare una cosa del genere.
«Viviamo in un mondo in
cui tutti sognano di essere speciali» risponde lei, fissando lo
sguardo su un punto lontano. «Per quanto mi riguarda, accontentarsi
di essere normali è la conquista più grande.»
«Tu sei una ragazza molto
strana, lo sai?»
«Perché mi piace la mia
vita così com'è?»
«Non una sola delle
persone che conosco è perfettamente felice della propria condizione.
C'è sempre almeno una cosa che vorrebbe cambiare. Credo faccia parte
della natura di ogni essere umano.»
«Forse allora io sono
l'eccezione che conferma la regola» è il commento di Alice, che
continua a guardare lontano. Poi sente lo sguardo di Jared su di sé,
quindi si volta verso di lui. «Che c'è?»
«Niente» risponde lui.
«Sto solo cercando di capire come può una persona che crede nella
normalità essere la sua perfetta antitesi.»
Alice ride, sistemandosi
meglio contro di lui. «Stai continuando a cercare significati
nascosti nell'unico posto in cui non ne troverai mai. Io non nascondo
segreti.»
E invece nascondi il più
grande, vorrebbe rispondere Jared. Più la guarda, più tempo
trascorre in sua compagnia, più si fa strada in lui la convinzione
che Alice abbia scoperto il segreto della felicità.
«E questo è tutto»
dichiaro, chiudendo l'album con un colpo secco. «Hai appena visto
tutta la mia vita. Se ti è venuta voglia di lasciarmi di nuovo, lo
capisco» scherzo, accarezzando la testa di Daria. «Non sono un uomo
semplice» aggiungo, tornando a farmi serio. «Ho dovuto affrontare
molte prove, e... non nego che in certi casi vorrei aver trovato
soluzioni diverse. Sono sempre stato uno di quei tipi che cercano la
via più facile, anche se spesso vuol dire fare la cosa sbagliata.»
«Io non credo» risponde
lei, mettendosi a sedere composta. «Non sempre hai scelto la vita
più facile. Pensa a quando sei venuto a Torino per vedermi. Non
credo che quella sia stata una scelta semplice.»
«Quella non è stata
proprio una mia scelta. È stata più una scelta di Jared.»
«Forse è stato Jared a
darti l'imbeccata, ma resta il fatto che tu avresti potuto
ignorarlo.»
«Ma quando ti ho vista me
ne sono andato. Non dirmi che non è stata una scelta facile.»
«Per come la vedo io, e
per come ti conosco, la scelta più facile sarebbe stata fare a pugni
con Marco lì in mezzo alla strada. Invece hai avuto il fegato di
andartene e tornare a casa senza nemmeno tentare di parlare con me.
So che la gente di solito pensa che andarsene sia la scelta più
semplice, ma io... io credo che andarsene sia la scelta peggiore.»
«Parli di Parigi?»
azzardo dopo un attimo di silenzio, temendo che ricordare quel
momento potrebbe risvegliare le sue paure e convincerla ad andarsene
di nuovo.
«Parlo di Parigi» replica
lei a bassa voce, «e parlo anche di mia madre. Da quando l'ho
ritrovata... beh, stiamo cercando di ricostruire un rapporto. Il che
significa che parliamo un sacco» aggiunge con una risatina. «Mi ha
fatto capire che quella di lasciare mio padre è stata la scelta più
difficile che abbia mai dovuto affrontare. Per tutti questi anni ho
pensato che per lei fosse stato semplice, che se ne fosse andata
perché non ci voleva bene, che... che non contassimo così tanto per
lei. Ma adesso che sono stata dall'altra parte, credo di aver capito
che andarsene e lasciare qualcuno non è mai una scelta semplice.
Forse lo sembra all'inizio, ma poi... poi ti rendi conto che non è
una soluzione definitiva, e che il pensiero di chi hai lasciato non
smette mai di tormentarti. A quel punto ti rendi conto che non è
facile per niente.» Studio in silenzio il suo profilo, chiedendomi
se sia questo quello che ha provato nei lunghi mesi in cui siamo
stati separati. Sto per domandarglielo quando alza di nuovo la testa.
«So che il fatto di essere tornata non implica per forza che tu mi
abbia perdonata, Shannon. Così come il fatto di essere di nuovo
insieme non significa che saremo felici per sempre. Non sono così
ingenua, so che il mio ritorno non può risolvere tutto.»
