Don't ask me why
"Ecco,
ho finito!"
Il dottor Tofu
estrasse l'ago dell'iniezione dalla spalla di Ranma.
"Hai una
infezione, per questo ti è salita un po' di febbre. Ma con
questo antibiotico domani sarai come nuovo! Ora cambiamo queste bende."
Ranma
lasciò che Tofu lo medicasse con completa apatia, senza
nemmeno rendersi conto del tempo impiegato. La testa non faceva che
girare, ma almeno non si sentiva così tremendamente stordito
come pochi minuti prima. Questo gli permise di focalizzare la
situazione delle sue ferite, vistosamente gonfie. Sperò con
tutto se stesso che lo stato della ferita alla coscia di Akane fosse
meno grave. Anche perché a quell'ora la sua famiglia
sicuramente si era già data da fare per evitarle l'infezione.
"Domani ti
cambierò le bende e ti somministrerò una dose di
ricostituente..."
"Domani non
sarò qui" affermò Ranma con il cuore pesante.
"Non se ne
parla" rispose perentorio il dottore. "Non puoi andartene. Resterai
qui, questa notte. Sei ancora troppo debole per fare i tuoi viaggi di addestramento,
sempre che sia vero." Rimarcò con forza i suoi dubbi proprio
nel momento in cui Ranma era in procinto di protestare.
Finché la sua voce si addolcì, accennandogli un
sorriso comprensivo. "Allora, non vuoi parlarne?" Per quanto fosse
reticente a raccontare le sue faccende private, specie se riguardavano
Akane, il ragazzo con il codino non voleva recare dispiacere a uno dei
pochi individui a Nerima per cui nutriva una vera stima.
"Parlarne non
risolverà niente."
"E' la prima
volta che ti sento dire una cosa del genere. Solitamente non sei
così pessimista e abbattuto, sei sempre così
sicuro di te!"
"Le cose
cambiano, a quanto pare..." mormorò Ranma, ripensando a come
si fosse inaspettatamente ribaltata la sua vita dalla sera precedente.
"Già,"
confermò Tofu, fingendo di pensarci su "nell'ultimo periodo
ho visto un sacco di cose strane."
Ranma fu
colpito da quella considerazione, e prese a fissare il dottore negli
occhi con fare interrogativo. Che gli stesse dicendo qualcosa
dell'atteggiamento di Akane che il dottore aveva compreso alla
perfezione ma che lui non era riuscito a leggere fra le righe?
Perché oltre alla pretesa di Akane di voler gestire gli
sfidanti del dojo per conto suo, il giovane Saotome non credeva ci
fosse altro.
"Come la prima
cosa che ho notato quando sono andato dai Tendo, per esempio"
continuò l'uomo "è stata che tu non eri
lì con Akane."
Ranma rimase
di sasso.
Non aveva
capito subito che con l'espressione nell'ultimo periodo
Tofu intendesse nelle
ultime ore.
Era ancora
perso nello strambo giochetto di parole del dottor Tofu mentre con una
velocità inaudita nella sua mente slittò una
percezione semplice, era vero, eppure così potente da
destabilizzarlo: che essere al fianco di Akane per lui era diventato naturale.
Così
come lei c'era sempre stata per lui, pronta a parlargli, a sostenerlo,
a malmenarlo anche.
Ora
però non più.
"Questa
mattina Nabiki mi ha telefonato. Akane ha avuto la febbre alta" gli
comunicò il dottore. Fu una notizia che risvegliò
in Ranma l'impazienza di avere altre informazioni riguardo ad Akane.
"Come sta?"
domandò con preoccupazione.
"Ora piuttosto
bene, ma se l'è vista brutta."
Cazzo,
quanto sei bravo Ranma! L'hai abbandonata così, senza essere
sicuro che stesse bene.
L'aveva
perfino accusata di non essersi messa alla sua ricerca quando neanche
poteva alzarsi dal suo letto.
Va
bene, ora faccio proprio schifo.
