Silver Linings Playbook, Stalia AU di Horror_Vacui (/viewuser.php?uid=4218)
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Capitolo
6. Martingala
Parte
I
L'aria
era così gelida da mozzargli il fiato, ma adorava potersi
muovere al
buio tra le strade deserte, perciò rientrò a casa
che era notte
fonda.
Le
luci erano spente, si fece strada a tentoni fino alle scale e si
tolse le scarpe per non svegliare suo padre, che probabilmente stava
già dormendo.
La
porta di camera sua era socchiusa e si intravedeva una luce leggera
attraverso lo spiraglio aperto. Aveva già vissuto quella
scena, non
gli piaceva l'idea di trovare sorprese, perciò l'apri con
due dita
preparandosi al peggio.
Malia
non aveva tolto nemmeno le scarpe, dormiva raggomitolata sul bordo
del letto, lasciando penzolare i piedi fuori dal materasso. Stiles
entrò in punta di piedi e si sedette accanto a lei.
Si
arrischiò a spostarle i capelli, portandoli delicatamente
dietro le
orecchie, e fu solo dopo che ebbe finito che Malia aprì gli
occhi.
«Scusa»
sussurrò passandosi un mano sul viso. «Ho detto a
tuo padre che
sarei rimasta qui ad aspettarti, ma devo essermi addormentata a un
certo punto» si stiracchiò come un gatto assonnato.
Stiles
lottava contro se stesso, contro l'impulso di dirle che sapeva la
verità e contro il desiderio di baciarla e farla sua su quel
letto,
il suo letto, esattamente come aveva immaginato la prima sera a casa
di Scott. Strinse i denti e distolse lo sguardo prima che fosse
troppo tardi.
Malia si tirò su a sedere, poggiando la testa sulla
sua spalla. Era un gesto intimo, ma lei lo fece con una tale
naturalezza che a lui non sembrò in alcun modo sbagliato o
forzato.
Quali
che fossero i suoi reali sentimenti, Malia avrebbe sempre potuto
appoggiarsi a lui in quel modo, come se fosse l'unico scoglio in un
mare in tempesta.
«Sei
ancora arrabbiato con me?» gli chiese.
«Non
immagini quanto» disse guardandola di traverso.
«Mi
dispiace, non avrei dovuto sbroccare così, ho messo tuo
padre in una
brutta situazione».
Stiles
sospirò. «Be' forse hai peggiorato un po' le cose,
ma lui si era
già incasinato da solo, quindi...»
Lei
gli mise una mano sul viso e lo costrinse a guardarla negli
occhi.
«Io e te abbiamo fatto un patto, non puoi abbandonarmi
proprio ora»
«E
se non fossi all'altezza?»
«Devi
esserlo e se non vuoi farlo per tuo padre, almeno fallo per
Lydia».
Stiles
prese le mani di Malia tra le proprie: erano fredde e sudate.
«Cosa
c'entra lei?»
«Scott ha detto che Allison proverà a
convincerla a venire alla gara. Se ti vedrà
ritirerà di sicuro
l'ingiunzione restrittiva e poi chissà...» fu
Malia a distogliere
lo sguardo mentre la voce le moriva in gola. Sciolse la sua presa e
si passò le dita tra i capelli spettinati.
In
quel momento un nuovo piano prese forma nella mente di Stiles e lui
si sentì in colpa, ma anche molto romantico, più
di quanto non
fosse mai stato nella sua intera vita.
«Cosa?
Dici sul serio? Potrebbe... lei potrebbe venire a vederci?»
«Sì,
te l'ho detto, perché vuoi che te lo ripeta?» si
alzò stizzita e
lo guardò dall'alto in basso, con aria di sufficienza. Lui
non si
lasciò impressionare.
«Ma
perché è incredibile ed è tutto merito
tuo!»
«Sì,
certo. È incredibile e andrò dritta in paradiso
per questo. Ci
vediamo domani, alla stessa ora e allo stesso posto. Non
mancare»
disse e fece per andarsene, ma Stiles balzò in piedi e la
trattenne
dalla manica.
«Dove
credi di andare? Sai almeno che ore sono?»
Malia
gli riservò una lenta e velenosa occhiata.
«E
quindi? Da queste parti non succede mai niente, so cavarmela da
sola».
«Senti,
stammi a sentire, voglio essere molto chiaro con te su questo punto,
molto molto chiaro, quindi fammi parlare senza interrompere, grazie.
Fuori è buio e tu non andrai da nessuna parte,
perché potrebbe
capitarti qualcosa e, anche se tu sei convinta che a nessuno
importerebbe, be' notizia flash, a me importa. Adesso mettiti a
letto, io andrò a dormire sul divano, domani dobbiamo
allenarci»
disse tutto d'un fiato, come faceva sempre quando era nervoso.
