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PROGETTI
E VERITÀ
“Non
serve più che indossi i campanellini, sai?” furono
le prime parole che disse
Lucifero, senza staccare gli occhi dai fogli che studiava.
Quella
frase fece sorridere Keros, appena svegliato. Aveva raggiunto il re in
ufficio
e si era stupito nel trovarlo già lì, tutto
concentrato sul suo lavoro.
“A
me
piacciono i campanellini" rispose il principe, scuotendo con allegria
il
braccialetto che indossava.
“Mi
hai
già portato un'altra anima? In meno di una luna?”.
“Gli
umani sono sempre più stupidi. Poi era un'anima facile.
Quando arriva la mia
anima finale? Quella per farmi passare l'esame?!”.
“Perché
tanta fretta? Solitamente lo si affronta attorno ai duemila anni".
“Non
aspetterò più di novecento anni!”.
“Piccolo
testone…”.
Keros
si
appollaiò sulla sedia di fronte alla scrivania del sovrano e
ne spiò il lavoro.
“Ancora
la roba di Belzebù?” storse il naso il giovane.
“Già.
A
quanto pare lo stronzo aveva parecchia pecunia. E la sto conteggiando
tutta,
per poi dividerla fra chi ne ha diritto. Come hai ordinato alla festa".
“Ma
devi
farlo proprio tu? Intendo dire… Non è una cosa
molto regale far di conto, no?”.
“Hai
ragione. Ma preferisco occuparmene di persona. E poi… ho
bisogno di tenere la
mente occupata".
“Capisco…”.
Il
principe notò che all’anulare e al medio
Lucifero portava entrambi gli anelli
che per tanto tempo erano stati al dito suo e di Sophia. Notandolo,
provò
subito una punta di tristezza. Il senso di colpa non lo aveva mai
abbandonato.
“Papà…”
mormorò dopo un po'
“…pensavo… Andiamo a fare un giro? Solo
io e te".
“Un
giro?”.
“Sì.
Come
facevamo una volta. Tornare vicino a quel fiume dove mi portavi da
piccolo,
chiacchierare, perdere tempo, dare la caccia alle
anime…”.
“Ho
molto
da fare, Keros. Poi certi luoghi, nel mondo umano, saranno di certo
stati
travolti dalle scimmie glabre. Perché lo chiedi? Devi
parlarmi di qualcosa?”.
“No.
È
solo che… Da quando sei tornato, non hai mai preso una pausa.
Dovresti
riposare".
“Non
ne
ho bisogno”.
“Non
hai
un bell'aspetto".
Lucifero
alzò gli occhi e fissò Keros. In silenzio.
“Che
c'è?” balbettò il giovane
“Così mi spaventi".
Il
diavolo non rispose. Tornò a concentrarsi sui documenti che
aveva sotto il
naso. Non aveva parole con cui ribattere. Dalla morte di Sophia, non
era mai
stato in grado di essere di nuovo se stesso. Era svogliato, stanco.
Vuoto. Era
bravo a fingere, dietro a feste e ghigni di circostanza, ma non
riusciva ad
imbrogliare chi lo conosceva bene. Il malessere che provava in
sé si rifletteva
anche esteriormente e quello era più complicato da
nascondere. Gli occhi
leggermente incavati e l'accenno di capelli bianchi faceva discutete
più di un
suddito.
“Hai
qualche compito per me?” tentò di cambiare
argomento il mezzodemone “Anche a me
piacerebbe avere la mente occupata, ma al momento non ho umani da
tentare".
“Passa
dall'archivista e fatti dare l'elenco dei danni e delle famiglie con
lutti.
Così iniziamo a farci un'idea di come distribuire la
ricchezza di quel figlio
di una mosca…”.
L'Arcangelo
Gibriel osservava in silenzio Mihael. Il guerriero sembrava tutto
assorto nella
cura della propria spada. La lucidava senza dire una parola. A gambe
incrociate, fra le scalinate bianche del Paradiso, l'arma brillava
sempre di
più.
