You
are my Force
- Dici
che andrà tutto bene?-
Il
viso del ragazzo è nascosto, voltato dall’altro
lato. Non riesce a scrutarne l’espressione.
-
Certo, perché non dovrebbe?-
-
Beh, perdo spesso il controllo della Forza … Il maestro
dice che sono troppo emotivo.- risponde e finalmente mostra i suoi
occhi tristi.
-
E per questo non dovrebbe andare tutto bene?- commenta una voce
familiare e calma. - Io lo trovo un pregio.-
-
Davvero?- quelle pupille luccicano ancora di più.
-
Sì!-
Il
ragazzo si stringe nelle spalle già piccole e ride, ride
ed è il suono più dolce che ci sia.
-
Non so se mi sarà utile in battaglia, però. Un
po’ ti invidio, Minseok.-
-
Nah, non devi. Anch’io ho i miei problemi … ma
sono sicuro che se resteremo uniti andrà tutto bene, Luhan.-
Chen aprì
gli occhi naturalmente, adagiato nel buio della
sua stanzetta, sotto le coperte. Si mise seduto e nascose il volto
nelle mani.
Avrebbe dovuto
aspettarsi un sogno del genere, anche se aveva sperato
che non accadesse. Non poteva tornare a dormire dopo aver avuto quella
visione.
Si alzò e
con calma si diresse in corridoio, fino a giungere
alla stanza di Xiumin. Non bussò, sapendo che non sarebbe
certo stato cacciato fuori, e non si sorprese di vedere il suo amico
sveglio, seduto sul letto, con gli occhi puntati verso le
più lontane stelle dell’universo.
Aveva sentito che
poteva fare sogni strani. La Forza giocava sempre
qualche scherzo ai cavalieri Jedi più sensibili, mostrando
loro dei segreti inconfessabili o dei ricordi impossibili da
cancellare. Il sogno di Chen non poteva proprio venir definito un
incubo, ma era pieno di amarezza e adesso si sentiva come se
l’intero tempio gli fosse appena crollato addosso,
premendogli sulle spalle e sul cuore. Il petto era stretto in una morsa
anche quando entrò piano, senza fare troppo rumore, e si
avvicinò al letto.
Se lui si sentiva
così, chissà che cosa provava
Xiumin … di sicuro, qualcosa di molto più
profondo.
- Posso stare qui con
te?- sussurrò Chen.
L’altro lo
guardò, sorpreso di vederlo ma non
troppo, ed annuì con un sorriso appena accennato. Titubante,
Chen si mise a gambe incrociate al suo fianco e per un lungo minuto
alternò lo sguardo dal cielo al volto di Xiumin, come per
cercare di capire se stesse accadendo qualcosa. L’amico
restò fermo e silenzioso, accettando la sua presenza accanto
a sé.
- Domani abbiamo
allenamento presto, Jongdae.- ruppe il silenzio lui. -
Non dovresti tornare a dormire?-
- Ho fatto un brutto
sogno, non penso di riaddormentarmi facilmente.-
scrollò le spalle Chen.
Xiumin
spostò finalmente gli occhi sull’amico e
pensò che non avesse esattamente l’espressione di
chi aveva appena fatto un brutto sogno. Pareva piuttosto molto felice
di essere lì, in una stanza non sua e su un letto non suo.
Ma quel sorriso che a stento Chen tratteneva era talmente adorabile da
contagiarlo un pochino e dunque sospirò, facendo finta di
bersi quella scusa.
- E tu?
Perché sei sveglio?- chiese il visitatore, facendo a
sua volta finta di non sapere la risposta.
Il viso di Xiumin si
oscurò nuovamente e lui si
accomodò con la schiena contro la testiera del letto con gli
occhi bassi.
- Diciamo che anche io
ho fatto un sogno.- si limitò a
borbottare. - Un sogno ricorrente e … un po’
triste.-
Chen non si aspettava
una risposta diversa, ma vedere Xiumin in quello
stato non gli piaceva, non gli piaceva per niente.
- Non è
colpa tua.-
Quelle parole gli
sfuggirono dalle labbra senza accorgersene e lo
capì solo quando vide gli occhi dell’altro
allargarsi dalla sorpresa. Chen fece lo stesso, ma si strinse poi nelle
spalle e distolse lo sguardo. - È da quando siamo stati
attaccati, che ti vedo giù di corda … -
continuò, anche se timidamente.