Il
cambiamento nell'espressione di Malia fu quasi impercettibile, ma
quando Stiles vide sparire la ruga tra le sue sopracciglia,
capì di
aver vinto quella piccola battaglia.
«Puoi
restare se vuoi» gli disse mentre lui prendeva il pigiama dal
cassetto.
«Cosa?
No, non sarebbe giusto nei confronti di Lydia».
Malia
sbuffò dicendo qualcosa tra sé e sé,
troppo piano perché lui la
sentisse, poi tolse il cappotto e le scarpe e si lasciò
cadere al
centro del letto con un tonfo.
«Sei
davvero fuori di testa, lo sai?»
«Sono
da poco uscito da un istituto psichiatrico, dimmi qualcosa che non
so».
Pensava
di aver fatto una battuta carina, ma lei non la prese troppo bene e
lo spinse fuori dalla stanza chiudendo la porta a chiave.
Il
mattino seguente fu strano fare colazione tutti insieme allo stesso
tavolo. Malia e suo padre si studiavano come due giocatori a un
tavolo da poker, lui invece parlava troppo, come al solito.
«Scusa
Malia, stamattina niente donuts, dovrai accontentarti dei miei
pancakes» le disse poggiando il piatto carico di pancakes
caldi e un
po' sbilenchi al centro del tavolo.
«Non
scusarti, non scusarti, i tuoi pancakes sono ottimi» lo
rassicurò
Noah.
Malia
arricciò le labbra. «Già, dovresti
smetterla di scusarti per
queste cazzate, almeno quando tua moglie non è
presente» disse
piccata, infilando la forchetta nel piatto con decisione.
Sollevò
cinque o forse sei pancakes, li mise nel piatto e li coprì
con tutto
quello che trovò sul tavolo: cioccolato, miele, panna e
biscotti
sbriciolati. E poi li divorò con inaspettata
voracità.
«Be',
che avete da guardare?» mugugnò a bocca piena.
«Non faccio sesso
da più di due mesi!»
Noah
tossì in imbarazzo, il viso rosso come il ketchup nel suo
piatto.
«Vado...
vado a vedere se è arrivato il giornale»
balbettò e uscì fuori,
nonostante il giornale fosse già sul tavolo accanto a lui.
Stiles
incrociò le braccia al petto. «E poi sarei io
quello che dice cose
imbarazzanti!».
Malia si strinse nelle spalle e gli mostrò il
dito medio, leccando la forchetta in modo del tutto equivoco.
*
«Dove
sei stata?»
«Te
l'ho già detto al telefono! A casa dell'ex sceriffo, l'ho...
l'ho
aiutato a fare una cosa».
«Quella
“cosa”, come la chiami tu, è mettersi in
mezzo, è rendere una
situazione difficile ancora più complicata, te ne rendi
conto?»
batté con forza un pugno sul tavolo.
«E
quale sarebbe questa situazione difficile? Sentiamo! Parlamene un
po', perché se ti riferisci alla tua amica che vive la
storia
d'amore dei suoi sogni, be' non me ne frega un cazzo! E poi quanto
sei ipocrita, sei stata tu a organizzare quella stupida cena, a
incoraggiare il nostro rapporto».
«Ti
ho già detto che quella cena è stata solo un caso
e poi io ti avevo
detto di essergli amica, non di dormire a casa sua! La cosa sta
andando troppo oltre, non mi piace. Adesso poi, con quella stupida
scommessa... che vi diceva il cervello?! Accettare così alla
leggera!»
Allison
camminava su e giù per la stanza, fermandosi davanti a lei
solo per
urlarle contro improperi e cattiverie. Quella mattina l'aveva
attirata a casa sua con l'inganno, per poi dare inizio a quel misto
di interrogatorio e processo, condito da una dose di condanna
sommaria.
Sua
sorella ricopriva i ruoli di poliziotto cattivo, giudice e boia,
Scott era il poliziotto buono e stava seduto in silenzio accanto a
lei, rivolgendole di tanto in tanto occhiate da cane bastonato.
«Cosa
pensi che abbiamo fatto, eh? Che abbiamo, non so, scopato tutta la
notte come due adolescenti? Non abbiamo dormito nemmeno nella stessa
stanza! E se anche fosse stato, non sarebbero affaracci
vostri!»
«Ti
sbagli, lo sono eccome! Sei mia sorella e...»