“Per
quanto tempo hai intenzione di rimanere lì impalato,
Gabry?” sbottò Mihael,
specchiandosi sulla lama della spada.
L'Arcangelo
messaggero sobbalzò. Lo sguardo serio di Mihael non
mutò ed attese risposta.
“Perdonami"
parlò Gibriel “Non era mia intenzione
infastidirti. Volevo solo parlarti di una
cosa”.
“Parla".
“Qui?
Non
preferiresti…?”.
“Parla".
Mihael
tornò a concentrarsi sulla propria spada, dando le spalle al
fratello.
“Devi
sapere…” esordì Gibriel, in piedi
qualche scalino più in alto “…che quel
ragazzo è stato visto nel mondo degli umani".
“Quale
ragazzo?”.
“Lo
sai
quale ragazzo. Keros. È stato visto mentre tentava degli
esseri umani. Mi
spiace essere io a dirti che è caduto. È un
demone…”.
“Perché
vieni a dirlo a me?”.
“Perché
mi sei sembrato molto legato a lui. Però non mi pare che la
notizia ti turbi
più di tanto…”.
Mihael
non rispose.
“Fratello…”
sospirò Gibriel “…fra me e te non ci
sono mai stati segreti. Eppure ho
l'impressione che mi sfugga qualcosa. Di quel giovane non sono riuscito
a
recuperare alcuna informazione, ed è strano. Tu invece lo
conoscevi bene.
Perché?”.
Mihael
si
alzò, senza però voltarsi. Rifoderò la
spada.
“Non
abbiamo segreti" disse, guardando altrove “Su di me puoi
sapere quel che
vuoi".
“Mi
stai
dicendo che per sapere la verità devo cercare fra i tuoi
fascicoli, fra tutto
ciò che ti riguarda? È
così?”.
L'Arcangelo
guerriero spalanco le ali aranciate. Solo in quel momento si
voltò verso
Gibriel, con la solita espressione seria. Il fratello fece per aprire
ancora la
bocca ma Mihael già era volato via.
Dopo
il
giro dall'archivista, un demone di nome Zagan che viveva arrampicato
fra
scaffali di documenti infernali, Keros era tornato in ufficio dal re.
Si era
fatto portare una fetta di torta e mangiava soddisfatto, spulciando
fogli vari
ed annotando il necessario su un altro foglio. Lucifero continuava a
riportare
numeri sempre più grandi.
“Posso
farti una domanda?” parlò il diavolo ed il
principe annuì, con la bocca piena
di dolce al cioccolato.
“Sii
sincero" mormorò il re, sospirando in cerca di un foglio che
non trovava
“Sei tornato all'Inferno per causa mia?”.
“Causa
tua?!” storse il naso Keros.
“Ci
sei
tornato perché lo hai visto come un obbligo?”.
“Obbligo?
No, non direi. Ho pensato di non avere alternative".
“Sei
felice di questa scelta?”.
“Di
certo
mi diverto più qui all'Inferno. Il Paradiso
è... angosciante".
“Angosciante?!
Il Paradiso?”.
“Sì.
È
opprimente. Sembra che abbiano tutti una scopa su per il culo e vivano
nella
paura che qualcuno gliela tolga".
Lucifero
non riuscì a trattenere una risata, a cui si unì
poco dopo il principe.
“Cambiando
argomento…” ridacchiò ancora il diavolo
“…non mi hai ancora detto se ti sei
divertito alla festa".
“Quella
post bellica? Sì. È stata una bella sorpresa".
“Hai
conosciuto qualche femmina?”.
“Perché
lo chiedi?”.
“Così.
Per sapere. Sarei felice di sapere che qualcuno, oltre a quel
sovversivo a cui
hai tagliato la testa, ti ha rapito il cuore".
“Perdonami
ma non voglio proprio parlare di questo… anzi, sai che
c'è? Ho visto abbastanza
per rendermi conto che io l'amore non lo voglio".
