Bella
aveva compiuto tre mesi ed Ellie quel giorno compiva tre anni. Era
nata il primo giorno di primavera e quell'anno sembrava che la bella
stagione avesse voglia di accelerare i tempi, regalando un piacevole
tepore che di solito si avvertiva a maggio.
Il
cielo era limpido e terso, la temperatura piacevole e i bambini
passavano la maggior parte della giornata nell'aia o nella stalla a
giocare.
L'inverno
era stato rigido e duro, molti dei minatori che avevano perso il
lavoro a causa della chiusura della Wheal Jared avevano sofferto la
fame e Ross e Demelza avevano cercato di aiutarli coi pochi mezzi a
loro disposizione, dando cibo ai loro bambini ed assumendo quanti
più
uomini possibili alla Wheal Grace. Ma non era bastato, non sarebbe
mai bastato...
La
miseria che aleggiava da mesi in quelle terre era qualcosa da
togliere il sonno e la serenità e Ross, pur scervellandosi,
non
aveva trovato una via d'uscita.
Ma
quel giorno doveva essere felice, era un giorno speciale! Non aveva
mai festeggiato il compleanno di Eleanor, era la prima volta per lui.
L'anno prima era passato senza quasi che se ne accorgesse mentre due
anni prima... Beh, non voleva pensare a come fosse la sua vita due
anni prima, a come odiasse quella bimba che ora amava e considerava
sua figlia. Ripensandoci, riusciva ancora a vergognarsi di se stesso
e del suo comportamento di allora...
Ellie,
inconsapevole di tutto ciò, voleva semplicemente giocare.
Alla
richiesta di quale regalo volesse, aveva detto candidamente che
voleva dei coniglietti nuovi per fare compagnia a quelli che avevano
nella stalla e lui e Demelza gliene avevano regalati tre, come i suoi
anni. Per il resto, era solo eccitata perché la sua mamma e
Prudie
le avevano promesso una torta di compleanno con le fragole e non
sembrava minimamente interessata al fatto che sarebbe stata la
festeggiata e la principessina di casa. Candidamente, quel giorno per
lei era solo questo: una torta da mangiare coi suoi fratelli e dei
coniglietti nuovi con cui giocare e da curare.
Era
cresciuta molto in quegli ultimi mesi. Si era fatta più
paffuta, i
capelli le erano cresciuti in morbidi boccoli biondi che le
arrivavano in vita, aveva iniziato a non svegliarsi più la
notte e
ormai sapeva parlare correttamente quasi quanto i fratelli. Ed era di
una bellezza disarmante, tanto che Ross rimanveva incantato a volte,
quando si fermava ad osservarla. Aveva un portamento a suo modo
elegante che forse proveniva dai Boscawen, ma il suo animo era
semplice. Amava stare all'aria aperta, giocare con gli animali,
difficilmente la si vedeva fare i capricci e ci voleva sempre poco
per renderla contenta. E in questo somigliava a Demelza,
indubbiamente e meravigliosamente.
Mentre
il profumo della torta invadeva la casa, Ross si mise a studiare le
mappe dei tunnel sotterranei della Wheal Grace, alla ricerca di
sbocchi per nuovi filoni. Demelza era al piano di sopra, intenta ad
allattare Bella, le risate dei bambini nella stalla risuonavano
allegre per la casa e in fondo, nonostante la difficile situazione di
tanti, poteva definirsi felice.
Improvvisamente
la tranquillità fu spezzata dall'ingresso di Prudie, giunta
col suo
passo pesante nella biblioteca. "Avete ospiti" – disse la
serva, con aria seccata.
Ross
parve esserne stupito. Avevano invitato Caroline e Dwight per il
compleanno di Ellie ma loro avevano rifiutato a causa delle nausee
della donna e quindi, non aspettavano nessuno. "Chi sarebbe?".
Prudie
si voltò verso l'uscio e una donna elegantissima, sulla
cinquantina,
apparve davanti a lui. "Una lady di Londra" – disse la
donna, prima di lasciarlo solo con la sua ospite.
Ross
guardò la nuova arrivata, accorgendosi che non aveva idea di
chi
fosse! Aveva abiti ricercati e alla moda, indossava gioielli di gran
valore, non aveva un capello fuori posto ma a parte questo, niente in
lei gli diceva qualcosa. Anche se, osservandola, qualcosa di
famigliare c'era, in lei... "Con chi ho il piacere di parlare?".
La
donna chiuse la porta, avvicinandosi alla scrivania. "Posso
sedermi?" - chiese, senza rispondere alla sua domanda.
"Prego"
– rispose lui indicandole la sedia, sempre più
curioso.
La
signora si accomodò, poi estrasse un plico di carta
dall'elegante
borsetta che aveva fra le mani. "Sono venuta fin quì per
parlare di affari".