Xiumin non avrebbe mai
potuto odiare Chen, per come si preoccupava per
lui e per come avesse puntualizzato sul suo stato d’animo,
cogliendo nel segno. Non avrebbe potuto neanche smettere di odiare se
stesso, però.
Sospirò e
aggrottò la fronte, massaggiandosela
con le dita. - Non posso farci niente.- confessò con un filo
di voce. - E poi l’hai visto, no?-
Chen
impallidì e trattenne il respiro, e Xiumin
poté vederlo anche al buio. Non erano mai stati bravi a
mentirsi l’uno con l’altro.
- Lo sai come eravamo,
prima che … - si morse un labbro. -
Prima che lui passasse al Lato Oscuro.-
- E per questo sarebbe
colpa tua?- ribatté
l’amico, e quella scena era così dannatamente
simile a quella del sogno, o meglio del ricordo, da dare a entrambi i
brividi.
Passò un
momento di silenzio pesantissimo, rotto sempre
dalla stessa persona che aveva osato romperlo all’inizio. -
Non puoi capire, Jongdae.- mormorò Xiumin con tono freddo. -
Non hai visto tutto, per fortuna.-
Con quelle parole, si
sistemò seduto di lato, volgendo le
spalle al cielo stellato e al suo amico. Era evidente che non aveva
più intenzione di parlare e a Chen si spezzò
silenziosamente il cuore.
Tuttavia, non
tornò in camera sua finché Xiumin non si riaddormentò con una coperta addosso.
Dopo che Jedi e Sith
si scontravano, gli Anziani erano soliti
organizzare delle sessioni di allenamento congiunto tra cavalieri
già affermati e piccoli padawan, per consolidare il
benessere della Forza nelle membra dei primi e trasmettere gli
insegnamenti più profondi ai secondi.
Chen era bravo con i
bambini. Bastava un sorriso e lo seguivano tutti
senza battere ciglio, affascinati dalla sua passione. Qualche volta
rischiava di fare troppa forza sulle loro spade di legno, ma se
commetteva qualche errore finiva sempre tutto con una risata.
Xiumin lo osservava da
lontano e pensava di essere davvero fortunato ad
essere schierato con lui in battaglia. Chen si distraeva facilmente,
certo, ma altrettanto facilmente si riprendeva e trovava il modo di
vincere. Xiumin era più riflessivo di lui, ogni suo
combattimento era segnato da tante, forse troppe capriole mentali.
Erano così
diversi, eppure si sentivano a loro agio insieme.
Forse era per questo che facevano gli stessi sogni.
Quando Chen
congedò i padawan, Xiumin si avvicinò
e lo sorprese con una pacca sulla spalla.
- Come va, Chennie
Chennie?-
- Stai zitto!-
ribatté l’amico, non aspettandosi
proprio di sentirgli usare lo stesso nomignolo che gli avevano
affibbiato i bambini. Rise d’imbarazzo e l’altro lo
fece con lui, sentendosi il cuore stranamente in pace.
- Allora, che cosa
stiamo aspettando?- esordì Xiumin di
nuovo, estraendo la spada laser.
Chen aveva in mano
ancora quella di legno e senza porsi troppe domande
la tenne in posizione di guardia, fronteggiandolo.
- No, no. Prendi la
tua spada vera, Jongdae.-
Quest’ultimo
allargò gli occhi e fu sorpreso da
quella scelta. Xiumin voleva un duello vero d’allenamento,
glielo si leggeva senza difficoltà su quel sorriso lieve ma
beffardo. Lo adorava.
Mise da parte la
piccola spada di legno ed estrasse la propria,
attivandola insieme a quella dell’amico.
- Che la Forza sia con
te.- sorrise Chen, prima di attaccare.
Xiumin era pronto e
rispose perfettamente all’attacco. Il
ronzio delle loro armi echeggiò intorno come un forte vento.
Più gli attacchi di Chen venivano bloccati o respinti,
più lui desiderava riprovare, sfidarlo fino in fondo come
aveva fatto Xiumin all’inizio. Energia pura passava da una
spada all’altra, da un corpo a un altro, da una mente
all’altra.
Arrivò un
momento in cui Chen riuscì a respingere
un attacco dell’amico e gli fece perdere
l’equilibrio. Entrambi ridevano, senza pensieri che li
distraessero, e Chen con un lieve colpo di piede al ginocchio lo spinse
a cadere all’indietro. Xiumin non sembrò sentire
dolore ed emise solo un lamento di sconfitta, mentre l’altro
posava un piede sul suo petto in segno di vittoria.
