Il fumo di candela
è ciò che maggiormente mi ricorderà
questo giorno negli anni a venire. Quello e il suono sordo delle dita
di André che battono freneticamente sulla sua gamba, senza
un istante di tregua.
Guardo il vecchio parroco che, lasciata la sacrestia, si aggira per la
chiesa con fare furtivo per spegnere i ceri che fino a qualche istante
fa illuminavano questo luogo. Luce di cui ora non vi è
più bisogno, perché mai sprecare tale
illuminazione per un matrimonio come il nostro? Un'unione di poco conto
a quanto sembra, tanto da non meritar nemmeno il chiarore d'una
manciata di mocci.
E ancora una volta la mia mente viene rapita da futili distrazioni,
come il ciarlare della vita al di là di queste mura, che
posseggono l'abilità di proteggersi dalla calura estiva, ma
non dagli istinti umani. Che si fanno udire con le risate dei soldati,
in cerca d'un frammento di requie negli angoli delle strade, dove le
dame con le mantelle rosse(1) concedono quel calore che manca loro da
tempo.
Mi sorprendo che vi siano questi sciocchi pensieri a riempirmi la
testa, quando invece dovrei trovarvi differenti e più
ragionevoli timori, ma se così fosse, se ascoltassi le reali
inquietudini dell'anima, forse sarei già fuggita.
Questo matrimonio è uno sbaglio, lo so, ne ho coscienza fin
dal principio. Se fossi meno caparbia e l'orgoglio cessasse di
scorrermi nelle vene, con molta probabilità racconterei
finalmente la verità.
Sono un falso, un impostore, la più spietata delle
mentitrici, la peggiore delle commedianti. Si, dico il vero,
è così dannatamente ingannevole il cuore da
avermi persuaso a tal punto da convincermi che, questo insano
sposalizio, fosse un gesto caritatevole. La sola ed unica speranza per
veder salva la vita di colui che ho di più caro.
Balle. Sono una sporca bugiarda. Lasciare Parigi, quella sarebbe stata
la soluzione migliore per André, per se stesso, per evitare
una probabile sentenza di morte e per sperare in un futuro migliore.
Futuro che il mio egoismo gli sta negando.
Inspiro profondamente l'aria stantia che aleggia in questo angolo della
chiesa, una mescolanza di pungente odore di zolfo, d'incenso, e di quel
sentore di marcio che proviene dai vasi ricolmi di fiori ai piedi degli
altari. Sono così belli in apparenza, rigogliosi di fogliame
e dai colori brillanti, ma al di sotto, l'acqua guastata dall'inganno
dell'estate, sarà la loro più crudele assassina.
Sento lo stomaco rivoltarmisi, ho sempre odiato il puzzo di marciume,
così simile all'olezzo che è presenza costante
nei cimiteri, quando le carcasse cominciano ad andare in putrefazione.
Sorrido senza movimento, le labbra restano immobili, pensando che la
morte e tutto ciò che ad essa è accomunato, non
ha fatto altro che rincorrerci da quando siamo scappati da palazzo
Jarjayes.
Poso lo sguardo nella direzione del mio futuro sposo, sul suo profilo
perfetto. Ha il capo lievemente abbassato, i muscoli della mascella si
contraggono in un chiaro segno di irrequietezza e l'occhio sano corre
sul pavimento del sagrato. Le dita hanno smesso di martellare contro la
gamba ed è ora il piede destro a dar sfogo al proprio
nervosismo, accanendosi sulla macchia d'una mattonella.
Prego Dio, qui dove forse potrà udirmi con maggior
chiarezza, di darmi la forza per cessare questa follia. Cosa potrei
offrire all'uomo che persino oggi mi è accanto,
così come è stato da vent'anni a questa parte; la
vita? Quale vita sarebbe accanto a me, io, un essere che è
donna e uomo e che non è né l'una né
l'altro. Un soldato che ha perduto il proprio coraggio e una fanciulla
che diffida del proprio cuore.
In quale dannazione ci sto trascinando, André?
Sono ora le mie mani a tremare, premo con forza i pugni, per annientare
questa loro debolezza. Stringo senza controllo spingendo le unghie
nella carne dei palmi. Non provo dolore, al contrario, il male fisico
sembra lenire la sofferenza della mente.
Mormoro un'implorazione al Signore, un segno che mi induca a metter
fine a tutto ciò. Ma vi è solo quiete; le statue
dei santi, con le loro bocche mute e gli occhi vitrei, sono immutabili
nella propria rigidità. Non verrà alcun segno. E
quand'anche scendesse qui dinnanzi il padreterno, negherei la sua
presenza.
