Capitolo secondo
Ringraziando coloro che hanno finora commentato, la mia Selphyn, misscasei e Nikeforos,
vi lascio a questa prima parte del secondo capitolo, che ne preannuncia un' altra - la seconda - molto interessante e che arriverà probabilmente domani
sera (ma non vi assicuro niente, dal momento che forse sarò troppo "cotta" a causa delle pesti bubboniche cui sono costretta a fare da baby-sitter, per riuscire a scrivere)... ^_^
X Nikeforos: Non ho mai
letto "Il cavaliere d'Irlanda", ma ne ho sentito parlare e ora che me
lo rammenti credo proprio che andrò a procurarmelo! ^_^ In ogni
caso, è bello conoscere un'altra persona appassionata di
mitologia celtica, non mi capita spesso! E ti ringrazio per i
complimenti che mi hai fatto, non me li aspettavo... ^///^! X quanto
ringuarda la pronuncia dei nomi, però, ahimè: mi trovo ad
essere molto ignorante, in materia. Magari, quando avrò
più tempo, vedrò se riesco a trovare qualcosa ringuardo
alla pronuncia... Intanto, credo che ognuno sia libero di pronunciarli
come più gli aggrada! ;-) Comunque,
la tua osservazione su Blàthnaid e sui Goblin è stata molto
acuta... e presto la tua curiosità verrà soddisfatta, non
temere! Bwahahaha! (Risata satanica... Ok, la smetto! ^///^).
Un bacione,
Jazebel89
Capitolo secondo
Parte I
Tutte le famiglie felici si somigliano. Ogni famiglia infelice, è infelice a modo suo.
Lev Tolstoj,
"Anna Karenina"
Sinead, alta, statuaria eppure estremamente
femminile, con quel tipo di carnagione color miele che alla corte Seelie è
chiamata “baciata dal sole”, se ne stava in piedi di fronte a me vestita come
un’affarista di Wall Street molto sexy, in tailleur di Prada scollacciato e
tacchi a spillo tredici centimetri, il tutto sulle tonalità del viola e del
bianco, che mettevano in risalto non solo la sua pelle dorata ma anche la sua
chioma color del grano maturo, raccolta in una smisurata coda di cavallo, e i
suoi occhi dalla triplice gradazione di verde (dal verde smeraldo al verde chiarissimo)
illuminati attorno alla pupilla da strisce auree che la circondavano come i
raggi di un minuscolo sole in eclissi.
Trattenni per un attimo il fiato
di fronte a tanto splendore; il mio quarto di sangue umano non poteva che
restarne affascinato.
-Sorellina…- mi salutò, la voce
fresca come pioggerella estiva: -Non sei cambiata per niente-. E rise di nuovo.
Mi affrettai a rialzarmi e a
recuperare la spada. Per un attimo, ebbi la tentazione di rinfilarla nel fodero
attaccato alla mia cintura, che ovviamente non c’era; ma le vecchie abitudini
sono dure a morire...
In piedi, se fossimo state
entrambe scalze, ci saremmo trovate alla stessa altezza, ovvero a un metro e
settantasette da terra. Tutte e due eravamo snelle, con poco seno (come la
maggior parte delle sidhe) e con
lunghe braccia e gambe. Io però avevo i capelli castani, ricci, folti, tagliati
a metà schiena, mentre Sinead aveva quegli splendidi capelli d’oro fulvo che
sciolti dovevano arrivare a sfiorarle le caviglie, avvolgendola in un manto
morbidissimo. Io brillavo di luce lunare, lei di luce solare. Io avevo il naso
un po’ aquilino (lascito di mio padre), mentre lei aveva un perfetto naso
Seelie, leggermente a punta, graziosissimo.
-Nemmeno tu sei cambiata molto, Sinead,
a parte il fatto il tuo guardaroba sembra essersi decisamente… aggiornato, in questi ultimi anni-.
