Capitolo
Ventotto
«Non
capisco» si fa sentire, inattesa, la voce incerta di Jack,
dopo che
un lungo e scomodo silenzio ha ammantato la sala. «Se il
demone era
rinchiuso in un’altra dimensione, come avrebbe potuto
controllarti?».
«Jack ha
ragione. Il padre di
Nyx l’ha sigillato molti secoli fa: come poteva cacciare il
naso
nel nostro mondo mentre ancora era prigioniero?» obbietta
Nicholas,
corrucciato.
«Non nel
nostro mondo» tenta
di spiegarsi Mot, anche se le espressioni incerte e sospettose dei
presenti non lo incoraggiano a essere particolarmente loquace.
Nervosamente si massaggia il petto e fa vagare uno sguardo un
po’
spaesato per la stanza. Sussulta quando la mano del fratello si posa
piano sulla sua spalla, ma a quel gesto risponde comunque con un
tremulo sorriso e un impercettibile cenno di assenso. «Non
avrebbe
avuto sufficiente potere che gli permettesse di influenzare un intero
pianeta, tuttavia ce l’aveva per agire su tutto
ciò che si trovava
a breve distanza dal portale».
Nyx raddrizza la
schiena, ora
decisamente interessata, e presta maggior attenzione alle parole di
Mot, certa ormai che fra non molto potrà finalmente avere
qualche
buona risposta alle sue pressanti domande.
«Davvero?
Breve quanto?» si
interessa Toothiana.
«Pochi
metri, in realtà»
l’accontenta di buon grado Mot. «Purtroppo
più che sufficienti a
mandare alla malora ciò che rimaneva della mia
già non
particolarmente rosea esistenza» borbotta acidamente.
«Non
tenerci sulle spine e
deciditi a raccontare quel che hai da dire» lo rimprovera
Nicholas,
stanco di tutto quell’inutile tergiversare.
Così Mot
trae un profondo
respiro, affatto lieto di dover rivelare certi dettagli delle proprie
disavventure a creature verso le quali non è per nulla certo
di
poter riporre la propria fiducia, ma sapendo di non avere comunque
molte altre possibilità, a meno che non intenda tornare a
strisciare
ai piedi di quell’essere immondo e senza scrupoli.
«Prima ancora
che trovassi la possibilità di comprendere la situazione, il
demone
comparve di fronte a me oltre l’effimera barriera fra i
nostri due
mondi e…» tentenna, deglutendo tensione e
sgranando appena gli
occhi per abbassarli nuovamente sulle mani tremanti. «E si
impossessò di un pezzetto del mio cuore» mormora
appena,
illudendosi di non essere udito.
Per sua disgrazia
può
facilmente avvertire alcuni dei presenti trasalire ed emettere
bruschi respiri sgomenti nell’assimilare le sue parole.
«Ehm…
scusate, qualcuno di
voi vorrebbe spiegarmi?» chiede ancora Jack, sempre
più confuso.
Nyx, scura in volto
e con una
fosca luce negli occhi, senza mai distogliere l’attenzione da
Mot
si prende la briga di offrire allo spirito dell’inverno un
chiarimento. «Il demone ha utilizzato le sue arti magiche per
influenzare ciò che aveva a portata di mano. In pratica
immagino che
gli siano state sufficienti poche semplici parole o, addirittura, un
gesto per strappare a questo sciocco una parte del suo cuore e
conservarlo per poterne controllare il proprietario».
Mot sussulta a
quella sintesi
impietosa e stringe convulsamente le labbra ormai grigiastre e le
dita sulla tazza ormai fredda.
«Accidenti,
che tatto!»
esclama Ba’al indignato, riflettendo sul fatto che spesso il
fratello lo accusa di insensibilità, ma lui non si
è mai spinto a
insultarlo in quel modo.