Falserei la mia supplica, fingendo di non averla mia pronunziata e
maledirei il buonsenso perché nella sua saggezza condurrebbe
André via con sé. E la sua dipartita mi
dilanierebbe più della morte.
Saperlo lontano, sciolto da ogni vincolo col passato, libero di crearsi
una nuova esistenza e...
“Dovremmo cominciare. L'ora si è fatta tarda e
l'età non mi consente più di rubare ore al
riposo. Voi comprenderete vero?”
il curato cancella il brusio dei miei tormenti con la propria voce
stridula e oltremodo fastidiosa, ma efficace nel ricondurmi al presente.
Non è più possibile tornare indietro, non dopo
aver rovesciato il cielo e la terra per arrivare sino a questo punto.
Gli sguardi di tutti i presenti mi puntano addosso, ognuno con delle
aspettative differenti. Rosalie, Bernard, André, persino
l'officiante di questo matrimonio pretende ch'io porti a termine
ciò per cui ho implorato.
E così sia.
Annuisco col capo, lievemente, acconsentendo che il rito abbia inizio.
“Avvicinatevi e porgetemi la mano destra.”
entrambi posiamo la mano su quella del prete, con l'incertezza di chi
è all'oscuro di ciò che sta per accadere. Ho
presenziato a molti matrimoni a Versailles, compresi quelli delle mie
sorelle, ma a quanto pare mai così attentamente da
rammentarne i passaggi.
Monsieur Marduel congiunge le nostre mani tra le sue, assicurandosi che
la stretta sia ben salda, per poi abbandonarle e depositare su di esse
un velo leggero. (2)
“André e... e...”
il parroco si schiarisce la voce, palesemente a disagio, quasi
infastidito. Se per la propria dimenticanza o per l'inconsueta
situazione, non è dato saperlo, ma è evidente ad
ognuno dei presenti l'imbarazzo che è calata sulle nostre
teste.
“Come avete detto di chiamarvi, mia cara?”
il tono assume un'intonazione differente, quasi ilare, sul giungere
delle ultime parole. Non vi do peso, ignorando il sottinteso che da
sempre ha accompagnato la pronunzia della mia nomea, ma qualcuno al
contrario pare esserne seccato. Il dorso della mano di
André, al di sotto del mio palmo, è un tremolio
di nervi che si contraggono con veemenza.
“Oscar. Oscar Francois.”
replico alla domanda con fierezza e con la medesima naturalezza che
ciascuno dovrebbe avere sulla lingua, enunciando il proprio nome. E con
la stessa semplicità mi ritrovo a serrare le dita attorno
alla mano dell'uomo che mi è al fianco, con fare leggero,
come una carezza che col medesimo gesto vuole rassicurare, e trattenere
la furia che sta per venire alla luce. Il tutto nascosto al di sotto
del velo di tessuto che copre le nostre destre, nessuno sa, nessuno
può vedere quale battaglia sta compiendosi sulla nostra
pelle. E nei nostri cuori.
“Oscar e André siete venuti a celebrare il
matrimonio senza alcuna costrizione, in piena libertà e
consapevoli del significato della vostra decisione?”
mai domanda potrebbe essere più incomoda di questa. Potrei
riderne, se non fosse tutto così dannatamente crudele.
Ricaccio in gola una risata amara, obbligandomi a non sollevare mai lo
sguardo, così da non dover incontrare quello di colui che a
breve diverrà mio consorte.
Eppure giungerà il momento che mi vedrà obbligata
a farlo, e sarà nel verde del suo unico occhio che vi
leggerò il mio peccato. Ho creduto, con la scelta del
matrimonio, di preservare André dalla detenzione, ma col mio
gesto lo condurrò in una analoga prigionia. Forse
addirittura peggiore.
In questo tempo che sta mutando verso un'era di cambiamento, io mi
ritrovo a commettere i medesimi errori, legando a me qualcuno alla
stregua d'uno schiavo.
Cosa ti sto facendo André? A te, che ci vorresti tutti
liberi e uguali, sciolti d'ogni costrizione.
Debbo trovare il coraggio di interrompere questo inganno. Ora,
ritroverò il suono della ragione che ti renderà
salvo.
“Si.”
è invece la voce di André a precedere la mia.
L'affermazione irrompe nella chiesa spezzandone il silenzio, il vigore
del tono è tale da risonare con violenza contro la navata,
concependo un eco che pare non debba più aver fine.
D'istinto sollevo la testa per scrutare il suo viso, sul quale mi
auguro di trovarvi il vero, ma la mia preghiera non trova accoglimento.
Nell'istante in cui io ho innalzato il mento, il suo ha compiuto il
movimento opposto, celando ai miei occhi l'obiettività del
suo volto.
