Capitolo
Ventisette
Trascorrono
poche ore prima che Mot venga finalmente raggiunto dal fratello. Non
se ne rende conto immediatamente, troppo concentrato nella spasmodica
ricerca della soluzione a quel disastro che si ritrova fra le mani.
Ba’al, innaturalmente silenzioso, passa alcuni lunghi minuti
a
osservare con cautela la figura prostrata del fratello, sentendosi in
colpa per averlo lasciato solo in un brutto momento come quello,
infine si fa avanti.
«Fratello»
mormora in tono
prudente e insolitamente delicato.
Pur con tutta la
sua
attenzione, osserva Mot sussultare, visibilmente scosso.
«Sei qui.
Stai bene?» soffia
Mot, incerto.
Un po’
confuso, a Ba’al
occorre qualche secondo per metabolizzare le parole del fratello.
«Sì, io… Perdonami, ho avuto qualche
difficoltà e non sono
riuscito a tornare prima» prova impacciatamente a
giustificarsi.
«Cos’è accaduto?» chiede, ora
seriamente preoccupato
dall’espressione tirata ed esausta di Mot.
«Il
peggio» ammette,
abbassando lo sguardo sconfitto.
«È…
Si è liberato?»
tenta Ba’al con apprensione. Tutto ciò che ottiene
è un cenno
d’assenso. «Cosa facciamo?» insiste,
cominciando seriamente ad
allarmarsi.
Mot scuote il capo
e si
stropiccia stancamente gli occhi, prima di provare a offrire una
risposta. «Temo dovremo cercare aiuto».
Ba’al
emette un piccolo
singhiozzo sorpreso, poi geme scoraggiato. «La figlia di
Phanês»
deduce.
«Sì,
purtroppo. Ora come ora
non vedo altre possibili soluzioni» replica con cautela.
Inoltre
quello spirito oscuro lo ha, molto poco gentilmente, esortato a darsi
una mossa e parlare con la donna, e Mot sente di dovergli almeno un
tentativo.
«È
pericoloso» protesta
Ba’al.
«Lo
so» concede Mot.
«Proveranno
a farci a pezzi»
ringhia, frustrato.
«So anche
questo» assicura
il fratello, indirizzandogli un lieve sorriso di scuse.
Ba’al
sbuffa, decisamente
contrariato, ma non trovando soluzioni migliori acconsente di
malavoglia all’idea del fratello e, insieme, recuperano il
loro
dimenticato prigioniero e partono per il Polo Nord nella speranza di
salvare il salvabile e forse anche le loro ormai misere esistenze di
reietti.
*
Non trovano neppure
il tempo
di poggiare decentemente i piedi sul lustro pavimento
dell’entrata
del palazzo che una violenta raffica di ghiaccio misto a vento,
sabbia dorata e nebbia oscura investe Mot, il quale si trovava alla
testa del piccolo gruppo, scaraventandolo brutalmente fra le braccia
del fratello che, preso decisamente in contro piede, incespica fino a
schiantarsi contro il portone di accesso.
Nel trambusto che
segue
Ouranós assesta un calcio alle gambe di Ba’al e
ritrova
definitivamente la libertà, mentre l’offeso
borbotta per il dolore
e lancia irripetibili improperi contro i marmocchi viziati. Mot si
è
accasciato inerte ai suoi piedi, evidentemente intontito dal colpo
ricevuto, e Ba’al si muove veloce, creando una barriera di
elettricità che impedisce alla seconda offensiva di arrivare
a segno
e metterli in ginocchio.
«Basta!»
esclama, irritato e
un po’ sconvolto. «Non siamo qui per creare
problemi, ma solo per
parlare» chiarisce, digrignando i denti nello sforzo di
mantenere
sollevata la barriera, dato che il fratello ancora non dà
segni di
ripresa.
«Come ti
aspetti che possiamo
crederti?» sbotta Nyx, trattenendo il figlio dietro alle
proprie
spalle, intenzionata a fargli da scudo. «Raccontane
un’altra,
forse ti andrà meglio» replica con sarcasmo.
«Avete preso mio
figlio, e poi avete preso anche
Pitch. Non siete affatto i benvenuti» ringhia infuriata,
spedendogli
contro un’altra ondata del proprio potere, sorretta dal
contributo
di Jack e Sanderson.
«Ve lo
abbiamo riportato
senza un solo graffio il dannato damerino principe del
firmamento!»
grida Ba’al, allarmato di fronte a una situazione che sembra
voler
solo peggiorare. Non può nemmeno muoversi per tentare di
scansarsi
da quell’attacco incrociato, o rischierebbe di far scoprire
il
fratello momentaneamente fuori gioco.
«Dove
avete portato Pitch?»
esclama di rimando Nyx, per nulla toccata dal tentativo di
Ba’al.
Quest’ultimo
sussulta,
inorridito dal rapido degenerare degli eventi. Se ora le raccontasse
la verità, probabilmente quella pazza lo incenerirebbe
seduta stante
senza nemmeno prendersi la briga di ascoltare il resto della storia.