"Non
so nemmeno il vostro nome, mia lady, e non ho idea di che genere
d'affari potrei concludere con voi".
La
donna sorrise. "Conoscete mio fratello, Lord Falmouth. Mi chiamo
Dorothy, vedova Armitage... Sono la madre di Hugh".
Ross
impallidì, nell'udire quel nome. "Cosa volete?" - chiese
subito, freddamente, temendo che fosse venuta per Ellie. E
soprattutto, turbato dall'averla in casa. I Boscawen, lord Falmouth e
Hugh erano fonte di spiacevoli ricordi e a loro era legato il periodo
più cupo della sua vita.
La
donna parve capire i suoi pensieri. "Non sono quì per la
piccola, sono quì per affari, come vi ho detto".
Ross
si accigliò, non capiva. Cosa ci faceva lì quella
donna? Che genere
di affari voleva concludere con lui? E davvero, Ellie non c'entrava?
"Che tipo di affari?" - chiese, osservando il plico che la
donna aveva messo sul suo tavolo. "Cos'è?".
La
donna accavallò elegantemente le gambe. "Le quote della
Wheal
Jared che ho acquistato al termine di una divertente asta che si
è
tenuta a Londra dieci giorni fa".
Spalancò
gli occhi, le mani gli presero a tremare e il suo raziocinio
andò in
tilt. "Le quote della Wheal Jared? VOI avreste acquistato le
quote della Wheal Jared?".
"Esattamente".
"Perché?".
Dorothy
alzò le spalle. "Così, avevo un pomeriggio
libero, nessun
sarto a disposizione a cui dare il mio denaro per abiti nuovi e ho
deciso di inventarmi qualche gioco nuovo. Dicono che il mondo delle
miniere sia divertente".
Ross
fece un sorrisetto sarcastico. Quella donna era sicuramente esperta
di balli, pizzi e merletti ma in quanto a miniere, non avrebbe saputo
distinguere un sasso da una vena di rame. "Congratulazioni per
il vostro nuovo gioco allora, signora!" - esclamò alla fine,
con tono ironico.
Lei
rispose al sorriso con lo stesso sarcasmo. "Non mi chiedete
perché ho comprato queste azioni?".
Ross
si alzò dalla sedia, appoggiandosi al davanzale della
finestra. "No!
Non ritengo siano affari miei e continuo a non capire il motivo della
vostra visita quì".
"Voglio
che gestiate questa miniera per me".
"Perché
dovrei farlo? Non sono io ad averla comprata, è vostra" -
gli
disse, diretto e brusco.
Lei
non ne parve minimamente intimorita. "Perché io non so nulla
di
miniere mentre voi, dicono, siete esperto".
A
piccoli passi, Ross si riavvicinò alla scrivania. "Appunto,
voi
non sapete nulla di miniere e quindi mi chiedo perché
abbiate speso
una cifra così considerevole per comprare queste azioni".
Lei
allargò le braccia. "Spirito di solidarietà con
quei poveri
minatori, forse?".
Ross
rise di nuovo con sarcasmo. "A voi non importa nulla dei
minatori e nemmeno delle miniere".
Lei
incassò il colpo con classe, non scomponendosi. "Vero, su
questo vi do ragione".
"Vostro
fratello sa di questa vostra spesa folle?" - chiese Ross,
ricordando bene quanto poco importasse a Lord Falmouth del mondo
delle miniere.
"Mio
fratello gestisce il suo, di denaro. Io il mio... E onestamente,
quarantamila sterline per me son cosa di poco conto, un capriccio...
Mi potrebbe bastare vendere uno dei miei anelli per recuperare quella
cifra" – rispose lei, osservando le sue unghie ingioiellate e
perfettamente colorate.
Ross
trattenne il fiato. Santo cielo, aveva davanti una delle donne
più
facoltose d'Inghilterra ed Ellie, se le cose fossero andate
diversamente, sarebbe stata una delle bambine più ricche
della
nazione. Gli venne la pelle d'oca al pensiero realizzando quanto
avesse perso quella bimba assumendo il cognome Poldark
anziché
Armitage. "Perché avete comprato quelle azioni? La
verità,
intendo!".
"Vendetta"
– rispose lei in tono diretto, talmente diretto che quella
non
poteva che essere la verità.
Ross
la guardò, sorpreso. "Vendetta? Contro chi?".
"George
Warleggan".
"Cosa
vi ha fatto, signora, se mi è permesso chiedere?". Non ci
stava
capendo un accidente... Fra lui e George non era mai corso buon
sangue e fra loro era in atto da anni una guerra, ma che aveva fatto
a quella ricca signora che, conoscendolo, non aveva sicuramente fatto
altro che elogiare per essere ammesso nei suoi salotti?