Come potrò comprendere la natura dell'affermazione appena
pronunziata?
Un colpo di tosse secco incalza la mia replica. Il parroco ha premura
di vederci fuori dalla sua dimora ed oramai non ha più cura
di farne mistero.
“Si.”
rispondo indecisa come forse non lo sono mai stata in tutta la mia
esistenza.
“André, vuoi accogliere Oscar come tua
sposa nel Signore, promettendo di esserle fedele sempre,
nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e
onorarla tutti i giorni della tua vita? Se dunque questo è
tuo desiderio, ripeti dopo di me; con la grazia di Dio, lo
voglio.”
guardo Monsieur Marduel, le sue labbra sottili, bagnate da un ammasso
di bava agli angoli della bocca, scandire la formula come un censore
enuncerebbe una sentenza di morte.
“Sì, con la grazia di Dio, lo
voglio.”
la sua voce, inflessibile e piacevole come quella d'un tempo andato,
precede qualsiasi intento. Il mio cuore accelera il proprio pulsare e
poi pare arrestarsi d'improvviso. Sono sopraffatta, ma possiedo ancora
quel frantume di lucidità che mi permette di intravedere
André.
Vedo in lui l'amore e l'odio, con una nitidezza che colpisce con
spietata ferocia. Mi guarda, per un tempo così effimero da
essere più breve d'un colpo di ciglia. Ma in quel fuggevole
istante, il suo struggimento e la sua collera, riescono a penetrarmi
fin nel profondo dell'anima, macchiandomi le guance d'un casto rossore.
Mi ami ancora André? Oppure la brama che mi par di scorgere,
altro non è che voglia di farmi male? È
così, non è vero? Vorresti afferrarmi per le
braccia e premervi attorno le dita, fino a sentire la carne deformarsi
sotto di esse. E scuotermi, una, due, mille volte, alla ricerca di un
po' di quel buonsenso perduto e di quella umanità che mi
terrorizza più degli inferi.
Oh, ne avresti tutte le ragioni, caro André.
Dovresti farlo.
Fallo, te ne prego. Liberami da me stessa. E poi scappa il
più lontano possibile, senza mai guardarti alle spalle.
“Oscar, vuoi
accogliere André come tuo sposo nel
Signore, promettendo di essergli fedele sempre, nella gioia e nel
dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo e onorarlo tutti i
giorni della tua vita?”
no, come potrei pensare di eguagliare anche solo in parte l'amore che
André mi ha donato da sempre. Io che di amore so poco e
nulla. Ed è amore ciò che provo per lui o
soltanto smania di possesso?
Sciocca, ecco cosa sono. Una stupida che ha creduto di poter rammendare
un'armatura con un filo di seta.
Dischiudo le labbra. La lingua genera parole mute, lievi come un
sospiro. Esito e, ancora prima di decidere, la mia mano destra si sta
di già muovendo, per sciogliersi dall'unione con quella di
André.
E il dorso della sua, al di sotto del mio palmo, ruota su se stessa per
impedirmi di andar via. Le dita mi afferrano il polso, fermando la
ritirata. Clandestini al di sotto del velo di tessuto.
Non vi è clemenza sulla sua bocca, come non c'è
nel verde della sua iride, eppure la presa seguita nella propria mira.
“Sì, con la grazia di Dio, lo voglio.”
mormoro con un filo di voce, così sottile che anch'io fatico
ad udire me stessa.
“Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il
Dio che nel paradiso ha unito Adamo ed Eva confermi in Cristo il
consenso che avete manifestato davanti alla Chiesa e vi sostenga con la
sua benedizione.
L’uomo non osi separare ciò che Dio unisce.
Amen.”
Il prete allarga le braccia e solleva le mani su di noi, benedicendo il
novello giuramento, con ben poca convinzione. Poco male,
poiché l'intera situazione ha il peso d'una pantomima.
“Signore, benedici e santifica l'amore di questi sposi:
l’anello che porteranno come simbolo di fedeltà li
richiami continuamente al vicendevole amore.
Per Cristo nostro Signore.”
così annunciando, il parroco svela le nostre destre
lasciando cadere a terra il tessuto che le aveva tenute al riparo dagli
occhi dei presenti. Le dita di André serrano ancora il mio
polso, con uguale tempra di un respiro fa. L'unico impiccio ora,
è che lo spettacolo è alla mercé
d'ogni partecipante alla funzione.
Non odo commento alcuno, tuttavia le opinioni di ciascuno sono su di
noi pesanti come macigni.
“Perdonate André, l'anello...”
Non esiste anello, nessuno di noi si è preso il fastidio di
occuparsi di quel dettaglio. André slega la mia mano,
cercando nei miei occhi la soluzione ch'io non posso dargli.