“Hai
visto abbastanza?!”.
“Sì.
Tu,
Azazel… Ho visto come l'amore vi ha ridotti. Ed io non voglio
finire così.
Perdonami…”.
“Come
se
si potesse scegliere, ragazzo mio…”.
“Certo
che si può scegliere!”.
Lucifero
allungò un dito verso la torta del ragazzo, rubandone un
fiocco di panna. Allo
stesso tempo, scosse la testa.
“Si
può
scegliere” insistette Keros, allontanando la mano del sovrano
con la forchetta.
“Credi
di
poter decidere di chi innamorarti?!”.
“No.
Ma
posso decidere come agire. Posso decidere se farmi prendere da fantasie
per
deficienti o agire in modo razionale e non lasciare che certi
sentimenti
abbiano la meglio. Tipo se mi dovesse mai piacere qualcuno, andarmene
dall'altra parte del globo terracqueo a cercare anime!”.
“Sei
ottimista..”.
“No.
Sono
razionale. Non sono istintivo come te".
Lucifero
alzò un sopracciglio. Ridacchiò di nuovo.
“Non
ridere…” sbottò il principe.
“Va
bene.
Allora… Mettiamola così: se è quello
che vuoi, ti auguro di non innamorarti
mai".
“Grazie…”.
Gibriel
osservava la pagina che aveva davanti, incredulo. Il grosso volume,
aperto sul
tavolo bianco latte, forse mentiva? Provò un sentimento che
odiava provare: la
rabbia. Tentò di controllarla, con un profondo respiro. Come aveva potuto? Rilesse
di nuovo, volendo
essere assolutamente certo di aver capito. Mihael e Carmilla? Un angelo
ed una
demone? E Keros… Keros era il figlio di Mihael? E Mihael non
ne aveva mai
parlato? Una volta accantonata la rabbia, si fece spazio la gelosia.
Come aveva
potuto non parlargliene? Nemmeno un vago accenno.
“E
ora
che faccio?” si chiese l'Arcangelo, con una smorfia.
Non
sapeva come mantenere un segreto simile. Mosse nervosamente le mani e
poi
decise di raggiungere Mihael.
Dopo
aver
trascorso diverse ore su vari documenti, Keros si era concesso un po'
di
allenamento in cortile. Stava lottando assieme ad Asmodeo quando
intravide una
figura vagamente familiare avvicinarsi sotto al porticato.
“Lilien?”
si stupì “Come sei arrivata fino a questa zona del
palazzo? Fa parte dell'area
privata che…”.
“Lilith
mi ha accompagnato” lo interruppe lei “Vorrei
parlarti un attimo”.
“Ok…”.
Perplesso,
Keros congedò i demoni con cui si allenava e si
avvicinò alla ragazza.
“Prima
che tu ti metta a parlare…” storse il naso il
principe “…una domanda: non ti ha
mandato qui il re, vero?”.
“Il
re?
No…”.
“Ah,
bene. Non volevo ti avesse coinvolta nel suo solito discorso
riguardante il
fatto che le mie stanze sono vuote e via discorrendo".
“Ah…no…non…”.
“Perfetto!
Allora sono tutt'orecchie. Che devi dirmi?”.
“In
realtà devo farvi solo una domanda: la volete una
famiglia?”.
“Intendi
dire moglie e figli? Mai! Ma non puoi essere venuta fin qui solo per
chiedermi
‘sta cosa…”.
“In
realtà mi basta. Perdonate l'interruzione. Me ne torno a
casa".
“Che?!”.
Keros
rimase alquanto stupito. Inclinò la testa, vedendo Lilien
allontanarsi in
fretta. La seguì, afferrandola per un braccio.
“Dove
vai?!” la fermò “Cos'è questa
storia?”.
“Nulla.
Vi ho già detto che non mi serve altro.
Lasciatemi!”.
“Ma
non
ha senso! Dimmi la verità. Lilith ti ha fatto venire fin qui
solo per questo?”.