"Ma quando
sono entrato in casa ho trovato un putiferio. Soun Tendo stava
piangendo come un matto per sua figlia e si chiedeva dove ti fossi
cacciato - quel
disgraziato di Ranma, ha detto -, tuo padre ti stava
maledicendo in tutte le lingue del mondo..."
"Come al
solito, quando le cose non vanno come vuole lui!" soggiunse il giovane
Saotome, contrariato da quegli epiteti.
"Kasumi,
lei... era indaffarata in cucina. Almeno, così mi ha detto
Nabiki..."
Ranma
abbozzò un sorriso, ricordando quasi una ad una tutte le
volte che lui e gli altri avevano nascosto Kasumi da lui per evitare
che perdesse la testa in momenti poco opportuni, quando si rendeva
necessario un suo intervento.
"Quando ho
visitato la piccola Akane aveva una ferita infetta proprio come le tue.
Nabiki mi ha raccontato che c'è stato un incontro, e che ne
siete usciti feriti entrambi. Quando le ho fatto notare che tu non eri
a casa lei ha alzato le spalle. Sembrava davvero che fosse all'oscuro
di tutto. E se non lo sa Nabiki, c'è da farsi due domande!"
ironizzò Tofu.
"Se
c'è una cosa positiva in questa storia, è che
quella iena non sappia niente" commentò il ragazzo.
"Mi vuoi dire
cosa è successo esattamente?"
"Perché
non lo ha chiesto ad Akane?" sbottò Ranma con voce
arrabbiata. Se ne pentì subito, ma il dottor Tofu
sembrò indifferente a quello scatto d'ira.
"Non ha detto
una parola quando gliel'ho chiesto sottovoce, ecco perché"
proseguì l'uomo con gli occhiali. "Ha chinato la testa e non
ha fiatato. Non si è confidata, nemmeno quando era palese
che ci fosse qualcosa che non andava."
"Non l'ha
fatto neanche con me..."
Ranma si
accorse che il suo tono era diventato più malinconico e
moderato.
Udì
un sospiro rassegnato dall'uomo, poi lo vide alzarsi dalla sua sedia.
Probabilmente aveva capito che non avrebbe ricavato uno straccio di
spiegazioni da Ranma, così come non era riuscito a farsi
dire qualcosa da Akane.
"Ora andiamo a
mangiare. Le okonomiyaki si fredderanno."
Le okonomiyaki
erano uno dei suoi piatti preferiti, ma ora come ora gli era totalmente
indifferente mangiarne una.
"Mi dispiace,
dottore, ma non ho fame."
"Fa' uno
sforzo, devi rimetterti in forze" lo incitò.
Era come se lo
stomaco di Ranma si fosse chiuso, e l'unico segnale che mandava era che
avrebbe rigurgitato qualunque cosa il suo proprietario avesse voluto
ingoiare. Tuttavia, stando a calcoli Ranma non metteva qualcosa sotto i
denti da circa un giorno, e sarebbe stato comunque utile provare a
mandare giù un boccone. Ma questo pensiero non
funzionò.
Giocherellò
distrattamente con le bacchette con un gamberetto dell'okonomiyaki,
addentandolo quel po' che bastava per dare a Tofu l'impressione che
stesse mangiando.
"Avete bisogno
di chiarirvi" consigliò il dottore una volta seduti a tavola
l'uno di fronte all'altro. "Al di là di qualunque cosa sia
successa fra di voi, sono sicuro che Akane non voleva ferirti."
"E' stata
abbastanza chiara, invece" disse, e per la prima volta in quelle ore
valutò seriamente l'idea di aprirsi e raccontare tutto,
dall'incontro con quei stramaledetti gemelli alla sua decisione di
farsi avanti e rivelarle una volta per tutte i suoi sentimenti. E
perché no, anche dell'anello. Il dottor Tofu si stava
comportando con discrezione, ed era una cosa che Ranma apprezzava
tanto, anche perché erano molte le persone che non volevano
farsi i fatti propri: i loro genitori per primi, per continuare con una
lunga serie di rompiscatole allupati che si contendevano ora lui, ora
Akane, ora la famigerata "ragazza con il codino". Nessuno che si
metteva da parte, nessuno che desse loro spazio e del tempo. Una vera
tortura per lui che stava cercando di rendere il proprio fidanzamento
combinato una decisione deliberata.