Lo
sguardo di Dorothy perse la sua sicurezza e in un attimo divenne
apparentemente più fragile e meno pronta a sostenere la
conversazione. "Le voci che lui ha messo in giro l'estate scorsa
su mio figlio, vostra moglie e la piccola Eleanor potevano portare a
conseguenze molto pericolose e voi lo sapete meglio di me. Per il
semplice gusto di gettarvi nel fango, quell'uomo avrebbe distrutto la
vita della mia nipotina senza pensarci due volte e io non glielo
perdonerò mai. Ho aspettato per mesi l'occasione giusta per
vendicarmi e quando ho saputo della vendita della Wheal Jared, ho
immaginato che lo avesse fatto per cercare di colpire nuovamente voi
che, a sua differenza, vi siete sempre battuto per il bene dei
minatori. Vederlo sbiancare nel corso di quell'asta, quando ho fatto
la mia offerta, è stata la mia soddisfazione più
grande".
Ross,
in silenzio, l'aveva ascoltata attentamente, rendendosi conto di aver
davanti una donna combattiva, molto più terrena e molto meno
sognatrice di suo figlio. Una donna che sicuramente amava il lusso ma
che la vita, negli ultimi anni, aveva temprato e reso una guerriera
vendicativa forse più di lui. "Quindi, in un certo senso,
avevo
ragione io! Lo avete fatto per la bambina".
Lei
scosse la testa. "L'ho fatto per vendetta, UNICAMENTE per
vendetta".
Ross
si risedette alla scrivania. "Non prendiamoci in giro, mia lady!
Comprendo e condivido le motivazioni che vi hanno spinta a comprare
delle azioni il cui prezzo, per ognuno di noi della Cornovaglia, era
proibitivo. Ma se non fosse stato per Eleanor, non vi sarebbe
importato nulla di quello che George diceva di me e mia moglie a
Londra, giusto?".
"Giusto"-
ammise lei. Dorothy prese il plico di azioni, spingendoli nelle sue
mani. "Signor Poldark, volete sapere la verità, la VERA
verità?".
"Certo".
Lei
sorrise, stavolta dolcemente. "Non mi piaceva vostra moglie,
all'inizio. La tolleravo perché Hugh desiderava averla
vicina ma io,
a differenza di mio figlio, avevo capito che lei era incinta e che
questo avrebbe potuto rappresentare un problema. Avrei voluto che
interrompesse la gravidanza, le offrì dei soldi per comprare
il suo
silenzio ma lei li rifiutò, promettendomi che non avrebbe
tradito la
memoria di mio figlio. Mantenne la promessa, sparì dalle
nostre vite
e da sola si prese la responsabilità della bambina. E
così iniziai
ad ammirarla e a capire perché Hugh ne era così
innamorato. Era
coraggiosa, affascinante e selvaggia ma matura, sapeva prendersi le
sue responsabilità e soprattutto, senza ascoltare nessuno,
ha messo
al mondo quella bambina che è tutto quello che resta di mio
figlio.
Non la ringrazierò mai abbastanza per questo e
ammirerò per sempre
la grande dignità che ha dimostrato fin dall'inizio".
Ross
la bloccò. Faceva male sentirla parlare di Hugh e di Ellie,
faceva
male sentirla dire che quella bambina era... era... "Eleanor
è
mia figlia! Mi spiace darvi questo dispiacere ma Hugh non ne
è mai
stato padre né mai lo sarà".
Lo
disse seccamente, facendola sussultare. "Signor Poldark, so
benissimo che è vostra e che non ho alcun diritto su di lei.
Ma
niente, nemmeno voi potrà impedirmi di pensare, ovunque io
sia, che
nel mondo c'è una mia nipotina che cresce felice con una
famiglia
meravigliosa che la ama. Questo è per me motivo di gioia,
dopo la
morte di mio figlio. La mia consolazione... E devo ringraziare vostra
moglie per questo! Non interferirò mai nelle vostre vite,
voglio
solo che abbiate queste quote della miniera che ho comprato e che la
facciate fruttare talmente bene da far venire una gastrite cronica a
Warleggan. Solo questo. Vostra moglie rifiutò il mio denaro
e di voi
si dice che siate altrettanto ostinatamente orgoglioso e quindi
sapevo che donarvi le quarantamila sterline per partecipare all'asta
sarebbe stato un errore. Non vi do denaro, quindi, vi do una miniera!
E la miniera è il vostro mondo! Accettela come un dono e
date una
speranza di vita a quei minatori... Trovare vendetta facendo del
bene, in fondo, non è una cosa caritatevole?".
