Fino a 24 ore prima di
martedì 24 agosto 1999 George Weasley non si era aspettato più nulla dalla
vita; nessun fastidioso intoppo, nessun inconveniente, nessuna novità, solo il
presente certo della sua avviata attività al quale aggrapparsi tenacemente; basta
passato, niente futuro.
Tuttavia ora si ritrovava a
camminare convulsamente nella penombra del suo retrobottega chiedendosi perché
cavolo aveva accettato di pranzare con Angelina Johnson. Due cose erano
profondamente spagliate in tutto questo. Innanzitutto erano mesi che non
pranzava e andava bene così, la cena ingerita forzatamente per non ferire la
madre era già più che sufficiente. Inoltre questa ragazza rappresentava un
diversivo, un fuori pista e lui non voleva più saperne di queste cose ma, poiché
non aveva perso l’abitudine a mantenere la parola data e il quadrante
dell’orologio gli ricordava che mancava una manciata di minuti all’una, decise
che la cosa migliore era non pensarci troppo, chiudere la pratica e ritornare
alla sua ordinata quotidianità.
Angelina lo stava già
aspettando seduta sulla panchina di fronte al negozio ciondolando
distrattamente le gambe avanti e indietro. Quando lo vide gli regalò un sorriso
raggiante e si avvicinò.
- Ciao – disse allegramente.
- Buongiorno – rispose teso il
ragazzo.
- E’ ancora una giornata
piuttosto calda, mi chiedevo se avessi voglia di una coppa di gelato… -
- Certo – rispose George
cercando di sembrare interessato.
Si avviarono l’uno di fianco
all’altra. Lei rilassata e a proprio agio si godeva tranquilla la breve
passeggiata lanciando solo sporadicamente sguardi perplessi al suo
accompagnatore. Lui con i pugni stretti nelle tasche della giacca teneva il
capo chino fissando ostinatamente la strada.
- Non sapevo che gli
ippogrifi potessero volare sopra Diagon Alley – disse la ragazza sorpresa.
George alzò d’istinto gli occhi al cielo; era di un azzurro pallido e sulle
grondaie stavano appollaiati alcuni piccioni ma di ippogrifi neppure l’ombra!
Guardò sbalordito Angelina che in tutta risposta rise di gusto: - Se ti avessi
fatto notare quanto è piacevole questa giornata avresti annuito continuando ad
osservare i lacci delle tue scarpe. Mi serviva un pretesto per attirare la tua
attenzione. – Il giovane era esterrefatto; lei l’aveva fatto apposta come quando,
un tempo, erano soliti scherzare agli allenamenti di Quidditch al campo della
scuola, come se da allora non fosse trascorsa una vita intera. Questa ragazza
lo incuriosiva in un modo del tutto nuovo e stranamente, nonostante la sua
imprevedibilità, non riusciva ad esserne infastidito.
- Chapeau! Suppongo che
passare la pausa pranzo con un muto non sia divertente – ammise sfoderando
prontamente il suo sorriso di circostanza: - ok, vediamo un po’…il cielo,
considerando che siamo a Londra, direi che è piuttosto terso, sì insomma se
ignoriamo quella leggera sfumatura di grigio. Diagon Alley è uno splendore e
brulica di gente in faccende affacendata, che altro dire? E’ tutto delizioso –
Ad Angelina non sfuggì il
tono freddo e distaccato nelle parole di George ma decise di sorvolare
mascherando perfettamente un leggero disappunto. Raggiunsero presto la
gelateria, acquistarono due coppe sormontate da riccioli di panna montata e
presero posto ad un tavolino all’aperto. La ragazza mangiava di gusto il suo
gelato mente l’amico si limitava a martoriare con il cucchiaino la crema mezza
squagliata senza mostrare la minima intenzione di volerla assaggiare. Ancora
una volta era calato un pesante silenzio tra loro. Angelina avvertì crescere in
lei un sentimento a lei del tutto nuovo; suppose fosse quello provato dalle
mamme quando, spazientite, osservavano i loro figli pasticciare con il cibo. Fu
l’istinto di un attimo, raccolse una generosa cucchiaiata di gelato e la ficcò
nella bocca di George. Il giovane ingoiò suo malgrado il boccone strabuzzando
gli occhi completamente scioccato. – Chi sei tu e che ne hai fatto della mite
Angelina Johnson?! –
- Non è che solo perché
abbiamo condiviso alcuni anni di scuola dobbiamo conoscerci a memoria – rispose
secca: - per esempio lo sapevi che adoro la torta al pistacchio, ho il terrore
dei gufi e amo andare e teatro? E a te invece cosa piace? –
George farfugliò confuso: -
Beh a noi piaceva… -
- Non ho chiesto cosa
piaceva fare ai gemelli Weasley – sbottò la ragazza interrompendolo – Ho
chiesto a te. Cosa ami fare? –
George inaspettatamente
scattò in piedi furente: - Ora basta! Non ho capito a che gioco stai giocando
ma io mi fermo qui!! – Le girò quindi le spalle bruscamente e si allontanò con
passo deciso. Lei lo seguì e ignorando la folla che li circondava urlò: - Fred
è morto e tu non sei un pezzo di una macchina rotta sei un individuo, un uomo.
Lascialo in pace, smettila di farlo rivivere in te continuamente! –
George si bloccò di colpo e
ritornò sui suoi passi fino a fermarsi a pochi centimetri dal viso di lei: -
Una cosa te la concedo; sei la prima persona che ha avuto il coraggio di
chiamare la cosa con il suo nome: morto! Fred non se n’è andato, non ci ha
lasciati perché chi se ne va, chi ci lascia può essere che poi ritorni da noi.
Lui è morto non tornerà più. Per il resto io posso solo sopravvivere e chiedere
di essere lasciato in pace e soprattutto non mi serve la pietà di nessuno… -
detto ciò se ne andò.
Angelina restò sola. Tutto
il dolore sputatole addosso da George era stato come un pugno allo stomaco ed
ora era scossa da evidenti brividi. Lacrime amare le pungevano gli occhi. La
sua non era stata pietà…o forse sì.