Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    19/04/2018    3 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROGETTI E VERITÀ

 

“Non serve più che indossi i campanellini, sai?” furono le prime parole che disse Lucifero, senza staccare gli occhi dai fogli che studiava.

Quella frase fece sorridere Keros, appena svegliato. Aveva raggiunto il re in ufficio e si era stupito nel trovarlo già lì, tutto concentrato sul suo lavoro.

“A me piacciono i campanellini" rispose il principe, scuotendo con allegria il braccialetto che indossava.

“Mi hai già portato un'altra anima? In meno di una luna?”.

“Gli umani sono sempre più stupidi. Poi era un'anima facile. Quando arriva la mia anima finale? Quella per farmi passare l'esame?!”.

“Perché tanta fretta? Solitamente lo si affronta attorno ai duemila anni".

“Non aspetterò più di novecento anni!”.

“Piccolo testone…”.

Keros si appollaiò sulla sedia di fronte alla scrivania del sovrano e ne spiò il lavoro.

“Ancora la roba di Belzebù?” storse il naso il giovane.

“Già. A quanto pare lo stronzo aveva parecchia pecunia. E la sto conteggiando tutta, per poi dividerla fra chi ne ha diritto. Come hai ordinato alla festa".

“Ma devi farlo proprio tu? Intendo dire… Non è una cosa molto regale far di conto, no?”.

“Hai ragione. Ma preferisco occuparmene di persona. E poi… ho bisogno di tenere la mente occupata".

“Capisco…”.

Il principe notò che all’anulare e al medio Lucifero portava entrambi gli anelli che per tanto tempo erano stati al dito suo e di Sophia. Notandolo, provò subito una punta di tristezza. Il senso di colpa non lo aveva mai abbandonato.

“Papà…” mormorò dopo un po' “…pensavo… Andiamo a fare un giro? Solo io e te".

“Un giro?”.

“Sì. Come facevamo una volta. Tornare vicino a quel fiume dove mi portavi da piccolo, chiacchierare, perdere tempo, dare la caccia alle anime…”.

“Ho molto da fare, Keros. Poi certi luoghi, nel mondo umano, saranno di certo stati travolti dalle scimmie glabre. Perché lo chiedi? Devi parlarmi di qualcosa?”.

“No. È solo che… Da quando sei tornato, non hai mai preso una pausa. Dovresti riposare".

“Non ne ho bisogno”.

“Non hai un bell'aspetto".

Lucifero alzò gli occhi e fissò Keros. In silenzio.

“Che c'è?” balbettò il giovane “Così mi spaventi".

Il diavolo non rispose. Tornò a concentrarsi sui documenti che aveva sotto il naso. Non aveva parole con cui ribattere. Dalla morte di Sophia, non era mai stato in grado di essere di nuovo se stesso. Era svogliato, stanco. Vuoto. Era bravo a fingere, dietro a feste e ghigni di circostanza, ma non riusciva ad imbrogliare chi lo conosceva bene. Il malessere che provava in sé si rifletteva anche esteriormente e quello era più complicato da nascondere. Gli occhi leggermente incavati e l'accenno di capelli bianchi faceva discutete più di un suddito.

“Hai qualche compito per me?” tentò di cambiare argomento il mezzodemone “Anche a me piacerebbe avere la mente occupata, ma al momento non ho umani da tentare".

“Passa dall'archivista e fatti dare l'elenco dei danni e delle famiglie con lutti. Così iniziamo a farci un'idea di come distribuire la ricchezza di quel figlio di una mosca…”.

 

L'Arcangelo Gibriel osservava in silenzio Mihael. Il guerriero sembrava tutto assorto nella cura della propria spada. La lucidava senza dire una parola. A gambe incrociate, fra le scalinate bianche del Paradiso, l'arma brillava sempre di più.

“Per quanto tempo hai intenzione di rimanere lì impalato, Gabry?” sbottò Mihael, specchiandosi sulla lama della spada.

L'Arcangelo messaggero sobbalzò. Lo sguardo serio di Mihael non mutò ed attese risposta.

“Perdonami" parlò Gibriel “Non era mia intenzione infastidirti. Volevo solo parlarti di una cosa”.

“Parla".

“Qui? Non preferiresti…?”.

“Parla".

Mihael tornò a concentrarsi sulla propria spada, dando le spalle al fratello.

“Devi sapere…” esordì Gibriel, in piedi qualche scalino più in alto “…che quel ragazzo è stato visto nel mondo degli umani".

“Quale ragazzo?”.

“Lo sai quale ragazzo. Keros. È stato visto mentre tentava degli esseri umani. Mi spiace essere io a dirti che è caduto. È un demone…”.