Ross,
a quell'affermazione, rise. In effetti era furba e sapeva cosa dire e
come dirlo... "Credo che nostro Signore avrebbe qualcosa da
ridire...".
"A
suo tempo, ne discuterò anche con lui".
Ross
annuì, osservando i fogli sulla sua scrivania. Era tentato,
dannatamente tentato di accettare ma aveva paura. E se quelle azioni
avessero dato vita a una sorta di pretesa della donna su Ellie?
Dorothy cominciava a piacergli ma non avrebbe mai barattato la sua
bambina, per nulla al mondo... "Signora, io non potrò
restituirvi questi soldi. Sono troppi".
"Non
li rivoglio indietro. Voglio che gestiate solo la miniera per mio
conto".
"Questo
però mi porrebbe in una situazione di debito verso di voi".
Dorothy
guardò fuori dalla finestra e i suoi occhi si persero
nell'azzurro
del cielo sereno. "Queste risate infantili che si sentono, sono
dei vostri bambini?".
"Sì,
stanno giocando nella stalla. Abbiamo quattro bambini e questa casa
non è mai silenziosa".
La
donna sorrise dolcemente. "Beh, è una casa allegra e felice.
L'ideale per crescere". Si appoggiò alla spalliera della
sedia,
sistemandosi con la mano una piega del vestito. "Sapete, io una
volta l'ho vista Eleanor".
Ross
parve esserne sorpreso. "Quando?".
Lei
lo guardò negli occhi. "Aveva poche settimane di vita e la
curiosità mi spinse ad andare in quel bosco di Illugan, a
cavallo.
Lì vidi Demelza, con la bambina. La teneva avvolta in una
fascia,
era talmente piccola ed indifesa... E bellissima e perfetta! Temevo
che Demelza, dopo il modo in cui mi ero comportata con lei, si
rifiutasse di farmela vedere ma invece lei mi permise di avvicinarmi,
chiedendomi se volessi tenerla in braccio. Non ho mai dimenticato
quel gesto e non l'ho mai ringraziata per averlo compiuto. Voi dite
che se accettate quelle azioni, sareste in debito con me? Signor
Poldark, sono io ad essere in debito con voi... Avete dato una casa e
una famiglia ad Eleanor, amore, dei fratellini con cui crescere e
giocare e voi... Voi l'avete accettata nel vostro cuore e nella
vostra vita e io so, sono sicura che non esista al mondo un padre
migliore di voi, per lei. Hugh non avrebbe mai potuto esserlo, non ne
sarebbe stato capace. Voi sì e quindi, se permettete,
quarantamila
sterline non hanno alcun valore per me, se rapportate al valore della
felicità di Eleanor".
Ross,
colpito dalla profondità e dalla sincerità di
quelle parole,
sorrise mettendo da parte ogni preoccupazione. Ora, finalmente, non
si sentiva più in pericolo dall'arrivo di quella donna e si
sentiva
certo delle sue buone intenzioni. "Una gastrite cronica a George
Warleggan, dite?".
Lei
fece un sorriso furbo. "Non sarebbe divertente?".
"Assolutamente"
– le rispose, rendendosi conto di quanto fosse diversa da suo
figlio.
In
quel momento la porta si aprì e comparve Demelza con in
braccio
Bella. "Ross, Prudie mi ha detto che abbiamo osp...". La
donna si bloccò, spalancando gli occhi. "Dorothy"
–
sussurrò, con un filo di voce, osservando Ross in cerca di
risposte.
Dorothy
annuì. "E' molto che non ci vediamo, signora Poldark. Vi
faccio
le congratulazioni per la nuova arrivata" – disse, indicando
Bella.
Ross
si mise fra le due per affrettarsi a dare una spiegazione a sua
moglie che, attonita e timorosa, guardava la loro ospite. "Ora
ti spiego tutto, non devi preoccuparti".
Dorothy
si avvicinò. "Non sono quì con cattive
intenzioni, sono venuta
solo per parlare di affari" – disse, sbirciando la bambina
che, perfettamente sveglia, muoveva le gambette. "E' bellissima.
Somiglia a suo padre!".
Ross
guardò la piccolina di casa con un moto di orgoglio. Aveva
una massa
bella folta di capelli neri, i suoi stessi occhi grigi ed era
bellissima. Adorava mangiare, era curiosa e vispa, aveva un carattere
meraviglioso ed era sempre col sorriso sulle labbra e piangeva
raramente anche se, quando lo faceva, strillava talmente forte da far
tremare le pareti di Nampara. "Vi presento Isabella-Rose, la
nostra ultima arrivata".
"Sono
felice per voi" – disse la donna che, più di
tutti, sapeva
quali tribulazioni avessero affrontato loro due a causa di Hugh.
