Radici ritorte bucano
il terreno in un'arrampicata verso l'alto, attirate dalla luce
dell'incanto che illumina le bacchette, intrecci nodosi di legno
nero che cigolano, serpeggiano, vivono ad ogni soffio di
vento. È la Foresta Proibita che respira al loro fianco, tra fronde
di alberi alti quanto palazzi a quattro piani e rovi spinosi che
bloccano, aprono e sdoppiano un labirinto di sentieri.
Hanno girato a destra a
un certo punto, dove una X giallo limone marchia il tronco di un
vecchio pioppo.
Poi a sinistra – la X
gocciolava vernice gialla tra due arbusti sottili che si innalzavano
dritti e neri ai lati del sentiero, come pali della luce nella
Londra Babbana – e di nuovo a destra, un altro albero, un’altra X
gialla.
Phillip si obbliga a
tenerlo a mente (qualcuno di loro, in fondo, dovrà pur farlo), senza
nulla su cui scrivere, non hanno altro modo per ricordarsi la strada
fin lì percorsa e, che Morgana lo affatturri, ma non affiderà
la loro salvezza alle mani – o alla bacchetta – di Phineas Taylor
Barnum. Non per altro, se si trova a girovagare nella Foresta
Proibita, invece di pensare al compito di aritmanzia che dovrà
consegnare l'indomani, la colpa è del serpeverde che avanza davanti
a loro con la bacchetta sollevata e un lumos sulla punta a
far luce.
Oltre i confini della
Foresta Proibita, la primavera scozzese aveva regalato loro una
splendida giornata di sole. Tra le fronde fitte di quel bosco
oscuro, però, del sole non arriva nemmeno il riverbero e Phillip ha
la sensazione di essere entrato in una diversa dimensione temporale,
dove la notte non ha fine e orribili creature attendono nascoste tra
gli alberi il momento adatto per attaccarli.
Dovrebbe esserci un
limite alle stupidaggini di Barnum, un allarme che suona ogni qual
volta il ragazzo sta per fare o dire qualcosa di cui, regolarmente,
sarà poi Phillip a pagarne il conto perché non riesce ad impedirsi
di dargli retta e perché PT è quel genere di ragazzo che potrebbe
davvero riuscire, prima o poi, a portarti sulla luna. Non significa,
tuttavia, che gli creda. Phillip Carlyle è leale, è sincero,
è tassorosso, ma non è certo uno stupido!
È un buon amico, tutto
qui, e il famiglio di Phineas, a quanto pare, non ha intenzione di
sbucare fuori tanto presto ed evitare loro un'inutile scarpinata.
«Sei proprio sicuro che
la tua lucertola–»
«Drago.»
«È un'iguana,
Barnum, e lo sai benissimo.»
Phineas rallenta il
passo, si volta e il sorriso sulle labbra è ciò che fa di lui un
perfetto serpeverde: è quel genere di sorriso che prima ti fa venire
voglia di prenderlo a sberle e poi, quando meno te lo aspetti, si
insinua tra le tue voglie e i tuoi sogni indecenti gettandoti il
cuore a battere giù, dritto tra le gambe.
«Dunque, ricordi
anche tu che è un'iguana» pronuncia, senza nemmeno bisogno di
usare un tono arrogante per sembrarlo. Ce l'ha scritto negli occhi,
ce l'ha stampato in faccia, ce l'ha cucito nella sciarpa
verde-argento e marchiato a caratteri cubitali in quel suo maledetto
maglione. Rosso.
E non c'è nulla di più
sbagliato di quel maglione per un serpeverde, ma nulla di più giusto
per P.T.
Non per questo, però,
Phillip è disposto a sopportare oltre le sue idiozie.
«Sei sicuro che la tua
iguana» sibila «abbia voluto farsi un giro proprio nella
Foresta Proibita?»
«Non è un ambiente
troppo buio e troppo freddo per un'iguana?»
Phillip è grato della
presenza di Anne e, per una volta, è contento, di non essere l'unico
ad annusare il puzzo delle frottole mastodontiche che escono dalla
bocca di Phineas con la facilità con cui respira.
«Leopold è diverso
dalle altre iguane.»
Per l'appunto.
È la scusa preferita
del serpeverde. Che funziona quando, in mezzo ai tavoli della Sala
Grande, il ragazzo più grande difende Lettie a spada tratta e la
definisce bellissima e speciale e non si preoccupa di come sia
strano, per un serpeverde, parlare in quel modo di una grifondoro,
specialmente quando questa ha peli sul mento di una barba che
Phillip non riuscirebbe a farsi crescere nemmeno con una pozione.