- Ti arrendi?- lo
provocò Chen, sorridendo ancora.
Xiumin stava per
rispondergli … ma all’improvviso
la sua risata si spense. I suoi occhi si allargarono e il suo respiro
si fece irregolare.
Sopra di lui rivide il
viso delicato ma disgustato e rancoroso di
Luhan, che lo minacciava in quella stessa posizione l’ultima
volta che si erano scontrati.
Confuso da quel cambio
di reazione, Chen imitò a poco a poco
la sua espressione ed aggrottò le sopracciglia, spegnendo la
propria spada laser. - Tutto bene?- domandò soltanto, ma fu
come scatenare nell’amico una reazione esplosiva.
- Devo andare.-
mormorò Xiumin con un filo di voce tremante,
scrollandosi malamente di dosso il piede dell’altro e
alzandosi in piedi con foga, lasciando sul pavimento la sua spada
già spenta. Era stato colto da un ricordo e da una miriade
di sensazioni troppo pesanti perché potesse affrontarle.
Doveva scappare.
Tuttavia,
sottovalutava Chen.
- Aspetta
…!- fece quest’ultimo senza capire e
temendo già di aver fatto qualcosa di sbagliato. Fece per
raccogliere la spada di Xiumin, ma non appena la toccò
trasalì ed emise un verso di dolore, come se si fosse
scottato.
Strinse il manico
della spada in mano, cadendo in ginocchio con gli
occhi nel vuoto.
Vide qualcosa. Vide il
bagliore freddo di quella spada di fronte al
proprio naso. Una linea luminosa che tagliava a metà
un’immagine. Un volto. Un volto conosciuto, il volto
minaccioso di un amico. E dietro di esso, un altro con espressione
spaventata e piena di dolore.
Chen sentì
lo stesso lancinante dolore lacerargli il petto.
Sbatté gli occhi e li strizzò con forza, pur di
allontanare quella visione dalla mente, e quando sollevò lo
sguardo Xiumin era ancora a qualche passo di distanza a dargli le
spalle ed esse si muovevano su e giù con agitazione,
seguendo un respiro impanicato.
- Minseok …
- lo chiamò. Quello
cominciò a camminare per andarsene e allora Chen si
rialzò per seguirlo, mollando entrambe le spade laser sul
pavimento. - Minseok!-
Aveva compreso il
motivo per cui ora il suo amico voleva andarsene, ma
no, stavolta non sarebbe rimasto lì a guardare. Stavolta si
sarebbe imposto, perché tutta quella sofferenza era
insopportabile.
- Minseok, non
è colpa tua!- esclamò allarmato,
raggiungendolo e costringendolo a voltarsi prendendolo per una spalla.
- Non è stata colpa tua, vuoi mettertelo in testa?!-
Per poco non
vacillò: Minseok aveva gli occhi lucidi e le
labbra strette, come a trattenere inutilmente delle parole velenose.
- Lasciami in pace,
Jongdae. Sai anche tu che non è
così!-
- Non è
vero!- lo riprese Chen, prendendolo per entrambe le
braccia. - Maledizione, non sopporto più di vederti soffrire
in questo modo!-
- Non posso farci
niente, okay? Tu non sai com’è
andata!- sbottò l’altro con rabbia, allontanandosi
dalla sua presa.
Chen avrebbe voluto
scoppiare a piangergli in faccia, ma era lui a
dover essere forte in quel momento.
- Ma so quanto fa
male!- disse scuotendolo ancora, a sua volta
sull’orlo delle lacrime. - Mi fa male vederti così
… Percepisco la tua sofferenza e non finirà se
non cambi idea!-
Dannazione, Chen era
sempre stato un gran testardo. Sarebbe stato
crudele, ma forse per farlo desistere era necessario metterlo davanti
alla verità una volta per tutte.
- … che
cosa hai visto?-
Alla domanda appena
sussurrata di Xiumin, l’amico
tremò. Deglutì e, come se stesse rivelando il
più intimo dei segreti, evitò il contatto visivo
con lui e rispose:
- Ho visto Sehun
… Sehun che proteggeva Luhan.-
Gli occhi di Xiumin si
fecero grandi ed ebbe la conferma di dover
spiegare, pur di convincerlo che quel dolore aveva un senso.
Sospirò e mosse qualche passo lontano da lui, dandogli le
spalle nuovamente.