Sinead mi lanciò un sorriso
malizioso: -Sai, fuori da Corte mi piace essere moderna-.
-Fai bene- commentai, ma il
sorriso che le rivolsi non raggiunse gli occhi. -Ora però parliamo di cose
serie: che accidenti ci fai tu qui, per la Dea?!-.
-Uff, Blàthnaid, sorella mia… Sei
sempre stata una pessima padrona di casa…- sventolò in aria una mano dalle
unghie perfette laccate di lilla, quasi che volesse allontanare da sé con quel
gesto la mia presunta maleducazione. -Piuttosto, sarebbe carino da parte tua
accompagnarmi in salotto e offrirmi qualcosa da bere…-. Incrociò le braccia sul
seno e sfoggiò di nuovo un sorriso che avrebbe fatto la felicità di qualsiasi
odontoiatra. -I nostri amici di là ci stanno aspettando…- e accennò con la
testa alla mia biblioteca, dalla quale (lo realizzai solo in quell’istante) era appena
giunta.
-I nos… COSA?!!!-.
-Oh, avanti! Non fare
quella
faccia! Anzi, ti consiglierei di darti una sistemata, prima di
presentarti di
fronte ai tuoi ospiti... E magari potresti dire alla tua serva di
portare del caffè e qualche dolcetto, intanto che
aspettiamo… Per la Dea, mia cara: non posso credere che tu non
sapessi già del
nostro arrivo! Non dirmi che non hai ricevuto nessun segno, questa
notte!-.
-No, altrimenti l’avrei trascorsa
a far crescere una foresta di rovi alta dieci metri intorno alla mia casa, puoi
starne certa!- lo stupore lasciò il posto all’ira. -Per tutti gli Dei, Sinead!
Mi hai sempre considerata una vergogna, un disonore, un’indelebile macchia
nell’immacolato albero genealogico della tua famiglia! Hai passato quasi tutti i
millesettecentotrent’anni della tua vita a fingere che non esistessi!-.
-Tu esageri-.
-No, io dico la verità: per te ero
come morta; nel periodo in cui sono stata regina dei Goblin, per te ero come
morta-.
-I Goblin erano nostri acerrimi nemici,
Blàthnaid! Tu andasti contro il tuo stesso sangue, sposando Kerak!-.
-Già, ma quando finalmente me ne
accorsi e tornai indietro, non ci fu perdono per me; non da parte tua, almeno-.
Sinead s’irrigidì, come le
accadeva sempre quando la si metteva davanti al fatto concreto che dopotutto nemmeno lei,
coi suoi occhi irradiati di luce dorata e la sua strepitosa bellezza, il suo
sangue immacolato e i suoi strabilianti poteri, era perfetta.
-Sbaglio?-.
Lei non rispose. Lo presi per un
“no”.
-E adesso, dopo quattrocento anni
di silenzio, tu piombi nella mia dimora,
nella pace della mia vita, portandoti
dietro non solo il tuo aristocratico culo, ma anche una schiera di gente
estranea… così, senza preavviso! Dammi almeno una buona ragione per non
cacciarti via a pedate!-.
-Sei come tuo padre…- disse lei,
dopo un momento, gli occhi diventati improvvisamente freddi, vacui. -Rozza,
impulsiva, crudele…-.
-E tu sei come il tuo, di padre: alterni moine a capricci…
Non sei capace d’altro! Sei come una bambina… Potrai avere centotrent'anni
più di me, Sinead, ma in fondo sei rimasta a quando ne avevi otto!-.
-ORA BASTA!- un
vocione ben noto (che non udivo più da moltissimo tempo ma che
restava comunque per me inconfondibile)
riecheggiò nell'atrio, rimbalzando sui muri in pietra viva.