“Maledetta dea della notte. Dannatissimo demone. E accidenti
anche
a me!” si rimprovera mentalmente, frustrato da quella
situazione
fin troppo scottante. Trasale quando avverte la punta delle dita
iniziare a congelarsi; la sua barriera sta cedendo e loro presto
finiranno, nel migliore dei casi, surgelati per i prossimi due o
trecento anni. “No, no, no, no…”
supplica, tremando e serrando
gli occhi per concentrarsi e rafforzare la barriera.
«No»
soffia una voce un po’
fievole a poca distanza da lui.
Ba’al si
permette un
minuscolo sospiro di sollievo, riconoscendo il tono pacato del
fratello.
«Devo
parlarvi del demone. È
importante e piuttosto urgente» continua Mot, con tutta la
calma che
riesce a metterci, nonostante sia ancora accovacciato a terra,
poggiando la schiena alle gambe del fratello.
Nyx aggrotta le
sopracciglia,
osservando con sospetto gli occhi del custode dell’oltretomba
e
scorgendovi un qualcosa di inusuale. Improvvisamente e bruscamente
interrompe l’offensiva, senza tuttavia abbassare la guardia
ma
facendo brevemente cenno all’Omino dei Sogni e allo spirito
dell’inverno di cessare momentaneamente le
ostilità.
Ba’al,
stremato, ringrazia
sentitamente la sua buona stella e si accascia a sua volta, poggiando
le ginocchia a terra e il capo sulla spalla di Mot, il quale
stiracchia un debole sorriso comprensivo e posa una mano sul suo
braccio in rassicurazione.
«Comincia
a spiegare e fai in
modo di essere molto convincente» lo ammonisce la dea della
notte,
guardandolo duramente.
*
Nyx sospira
stancamente,
massaggiandosi le tempie doloranti, imitata dai guardiani riuniti nel
salone di North. Il riassunto dei recenti avvenimenti offerto
nell’ultima mezz’ora da Mot non è
confortante: un demone libero
di vagare indisturbato per il loro mondo non è certamente da
prendere alla leggera, e Pitch ora intrappolato in un’altra
dimensione è un dolore sordo nel fondo del suo cuore.
«Si
può sapere per quale
assurda ragione non avete cercato una soluzione al problema prima
che si presentasse? E perché mai, per gli dèi,
siete arrivati ad
avvisarci solo ora, a cose fatte?» sbotta Nyx, frustrata nel
non
riuscire a scorgere la luce in fondo a quel lungo tunnel soffocante.
Ba’al
distoglie prontamente
lo sguardo e finge malamente di ammirare le decorazioni della
fabbrica di giocattoli, mentre Mot gli lancia una rapida e rassegnata
occhiata per poi risolversi a cercare di spiegare le proprie ragioni.
Prima, però «C’è modo di
poter avere una tazza di tisana
bollente? Mi sta scoppiando la testa» ammette, agitandosi
irrequieto
sulla scomoda sedia che lo ha ospitato fino ad allora.
Nicholas lo fissa
scettico.
Avrebbe una gran voglia di prenderlo a pugni, altro che tisana. Quel
tipo è il diretto responsabile della scomparsa, molto
probabilmente
della morte, di alcuni dei suoi yeti e della distruzione di
un’intera
ala del suo bel palazzo.
«Hai una
bella faccia tosta»
brontola stizzito. Ma si alza comunque, richiamando
l’attenzione di
uno dei suoi assistenti e chiedendogli di portare quanto richiesto e
qualcosa anche per tutti loro. «Ora vedi di parlare chiaro, o
qui
finiremo per perdere la pazienza» lo ammonisce severamente,
dopo che
Mot ha ottenuto la sua sospirata tisana da stringere convulsamente
fra le dita ghiacciate.
Cauto, il custode
dell’oltretomba annuisce, abbassando lo sguardo sulle proprie
mani
e radunando minuziosamente idee e ricordi. «I guai sono
iniziati
circa dodici anni fa. Inizialmente avevo davvero questa idea di
trovare un modo per riprendermi il posto che avevo perduto nel mondo.
Per anni, forse perfino secoli, ho cercato una soluzione che non
sembrava esserci. Ogni tentativo è stato vano, infatti;
nulla,
apparentemente, era in grado di darmi risultati apprezzabili e
duraturi. Un vero fallimento» ammette amareggiato.
Nyx aggrotta le
sopracciglia,
interdetta. «Quindi non era mio padre il tuo
obbiettivo?».
Mot la fissa un
momento, poi
scuote lentamente il capo. «Allora non credevo potesse
essermi
utile. Sapevo che difficilmente qualcosa o qualcuno avrebbe avuto
l’opportunità di attirare la sua attenzione,
così non ho mai
preso veramente in considerazione quella possibilità. Troppe
energie
da spendere per un progetto che con ogni probabilità si
sarebbe
comunque rivelato irrealizzabile» spiega ragionevole.
