Regalo
«Rei,
Rei!»
È
venuta di nuovo a trovarti. Con lei non l’ammetteresti, ma ne
sei felice. Akemi non ti giudica, e sua madre… con lei stai
bene. Forse è per quello che le hai sentito dire,
“Lui è come me!”.
Non
devi più combattere per farti accettare, almeno non con loro.
Continui
ad essere periodicamente coinvolto in risse, ma con una frequenza
minore.
Adesso
però c’è sempre Akemi che, dopo averti
rimbeccato, ti aiuta a rialzarti con un bel sorriso.
La
parte in cui ti appone i cerotti è un po’ meno
piacevole, ma te ne importa poco.
«Reiiiiiii!»
ti ha finalmente raggiunto. Rumorosa come sempre, ma… forse
oggi un po’ di più.
«Che
c’è oggi?» le chiedi. «Sembri
più ip… ipra… insomma, sei tanto
attiva, più del solito».
«È
il compleanno di mamma!!» risponde lei battendo le mani.
Oh.
L’immagine di quella donna gentile ti riempie la mente, ti
senti scaldare da dentro. Non capisci cosa ti succede ma ti senti
stranamente allegro.
«Sei
tutto rosso» ride Akemi, poi all’improvviso torna
serissima. «Mi aiuterai?»
Dopo
il suo commento, potrebbero facilmente scambiarti per un pomodoro.
«Aiutarti con che?»
«Ma
a farle il regalo, ovvio» dice, con il tono di chi sottolinea
un'ovvietà.
«Va
bene, ma non fare la saputella» ribatti. «Che ne
sapevo…» improvvisamente ti colpisce un pensiero;
ti porti d’istinto le mani alle tasche. Tasti un paio di
caramelle… e nient’altro.
Le
guance, finalmente tornate al loro normale colorito, tornano a tingersi
delicatamente di rosso. «Non ho soldi», confessi
dispiaciuto. Volevi davvero farle un regalo…
Akemi
ti osserva confusa. «Soldi? Che c’entra?»
mormora.
Ora
è il tuo turno di confonderti. «Come pensi di
farle un regalo?»
«Con
le mie mani, ovviamente!» ti annuncia fiera. «Le
farò dei buonissimi biscotti… ma tu che
pensavi?»
L’osservi
ancora più smarrito di prima. «Non so
cucinare».
La
tua amica scoppia a ridere. «Male, ma non importa! Sarai il
mio assaggiatore!» ti comunica.
Vorresti
chiederle cosa sia esattamente, quel parolone lì, ma non lo
fai.
Annuisci
con forza; se puoi renderti utile in qualche modo, vuoi farlo!
Non
immagini a cosa stai andando incontro…
Segui
Akemi a casa sua, è la prima volta che ci vai. Finora sei
stato solo alla clinica dei suoi genitori. Una volta dentro ti guardi
intorno ammirato; è diversa da casa tua, molto
più colorata, piena di oggetti. Mette allegria solo a
vederla, pensi.
Sposta
una sedia e ci sale sopra per poter raggiungere la dispensa. Si allunga
il più possibile ma non riesce comunque a raggiungere lo
scaffale più alto. Sbuffa indispettita.
«Sei
un po’ più alto» ammette.
«Provaci tu!»
Sorridi,
orgoglioso dei tuoi due centimetri di superiorità. Per
riuscire nell’impresa devi reggerti sulle punte anche tu, e
per poco non cadi.
«Attento!»
urla Akemi, preoccupata. Ti indica gli ingredienti che le interessano e
tu le passi tutto, facendo molta attenzione a non sbilanciarti. Con la
bottiglia d’olio rischi grosso.
Quando
scendi dalla sedia pensi d’aver finito, ma non è
così; ora la bambina apre il frigo e ne estrae una bottiglia
di vetro. La stappi e l’odore del liquido
all’interno ti punge il naso; non l’hai mai sentito
prima, chissà cos’è.
Ti
siedi al tavolo, poggiando la testa sul mobile, e osservi con
curiosità il lavoro di Akemi. Questa parte è
tutta sua.
La
vedi svuotare il contenitore dello zucchero, la busta della farina e le
due bottiglie sul tavolo, con l’olio e il liquido
sconosciuto, in una grande ciotola. Dopodiché mette le mani
nella poltiglia che ha ottenuto e ce le muove molto a lungo.