«Sono
tua sorella solo quando ti fa comodo, ma ammettilo, preferiresti non
esserlo proprio. Come potresti continuare a frequentare il tuo gruppo
di amiche se la tua sorellina pazza avesse una tresca con l'ex marito
pazzo di una di loro? Sarebbe troppo imbarazzante, l'elefante nella
stanza. AMMETTILO!» urlò alzandosi in piedi. Senza
Scott a
trattenerla, le sarebbe saltata al collo.
Allison
reagì in modo del tutto inaspettato: pianse.
Rifiutò l'abbraccio
del marito e, grossi lacrimoni luccicanti e un sacco di singhiozzi
dopo, si riprese e ricominciò a parlare.
«Tu...
tu non capisci niente! Io mi preoccupo per te!» disse con
tono
lacrimevole, puntandole un dito contro.
Malia
incrociò le braccia al petto, per nulla impressionata.
«Oh,
ti prego smettila, sei patetica».
«Malia,
ascolta» intervenne Scott con calma. «Stiles
è ancora innamorato
di Lydia, non puoi affezionarti a lui. Potresti perdere di nuovo il
controllo, farti del male. Il tribunale potrebbe decidere di spedirti
ad Eichen House e tu potresti comunque non riprenderti mai del tutto.
Dopo la gara di ballo devi lasciarlo andare, dovete smettere di
vedervi. È per il bene di entrambi, ma soprattutto il tuo.
Devi
accettare di essere fragile e devi tenerti alla larga dai guai,
è
l'unico modo che hai per ritornare alla normalità».
Lasciarlo
andare? Non aveva più pensato a
quell'eventualità, suonava assurdo
arrivati a quel punto, ma Scott aveva ragione. La verità la
mise
sotto come un tir a tutta velocità.
Non
voleva unirsi al pianto di sua sorella, ma gli occhi le si
inumidirono e presero a bruciare.
Deglutì
per mandare giù il groppo in gola.
«Sono
tutte cazzate» disse a stento e poi andò via,
Stiles la stava
aspettando.
*
Era
strano entrare di nuovo nella saletta di Malia dopo tutto quello che
era successo.
Sembrava
passata una vita dall'ultima volta in cui avevano ballato e niente
gli sembrava uguale a prima, forse perché in poche ore tutto
era
cambiato.
Non
riusciva più a guardarla con gli stessi occhi, non era
più un
impegno gravoso star lì, lei non era più una
persona da
accontentare perché lo aiutasse a raggiungere uno scopo. Ed
era
bello guardarla mentre faceva stretching e gli passava il nastro
adesivo sulle scarpe, ignara di cosa gli passasse per la testa.
Amava
ancora Lydia? L'aveva mai amata in quel modo? Si era mai sentito a
casa guardandola negli occhi oppure osservandola nei piccoli gesti
quotidiani? E lei l'aveva mai amato? Quanti anni avevano passato a
cercare di cambiarsi a vicenda? C'erano mai stati momenti in cui si
fossero accettati e amati per quello che erano?
Tutte
queste domande gli facevano sentire il cuore pesante e la testa
leggera come un palloncino. E nonostante ciò riusciva a
tenersele
dentro, senza esprimerle ad alta voce, come una persona
“normale”,
di quelle che piacevano a sua moglie.
Malia
appariva stanca e demotivata, i suoi passi erano meno decisi del
solito e quando giunsero al valzer fu costretta a sedersi a
riprendere fiato.
«Tutto
bene?» le chiese preoccupato.
«Sì,
è solo che ho scoperto una nuova droga e ne ho preso una
dose
doppia».
«Non
è divertente» disse serio, sedendosi accanto a lei.
«Non
era una battuta».
Come
la sera prima, Malia si appoggiò a lui e gli strinse la mano
fino a
fargli male.
«Stiles,
possiamo restare così per un po'?»
sussurrò a occhi chiusi.
«Tutto
il tempo che vuoi».
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Angolo
autrice:
Rieccomi
con una nuova parte della storia (chiamarla davvero capitolo mi pare
un po' esagerato), che è tutta farina del mio sacco.
Difatti, dal
momento in cui Pat/Stiles scopre che la lettera non è stata
scritta
da Nikki/Lydia al giorno della gara di ballo, passano pochi secondi
di film, poche inquadrature per dire che lui vede Tiffany/Malia in
modo diverso.
Questo
però non è un film, è una storia
scritta e io sentivo la necessità
di raccontare qualcosa in più dal mio punto di vista, senza
ricamare
troppo, restando il più vicina possibile al cuore e allo
spirito
della storia originale.
Diciamo
quindi che questo è solo un piccolo intermezzo prima del
gran
finale.
Grazie se siete arrivati fin qui, lasciate una recensione
o un commento per farmi sapere cosa ne pensate. Per me questo
è un
banco di prova, la vostra opinione è importante :)
Jenny.
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