- Era il mio migliore
amico, Jongdae.- esordì. - Sono io ad
aver tradito lui, non viceversa.-
Ciò non
combaciava, secondo Chen, con quello che era
realmente successo: Luhan si era unito ai Sith perché non
aveva avuto scelta, dal momento che durante una missione di vitale
importanza era stato lasciato indietro su decisione dei cavalieri Jedi
più anziani. Era la prima volta che si scontrava davvero con
i seguaci dell’Impero e non ce l’aveva fatta. La
sua delicatezza d’animo l’aveva spinto nelle spire
del nemico e nessuno aveva tentato di salvarlo. Spinto dal rancore e
dalla delusione, Luhan aveva trovato nel Lato Oscuro il suo vero modo
di esprimersi, una filosofia di vita che si sposava con la sua
emotività. Aveva tradito i suoi compagni
nell’attimo in cui lui stesso si era sentito tradito.
Chen sapeva
già tutto questo, ma sapeva anche che quel
giorno loro non avevano potuto nulla contro le decisioni dei loro
maestri Jedi. Avevano scoperto del tradimento di Luhan troppo tardi,
perché potessero intervenire.
- Non l’hai
tradito, nessuno di noi ha potuto fare niente e
lo sai.- ribatté quindi Chen, stringendo i pugni fino a
ferirsi i palmi pur di non concentrarsi sulle lacrime che pungevano per
uscire fuori.
Xiumin si
voltò di scatto e per lui ormai era troppo tardi:
sui suoi zigomi perfetti scorrevano le sue gocce di rimpianto. -
Sì, invece! Avrei potuto tentare di convincere Luhan a
tornare da noi, invece di attaccarlo!-
Quello era un
dettaglio di cui Chen non era ancora a conoscenza. Dunque
il laser nella sua visione era proprio quello dell’amico?
- Ero … ero
distrutto.- spiegò ancora Xiumin, con
la voce che tremava. - Aveva abbandonato tutti noi, aveva abbandonato
me e anche … - si morse il labbro, stentando a pronunciare
quel nome. - E … E io forse l’avrei ucciso, li
avrei uccisi entrambi, se lui non … -
Era impossibile
continuare a parlare, il dolore era troppo. Il cuore di
Chen andò in mille pezzi, mentre finalmente comprendeva il
vero motivo per cui Xiumin si sentiva così in colpa.
La visione che aveva
appena avuto, il ricordo più pesante
legato a quella spada, era il momento in cui Xiumin aveva ceduto al
rancore e alla tristezza e stava per uccidere il suo migliore amico.
Tuttavia, Sehun si era messo di mezzo ed aveva protetto Luhan.
Sehun, certo. Solo
adesso Chen se ne accorse.
Lui era stato
l’ultimo a diventare cavaliere Jedi. Prima era
un padawan curioso e di talento, ben voluto dai compagni e dai maestri
e affascinato da un cavaliere più grande e maturo: Luhan.
Egli gli aveva insegnato forse ciò che di più
importante potesse esserci per un Jedi, prima di venir tradito da
quegli stessi ideali che avrebbe dovuto seguire e insegnargli a
seguire. Per Sehun, il tradimento di Luhan era stato un trauma pesante,
che alla battaglia successiva aveva dimostrato di non saper superare.
E quando aveva visto
Xiumin muoversi in preda alla rabbia e attaccare
Luhan, ai suoi occhi era stato chiaro da quale parte avrebbe dovuto
stare.
- Adesso capisci?-
mormorò Xiumin, ultima frase che si
concesse sull’argomento prima di tornare nel suo freddo
guscio di orgoglio e senso del dovere, quel pilastro che gli permetteva
di essere un cavaliere Jedi degno di tale nome. Prese un respiro
profondo e si asciugò le lacrime, ignorando
l’addolorata sorpresa negli occhi del suo amico.
- Minseok …
- tentò debolmente Chen di fermarlo,
impotente sotto le lacrime che iniziarono a uscire anche a lui. -
Minseok, ti prego, non portarti ancora dentro questo peso … -
Ma ormai i suoi
tentativi di restare forte erano inutili. Xiumin non lo
ascoltò e lasciò velocemente l’enorme
stanza, odiandosi ancora e ancora per quella colpa che lo perseguitava
e adesso anche per aver respinto Chen, colui che gli aveva letto
dentro, gli aveva teso una mano che lui non aveva voluto accettare.