La donna ghigna al
suo
indirizzo, sfidandolo silenziosamente ad aggiungere altro. Vedendolo
però affatto intenzionato a recriminare oltre, sbuffa
annoiata e
decide di proseguire. «E quindi, dopo essere divenuto la sua
docile
pedina, hai pensato bene di tenerti l’accaduto esclusivamente
per
te. Sentiamo, dunque: quanto tempo è trascorso prima che ti
rendessi
finalmente conto di avere le mani legate, che da solo non avresti
avuto alcuna possibilità di uscire da quel
pasticcio?».
Forse, dopo tutto,
non è
stata un’idea saggia presentarsi a questa gente in cerca di
sostegno, rimugina Mot, maledicendosi ancora una volta per le proprie
decisioni sconsiderate.
«Sei mesi
fa mi ha coinvolto
nel suo progetto fittizio alla riconquista del potere. Immagino che
in precedenza se la sia sempre cavata da solo» interviene
Ba’al,
stanco di vedere il fratello, bersagliato dalle parole acide degli
altri, divenire più cupo e costernato a ogni minuto
trascorso. «Non
penso tuttavia che ciò possa servirci a fare passi avanti
contro
quell’animale» fa scontrosamente presente.
«Probabilmente
no» concede
Nyx. «Ma è comunque interessante scoprire fin dove
arriva la
stupidità di certa gente» aggiunge con velenosa
cattiveria,
osservandoli entrambi sbiancare e compiacendosi oltremodo dei
risultati ottenuti. Ah, se solo ci fosse stato anche Pitch a
incoraggiarla e darle man forte, sospira affranta. E a tal proposito:
«Perché il demone ha scelto Pitch come
contropartita per poter
riottenere la libertà?» domanda con
serietà, intenzionata ad avere
spiegazioni valide.
Osserva
Ba’al agitarsi
nervosamente sul posto, poi osserva Mot che appare tutto intento a
esaminare i bordi sfilacciati della sua casacca scura ornata da fregi
argentei. Assottiglia lo sguardo nel rendersi conto che nessuno dei
due sembra desideroso di rispondere alla sua domanda. Sbuffa,
irritata per la perdita di tempo e un po’ offesa per la poca
considerazione. «Voi due non uscirete da questo posto
insulso…».
«Ehi,
questo è il mio
palazzo!» protesta Nicholas, rosso in viso per
l’indignazione.
«Silenzio,
vecchiaccio
rubicondo e sovrappeso!» ringhia Nyx, adirata per essere
stata
interrotta sul più bello del suo interrogatorio a scopo
intimidatorio. «Nessuno ha chiesto il tuo parere. E loro sono
miei
ostaggi» sibila, fissando Mot e Ba’al e soppesando
le sue opzioni.
«Posso farci quello che mi pare» aggiunge, facendo
trasalire non
solo le due sfortunate divinità ma anche il resto dei
presenti.
Ba’al,
abbastanza
terrorizzato da quella donna pazza da legare, dà
un’eloquente
gomitata al fianco del fratello per spronarlo a offrirle ciò
che
desidera, prima che lei decida di volerli usare come stuzzicadenti.
Mot ringhia e borbotta, più che altro perché la
gomitata è giunta
proprio sui lividi lasciati dal precedente scontro messo in opera al
fine di accoglierli in grande stile, ma si risolve comunque ad
annuire, comprendendo bene di non avere in mano altre carte da
giocare.
«Al
demone era necessaria una
creatura idonea; se gli fosse andato bene chiunque, probabilmente non
avrebbe esitato a provvedere allo scambio già nel momento in
cui gli
capitai fra le mani. Ma evidentemente il portale (o i suoi custodi)
non funziona in questo modo: non può essere ingannato tanto
facilmente. Inoltre il demone, non avendo possibilità di
agire su
vasta scala, per molto tempo non ha avuto modo di mettersi sulle
tracce del candidato ideale. Suppongo che abbia sfruttato il
collegamento con il sottoscritto per mettersi alla sua
ricerca».
Lo sguardo truce
che gli
indirizza Nyx lo fa annaspare per un lungo, penoso momento.