Demelza,
come fece tre anni prima con Ellie, si avvicinò per
fargliela
toccare. "E' stata una benedizione per noi, questa bambina. La
amiamo, i suoi fratelli la torturano un pò ma in fondo la
adorano".
Ross
le mise la mano sulle spalle, attirandola a se. E poi, con poche e
semplici parole, le spiegò il motivo della visita di Dorothy.
Al
termine del suo racconto, Demelza sbiancò. "Giuda,
quarantamila
sterline!? Avete speso tutto quel denaro per...".
Dorothy
scrollò le spalle. "A volte, al gioco, perdo di
più... Non
ditelo a mio fratello però, se lo vedete...".
Ross
e Demelza si guardarono negli occhi, increduli di sentirla dire con
tanta leggerezza una cosa simile. Demelza deglutì, sfiorando
il
braccio del marito. "Che fai, accetti?".
Ross
ci pensò su un attimo, sciogliendo le ultime riserve. "Tu
che
faresti?".
Demelza
guardò Dorothy, poi sorrise. Era ora di dare fiducia a
quella
donna... "Io accetterei, c'è troppo in gioco. Non per George
o
per vendetta ma perché aiuteresti tante persone facendo una
cosa che
ti piace e in cui sei bravo. Però...".
"Però
cosa?" - chiese Dorothy.
Demelza
la guardò. "Però vorrei che foste voi la
proprietaria della
miniera, a tutti gli effetti. E Ross si dovrà impegnare a
tenervi
informata e a discutere con voi dell'andamento della miniera.
Dovreste occuparvene, per quel che riuscite. Parlo per me ma conosco
mio marito e so che è d'accordo con me su questo! Non
vogliamo che
la miniera ci venga regalata, accetteremo solo se voi ci
considererete soci. Ross ci metterà passione ed esperienza,
voi il
denaro. Siete d'accordo?".
Ross
guardò sua moglie con ammirazione. La proposta che aveva
fatto era
la più giusta e ragionevole per tutti. "E allora?".
Dorothy
annuì. "Mi annoierò da morire a sentir parlare di
sassi e
dubito che vi potrò essere utile ma va bene, sono
d'accordo".
Si avvicinò alla porta, sfiorando l'uscio. "Ci incontreremo
quando sarò quì in Cornovaglia e mi scriverete
quando sarò a
Londra".
Demelza
le sbarrò la strada, impedendole di uscire. "Andate
già via?
Perché non vi fermate a prendere un té e a
mangiare una fetta di
torta?".
Ross
rimase un pò interdetto da quella proposta ma poi decise che
Demelza
aveva ragione. Eleanor era sua figlia e niente avrebbe cambiato
questo stato di cose e quindi non doveva temere che Dorothy la
vedesse. "Mia moglie ha ragione, fermatevi un attimo ancora.
L'unica cosa che vi chiedo è di trattare i miei figli tutti
allo
stesso modo. So che per voi Eleanor è speciale ma se saremo
soci,
vorrei che foste imparziale quando i miei figli saranno presenti.
Eleanor cresce con loro, si sentono un'unica cosa e fare preferenze
finirebbe solo per farla sentire diversa".
Dorothy,
sopresa da quella proposta, tremò lievemente. "Non vedo
Eleanor
da quando era neonata".
Un
chiasso che proveniva dal salotto, fece interromere bruscamente la
conversazione. I tre bambini spalancarono la porta della biblioteca
ed entrarono di corsa, attaccandosi alle gambe dei genitori.
Dorothy
spalancò gli occhi e Demelza e Ross si misero le mani nei
capelli. I
loro tre figli, sudati, spettinati, con la paglia fra i capelli e i
vestiti sporchi, sembravano usciti da una miniera.
Dorothy
osservò la piccola Eleanor e Ross la vide tremare
dall'emozione,
sebbene fu capace di non darlo a vedere. La bimba aveva le guance
arrossate, nei suoi boccoli biondi c'erano infinite pagliuzze di
paglia e il suo vestitino azzurro era chiazzato di terra. Si
inginocchiò davanti a lei, prendendola in braccio. "Sei la
bimba che compie gli anni più sporca della terra"
– esclamò,
mentre Demelza rideva nel vedere i suoi figli conciati a quel modo.
Dorothy
intervenne, osservando i bambini. "Direi che quì abbiamo tre
piccoli bimbi che sembrano essersi divertiti molto".
Ross
guardò la piccola Ellie fra le sue braccia e poi gli altri
due
bambini. Eleanor e Jeremy erano sporchissimi, Clowance lo era
decisamente meno... "Come mai i tuoi abiti e i tuoi capelli sono
quasi puliti? Non dovevate dar da mangiare tutti e tre ai
vitellini?".