Spostai lo sguardo nella direzione da cui sembrava provenire. Un sidhe
alto, muscoloso, coi lunghi capelli biondi (della stessa sfumatura
color del grano maturo di quelli di Sinead) incastrati nel cinturone da cui pendeva una spada che sapevo chiamarsi Ban-righ A'Iar,
"Figlia dell'Ovest" (in quanto l'Ovest era l'Autunno, stagione di cui
egli era stato un tempo la principale divinità), era appena
comparso a poca distanza da noi.
-Zio
Mabon!- gridai, sorpresa, e non riuscii in alcun modo a controllare
l'espressione di gioia che andò a dipingersi subito sul mio volto. Era sempre
stato il mio zio preferito; l'unico dei miei parenti da parte di madre
che non mi avesse mai considerata un germoglio accidentale e molesto
sul proprio illustre albero genealogico. Si vantava di essere stato lui
a scegliere il mio nome, Blàthnaid, che in celtico significa
"piccolo fiore", a dimostrazione del fatto che non aveva mai pensato che io fossi uno
scarto, ma qualcosa di prezioso...
Avvertii
un gemito alle mie spalle, come lo squittìo di un topo che viene
schiacciato, e girandomi vidi Maria che si accasciava svenuta contro il
muro. Era il minimo che potessi aspettarmi; aveva appena assistito al raro spettacolo di tre sidhe splendenti di luce nella stessa stanza... Per un umano del XXI secolo era decisamente troppo!
-Bambine! Vi riunite dopo quattrocento anni e subito vi mettete a
litigare!- ci rimproverò, assumendo l'aria di premuroso disappunto di una vecchia
balia. I suoi baffoni biondi, folti e ben curati, vibravano per il sorriso che
stava disperatamente cercando di reprimere.
-Perdonami, zio- Sinead chinò appena la testa,
furiosa e umiliata, come la prima della classe che non è
abituata a prendere rimproveri dall'insegnante.
-Ahhh, risparmiati! Sono stata io a "cominciare", zio... perché trovo sia stato davvero poco cortese da parte vostra infilarvi in casa mia di soppiatto come ladri alle sei e trenta del mattino, e dopo quattro secoli di silenzio, oltretutto!-.
Lo zio sospirò, assumendo un'aria seriosa che
raramente gli avevo visto aleggiare sul volto: -Mio piccolo fiore... Ti
abbiamo fatto un grave torto, me ne rendo conto, ma non c'era altro
modo... Dobbiamo parlarti di cose molto importanti, e segrete... E se
vorrai essere così gentile da ascoltarci, ti prometto che mai
più niente turberà la quiete della tua casa-.
-Tsk! Vorrei ben vedere! Riempirò il
cortile d'Incantesimi d'Allontanamento, dannazione!- mi caricai in
spalla Maria (pesava un centinaio di chili, dal momento che era una
bella donnona pasciuta, ma nonostante all'apparenza non sembrasse
affatto, nelle mie vene scorreva sangue di Gigante, oltre a
quello sidhe e umano, per cui
lei per me alla fine non rappresentava un peso poi così eccessivo), e
mentre la trasportavo nella sua stanza (di fianco alla cucina, dal
momento che i piani alti erano riservati a me... un po' egocentrico,
direte voi, ma quando vieni abituata da regina è difficile in seguito
rinunciare ad un minimo di "spazio vitale"...) dissi: -E va bene,
vi ascolterò, ma non prima di essermi accertata che questa donna
non esca di senno dopo quello che ha visto; poi mi darò una
"sistemata", come dice Sinead, e intanto manderò il mio
giardiniere ad occuparsi di voi. Seamus è in parte Pixie, e non
dovrebbe spaventarsi alla vista di un paio di sidhe, tuttavia vi consiglio una buona dose di glamour,
qui in Europa, e molta discrezione. Ah, e... zio Mabon? I tuoi baffi
sono ancora i più belli d'Irlanda, complimenti- gli sorrisi, e
lo vidi arrossire e gongolare di soddisfazione, prima di mettere fra me e loro la porta della camera di Maria.
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