Alzo una mano e le sfioro
una guancia, guardandola chiudere gli occhi al contatto tra la sua
pelle e la mia. «Per quanto mi riguarda, credo di averti perdonata
quando ti ho vista in clinica» sussurro. «E per quanto riguarda il
per sempre, sono abbastanza grande da sapere che promettersi
eterna felicità è una cosa piuttosto stupida, perché per sempre
non esiste. Quindi, per quanto mi riguarda, mi accontenterò di
essere felice il più a lungo possibile.»
Sorride, mentre gli occhi
si velano di nuovo di lacrime, e per nascondere la commozione torna
ad accoccolarsi contro di me, appoggiando la testa sul mio petto.
Fedele alle mie parole, la tengo stretta a me, chiudendo gli occhi
per godermi la sensazione di peso e calore data dal suo corpo,
cercando di imprimere nella mia testa ognuno di questi brevi istanti
di felicità.
Alice e Jared rientrano a
casa verso le sei di sera, trovando il vialetto parzialmente
ingombrato dall'auto di Shannon. «Adesso sei più tranquilla?» le
domanda lui.
«Diciamo che per il
momento non ti ucciderò» risponde lei, raccattando la borsa dal
tappetino. «Ma per essere veramente tranquilla dovrò prima vedere
Daria e assicurarmi che stia bene.»
«Ma tu non ti rilassi
proprio mai?»
«Lo faccio di rado, in
effetti. Ma quando lo faccio, cerco di farlo per bene» risponde lei
nel tono malizioso che contraddistingue il suo rapporto con Jared già
dalle loro prime conversazioni. «A questo proposito» riprende,
tornando a farsi seria, «credo sarebbe meglio tenere la cosa per
noi. Mi riferisco a quello che è successo sulle colline» aggiunge,
forse pensando che Jared possa già aver dimenticato quella breve
parentesi di intimità.
«Hai paura che Daria inizi
ad immaginare un futuro perfetto in cui viviamo in due case vicine e
facciamo crescere insieme i nostri figli?»
«Non è così idiota»
taglia corto Alice. «Ammetto che è una ragazza romantica che a
volte si lascia trasportare, ma non è così estrema. No, voglio
soltanto evitare di caricarle un altro peso sulle spalle. Sta
attraversando una fase difficile della propria vita, e non vorrei
essere io a spezzare il suo equilibrio.»
«Soprattutto per qualcosa
che probabilmente non si ripeterà, dico bene?» commenta lui,
fissando lo sguardo sulla propria casa.
«Non riguarda soltanto me
e te, Jared» continua paziente lei. «Riguarda anche Daria e
Shannon. Non voglio rischiare che sprechino energie preziose per
gestire anche noi due. In questo momento devono pensare soltanto a
loro stessi.»
«Se la metti così, mi sta
bene» risponde lui, tornando a guardarla. «Non dirò una parola.»
Entrano in casa a passo
tranquillo, fingendosi di ritorno da una passeggiata in città, e ad
entrambi riesce difficile trattenere un sorriso quando trovano Daria
e Shannon seduti vicini sul divano, impegnati a coccolarsi come una
coppia di adolescenti. È così bello rivederli insieme – e,
soprattutto, rivederli in pace – che davvero sembra
impossibile pensare che abbiano avuto il coraggio di separarsi. Alice
incontra lo sguardo di Jared e alza gli occhi al cielo quando lui le
fa l'occhiolino, come per dirle Te l'avevo detto che sarebbe
andato tutto bene.
«Dove eravate finiti?»
domanda Shannon, alzandosi dal divano per voltarsi verso il fratello.
«Ho portato Alice a fare
un giro in città» replica Jared, abbandonando il cappello sul
tavolino del salotto. «Era una giornata così bella che sembrava un
peccato sprecarla.»
«Spero non ti abbia
portata in uno dei tanti posti equivoci che gli piace frequentare»
sorride Shannon, sapendo quanto poco i gusti di Jared abbiano in
comune con il resto del mondo.
«Mi ha portata a vedere il
Sunset Boulevard» risponde Alice, sforzandosi di sembrare il più
naturale possibile. «Vedere tutte quelle ville mi ha fatto venir
voglia di rapinare una banca per poterne comprare una.» Daria, che
all'arrivo della coppia si è voltata, non fatica a capire che quella
dell'amica è una bugia – la conosce troppo bene, sa che nessuna
delle due è mai stata brava a mentire. Comunque decide di non dire
niente e di conservare le proprie domande per un altro momento,
quando saranno entrambe sole e lontane dalle orecchie indiscrete dei
fratelli Leto.
«Avete programmi per
cena?» interviene Jared all'improvviso.
Ancor prima di sentirlo
continuare, Shannon alza gli occhi al cielo. «Che diavolo hai in
mente?»