Sua
figlia maggiore si mise le mani sui fianchi, battendo il piedino. "Ma
papà, io non mi voglio sporcare e visto che a Jeremy e a
Ellie piace
occuparsi degli animali, sono generosa e lascio fare a loro anche il
mio lavoro. Loro son contenti e io son pulita, semplice!".
Dorothy
osservò Clowance con ammirazione, dimenticando per un attimo
di
sciogliersi alla vista di Ellie. "Che bambina di classe! E
già
con le idee chiare, sono incantata e sinceramente ammirata dalla sua
innata faccia tosta".
Demelza
si avvicinò a Clowance, cingendole le spalle con le braccia.
"Lei
è Clowance ed è la più nobile e
viziata della famiglia".
"Voglio
fare la principessa, da grande! Anzi, la regina" –
asserì
Clowance, osservando con attenzione l'eleganza della loro ospite.
Dorothy
le sorrise. "La regina? Sai che io la conosco?".
Clowance
spalancò gli occhi. "Davvero?" - sussurrò, col
fiato
corto per l'emozione.
"Sì,
certo! Ho partecipato a numerosi balli nel palazzo reale".
"E
com'è?".
"Chi,
la regina?".
"Sì".
Dorothy
le strizzò l'occhio. "Noiosa! E' più divertente
stare quì a
giocare coi tuoi fratelli, te lo assicuro".
Clowance
le si avvicinò, guardando il suo abito e i suoi gioielli.
"Ma
ci sono bambini che vanno ai balli della regina?".
"Sì,
a volte".
"E
quanti anni bisogna avere?".
Dorothy
ci pensò su. "Otto, dieci... Tu quanti ne hai?".
"Quasi
sei!" - disse veloce la bambina.
Jeremy
la contraddisse, ridacchiando. "Non è vero, ne ha solo
cinque".
Clowance,
imbronciata, gli fece la linguaccia. "Cinque anni e quattro
mesi, vero mamma? Vero che cinque anni e quattro mesi son quasi
sei?".
Ross
decise che era ora di mettere fine a quella disputa. Mise a terra
Ellie e chiamò a se gli altri bambini. "Avanti, basta!
Correte
da Prudie e ditele di farvi un bagno e darvi abiti puliti o non solo
non sarete mai ammessi al cospetto della regina, ma nemmeno alla
nostra tavola per mangiare la torta di compleanno. La nostra ospite
starà pensando che siete dei selvaggi".
Ellie
si aggrappò alla sua gamba mentre Dorothy riprendeva a
guardarla.
"Papà?".
"Sì?".
"Andiamo
al mare a fare il bagno?".
Ross
rise davanti a quella domanda che nascondeva una notevole faccia
tosta. "No, nella vasca da bagno! Avanti, correte tutti e tre a
lavarvi".
Clowance
osservò Dorothy e, desiderosa di fare buona impressione su
di lei,
ubbidì subito. "Io per prima".
"No,
io!" - ribatté Jeremy cercando di spingerla da parte,
imitato
da Ellie che rideva.
I
tre bambini, spingendosi, scomparvero alla loro vista e Dorothy
sorrise dolcemente. "C'è molta allegria in questa casa.
Gioia!
Come dicevo prima, sono io ad essere in debito con voi...".
Guardò Demelza, con gli occhi lucidi. "Lei è
bellissima,
perfetta come l'ho sempre immaginata. E felice... Si vede che
è una
bambina tanto amata da tutti voi. Io l'avrei riempita di vizi e
merletti ma non avrei mai potuto darle ciò che ha
quì. E nemmeno
Hugh...".
Demelza
rispose al sorriso. "E' una brava bambina, ha un animo gentile e
ama tutti gli animali eccetto i cavalli, di cui ha paura".
Ross
si appoggiò alla scrivania, pensieroso. "L'unico suo difetto
è
che non ama troppo dormire, la notte".
Dorothy
rise, a quelle parole. "Come Hugh... Anche lui, da piccolo,
aveva problemi col sonno".
Ross
la fissò, desideroso di controbattere a quella divagazione
su QUEL
nome che non voleva sentire, in maniera sibillina. "Come dice
mia moglie, Ellie è piena di pregi, presi tutti da sua
madre. Ma
come tutti gli esseri umani ha dei difetti e ora sappiamo da chi li
ha ereditati".
"ROSS!"
- lo fulminò Demelza.
Ross
fece un sorriso falso e amabile e Dorothy fece altrettanto. Non se
l'era presa ma, al contrario, ne sembrava divertita. In un certo
senso erano pungenti alla stessa maniera...