«Un
collegamento, eh?»
sibila la donna, che dall’irritazione sembra essere passata
direttamente alla rabbia. «Quindi è
così che quella creatura è
entrata in possesso delle informazioni necessarie: per tramite
tuo»
ringhia, mentre le sue dita affusolate si contraggono scricchiolando
sinistramente. «E tu, come conoscevi certi particolari? Da
dove hai
tratto le tue preziose informazioni, quelle che hai passato al demone
come farebbe un cagnolino devoto con il proprio adorato
padroncino?».
Mot serra
strettamente le
labbra e la fissa con odio, desiderando di staccarle la testa ma
purtroppo conscio di non poterselo permettere, vuoi perché
lei gli
serve per provare a sistemare il tremendo pasticcio in cui si trovano
tutti, ma anche e soprattutto consapevole che lei è troppo
potente
perfino nel caso in cui decidesse di allearsi con suo fratello nel
tentativo di eliminarla dalla faccia della Terra così come
di
qualsiasi altro mondo conosciuto e non.
«Ho le
mie fonti» borbotta,
molto più che seccato.
Il ghigno malevolo
che compare
sulle labbra di Nyx gli scatena un lungo fremito di pura angoscia.
«Ma
davvero?» lo deride lei.
«E credi seriamente che le tue preziose fonti ti sarebbero di
qualche utilità là dove molto presto
deciderò di spedirti se
continuerai a ostinarti a fare il reticente?» minaccia ben
poco
velatamente, gustandosi l’occhiata atterrita e abbastanza
terrorizzata di Mot.
«Mi
ricordi vividamente mio
padre» mormora il custode dell’oltretomba,
avvertendo il fratello
irrigidirsi al suo fianco. «Nessuno scrupolo, solo un
obbiettivo e
un buon piano per raggiungerlo senza mai badare ai costi»
riflette amaramente. Solleva gli occhi in quelli di Nyx e annuisce
piano. «D’accordo, vuoi sapere da dove ho ricavato
le informazioni
che sono servite al demone per agire? È così
semplice, in realtà:
da voi. Lo spirito oscuro ha inviato le sue sentinelle per
controllare i nostri movimenti; suppongo che il mio ingenuo
fratellino non ne abbia minimamente ravvisato la presenza, ben poco
accorto com’è. Al contrario io ne ho notato gli
spostamenti e ho
presto compreso di essere osservato» rivela acidamente.
«Non mi
hai detto un bel
niente!» protesta Ba’al, risentito.
Mot solleva un
sopracciglio,
scettico. «Che cosa, esattamente, avrei dovuto dirti? Che ci
spiavano mentre eravamo tutti intenti ad accapigliarci come due
idioti per un misero frammento di considerazione? Non essere sciocco,
fratello. Non sarebbe comunque stato utile mettertene al corrente;
anzi, molto probabilmente saresti riuscito, ancora una volta, a
complicare tutto quanto e a rovinare i miei piani. Ciò che
invece ho
fatto io è stato molto semplice: preso atto di essere
osservato, ho
a mia volta studiato le piccole spie e ho trovato presto il modo per
connettermi a loro senza che se ne rendessero conto e dessero quindi
l’allarme. In questo modo, da osservato sono diventato
l’osservatore e, attraverso i loro stessi occhi attenti, ho
potuto
studiare la situazione e il suo rapido degenerare. E lui,
attraverso me, ha visto e sentito ciò di cui necessitava e
si è
preso ciò che gli premeva per i suoi scopi e i suoi
bisogni»
spiega, stanco e amareggiato. «Fino a ieri non avevo affatto
compreso ciò di cui avesse realmente bisogno ma,
osservandolo più
da vicino, ammetto di aver tratto le stesse conclusioni del
demone».
«Sarebbe?»
sbotta Nyx,
spazientita da tante inutili parole.