«Beh, stavo pensando che
potremmo chiamare Vicki e Tomo e passare la serata tutti insieme»
replica l'altro, alzando le spalle con aria innocente. «Sarebbero
felici di vederti. E di rivedere Daria e Alice» aggiunge dopo un
istante.
«Conoscono Alice?»
domanda Shannon con espressione confusa.
«Sì, abbiamo cenato
insieme già l'altra sera» risponde l'interessata. «Li ho trovati
molto simpatici.»
«Per me non ci sono
problemi» risponde Daria. «Anche a me farebbe piacere rivederli.
Quindi il tuo parere è quello decisivo, Shan» aggiunge,
rivolgendogli un sorriso.
«Chi sono io per oppormi?»
sospira lui, sorridendo a sua volta. «Però ci toccherà cenare a
casa, perché con la mamma via non so a chi lasciare Bruce.»
«Tu non ti preoccupare,
penso a tutto io» replica Jared, alzando le mani davanti al petto
come a voler comunicare di aver già trovato una soluzione. «Vado a
telefonare» aggiunge, sparendo rapido in cucina.
«E io a fare una doccia»
gli fa eco Alice, quasi correndo in direzione della camera da letto.
Shannon e Daria, rimasti
soli, si guardano dubbiosi, quasi che entrambi abbiano avuto lo
stesso pensiero. «Vieni con me, facciamo due passi in giardino» le
sussurra lui, prendendola per mano per guidarla fuori di corsa.
«Non trovi che quei due
siano strani?» mi domanda subito dopo aver chiuso la porta
scorrevole che dal salotto conduce al giardino sul retro.
«Più del solito?»
rispondo divertita. «Ammetto che Alice di solito è una persona
piuttosto normale, ma di tuo fratello non dovresti stupirti»
aggiungo mentre ci sediamo sui gradini della veranda.
«Forse non sono mai stato
un asso nel capire le persone, ma Jared lo conosco quasi meglio di me
stesso» risponde lui, fissando lo sguardo su un punto lontano. «Ci
nascondono qualcosa. So che la pensi anche tu così, Daria. Te lo
leggo negli occhi» aggiunge tornando a voltarsi verso di me.
Cerco in ogni modo di
resistere alla tentazione di dar voce ai miei dubbi, ma l'occasione è
troppo ghiotta per tacere. «E va bene, ammetto che lei mi è
sembrata un po' strana, ma di qui a dire che ci nascondono
qualcosa...» Ripenso al mese in cui la mia migliore amica mi ha
nascosto di essere in costante contatto con il fratello del mio ex,
rendendomi conto che l'idea che lei e Jared ci stiano tenendo
all'oscuro di qualcosa non è poi così campata per aria. «Jared ti
ha detto dell'e-mail che Alice ha scritto ad Emma?»
«Cosa?»
«Ti ricordi quando ti ho
detto di aver chiuso tutto quello che riguardava te in una scatola e
di aver dato quella scatola ad Alice?» Lui annuisce, dimostrando di
ricordare. «Un bel giorno lei ha deciso di scrivere un'e-mail ad
Emma per dirle che secondo lei ero ancora innamorata di te e che ogni
giorno mi pentivo di averti lasciato.»
«Beh, in fondo non aveva
tutti i torti» sorride lui, stringendomi la mano un po' più forte.
«No, in effetti no.
Comunque il succo è che Emma ha fatto leggere il messaggio a Jared,
che ha preso il numero di Alice e l'ha chiamata per dirle che lui era
convinto che tu fossi nella stessa situazione.»
«Non sbagliava nemmeno
lui.»
«Già... solo che da quel
momento hanno iniziato a sentirsi in maniera più o meno regolare.
Stando a quanto mi ha confidato lei, non hanno fatto altro che
parlare di noi e di come avrebbero potuto farci rimettere insieme,
ma...»
«...ma nulla ci impedisce
di credere che non ci sia stato spazio anche per altro» conclude lui
con un sospiro. «Beh, se la cosa può esserti di conforto, lui è
fisicamente incapace di far soffrire la gente. Il massimo che
potrebbe fare è portarla all'esasperazione e costringerla a
soffocarlo nel sonno. Jared non è un cattivo ragazzo.»
«Questo lo so. Lo conosco
poco, ma si capisce subito che non farebbe mai del male a qualcuno
intenzionalmente. In questo ti assomiglia.»
«E allora quali sono i
tuoi dubbi?»
«Ho paura che potrebbe
essere lei a ferire lui. Non intenzionalmente, ma potrebbe. È appena
uscita da una storia di sei anni, non è pronta per ricominciare
tutto dal principio. Non con Jared, almeno.»