Dorothy
sospirò, piegando fra le sue braccia la mantella. "Se
davvero
desiderate che resti per la merenda, vado ad avvertire il mio
cocchiere di ripassare a prendermi fra un paio d'ore. Discuteremo di
affari e chiacchiererò con i vostri figli. Ellie
è meravigliosa ma
anche gli altri due... E la piccola Clowance... Una vera perfetta
lady che, se introdotta da qualcuno che se ne intende nell'alta
società londinese, grazie alla sua bellezza e alla sua
grazia saprà
conquistare i giovanotti più ambiti della capitale, fra
qualche
anno".
Ross
tossicchiò, non molto felice dell'idea. "Credo che dovreste
andare ad avvertire il cocchiere, mia lady".
Dorothy
annuì, ridendo sotto i baffi. E poi uscì,
lasciando Ross e Demelza
momentaneamente soli con Bella che, incuriosita, era stata buona e
zitta tutto quel tempo fra le braccia di sua madre.
"Ross,
non ti dispiace che le abbia proposto di rimanere per la merenda,
vero?".
Lui
le cinse la vita, attirandola a se e baciandola sulle labbra. "No,
hai fatto bene. In fondo non ho niente da temere, Eleanor è
mia per
legge ed è mia figlia. Il resto non mi importa e in fondo,
se ci
imbarchiamo in questa avventura con la Wheal Jared, dovremo averci a
che fare".
Demelza
sorrise dolcemente. "Ma ci pensi? Quei duecento minatori
riavranno il loro posto di lavoro e la loro vita, assieme a quella
dei loro cari, è salva. E con te come capo, sicuramente
vivranno un
ambiente di lavoro notevolmente migliorato rispetto a quando c'era
George Warleggan".
Ross
si soffermò su quelle parole e sul significato che
quell'impresa,
grazie a Dorothy, avrebbe comportato per tanta gente. "Sai,
mentre lei mi parlava delle azioni che aveva comprato, ho pensato a
una cosa che mi hai detto un pò di tempo fa".
"A
cosa?".
"A
quando mi hai detto che nel tuo cuore hai sempre pensato che Eleanor
sia nata per un motivo ben preciso e non per caso".
Demelza
si accigliò. "Che c'entra la nascita di Ellie con la Wheal
Jared?".
Ross
le sorrise dolcemente, rendendosi conto che ora aveva tutte le
risposte che a lungo aveva cercato. "Se Eleanor non fosse
esistita, Elizabeth sarebbe comunque morta, George avrebbe chiuso in
qualunque caso la miniera, ma Dorothy non avrebbe mai comprato quelle
azioni per poi donarle a noi e tutte quelle persone sarebbero morte
di fame o carestia. Nascendo, quella bambina ha donato a duecento
minatori una nuova vita e una nuova opportunità. Sai, io
credo che
Dio a volte abbia dei fini nascosti che persegue attraverso strade
tortuose e incomprensibili. Strade che ci temprano, che ci mettono
alla prova, che ci fanno cadere ma che poi ci aiutano a rialzarci
più
forti e saggi di prima. Ellie non ha aiutato solo duecento minatori
ad avere un lavoro ma ha migliorato me, mi ha reso un uomo migliore e
ha arricchito la mia vita. Ha messo alla prova te e ne sei uscita
più
forte di prima e i nostri figli hanno una sorellina in più
con cui
affrontare la loro vita. Non c'è nulla da recriminare e
niente di
cui lamentarci, Eleanor è stata un dono e ha portato solo
del bene
ad ognuno di noi. E io sono orgoglioso di essere suo padre" –
concluse, dando un dolce bacio a fior di labbra a sua moglie e poi un
bacino sulla fronte a Bella.
Il
dolore era alle spalle, così come la sensazione di essere
stato
tradito. Tutto aveva un fine e Demelza aveva avuto ragione per
l'ennesima volta: no, Eleanor non era nata per caso e amandola e
accettandola nella sua vita, aveva superato ogni prova che il destino
e il cielo avevano avuto in serbo per lui e per ognuno di loro. "Ti
amo Demelza Poldark".
"E
io amo te, Ross Poldark". Lo prese per mano, sorridendogli. "E
ora su, andiamo a recuperare i bambini dalla vasca da bagno e
facciamo gli onori di casa con la nostra ospite che, se continuiamo a
rimanere rintanati quì, si sentirà abbandonata".
Ross
rise. E docilmente la seguì.
...
Era
stata una bella giornata e il compleanno di Eleanor, festeggiato in
maniera semplice coi bambini e con Dorothy e Prudie, era stato
gioioso e spensierato.
Quando
Dorothy se n'era andata, Ross aveva deciso di fare una passeggiata
fino alla Wheal Jared e Ellie aveva insistito per andare con lui.
Il
sole iniziava a tramontare e un cielo rosso fuoco accompagnava la
loro camminata a ridosso delle scogliere.