Che sia l'ennesimo sentore che l'unione non debba essere condotta al
termine? Se solo Dio volesse dispensarmi da un tale fardello, sarebbe
per me una benedizione.
Un rumore di passi alle mie spalle attira la nostra attenzione, volgo
verso il fondo della cappella dove vedo la figura di Rosalie camminare
con discrezione e, una volta giunta a pochi passi dalla mia persona,
avvicinare le labbra ad un soffio dal mio orecchio.
“Una dimenticanza imperdonabile, Oscar. Scusate. Prendete il
mio anello, ve ne prego.”
sussurra la giovane Rosalie sfilandosi il piccolo cerchio dorato dal
dito.
“No, non posso accettare la tua fede nuziale.”
con ritrovata risolutezza tento di declinare l'offerta.
“Oscar, questo anello serve più a voi che a me.
Non ho bisogno di un gioiello per manifestare l'unione tra me e
Bernard. Voi invece si.”
così dicendo, perentoria come mai l'ho udita fino ad oggi,
afferra la mia mano posandovi la fede al centro del palmo.
Immediatamente compio una mossa gemella, passando ad André
l'oggetto che sancirà questo legame. Ed io mendico, priva di
parola, una qualsivoglia indicazione su ciò che dovrei fare.
Ad ogni modo è André a condurre la partita,
dolcemente agguanta la mia mano sinistra, infilandomi senza alcun
impedimento la fede al dito.
Traggo un lungo e pesante sospiro.
“Fratelli e sorelle, invochiamo su questi sposi la
benedizione di Dio:
egli, che oggi li ricolma di grazia con il sacramento del Matrimonio,
li accompagni sempre con la sua protezione.”
Percepisco la consacrazione di Monsieur Marduel, ma la sola parola che
riesco a comprendere è “sposi”. Siamo
due sposi, io e André, marito e moglie.
I polmoni divengono pietre al di sotto del petto. Voglio respirare ma
non c'è più aria in gola.
“Il Signore Gesù, che santificò le
nozze di Cana, benedica voi, i vostri parenti e i vostri amici.
E su voi tutti, che avete partecipato a questa liturgia
nuziale, scenda la benedizione di Dio onnipotente, Padre e Figlio e
Spirito Santo.
Amen.”
Con voci differenti pronunziamo la risposta alla benedizione. Io stessa
ottengo un sibilo di fiato dal torace, quel tanto che mi è
concesso per ribattere alla fine della funzione.
Quel che fatto è fatto, non vi sarà
più modo di tornare indietro.
Così sia.
“André, figliolo. Ora puoi baciare la
sposa.”
il curato annuncia questo ultimo e inaspettato passo degli sponsali,
con un malsano prurito nella voce.
Nessuno di noi era pronto a questa incombenza, lo si evince dallo
stupore sul viso dei testimoni, così come deve essere sul
mio. André è il solo ad essere impassibile.
Con una calma innaturale procede nella mia direzione, spoglio
d'espressione, indecifrabile. Disgiungo la bocca per convenire con lui
sulla sciocchezza di tale pretesa, ma non ne ho modo. André,
oramai a poca distanza, mi prende il viso tra le mani e, sulle mie
labbra innocentemente accessibili, vi preme le sue. Che sono umide,
sfrontate, torride come questa notte d'estate.
È un bacio furioso il suo, paragonabile a quello d'una notte
di un'altra vita.
Al silenzio si aggiunge altro silenzio, parrebbe impossibile ma
così è. C'è solo il fluire del sangue
che mi pulsa nelle tempie e il suono umido delle nostre bocche, nel
momento in cui lui abbandona le mie labbra.
“Hai ottenuto ciò che volevi, ma neppure immagini
le conseguenze che avrà questa tua decisione.”
mormora un attimo prima di allontanarsi da me, come se nulla fosse
accaduto.
(1) La mantella rossa era un segno distintivo del mestiere della
meretrice, nella Francia del XVII secolo.
(2) Nel nord della Francia, in Inghilterra, in Irlanda, in Danimarca
per tutto il medioevo durante la solenne benedizione un grande drappo
nuziale (pallium, pannum, mappa, linteus) è tenuto da due o
quattro persone sul capo degli sposi, a significare che ambedue
costituiscono la Chiesa sposa di Cristo. Nella Francia meridionale,
nella Spagna, in molte regioni dell'Italia un velo più
leggero (velum, velamen, stola) è posto sul capo della sposa
e sulle spalle dello sposo, o anche sul capo o sulle spalle di ambedue.
In Francia nel secolo XVIII la velatio nuptialis è ancora
relativamente comune.
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