Dietro di lui, Jongdae
scoppiò a piangere, accasciandosi
nuovamente.
I suoi
lineamenti sono ancora così delicati e dolci, la sua
voce ancora così sottile. Il suo aspetto non è
cambiato e forse nemmeno la sua anima.
Forse
non è mai riuscito a capirlo davvero, in fondo. Non
come il suo allievo più giovane che, se
l’aspettava, col tempo è anche diventato il suo
amante. Tra loro c’è sempre stata della chimica
particolare. L’intesa è chiara nei loro occhi
ancora così limpidi, nonostante ora il loro cuore sia
più nero del mantello che portano.
Si
scambiano brevi parole con i visi vicini, non troppo da toccarsi, ma
abbastanza per infondersi sicurezza a vicenda. E poi, insieme, si
voltano. La paura è dominante, lo invade ovunque e non
c’è via di fuga.
A
un secondo sguardo, forse il suo viso non è
così gentile come lo ricordava. Non può esserne
certo. Ormai, ogni certezza è svanita come uno sbuffo di
fumo nell’aria.
-
Ha fatto soffrire anche te?- echeggia inquietante la sua ironia. -
Non cambierà mai, proprio come me.-
Solo
ora si ode un respiro pesante, basso e costante, insieme al
battito di un cuore agitato. Ma nient’altro. Solamente il
ghigno di Luhan riempie la sua mente.
-
Spero che tu sia pronto, perché non mi
tratterrò … Jongdae.-
Xiumin si
ritrovò seduto sul suo letto, nel buio
più totale e senza fiato. Pur aprendo gli occhi persi e
spaventati al massimo, non riusciva a scorgere una fonte di luce che
potesse dargli sollievo. A fargli compagnia aveva solo le terribili
visioni che gli avevano appena fatto visita e i battiti velocissimi del
suo cuore che gli impedivano di tranquillizzarsi.
Restò in
quella posizione di terrore a lungo, prima che
spontaneamente il nome del suo amico si impossessasse di lui e lo
scuotesse, al punto da spingerlo ad alzarsi.
Corse fuori dalla
stanza e si guardò intorno frenetico, alla
ricerca di qualcuno, una persona qualsiasi che fosse sveglia.
Andò giù lungo il corridoio come un forsennato,
finché da un angolo non vide spuntare due suoi compagni.
- Junmyeon! Yixing!-
gridò, e scoprì di avere la
voce rauca e rotta da un pianto imminente.
Gli amici gli andarono
incontro e lo sorressero da entrambe le parti.
- Minseok, che
succede?- domandò Lay, toccandolo con un
braccio solo dal momento che quello artificiale era steso lungo il
fianco. - Hai bisogno d’aiuto? Hai visto segnali di un
attacco dei Sith?-
L’altro
scosse dolorosamente il capo, faticando a riprendersi
fino a essere in grado di parlare.
- Forse Luhan non ha
ancora- stava cominciando a dire Suho, ma fu
subito interrotto da una mano di Xiumin sulla spalla, mentre questo gli
chiese disperato:
-
Dov’è Jongdae?-
- Jongdae? Non lo so,
non è a dormire?- chiese ancora Suho,
ansioso di fronte al panico dell’amico. - Che cosa
è successo, Minseok?-
- Ho … ho
visto Luhan … - esordì,
seppur gli facesse male. - E parlava con lui … -
Suho
aggrottò appena la fronte, non comprendendo subito.
Lay, invece, allargò gli occhi in preda al terrore.
- Oh, no.-
Era ironico come erano
bastate le poche e semplici parole di Chen a
riecheggiargli nella testa, per lasciar scivolare via gradualmente il
rimorso che si era portato dietro per tanto tempo. Le accuse di Luhan,
secondo cui lui e tutti gli altri sarebbero diventati spietati ed
egoisti come i Jedi più anziani, non facevano nemmeno
più così male. Di Luhan, ormai, restavano solo
dei ricordi dolceamari che gli avrebbero procurato un po’ di
nostalgia nelle sue notti insonni.
Quei rimasugli di male
che percepiva ancora nel cuore erano legati a
Sehun, a quel ragazzo così giovane e forte, amico puro e
fedele che proprio per questa sua fedeltà non era riuscito a
rinunciare all’affetto del suo compagno. Non aveva mai potuto
biasimarlo per questo.