“Io
a lei
non ho detto nulla!”.
Keros
non
lasciò la presa ed insistette, in modo non molto delicato.
Lei reagì tirandogli
uno schiaffo. Il principe si accigliò.
“Non
mi
piace che mi si nascondano le cose" ammise il mezzodemone
“Che state
tramando? Che succede?”.
“Tramando?!
Paranoico! Non sto tramando nulla".
“Però…?”.
“Però
cosa?!”.
“Che
succede?”.
Keros
ripeté quell'ultima frase finché lei, esasperata
rispose.
“Succede
che sono incinta!” gridò.
Il
principe lasciò immediatamente il polso della figlia di
Azazel, che ne
approfittò per svicolare e fuggire lungo il corridoio.
“Aspetta!”
la chiamò lui “Aspetta, ti prego!”.
Inseguendola,
la raggiunse con facilità. Lei si fermò,
distogliendo lo sguardo. Tremava ed era, se
fosse stata in grado di farlo, prossima a piangere.
“Tranquilla"
le sussurrò Keros, abbracciandola “Perdonami, sono
stato decisamente brutale
poco fa. Incinta? Davvero? Sono io che…?".
Lei
non
rispose. Si lasciò abbracciare ed annuì soltanto.
“Cosa
pensavi di fare?” continuò il mezzosangue
“Fuggire e fingere che non sia
vero?”.
“Ci
sono
tanti modi. Voi una famiglia non la volete. Io nemmeno.
Perciò…”.
Lui
si
sciolse dall'abbraccio e fissò Lilien quasi con rabbia.
“Che
c'è?” alzò le spalle lei
“Siamo demoni. I cuccioli muoiono e vengono
abbandonati ed uccisi continuamente!”.
“Non
succederà in questo caso".
“E
perché?!”.
“Perché
già in troppi sono morti per causa mia".
“E
con
ciò?! Che ha a che fare tutto questo con i morti in
guerra?!”.
“Posso
salvare ed aiutare una vita. Ed ho intenzione di farlo. Qui a palazzo
ci sarà
sicuramente chi vorrà prendersi cura del bambino".
“Parla
al
plurale. Praticamente tutti i demoni partoriscono più di un
piccolo, ed io
facevo parte di una cucciolata di otto fratelli!”.
“Quindi
quanti ce ne sono lì dentro…?”.
“Non
so.
Ma ad ogni modo…”.
“Ad
ogni
modo adesso vieni con me. Parliamo con il re, con calma. E vedrai che
una
soluzione si trova”.
“Il
problema è mio padre. Mi ucciderà. Ed
ucciderà te".
“Ti
ucciderà? Non credo. Sai chi porti in grembo?”.
“Non
lo
so. Ti ho detto che…”.
“L'erede
al trono!”.
“Che…?”.
“Io
sono
il principe ereditario. Non ho altri figli.
Perciò…”.
Lilien
non aveva minimamente considerato la cosa e rimase in silenzio.
“Ora
andiamo. Siamo persone adulte e…”.
“Circa…”.
“No,
niente circa! Abbiamo più di mille anni, quindi siamo
adulti! E gli adulti sì,
fanno stronzate ma devono sapersi comportare di conseguenza. Non
è la fine del
mondo…”.
“Parli
come se tutto fosse facile".
“Non
lo
è. Non lo è nemmeno per me. Non è un
gioco. Ma siamo in due, il casino lo
abbiamo combinato assieme, no? Quindi ora andiamo. Io sono qui.
Tranquilla. Non
sarai sola, tutto il palazzo reale scommetto che farà a gara
per aiutare…”.
“Quando
ti comporti da principe, e non da cazzone, non sei tanto
male…”.
“Perché
non me lo hai detto?!” chiese Gibriel.
Mihael,
nella sua stanza, non rispose. I due Arcangeli erano soli.
“Rispondimi!”
incalzò il messaggero.
“Che
dovrei dirti?” mormorò Mihael.