«Che
stai facendo?» le chiedi. Dalla tua posizione non riesci a
vedere cosa avviene dentro alla ciotola.
«Imbasto,
no, impasto» spiega lei. «Me l’ha
insegnato papà. Questi sono i biscotti preferiti di
mamma».
Apri
la bocca stupito. Tuo padre non cucina mai.
«Perché non li prepara lui allora?»
Akemi
s’indigna a quella domanda. «Voglio fargli una
sorpresa!» esclama.
Non
sapendo bene come rispondere, ti limiti ad annuire.
«Mmhhh,
non va bene» mormora lei dopo un po’. «Mi
serve altra farina!»
Ti
sbrighi a procurargliela, arrampicandoti nuovamente sulla sedia.
Stavolta tocca a te versarla; mentre esegui puoi vedere il prodotto
degli sforzi di Akemi. Nella ciotola c’è una massa
più o meno liquida, con qualche piccola sfera solida qua e
là. Aggiungi parecchia farina, mentre la piccola cuoca
continua a mischiare. Torni al tuo posto.
Lei
continua a impastare per
almeno altri dieci minuti, che a te sembrano molti di più.
Poi
finalmente fa un sorriso soddisfatto. «È pronto!
Ora devo solo fare le forme!»
Non
riesci proprio a trattenere uno sbadiglio.
Akemi
non si arrabbia, anzi. «Vuoi farle con me?» ti
propone con un sorriso.
La
guardi un po’ impacciato. Sei felice di quella proposta,
ma…
«Come
si fa?»
«Oh,
è facilissimo» dice afferrandoti la mano con una
delle sue. È tutta appiccicosa, ma ti lasci guidare
ugualmente.
Si
ferma un attimo prima di mettertela nell’impasto.
«Hai lavato le mani?» indaga.
Arrossisci
imbarazzato. «No», confessi. Lei ti lascia e tu
corri a rimediare.
Tornando
al tavolo vedi che ha già cominciato. Ha preso un
po’ della sostanza nella ciotola e la sta modellando con le
dita. Ti avvicini per vedere meglio.
«Che
cos’è?» chiedi curioso. Ti fa pensare
alla testa di un alieno, con due antennine lunghe come hai visto una
volta in televisione.
«Un
coniglio!» risponde lei allegra. «Che altro
potrebbe essere?»
Per
qualche motivo preferisci non rispondere. Akemi non ci fa caso.
«Dai,
prova anche tu» ti esorta, mettendo il coniglietto su una
teglia. Ti prende la mano e te la mette dentro alla ciotola.
«È facile!»
Immergi
la mano nell’impasto, incerto. È tutto
appiccicoso; non hai mai toccato niente del genere, prima.
«Che
devo fare?»
La
piccola cuoca sfoggia un sorriso da maestrina. «Fai come
me», dice, poi immerge a sua volta la mano e porta fuori un
po’ d’impasto, più o meno quanto ne sta
in un pugno. La copi.
«Ora
facci la forma che vuoi». Ha un piatto con un po’
di farina davanti a sé, dove si appoggia per lavorare.
«Che
forma dovrei fare?»
«Se
te lo dico io non è divertente! Decidi tu».
«Ma
è per tua mamma!»
«Un
biscotto posso anche regalartelo», concede Akemi. Si sente
molto generosa per questo.
«Poi
questi dovrai assaggiarli, forse ne faremo altri!»
Ci
pensi un po’, ma non troppo, anche perché non ti
piace la sensazione dell’impasto sulla pelle.
Lo
posi a tua volta nel piatto e cerchi di formare uno zero;
così ti hanno soprannominato gli altri bambini, ma a te non
dispiace.
«Un
cerchio? Bana-ale!» commenta Akemi. È
all’opera con il terzo biscotto, sembra molto presa.
Gonfi
le guance, punto nell’orgoglio. «Tu che stai
facendo allora?»
«È
un segreto» ti dice lei mostrandoti la lingua.
Vuoi
bene ad Akemi, ma a volte sa essere davvero insopportabile, rifletti
mentre sposti il tuo biscotto sulla teglia.