“Perché vieni a dirlo a me?”.

“Perché mi sei sembrato molto legato a lui. Però non mi pare che la notizia ti turbi più di tanto…”.

Mihael non rispose.

“Fratello…” sospirò Gibriel “…fra me e te non ci sono mai stati segreti. Eppure ho l'impressione che mi sfugga qualcosa. Di quel giovane non sono riuscito a recuperare alcuna informazione, ed è strano. Tu invece lo conoscevi bene. Perché?”.

Mihael si alzò, senza però voltarsi. Rifoderò la spada.

“Non abbiamo segreti" disse, guardando altrove “Su di me puoi sapere quel che vuoi".

“Mi stai dicendo che per sapere la verità devo cercare fra i tuoi fascicoli, fra tutto ciò che ti riguarda? È così?”.

L'Arcangelo guerriero spalanco le ali aranciate. Solo in quel momento si voltò verso Gibriel, con la solita espressione seria. Il fratello fece per aprire ancora la bocca ma Mihael già era volato via.

 

Dopo il giro dall'archivista, un demone di nome Zagan che viveva arrampicato fra scaffali di documenti infernali, Keros era tornato in ufficio dal re. Si era fatto portare una fetta di torta e mangiava soddisfatto, spulciando fogli vari ed annotando il necessario su un altro foglio. Lucifero continuava a riportare numeri sempre più grandi.

“Posso farti una domanda?” parlò il diavolo ed il principe annuì, con la bocca piena di dolce al cioccolato.

“Sii sincero" mormorò il re, sospirando in cerca di un foglio che non trovava “Sei tornato all'Inferno per causa mia?”.

“Causa tua?!” storse il naso Keros.

“Ci sei tornato perché lo hai visto come un obbligo?”.

“Obbligo? No, non direi. Ho pensato di non avere alternative".

“Sei felice di questa scelta?”.

“Di certo mi diverto più qui all'Inferno. Il Paradiso è... angosciante".

“Angosciante?! Il Paradiso?”.

“Sì. È opprimente. Sembra che abbiano tutti una scopa su per il culo e vivano nella paura che qualcuno gliela tolga".

Lucifero non riuscì a trattenere una risata, a cui si unì poco dopo il principe.

“Cambiando argomento…” ridacchiò ancora il diavolo “…non mi hai ancora detto se ti sei divertito alla festa".

“Quella post bellica? Sì. È stata una bella sorpresa".

“Hai conosciuto qualche femmina?”.

“Perché lo chiedi?”.

“Così. Per sapere. Sarei felice di sapere che qualcuno, oltre a quel sovversivo a cui hai tagliato la testa, ti ha rapito il cuore".

“Perdonami ma non voglio proprio parlare di questo… anzi, sai che c'è? Ho visto abbastanza per rendermi conto che io l'amore non lo voglio".

“Hai visto abbastanza?!”.

“Sì. Tu, Azazel… Ho visto come l'amore vi ha ridotti. Ed io non voglio finire così. Perdonami…”.

“Come se si potesse scegliere, ragazzo mio…”.

“Certo che si può scegliere!”.

Lucifero allungò un dito verso la torta del ragazzo, rubandone un fiocco di panna. Allo stesso tempo, scosse la testa.

“Si può scegliere” insistette Keros, allontanando la mano del sovrano con la forchetta.

“Credi di poter decidere di chi innamorarti?!”.

“No. Ma posso decidere come agire. Posso decidere se farmi prendere da fantasie per deficienti o agire in modo razionale e non lasciare che certi sentimenti abbiano la meglio. Tipo se mi dovesse mai piacere qualcuno, andarmene dall'altra parte del globo terracqueo a cercare anime!”.

“Sei ottimista..”.

“No. Sono razionale. Non sono istintivo come te".

Lucifero alzò un sopracciglio. Ridacchiò di nuovo.

“Non ridere…” sbottò il principe.

“Va bene. Allora… Mettiamola così: se è quello che vuoi, ti auguro di non innamorarti mai".

“Grazie…”.

 

Gibriel osservava la pagina che aveva davanti, incredulo. Il grosso volume, aperto sul tavolo bianco latte, forse mentiva? Provò un sentimento che odiava provare: la rabbia. Tentò di controllarla, con un profondo respiro.  Come aveva potuto? Rilesse di nuovo, volendo essere assolutamente certo di aver capito. Mihael e Carmilla? Un angelo ed una demone? E Keros… Keros era il figlio di Mihael? E Mihael non ne aveva mai parlato? Una volta accantonata la rabbia, si fece spazio la gelosia. Come aveva potuto non parlargliene? Nemmeno un vago accenno.

“E ora che faccio?” si chiese l'Arcangelo, con una smorfia.