La dea della notte,
suo
malgrado, è costretta ad annuire, d’accordo con
l’analisi di
Mot. «Continua» ordina seccamente.
Mot stiracchia un
lieve ghigno
e l’accontenta. «Un giorno però, durante
le mie infruttuose
ricerche, trovai sulla mia strada una reliquia. Subito non fui in
grado di comprenderne la natura né la provenienza; quando vi
riuscii, ormai, era già troppo tardi: il danno, come si suol
dire,
era fatto» commenta amaramente.
«Di che
reliquia si
trattava?» si informa Toothiana, incuriosita.
Il custode
dell’oltretomba
sposta l’attenzione sulla fata, fa scorrere lo sguardo sul
resto
dei guardiani, delle pixies presenti e perfino di alcuni incubi
dall’aria incredibilmente fuori posto e derelitta
raggomitolati
l’uno accanto all’altro in fondo alla stanza. Un
po’ perplesso
e bizzarramente incuriosito scuote il capo, infine torna a
concentrarsi sul proprio racconto. «Uno specchio. Non era,
naturalmente, un semplice specchio; si trattava di un
portale»
rivela.
«Quello
nel quale è finito
intrappolato Pitch» avanza Nyx, comprendendo.
Mot annuisce.
«Sì, lo
stesso. Ma allora non sapevo ancora che fosse un oggetto tanto
particolare. Stavo appunto cercando di studiarne le caratteristiche
per scoprire se, in qualche modo, avrebbe potuto tornarmi utile. Fu
in quel frangente che smise di riflettere ciò che mi
circondava e
prese invece a mostrare un mondo al di fuori del mondo»
soffia,
ancora parzialmente atterrito al ricordo di quella scoperta.
Ba’al, su
una sedia accanto
a lui, si agita nervoso, lanciando di tanto in tanto occhiate incerte
e a tratti esasperate al folto uditorio riunito. Stanno perdendo una
gran quantità di tempo prezioso in nozioni assolutamente
superflue,
almeno a suo parere, quando invece potrebbero sfruttarlo per sfornare
qualche valida idea per risolvere il problema più imminente,
ovvero:
come arrestare il demone e i suoi progetti per il futuro che,
francamente, dubita siano di pace e amore per l’universo. Si
schiarisce la voce con discrezione e accenna a esprimere il suo
spassionato parere su tutta quell’assurda faccenda, ma prima
che
riesca a pronunciare anche una singola sillaba Mot gli propina un
violento pizzicotto al fianco che lo fa trasalire ed emettere un
urletto decisamente poco virile. Si volta di scatto, fissandolo in
modo truce e promettendogli, con un’unica occhiata furente,
una
vendetta sommaria e possibilmente sanguinosa. Mot riesce
incredibilmente ad aumentare la sua irritazione storcendo le labbra
in un ghigno palesemente divertito per poi tornare a prestare
attenzione al resto dei presenti.
Nyx, adocchiandoli
un po’
irritata e liberando un leggero sbuffo, interviene nel racconto, nel
tentativo di comprendere meglio i fatti e le motivazioni che hanno
guidato Mot. «Continuo a non capire per quale motivo, una
volta
scoperto di cosa si trattasse, hai tenuto nascosta
l’informazione
fino a ora. Di certo questo prolungato silenzio non può aver
giovato
né a te né tanto meno al nostro mondo».
«Evidentemente
no» conferma
Mot, torturandosi le mani e distogliendo lo sguardo. La sua titubanza
nel fornire una qualsivoglia genere di spiegazione è ormai
evidente
a tutti, ma nessuno, all’infuori del fratello, ne immagina il
motivo. «Lo avrei fatto» soffia, fremendo
d’angoscia, «se solo
ne avessi avuto l’opportunità. Purtroppo non ne ho
trovato il
tempo» tentenna, mordicchiandosi le labbra.
Un colpo di tosse,
che ricorda
fin troppo da vicino una risata malamente trattenuta, attira
l’attenzione di tutti. «Vuoi dire che negli ultimi
dodici anni non
hai trovato nemmeno dieci minuti del tuo prezioso tempo per avvertire
qualcun altro della tua scoperta?» chiede con sarcastica
incredulità
Ouranós.
Ba’al
è già pronto a
scattare in piedi e ad annodargli quella stupida lingua impertinente,
ma ancora una volta Mot lo blocca, questa volta posando delicatamente
una mano sul suo braccio. Le sue labbra sono livide e serrate
strettamente in una linea dura e sottile.
«Da
dodici anni a questa
parte, per essere sincero, non sono più totalmente padrone
della mia
esistenza. Qualcun altro la controlla al mio posto» sibila,
trattenendo a stento la propria collera.
«Cosa
vuoi dire? Chi dovrebbe
averne il controllo, se non tu stesso?» torna alla carica Nyx.
Mot posa leggero un
palmo sul
proprio petto e sospira stancamente avvertendolo tristemente
immobile. «Il demone» soffia con appena un filo di
voce.
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