"Ti
piacciono i coniglietti nuovi?" - disse Ross, tenendola per
mano.
"Sì.
Sai papà che Timmy e Tippy hanno fatto nascere i
conigliettini
piccoli?".
Ross
sospirò. Timmy e Tippy erano due dei conigli portati da
Illugan e
sfornavano un numero impressionante di cuccioli. "Di nuovo?".
"Sì,
cinque! Come noi" – rispose Ellie.
Ross
rise, era evidente che non sapeva ancora contare. "Voi siete in
quattro, Ellie".
La
bimba lo guardò, seria. "Adesso! Ma poi diventiamo cinque".
Ross
sbiancò, iniziando a temere che forse c'era qualcosa che
Demelza non
gli aveva ancora detto... Santo cielo, non era possibile, Bella era
nata solo da tre mesi! "Come mai diventate cinque?" -
chiese, col terrore nel cuore.
Ellie
ci pensò su. "Quando poi nella pancia di mamma cresce un
altro
bimbo, poi nasce e noi siamo in cinque".
Ok,
niente panico, doveva soffermarsi sulla parola POI. Ellie, aveva
deciso, era stata mandata dal destino e forse aveva un sesto senso
che prevedeva le cose MOLTO future. Un futuro lontano, ecco... "Ma
adesso non c'è nessuno nella pancia di mamma, vero?".
"No,
adesso no! Ma dopo sì".
Ross
sospirò, sollevato. "Ok, ma mi raccomando, non dirlo alla
mamma! Sarà il nostro segreto o mi ritroverò a
dormire in cantina".
Ellie
fece per replicare ma Ross si fermò improvvisamente,
ammirando ciò
che il suo sguardo aveva incontrato. Erano arrivati! Prese in braccio
Ellie e, orgoglioso, gli mostro la Wheal Jared che, a pochi metri da
loro, era pronta a riprendere vita. "Guarda tesoro, quella è
la
nostra nuova miniera".
Ellie,
stupita, fissò l'ingresso. "Grande".
"Molto
grande" – le rispose, sedendosi su un grosso masso e
mettendosela sulle ginocchia. La guardò, era incantevole.
Demelza le
aveva messo un abitino rosa e un nastro del medesimo colore fra i
capelli e i suoi lunghi boccoli biondi ora si muovevano nella brezza
della sera, mentre il sole del tramonto donava loro tonalità
color
pastello. "La vuoi sentire una storia?".
"Sì".
Ross
la baciò sulla nuca. "C'erano una volta due contadini, un
uomo
e una donna, che avevano molti figli, pochi soldi e tanti problemi.
Vivevano in un posto povero dove vivevano solo persone povere,
litigavano sempre e non riuscivano a parlarsi e a capirsi, a causa
dei loro problemi. Anche se si volevano bene, erano sempre arrabbiati
e tristi, distanti... Un giorno, nel bosco, trovarono una neonata
piccola piccola che non sapevano da dove venisse e siccome non
potevano lasciarla lì da sola, decisero di portarla a casa.
Era
incredibile e non capivano il perché una bambina sola fosse
nel
bosco. Non erano felici di averla trovata, erano troppo poveri e
avevano troppi problemi e una bambina in più da sfamare era
un
grosso guaio.
Litigarono
tanto a causa di questo e di tante altre cose ma però,
siccome
avevano il cuore d'oro, si presero comunque cura della bambina che
crebbe assieme ai loro altri figli. Tanto che, alla fine, era una
diventata anche lei la loro bambina.
E
un giorno, la loro bontà venne premiata. Alla loro povera
porta
bussò una fata che gli disse che la bambina che avevano
trovato era
magica, che arrivava dal mondo delle fate e che, visto che l'avevano
amata e se ne erano presi cura, sarebbero stati ricompensati. I due
contadini furono sommersi da monete d'oro, talmente tante da non
riuscire a contarle. E capirono così che quella bimba non
era
arrivata per caso ma cercava proprio loro per metterli alla prova ed
aiutarli. Divennero ricchi e regalarono il denaro in più ai
loro
vicini che, così, poterono vivere una vita serena. Tutto
grazie a
una bambina che non era arrivata per caso e che aveva insegnato loro
che l'amore, quando è sincero, vince su tutto. Smisero di
litigare,
smisero di avere problemi e vissero per sempre felici e contenti
tutti quanti".
Ellie
lo aveva ascoltato in silenzio, muovendo le gambette nell'aria. "E
la bambina?" - chiese.
Ross
le sorrise, stringendola fra le sue braccia e baciandola sulla
fronte. "Beh, la bambina trovò nei contadini una vera mamma
e
un vero papà. E, circondata dall'amore della sua famiglia e
da tanti
fratelli, visse per sempre felice e amata".
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