Ma non poteva
ignorare il fatto che avrebbe voluto che Akane fosse la prima a sapere
del suo amore per lei una volta per tutte.
No,
non posso e non voglio che Akane sappia per bene tutto questo da altri.
Tofu in
qualche modo glielo avrebbe fatto capire.
"Io invece
penso che c'è qualcosa che non hai ben afferrato."
Ranma fece un
sorriso amaro. Evidentemente il dottore non aveva mai avuto una
esperienza come quella, prima.
Cos'è
un bacio rifiutato, secondo lei?
Nonostante si
fosse sempre considerato esperto in ambito femminile, Ranma era a
conoscenza della sua totale inesperienza con l'altro sesso, e almeno a
se stesso non poteva negarlo. Ma come si poteva interpretare altrimenti
una cosa così?
"Non sono
stupido."
"Ranma, non
per impensierirti, ma credo che Akane fosse sul punto di piangere.
Anzi, sono convinto che abbia pianto per un po' prima che io arrivassi."
Ha
pianto?
Certo, lo
aveva fatto anche la sera prima, ma Ranma era troppo concentrato sulla
sua cocente delusione per poter pensare che ci stesse male anche lei.
Non credeva che avesse passato quella notte a piangere.
Si
alzò di colpo dalla sedia. Qualcosa non tornava.
"Non
può essere!" sentenziò con voce ferma, e come una
molla pronta a scattare si guardò attorno, cercando
disperatamente con gli occhi l'apparecchio telefonico dello studio del
dottore, ma si diede mentalmente dello sciocco. Non poteva
assolutamente telefonare a casa Tendo.
Non
sono un vigliacco!
Lasciò
l'okonomiyaki quasi intera, con una determinazione nuova in corpo.
Se Akane aveva
pianto significava che non voleva respingerlo, ma allora
perché lo aveva fatto?
Devo
sapere se Akane vuole davvero rompere con me oppure no.
Questo voleva
dire tornare a casa, affrontare tutti i presenti e provare ad
esprimersi con Akane: tutte cose che aveva sempre evitato di fare in
quegli anni. E sinceramente non credeva possibile che una volta al dojo
avrebbe trovato il coraggio necessario per fare tutto questo. Tanto
meno credeva possibile che quella cocciuta bisbetica gli avrebbe
finalmente dato delle spiegazioni. Ed era questo, che gli faceva
più paura: di fare un casino colossale e non risolvere
niente di niente, e di battere in ritirata con la coda fra le gambe.
Voleva davvero
mettere a repentaglio così il suo orgoglio?
Era stato
decisamente più semplice difenderla da una miriade di
spasimanti pazzoidi rispetto a quello che stava passando adesso. Ma non
avrebbe sacrificato la loro felicità per questo.
Ignorando
altamente le urla del dottore che cercava di farlo tornare indietro,
Ranma si caricò lo zaino in spalla e corse a perdifiato
verso l'abitazione dei Tendo, per quanto le sue forze lo consentissero.
Non aveva un piano, non sapeva cosa fare o dire una volta arrivato da
lei. Sapeva soltanto - anzi, ne era assolutamente certo - che Soun e
suo padre gli avrebbero fatto una testa così, tartassandolo
con le loro minacce.
Il vero
problema era aggirarli ed avere pochi minuti da solo con Akane.
Non chiedeva
nient'altro.
Se lei non
voleva saperne... beh, questo punto era da definire. Nella rabbia del
primo momento si era fatto un piano, pressappoco lo stesso che aveva
quando viaggiava con suo padre per imparare ed affinare le tecniche
della loro scuola di arti marziali indiscriminate, ma quella
prospettiva senza Akane gli appariva così ridicola e remota
che paradossalmente il pensiero lo fece quasi sorridere.
Ma
non importa: se Akane mi dirà chiaramente che vuole troncare
il fidanzamento cercherò di mettermi il cuore in pace.
