Occhi da precipitarci dentro come pozzi neri,
l’anima avvolta da ortiche e rampicanti senza colore.
Il naso come le aquile,
che si getta come impervio dirupo fino a fare ombra alle tue labbra che,
come ortiche, graffiano e irritano e pungono,
ma certe volte come rose.
I tuoi capelli come il caffè, come un cucciolo, come profumo di vacanza e di casa,
ma certe volte come l’istrice impaurito, che tira fuori gli aculei e si contorce.
Mi consumi.
Una volta questa sensazione era stata piacevole,
un giorno la mia schiena è stata tela bianca e tu col tuo amore
l’hai graffiata fino a lacerarla.
Ma ora tutto ciò che abbiamo da scambiarci sono poche parole di lontananza e odio e rabbia e rancore,
che allo stomaco fanno male come un pugno.
E allora devo proteggermi dal mostro che c’è in quel bel corpo, e scappo
E pian piano ci sono nuove mani sulla mia schiena.
Non posso più preferire la tua compagnia alla solitudine,
non posso più preferire il tuo scherno al complimento di un altro
non posso più preferire un tuo schiaffo al bacio di un altro.
Ma più tua, mai più.
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