Diverso è quando,
annoiato da un pomeriggio che avrebbe dovuto passare sui libri,
sceglie di coinvolgere Phillip e Anne in una battuta di caccia
all'iguana. In quel caso di speciale non c'è niente, se non la
pazienza di Carlyle.
«Va bene, Barnum,»
decreta Anne, dondola braccio e bacchetta a illuminare il sentiero
davanti a loro, affinché riprendano a camminare «temevo solo fossi
alla ricerca dei centauri e, in quel caso, staremmo completamente
sbagliando direzione.»
Anne avanza.
Phineas, invece, non si
muove.
Phillip gli punta la
bacchetta in faccia, accecandolo con la luce del lumos, come un
detective che ha appena smascherato il sospettato principale.
«A-ah! Dunque avevi
realmente solo intenzione di cercare i centauri!» sbotta e Anne
solleva la mano per battergli un cinque trionfale traboccante di
complicità. Barnum incrocia le braccia al petto, picchiettando la
punta della bacchetta sulla propria spalla – ha insegnato
personalmente a Carlyle (lo stesso Carlyle che discende da millanta
generazioni di maghi purosangue e non saprebbe distinguere un
tostapane da una bicicletta) a battere il cinque, non è
corretto che lo si usi contro di lui.
«A mia difesa –»
sbuffa, in un incipit destinato ad essere brutalmente tranciato.
«No.»
«Ma se potessi –»
«Infatti non puoi.»
«Phillip, se solo mi
permettessi di–»
«Ho detto no, Barnum.
Innanzitutto dubito fortemente che esista anche solo un centauro che
abbia interesse ad incontrare un trio di maghi minorenni –»
«Veramente –»
«Non osare far valere
la tua età, ora. Non sei proprio nella posizione di
vantartene.»
«Hai ragione, continua
pure.»
«Nessuno di noi si
sarebbe dovuto trovare qui; lo sai quanti punti potrebbero perdere
le nostre casate per questa tua bravata? E, ben più importante, hai
coscienza del fatto che si chiam Foresta Proibita per una ragione e
che questa ragione potrebbe costarci la pelle, vero? Si torna
indietro, e nessuna delle tue scuse funzionerà questa volta.»
«Ho capito e mi
dispiace, sul serio. Volevo solo...»
Phineas si passa la
mano libera dalla bacchetta tra i capelli e Phillip ricorda di
averlo visto raramente imbarazzato, tanto che per un attimo quasi
non capisce cosa significhi la smorfia maledettamente adorabile del
volto altrui, sa solo che è l'espressione più tenera che gli abbia
mai visto in faccia; quasi lo infastidisce che anche Anne possa
vederlo.
Poi, però, Phineas
riprende a parlare e il tassorosso quasi dimentica la presenza
dell'amica.
«A breve dovrò mettermi
d'impegno nello studio per i M.A.G.O. e non avrò più tanto tempo da
dedicare a voi» l'occhiata con cui incatena a sé gli occhi azzurri
di Phillip, tuttavia, sospira altro sottovoce, confida un "a te"
che galleggia come un segreto inconfessato ed eppure cristallino e
perfettamente visibile a chiunque «ma se solo fosse possibile,
vorrei poter vivere almeno un milione di sogni e un milione di altre
avventure.»
Si china e il bacio che
deposita a tradimento sulle labbra di Phillip è ciò che di più vero
il serpeverde possegga e, forse, vale quanto quel milione di sogni
che desidera.
Quando si tira
indietro, Phillip esce da un’apnea che gli sembra essere durate ore
e non quei pochi secondi in cui la bocca di Barnum ha posato alla
sua.
Phineas schiocca un
occhiolino ad Anne e fa dietro-front iniziando a ripercorrere a
ritroso il sentiero. Canticchia mentre cammina per uscire dalla
Foresta Proibita, alla ricerca delle X giallo limone – canticchia,
si ripete Phillip, che lo guarda avanzare e deve prendere, invece,
qualche momento perché le proprie gambe ricordino come si cammina e
si assicuri che il cuore non gli scoppi come un palloncino nel
petto.
Anne trattiene un
sorriso tra le labbra, la mano con cui sfiora la guancia di Phillip
la ritrova calda e arrossata.
«Ti sei fatto fregare
di nuovo» chiosa, tirandogli un buffetto affettuoso.
Phillip si stringe
nelle spalle, in fondo, non è che gli dispiaccia così tanto. |