***
Dall'esterno
casa Tendo appariva stranamente silenzioso.
Ranma si
aspettava di sentire le grida di Akane che si allenava nel dojo, oppure
gli assordanti piagnistei di Soun. Ma l'unico suono che si poteva udire
distintamente era quello del vento pomeridiano che sferzava gli alberi
del giardino. E poco cambiò quando il suo sguardo
intercettò la finestra vuota di Akane.
Arrivato al
muretto la figura di Kasumi attirò la sua attenzione. Stava
stendendo il bucato al tiepido sole di primavera, fermandosi per
toccarsi il volto forse per asciugare una lacrima.
Un
colpo di fortuna, finalmente!
Fra tutti
quelli che si immischiavano fra lui ed Akane, Kasumi era quella che
tentava di essere più discreta e che sgridava bonariamente i
loro padri quando la loro presenza era palesemente di troppo.
"Ranma!"
Non appena lo
vide attraversare il cancello la maggiore delle sorelle Tendo gli si
precipitò incontro con un evidente senso di sollievo dipinto
in viso; come Ranma aveva previsto aveva gli occhi leggermente
arrossati.
"Perché
te ne sei andato?"
Ranma
evitò di risponderle direttamente, chiedendole con timore ed
un pizzico di impazienza se potesse parlare con Akane.
Dall'ingresso
della casa però fece capolino Nabiki, più
arrabbiata che mai. Gli si avvicinò a passo marziale,
assestandogli una sberla che, per quanto fosse meno potente di quelle
del maschiaccio, non era da sottovalutare.
"Nabiki!"
"Ehi, iena!
Tieni giù le mani!" le intimò il ragazzo con il
codino massaggiandosi la parte lesa.
"Ehi,
deficiente!" rincarò immediatamente la mezzana "Che diavolo
ha combinato?"
"Da' della
deficiente ad Akane, piuttosto! Io non ho fatto niente!"
E'
stata lei a provocare questo pasticcio, non io!
"Arrivi tardi!
Già fatto, cosa credi?! Avanti" lo spronò con
pungente sarcasmo, in un modo che era distante anni luce dal modo con
cui il dottore aveva cercato di farlo parlare "spiegaci tu che cosa
è successo, visto che Akane non apre bocca!"
"Non apre
bocca? Non vi ha detto niente quella scema?"
"No, e neanche
stamattina quando è venuto il dottor Tofu. Ha avuto la
febbre ma sta meglio. Però non ha mangiato niente, e questo
mi preoccupa" disse Kasumi.
"Le hai messo
le mani addosso?"
Cosa?
"Come ti salta
in mente, Nabiki?"
"Beh, sai
quanto è suscettibile in quel senso" commentò
Nabiki con sufficienza.
"Ti sembra che
le abbia fatto qualcosa che non voleva?" ringhiò il giovane.
Per un istante
nella testa di Ranma aleggiò l'idea che forse Nabiki aveva
ragione, che forse Akane non voleva che si avvicinasse per baciarla,
tutto qui. Che l'aveva respinto per pudicizia, o perché si
era scoperta impreparata per un passo simile.
Ma quelle
volte in cui lui maldestramente si metteva in testa di baciarla lei lo
respingeva energicamente, e sempre per cause di forza maggiore. Come
quella volta in cui rischiò di essere scoperto dalla madre,
qualche tempo prima che lei lo accettasse in quanto figlio nonostante
la maledizione. Non lo aveva mai respinto così. E
non l'aveva mai implorato
affinché non ci provasse. In lacrime, per giunta.
"Figlio
degenere!"
Il vocione di
Genma Saotome saettò nell'aria con una cadenza a dir poco
minacciosa, ma Ranma non se ne curò più di tanto.
Più cresceva e diventava forte, più imparava a
non lasciarsi vincere dal timore nei confronti di suo padre ogni volta
che non gli andava di obbedirgli. Infischiandosene deliberatamente di
un eventuale peggioramento della situazione.
Lo raggiunse a
grandi falcate in giardino, afferrandogli brutalmente il bavero della
camicia cinese.