«Il
vostro amico, quello che
da queste parti usano chiamare Uomo
Nero,
in realtà è
un curioso puzzle dalle più strane e disparate
caratteristiche. Può
diventare facilmente un contenitore, perfino un’arma; ma in
questo
caso era una chiave, o forse sarebbe più corretto definirlo
un
biglietto di sola andata. E ha funzionato: ha sbloccato le custodie
del portale con una semplicità disarmante, poi il demone
deve averle
confuse in qualche modo, così che mentre la chiave apriva
l’accesso
all’altra dimensione il demone avesse il tempo di sgusciarne
fuori
indisturbato. Ecco qua» soffia Mot, allargando le braccia a
sottolineare l’attuazione del diabolico piano del demone.
«”Ecco
qua” un
accidente!» strilla Nyx, saltando in piedi e facendo
indietreggiare
gli astanti. «Quella creatura gira a suo piacimento nel
nostro
mondo, ora, e la colpa è solo tua. Idiota!» sbotta
a pochi
centimetri dal suo naso, calando poi un pugno sulla sua testa a
sottolineare quanto vuota essa sia.
Mentre Mot si
massaggia
mestamente il capo e Ba’al picchietta comprensivamente una
mano
sulla sua spalla, i guardiani, le pixies e tutti gli altri presenti
si guardano l’un l’altro con ansia, senza sapere
cosa aspettarsi
dopo lo spettacolo al quale hanno appena assistito e le parole che lo
hanno preceduto e che non sono state affatto rassicuranti.
«Madre»
bisbiglia cautamente
Ouranós.
«Cosa?!»
scatta Nyx, che al
momento si sente decisamente fuori fase (più del solito, in
ogni
caso).
«Credo
dovremmo avvertire gli
altri, che si preparino a un probabile scontro» suggerisce
ragionevolmente.
Nyx soppesa la
proposta del
figlio, tamburellando un piede a terra con le braccia strettamente
incrociate sotto il seno. Sposta lo sguardo all’intorno,
cercando
di farsi un’idea sulle loro probabilità, infine
sospira. «Molto
bene, procedi pure. Eresseie penserà al popolo fatato.
Tenetevi in
contatto e aggiornatemi sugli sviluppi» decreta. Poi si
allontana
dal centro del salone, diretta al gruppo di incubi radunatosi
nell’angolo più lontano e dà un gentile
strattone alla criniera
di Epiales. «Accompagnami» mormora in modo che sia
lui solo a
udirla.
«Madre»
interviene
nuovamente Ouranós. «Che cosa hai intenzione di
fare?» indaga
preoccupato.
Lei lo fissa a
lungo,
accarezzando distrattamente il collo affusolato dell’incubo
al suo
fianco, poi sposta lo sguardo sui due fratelli ancora seduti e
apparentemente troppo scossi per pensare di far parte di un qualunque
piano d’azione. D’un tratto sul suo volto pallido
si spalanca un
ghigno macabro e foriero di sventure che fa accapponare la pelle a
tutti, persino agli incubi. «Credo che prenderò
questo incubo,
quelle due zucche vuote inchiodate alle sedie e che farò un
piccolo
viaggio fino al mondo oscuro dove abita il nostro custode
dell’oltretomba. Credo anche che, una volta scovato il
portale,
troverò il modo per accedere a quella stupidissima
dimensione. E
credo proprio che mi riprenderò ciò che mi
appartiene e poi
prenderò a calci quel maledetto demone che ha avuto il
malaugurato
ardire di portarmelo via» sibila minacciosa, adocchiando
ognuno dei
presenti e sfidandoli a contraddirla. «Tutto
chiaro?» sibila,
ricevendo frettolosi cenni di assenso. «Qualche
obiezione?» si
accerta, stavolta ottenendo rapidi e convinti cenni di diniego.
«Molto bene. Tenetemi aggiornata sugli sviluppi»
ordina perentoria,
prima di avanzare risoluta e a grandi passi verso i due fratelli,
afferrare Mot per i capelli e trascinare entrambi fuori dalla sala.
«Muoversi!» sbotta, prima di svanire avviluppata
dalla notte in
compagnia di un incubo e due divinità decisamente
recalcitranti.
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