«Credi che lui non sarebbe
in grado di reggere una storia seria?»
«Credo che finirebbero
come te e me» rispondo, incrociando il suo sguardo. «Forse non
cadrebbero in basso quanto noi, ma... non puoi credere che sarebbe
una storia semplice.» Shannon distoglie lo sguardo e si passa la
lingua sulle labbra, come se si fosse appena reso conto di non avere
argomenti con cui ribattere. «So che non dovrei preoccuparmi, perché
sono due adulti perfettamente in grado di badare a loro stessi,
ma...»
«...ma siccome vuoi loro
bene preferiresti che non soffrissero» sussurra, trovando ancora una
volta la naturale conclusione ad una mia affermazione.
«Per me Alice è
praticamente una sorella» aggiungo, stringendo la sua mano tra le
mie. «Mi è stata accanto nei miei momenti più bui e per questo non
la ringrazierò mai abbastanza, ma... ho paura che potrei non
riuscire a fare lo stesso, se fosse lei a soffrire. Non credo
riuscirei ad affrontare tutto come ha fatto lei.»
«Magari stiamo volando
troppo con la fantasia, che dici? Può darsi che siano solo usciti
per fare un giro» dice all'improvviso lui, passandomi un braccio
intorno alle spalle. «Non è detto che debba per forza esserci
qualcosa, tra loro. Magari stanno solo provando a fare amicizia.
Visto che pare che io e te resteremo insieme per un po'...» aggiunge
con una risatina.
«Non lo so, non riesco a
convincermene. Non credo all'amicizia tra uomo e donna.»
«Quindi per te ci deve
sempre essere di mezzo qualcosa di sessuale?»
«Quanti dei tuoi amici
hanno un paio di tette?» lo prendo in giro. L'ho preso alla
sprovvista, lo capisco dal mondo in cui aggrotta la fronte cercando
una risposta. «Appunto. E se consideriamo te come prototipo
dell'uomo medio, ecco la risposta.»
«Quindi secondo te ci
nascondono qualcosa?»
«Secondo te no? In fondo
stiamo sempre parlando di tuo fratello.»
«Mi hai convinto»
risponde lui con un deciso cenno del capo. «Non resta che vedere
come si comporteranno. Non so Alice, ma Jared non è mai stato capace
di nascondere un segreto.»
«Sapevo che affidare
l'organizzazione a te sarebbe stata una pessima idea» sbuffa Shannon
dal sedile del passeggero, mentre Jared si infila nel parcheggio del
ristorante con un paio di manovre. «Dovevi proprio scegliere un
ristorante in centro?»
«Scusa, ma ho dato per
scontato che sia tu che io avessimo la dispensa vuota, e mi sembrava
un tantino scortese chiedere ad una donna in avanzato stato di
gravidanza di cucinare per sei persone» replica Jared, spegnendo il
motore e sfilando le chiavi. «E poi qui accettano anche i cani, così
abbiamo anche risolto il problema di Bruce» aggiunge, voltandosi
verso il sedile posteriore per guardare il cane, compostamente seduto
tra Daria e Alice.
«Ma non sarà un po'...
pericoloso?» continua Shannon, e anche senza fare domande
Daria capisce che ciò che lo preoccupa è la possibilità che lui,
Jared e Tomo vengano riconosciuti e importunati per tutta la serata.
«Non siamo in Afghanistan,
Shan. È un ristorante in piena Los Angeles.»
«Appunto.»
«Tranquillo, mi sono fatto
dare un tavolo ben nascosto. Non ci saranno paparazzi o fan urlanti
pronti a saltare sul nostro tavolo non appena avremo ordinato.»
Shannon alza gli occhi al
cielo e si rassegna a scendere, sapendo che con Jared non riuscirà
mai a spuntarla. Apre lo sportello e aiuta Daria a scendere, come
farebbe un vero gentiluomo. Lei ricambia con un sorriso,
stringendogli un po' di più la mano. Mentre si avviano verso
l'ingresso del ristorante Daria non riesce a smettere di guardare il
suo uomo, chiedendosi se i problemi siano davvero finiti, o se ancora
dovranno imparare a salvarsi.
1Lo
sanno tutti che in caso di pericolo si salva solo chi sa volare bene:
quindi se escludi gli aviatori, falchi, aerei, nuvole, aquile e
angeli, rimani te.
| Il titolo del capitolo è
ispirato ad un verso della canzone Alla
mia età
di Tiziano Ferro,
contenuta nell'album Alla
Mia Età
(2009).
|