"Cosa diavolo
ti è saltato in testa, si può sapere?" e lo
scosse una volta. "Volevi scappare, eh?" e lo scosse una seconda volta.
"Ah, ma io non ti lascerò andare così facilmente"
ghignò, certo di averlo letteralmente fra le mani.
Portò il volto del ragazzo vicinissimo al suo, nel vecchio
tentativo di infondergli quanta più paura riuscisse a
trasmettergli. "E ancor meno ti permetterò di mandare a
monte il tuo matrimonio con Akane, mi hai sentito?!"
Gli aveva
sempre detto che l’amore era roba da femmine, che nella vita
di un combattente c’era spazio solo e soltanto per le arti
marziali. Questo ovviamente finché gli faceva comodo. Poi
gli aveva rifilato una fidanzata - anzi, settordicimila fidanzate,
giusto per non farlo rimanere senza - e aveva fatto di tutto per
piegarlo alla sua volontà, invano.
"Non decidi tu
cosa fare della vita degli altri!"
Se era rimasto
a casa Tendo tutto quel tempo era perché in fondo ad Akane
ci teneva, e il fatto che lei era contraria quanto lui a quel
fidanzamento combinato lo faceva sentire compreso, finché la
complicità, l'affetto e l'attrazione avevano fatto il resto.
"Sono tuo
padre e devi obbedirmi!"
Ecco
la frase magica...
Era sempre
quella che utilizzava, quando il suo ruolo era l'unico appiglio a cui
aggrapparsi per ottenere ciò che voleva da lui.
"Non l'ho mai
fatto e non lo farò!"
Come se non
bastasse il capofamiglia Tendo doveva aver sentito tutto,
perché appena dopo l'incursione di suo padre
arrivò quella più dura del padre di Akane.
Se le sorelle
Tendo erano state più o meno moderate con Ranma, lo stesso
non si poteva dire di Soun. Era su tutte le furie, e il ragazzo con il
codino notò anche che in poche ore sembrava invecchiato di
dieci anni. Gli faceva decisamente più impressione questo
aspetto che non il fatto che lo avrebbe frantumato da lì a
poco.
"Ranma!" e
quel suono, sì che lo fece tremare. "La mia Akane non mi
parla! Che accidenti è successo? Che le hai fatto,
maledetto?"
Urlava, e un
po' Ranma poteva capire la sua preoccupazione. Ma non si
lasciò intimorire neanche da lui, proprio come aveva fatto
con il padre poco prima, quel buzzurro che ora lo guardava in cagnesco
come se la sua vita dipendesse dalla sua condotta.
"Mi dispiace
deluderla, ma non ho fatto proprio niente!"
"L'hai
lasciata sola, ferita e malata e ritorni come se niente fosse?"
"Sola? C'era
la sua famiglia a prendersi cura di lei, o sbaglio?"
"Sei anche tu
la sua famiglia, te ne sei dimenticato?"
La
tiritera è sempre quella, oh!
"Ancora con
questa storia? Se non vuole più questo assurdo fidanzamento
rispetterò la sua scelta! Akane non è costretta a
sposare chi non vuole! Sarà lei a decidere se e con chi
farlo!"
"Cosa?"
Bene,
perfetto.
L'amabile conversazione
stava prendendo una piega inaspettata.
Non solo Ranma
non aveva mai parlato in quel modo a Soun, suggestionato com'era da una
sua probabilissima reazione intimidatoria, ma era arrivato al punto di
proteggere Akane anche dal suo stesso padre e dalla decisione di farli
sposare.
Si sentiva
tremendamente scosso: questo voleva dire lasciare Akane, forse
definitivamente. Sarebbe stato molto più semplice scusarsi e
avanzare la stessa pretesa di Soun facendo leva sulla promessa dei due
amici.
Ma Akane non
era mai stata d'accordo. E nemmeno lui, fino a qualche tempo prima. E
comunque, ciò che poi era nato stando insieme a lei, Ranma
lo considerava una cosa a parte.
"Voglio solo
parlarle, tutto qui."
"Te l'ho
detto: Akane non vuole parlare" disse Soun incrociando le braccia.