Non sapeva come mantenere un segreto simile. Mosse nervosamente le mani e poi decise di raggiungere Mihael.

 

Dopo aver trascorso diverse ore su vari documenti, Keros si era concesso un po' di allenamento in cortile. Stava lottando assieme ad Asmodeo quando intravide una figura vagamente familiare avvicinarsi sotto al porticato.

“Lilien?” si stupì “Come sei arrivata fino a questa zona del palazzo? Fa parte dell'area privata che…”.

“Lilith mi ha accompagnato” lo interruppe lei “Vorrei parlarti un attimo”.

“Ok…”.

Perplesso, Keros congedò i demoni con cui si allenava e si avvicinò alla ragazza.

“Prima che tu ti metta a parlare…” storse il naso il principe “…una domanda: non ti ha mandato qui il re, vero?”.

“Il re? No…”.

“Ah, bene. Non volevo ti avesse coinvolta nel suo solito discorso riguardante il fatto che le mie stanze sono vuote e via discorrendo".

“Ah…no…non…”.

“Perfetto! Allora sono tutt'orecchie. Che devi dirmi?”.

“In realtà devo farvi solo una domanda: la volete una famiglia?”.

“Intendi dire moglie e figli? Mai! Ma non puoi essere venuta fin qui solo per chiedermi ‘sta cosa…”.

“In realtà mi basta. Perdonate l'interruzione. Me ne torno a casa".

“Che?!”.

Keros rimase alquanto stupito. Inclinò la testa, vedendo Lilien allontanarsi in fretta. La seguì, afferrandola per un braccio.

“Dove vai?!” la fermò “Cos'è questa storia?”.

“Nulla. Vi ho già detto che non mi serve altro. Lasciatemi!”.

“Ma non ha senso! Dimmi la verità. Lilith ti ha fatto venire fin qui solo per questo?”.

“Io a lei non ho detto nulla!”.

Keros non lasciò la presa ed insistette, in modo non molto delicato. Lei reagì tirandogli uno schiaffo. Il principe si accigliò.

“Non mi piace che mi si nascondano le cose" ammise il mezzodemone “Che state tramando? Che succede?”.

“Tramando?! Paranoico! Non sto tramando nulla".

“Però…?”.

“Però cosa?!”.

“Che succede?”.

Keros ripeté quell'ultima frase finché lei, esasperata rispose.

“Succede che sono incinta!” gridò.

Il principe lasciò immediatamente il polso della figlia di Azazel, che ne approfittò per svicolare e fuggire lungo il corridoio.

“Aspetta!” la chiamò lui “Aspetta, ti prego!”.

Inseguendola, la raggiunse con facilità. Lei si fermò, distogliendo lo sguardo. Tremava ed era, se fosse stata in grado di farlo, prossima a piangere.

“Tranquilla" le sussurrò Keros, abbracciandola “Perdonami, sono stato decisamente brutale poco fa. Incinta? Davvero? Sono io che…?".

Lei non rispose. Si lasciò abbracciare ed annuì soltanto.

“Cosa pensavi di fare?” continuò il mezzosangue “Fuggire e fingere che non sia vero?”.

“Ci sono tanti modi. Voi una famiglia non la volete. Io nemmeno. Perciò…”.

Lui si sciolse dall'abbraccio e fissò Lilien quasi con rabbia.

“Che c'è?” alzò le spalle lei “Siamo demoni. I cuccioli muoiono e vengono abbandonati ed uccisi continuamente!”.

“Non succederà in questo caso".

“E perché?!”.

“Perché già in troppi sono morti per causa mia".

“E con ciò?! Che ha a che fare tutto questo con i morti in guerra?!”.

“Posso salvare ed aiutare una vita. Ed ho intenzione di farlo. Qui a palazzo ci sarà sicuramente chi vorrà prendersi cura del bambino".

“Parla al plurale. Praticamente tutti i demoni partoriscono più di un piccolo, ed io facevo parte di una cucciolata di otto fratelli!”.

“Quindi quanti ce ne sono lì dentro…?”.

“Non so. Ma ad ogni modo…”.

“Ad ogni modo adesso vieni con me. Parliamo con il re, con calma. E vedrai che una soluzione si trova”.

“Il problema è mio padre. Mi ucciderà. Ed ucciderà te".

“Ti ucciderà? Non credo. Sai chi porti in grembo?”.

“Non lo so. Ti ho detto che…”.

“L'erede al trono!”.

“Che…?”.

“Io sono il principe ereditario. Non ho altri figli. Perciò…”.

Lilien non aveva minimamente considerato la cosa e rimase in silenzio.

“Ora andiamo. Siamo persone adulte e…”.