“Perché
non mi hai raccontato la verità? Un figlio! Si tratta di un
figlio, non di una
stupidaggine da niente!”.
“La
storia è complessa…”.
“Ma
noi
siamo fratelli! Ci siamo sempre detti tutto!”.
“Non
è
stato semplice neppure per me".
“E
adesso? Che devo fare? Chi altro lo sa?”.
“Lo
sapeva Sophia. Solo Sophia, qui in cielo".
“E
ora…?”.
“Ora
non
so. Tu lo sai. Se vuoi, puoi raccontarlo a tutti. Nemmeno io so che
fare…”.
“Raccontami
tutto, con calma… Non dirò nulla agli altri, se
non vuoi. Promettimi però che
d'ora in poi non mi nasconderai altre cose. Ok?”.
“Te
lo
prometto…”.
Mihael
alzò la testa e Gibriel gli sorrise.
“Abbiamo
combattuto insieme, fratello. Non ti nasconderò
più nulla".
Il
messaggero apprezzò molto quella frase e, nonostante Mihael
non fosse per nulla
d'accordo, abbracciò il guerriero.
Lucifero
rideva, come un pazzo.
“Chi
sarebbe quello razionale? Non istintivo come me?” sfotteva.
“La
smetti di ridere?!” sibilò Keros.
Il
giovane e Lilien erano in piedi, davanti alla scrivania del re. A
fianco, a
braccia incrociate e poggiato contro il muro, stava Azazel.
“È
più
forte di me" rise ancora il sovrano.
“Ma
che
comportamento maturo. Davvero…”.
“Dai,
non
te la prendere! Era da tempo che non mi facevo una risata! Sono
contento! Dico
sul serio!”.
Lilien
fissò il principe e poi il proprio padre, che agitava la
coda nervosamente.
“Ma
perché prima non mi hai parlato di avere una
donna?” chiese Satana.
“Non
è la
mia donna!” si affrettò a dire il sanguemisto.
“Confermo”
annuì Lilien “Non sono la sua donna. Non sono
nemmeno sua amica!”.
“Ah… Ok…”
si trattenne dal ridere ancora il re “La cosa non cambia.
Adesso sistemiamo
tutto, ragazzi".
“Sistemiamo?!”
ringhiò Azazel, rivolto a Keros “Io ti tiro il
collo! Razza di…”.
“Azazel!
Calma!” lo fermò Lucifero “Ragioniamo.
È una cosa bella”.
Il
re si
alzò ed abbracciò Lilien, che arrossì
di colpo per la sorpresa.
“Ora
chiamo Lilith" continuò il diavolo “La tua bimba
sarà coccolata e seguita.
Come una principessa”.
“Io… vivrò
qui a palazzo?!” si stupì lei.
“Ovvio!
Partorirai una cucciolata di principini!”.
Azazel
parve rabbonirsi sentendo quelle frasi, anche se non del tutto.
Lucifero,
percependo e capendo il nervosismo del messaggero, tentò di
calmarlo con del
buon vino.
“Su,
Azazel…” gli mostrò la lingua Satana
“…è la vita”.
“Non
prendetemi per il culo, altezza. Per cortesia…” fu
la risposta.
“Dai,
su!
Brindiamo!”.
Il
capo
dei demoni mise un braccio attorno al collo di Azazel, che
soffiò come un
gatto.
“Brindiamo!”
insistette il diavolo.
“Ma
andate a fare in…”.
Lucifero
tirò a sé il messaggero, ridendo. Allo stesso
tempo, fece segno ai due giovani
di lasciare la stanza. Lilien e Keros non se lo fecero ripetere,
notando che il
nervosismo di Azazel non era scemato.
Una
volta
fuori, si guardarono negli occhi.
“Sarà
una
bella avventura" sorrise il principe.
“Sarà
un
bel casino…” sospirò lei “In
famiglia non siete mica tanto normali…”.
Ciao!
Spero di aggiornare presto! Tante nuove
cose in arrivo!!!
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