Ti
stufi presto di giocare con l’impasto e corri a staccartelo
dalle mani, lasciando a lei tutto il lavoro artistico.
Perdi
il conto delle ore che passate così, ma improvvisamente
senti una gran fame.
«Finito!»
esclama soddisfatta la bambina. Afferra la farina e ne sparge un
po’ sopra la teglia, poi va ad aprire il forno.
L’aiuti
ad inserirci i biscotti. «Abbiamo finito?» chiedi
speranzoso.
«Quasi»,
è la risposta. Akemi guarda l’orologio e le sfugge
un urlo. «È già così tardi!
Mamma e papà torneranno tra meno di
un’ora!»
La
vedi armeggiare con uno dei pulsanti del forno.
«Cos’hai
fatto?»
«Ho
alzato la temperatura», ti spiega. «Così
finiamo prima».
Annuisci
convinto; è un’idea geniale.
«Akemi…
è normale questo fumo?» ti trovi a chiederle dieci
minuti dopo.
Vi
siete spostati in salotto per giocare, ma ora correte subito in cucina.
«Aaaah!» urla lei.
No,
non è normale, qualcosa ti dice.
La
bambina ti guarda disperata. «Rei… abbiamo dato
fuoco alla casa!»
La
guardi sconvolto. «Abbiamo? Hai fatto tutto tu!»
S’indispettisce
e corre davanti al forno, l’origine del fumo. «Devo
spegnerlo… ma se mi brucio?»
«Lo
faccio io! Dimmi come!» ti proponi in uno slancio
d’eroismo.
«Spingi
quel tasto» dice lei indicando.
Lo
fai, ritraendo poi di scatto la mano. «Scotta!»
«Mettilo
sotto l’acqua» ti istruisce mentre recupera un
asciugamano da un’altra stanza. Lo usa per aprire il forno;
venite investiti da una zaffata di fumo e calore.
A
quel punto vorresti tornare a casa, ma l’espressione triste
di Akemi ti fa rinunciare.
«Che
facciamo ora?» chiedi. Il dito ti fa ancora un po’
male.
Senza
una parola, estrae la teglia bollente – sempre con
l’asciugamano a proteggerle le dita – e la poggia
sul pavimento.
I
biscotti, alcuni più altri meno, sono bruciati. Akemi
scoppia a piangere.
Vuoi
farla smettere ma non sai come. Alla fine ti fai coraggio e afferri
quello a forma di zero. È un po’ annerito sul
bordo, ma è tra quelli messi meglio. Lei ti guarda confusa.
«Che fai…?»
«È
solo che ho fame» dici, e lo metti in bocca. Lo mastichi per
qualche secondo, sforzandoti di non fare smorfie. Hai i suoi occhi
puntati addosso; ha smesso di piangere, per ora.
«Non
è tanto male» affermi, sperando di essere
convincente.
Lei
sposta lo sguardo da te ai biscotti un paio di volte. «Si
possono mangiare?» mormora.
Ti
affretti ad assentire. «Certo!»
Ti
guarda combattuta. «Davvero?»
Annuisci.
«Non
ci credo» dice scuotendo la testa. «L’hai
detto solo per consolarmi».
«No!»
protesti con forza. Non sei arrabbiato, ma hai paura che ti scopra.
Prendi un altro biscotto; senti nuovamente in bocca uno strano sapore
dolciastro. Il sapore di bruciato non si sente troppo.
«Sono
buoni» insisti.
Lei
fissa i biscotti rimanenti con gli occhi lucidi. «Non ho il
tempo di farne altri!»
Ti
guarda nuovamente. «Sono davvero buoni?»
«Sì»
dici ancora, fissandola negli occhi. Ti senti strano.
Lei
ti butta le braccia al collo. «Che bello! Grazie,
Rei!» esclama. Per poco non perdi l’equilibrio.
Non
sai perché, ma ora ti gira un po’ la testa.
Forse
per questo non senti il vociare proveniente dal salotto.
«Mamma!»
esclama Akemi.
Ti
ha creduto, ora è nuovamente eccitata all’idea di
dare il suo bellissimo regalo alla madre.
Poco
dopo Elena e Atsushi vi raggiungono in cucina; entrambi con
un’espressione preoccupatissima stampata in faccia.
«Buon
compleanno!»
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