Stava facendo
un sacrificio enorme al suo orgoglio. Non aveva mai fatto una cosa
simile prima, o almeno non davanti ai loro genitori e alle sue sorelle.
Ritornare per
lui era stata un'azione dettata dai dubbi e dall'istinto, e ora che
aveva raccolto il guanto di sfida contro se stesso non si sarebbe
tirato indietro senza arrivare alla realizzazione del suo proposito.
"Non importa"
mentì infine. Importava eccome il fatto che lei si ostinasse
a fare finta che non era affar suo. Ma doveva provarci, o avrebbe
portato con sé quel rimpianto per tutta la vita.
"E' nella sua
stanza" sussurrò Kasumi, indicando l'interno dell'abitazione.
Ranma si
avviò con passo deciso verso la stanza della ragazza come se
si stesse preparando ad un combattimento, nonostante ci fosse una
piccola parte di lui che non voleva assolutamente che lui si esponesse
ancora: lo aveva già fatto la sera precedente con lei, lo
stava facendo adesso mentre speditamente saliva le scale del piano di
sopra, lo avrebbe fatto a breve ancora una volta. Ma non ne poteva
più di dare ascolto a quella piccola parte.
Quando
arrivò alla sua porta fu come se il suo cuore avesse ripreso
a battere. Non c'era paragone alcuno fra quelli semplici e banali che
aveva avuto in quelle ore e quelli che ora suonavano come tamburi nelle
sue orecchie.
"Akane,
indovina chi è alla porta?!"
Doveva essere
una sorta di domanda ironica, ma non c'era nessuna sfumatura simile
nella sua voce. Fu certo di essere ascoltato da lei, perché
gli sembrò che dall'interno Akane avesse emesso un
lievissimo singulto.
Alle spalle
aveva il resto delle loro famiglie, ma per timore di bloccarsi Ranma
non diede loro peso. Se Akane avesse accettato un colloquio con lui,
con tutta probabilità si sarebbero allontanati un po'.
"Non devi
preoccuparti, Akane. Ho afferrato il messaggio, e ti prometto che se
è questo il tuo desiderio non mi vedrai mai più.
Dimmi soltanto perché."
Faceva male,
dannazione. Soprattutto se pensava al fatto che quella sarebbe stata la
loro ultima conversazione. Rimase in ascolto, abbeverandosi di ogni
minimo eventuale suono o rumore che arrivasse dalla stanza della
piccola Tendo. "Akane!"
Ma non
udì niente. Akane sembrava determinata a non tradirsi.
Quasi gli
ritornò in mente la scenata a Ryugenzawa, con quel
stramaledetto di un Shinnosuke che cercava di allontanarla da lui; e a
causa di questa fuggevole considerazione il dubbio che Akane si fosse
innamorata di qualcun'altro riprese ad infiammargli la testa.
Si sarebbe
sentito decisamente meglio se gli avesse dato uno schiaffo come quella
volta, perché in quegli anni aveva ormai constatato che il
suo silenzio era peggiore di qualunque sberla o insulto.
Ma Ranma era
felice soltanto se lo era anche lei, e se Akane voleva esserlo senza di
lui... doveva andargli bene.
"Bene, ho
capito."
Tutta
questa baraonda per niente.
"Spero che
qualcuno sia abbastanza matto da sposarti. Addio!"
In qualche
modo si sentì cattivo abbastanza da dirlo, ma non ne fu
affatto compiaciuto. E alla sconfitta di quell'impresa, si aggiungeva
la sua totale incapacità di dominarsi e dirle qualcosa che
magari avrebbe potuto convincerla ad uscire dalla sua camera. Ma aveva
carattere, Akane; e a Ranma piaceva anche per questo.
Tuttavia,
decise di non importunarla ulteriormente.
Fece
dietrofront e, vedendo che le scale erano ostruite dagli altri
inquilini di casa Tendo, scavalcò il corrimano con un agile
balzo, atterrò con grazia un po' più in
giù alle loro spalle e uscì con movimenti
nervosi, senza voltarsi indietro.
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