“Circa…”.

“No, niente circa! Abbiamo più di mille anni, quindi siamo adulti! E gli adulti sì, fanno stronzate ma devono sapersi comportare di conseguenza. Non è la fine del mondo…”.

“Parli come se tutto fosse facile".

“Non lo è. Non lo è nemmeno per me. Non è un gioco. Ma siamo in due, il casino lo abbiamo combinato assieme, no? Quindi ora andiamo. Io sono qui. Tranquilla. Non sarai sola, tutto il palazzo reale scommetto che farà a gara per aiutare…”.

“Quando ti comporti da principe, e non da cazzone, non sei tanto male…”.

 

“Perché non me lo hai detto?!” chiese Gibriel.

Mihael, nella sua stanza, non rispose. I due Arcangeli erano soli.

“Rispondimi!” incalzò il messaggero.

“Che dovrei dirti?” mormorò Mihael.

“Perché non mi hai raccontato la verità? Un figlio! Si tratta di un figlio, non di una stupidaggine da niente!”.

“La storia è complessa…”.

“Ma noi siamo fratelli! Ci siamo sempre detti tutto!”.

“Non è stato semplice neppure per me".

“E adesso? Che devo fare? Chi altro lo sa?”.

“Lo sapeva Sophia. Solo Sophia, qui in cielo".

“E ora…?”.

“Ora non so. Tu lo sai. Se vuoi, puoi raccontarlo a tutti. Nemmeno io so che fare…”.

“Raccontami tutto, con calma… Non dirò nulla agli altri, se non vuoi. Promettimi però che d'ora in poi non mi nasconderai altre cose. Ok?”.

“Te lo prometto…”.

Mihael alzò la testa e Gibriel gli sorrise.

“Abbiamo combattuto insieme, fratello. Non ti nasconderò più nulla".

Il messaggero apprezzò molto quella frase e, nonostante Mihael non fosse per nulla d'accordo, abbracciò il guerriero.

 

Lucifero rideva, come un pazzo.

“Chi sarebbe quello razionale? Non istintivo come me?” sfotteva.

“La smetti di ridere?!” sibilò Keros.

Il giovane e Lilien erano in piedi, davanti alla scrivania del re. A fianco, a braccia incrociate e poggiato contro il muro, stava Azazel.

“È più forte di me" rise ancora il sovrano.

“Ma che comportamento maturo. Davvero…”.

“Dai, non te la prendere! Era da tempo che non mi facevo una risata! Sono contento! Dico sul serio!”.

Lilien fissò il principe e poi il proprio padre, che agitava la coda nervosamente.

“Ma perché prima non mi hai parlato di avere una donna?” chiese Satana.

“Non è la mia donna!” si affrettò a dire il sanguemisto.

“Confermo” annuì Lilien “Non sono la sua donna. Non sono nemmeno sua amica!”.

“Ah… Ok…” si trattenne dal ridere ancora il re “La cosa non cambia. Adesso sistemiamo tutto, ragazzi".

“Sistemiamo?!” ringhiò Azazel, rivolto a Keros “Io ti tiro il collo! Razza di…”.

“Azazel! Calma!” lo fermò Lucifero “Ragioniamo. È una cosa bella”.

Il re si alzò ed abbracciò Lilien, che arrossì di colpo per la sorpresa.

“Ora chiamo Lilith" continuò il diavolo “La tua bimba sarà coccolata e seguita. Come una principessa”.

“Io… vivrò qui a palazzo?!” si stupì lei.

“Ovvio! Partorirai una cucciolata di principini!”.

Azazel parve rabbonirsi sentendo quelle frasi, anche se non del tutto. Lucifero, percependo e capendo il nervosismo del messaggero, tentò di calmarlo con del buon vino.

“Su, Azazel…” gli mostrò la lingua Satana “…è la vita”.

“Non prendetemi per il culo, altezza. Per cortesia…” fu la risposta.

“Dai, su! Brindiamo!”.

Il capo dei demoni mise un braccio attorno al collo di Azazel, che soffiò come un gatto.

“Brindiamo!” insistette il diavolo.

“Ma andate a fare in…”.

Lucifero tirò a sé il messaggero, ridendo. Allo stesso tempo, fece segno ai due giovani di lasciare la stanza. Lilien e Keros non se lo fecero ripetere, notando che il nervosismo di Azazel non era scemato.

Una volta fuori, si guardarono negli occhi.

“Sarà una bella avventura" sorrise il principe.

“Sarà un bel casino…” sospirò lei “In famiglia non siete mica tanto normali…”.

 

Ciao! Spero di aggiornare presto! Tante nuove cose in arrivo!!!

   
 
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