Ricordava ancora bene
i dettagli di quella visione che a malincuore si
era ritrovato a condividere con Chen. Luhan, da che era terrorizzato e
distrutto all’idea di essere stato abbandonato, sembrava ora
invincibile, come se nessuna spada laser avesse potuto scalfire la sua
pelle. Xiumin lo stava inseguendo, quando da una via secondaria era
arrivato Sehun. Era la prima vera missione di quest’ultimo e
per ironia della sorte il suo avversario era stato colui che gli era
stato più accanto nei suoi anni da padawan, colui che gli
aveva insegnato ad avere cuore anche brandendo un’arma.
Xiumin non avrebbe mai
immaginato di vedere Luhan perdere la sua
corazza di odio e supplicare Sehun di non abbandonarlo anche lui,
poiché il suo unico rimpianto era stato quello di non
poterlo vedere diventare un Jedi, di non potergli più stare
vicino. Le mani di Sehun avevano tremato forte intorno al manico della
spada, i suoi occhi si erano fatti grandi, enormi. Xiumin non aveva
potuto perdonare il gesto di Luhan, non aveva sopportato di sentire
quelle parole dalla sua bocca, dopo aver ferito lui e tutti gli altri.
Per questo gli si era lanciato contro e Sehun, proprio come Luhan,
aveva seguito il suo cuore: si era frapposto tra i due ed aveva
impedito a Xiumin di colpirlo.
Da allora il cavaliere
Jedi non era più riuscito a vivere
una vita degna di essere chiamata tale. Pur avendo il sangue freddo
necessario per combattere dalla parte del bene, pur riuscendo a
sopprimere i suoi sensi di colpa, pur scacciando dalla mente i ricordi
di un Sehun distrutto dal tradimento di Luhan, Xiumin non riusciva a
odiarlo per aver tradito il gruppo a sua volta e soprattutto non
riusciva più a trovare una vera ragione per impugnare quella
spada laser e combattere. Lo faceva perché doveva, niente di
più.
O meglio …
quel “di più” era
sempre rimasto al suo fianco, devoto e prezioso, e l’aveva
realizzato soltanto ora che l’aveva perso.
Chen era speciale.
Condividevano i sogni, si incontravano nella mente
grazie alla Forza. Ma non era solo questo: Chen aveva sempre tentato di
incontrare anche il suo cuore, per quanto le regole dei Jedi non
fossero sempre compatibili con una scelta simile. Chen gli sorrideva,
gli parlava, curava le sue ferite in silenzio senza che se ne fosse mai
reso conto.
Ora che era stato
rapito dai Sith, con lui se n’era andato il
senso della sua vita.
Non poteva muoversi.
Era stato deciso che se ne sarebbero occupati i
maestri più esperti; mandare i ragazzi o qualcuno che era
stato vicino a Luhan sarebbe stato letale, stavolta. Tutto
ciò che poteva fare Xiumin era aspettare e aspettare. Non
aveva più avuto visioni che potessero suggerirgli la
condizione attuale di Chen e la cosa lo snervava terribilmente. Nessuno
osava rivolgergli la parola, né disturbarlo. Xiumin sarebbe
tornato se stesso, solo una volta che Chen sarebbe tornato da lui.
Accadde dopo tre
giorni.
Era chiuso nella sua
stanza, ormai come al solito. Udì delle
voci concitate nel corridoio e, insospettito, si affacciò
fuori. Non ebbe avuto nemmeno il tempo di farlo, quando si
ritrovò davanti Baekhyun e Jongin a tirarlo per le braccia
chissà dove, parlando in modo concitato e confuso.
E al fondo del
corridoio, finalmente, come una visione paradisiaca,
eccolo lì. Sano e salvo – e Xiumin si illuse per
un attimo che fosse tornato per lui, come un angelo custode. In
quell’esatto momento ritornò a vivere e si mise a
correre a perdifiato per raggiungerlo.
Non disse una parola,
e nemmeno Chen. Si strinsero forte, flettendo e
impegnando tutti i muscoli del loro corpo per farlo. Xiumin
affondò il volto sulla sua spalla e non seppe come fece a
non piangere. Si aggrappò a lui senza riuscire
più a lasciarlo andare, perché no, mai
più l’avrebbe lasciato andare così.
- Sono felice che tu
sia vivo.- sussurrò al suo orecchio con
un filo di voce disperato, e mai una frase gli suonò
così banale, soprattutto confrontata con quella
apparentemente ancora più semplice di Chen.
-
Sono qui.-
E a Xiumin non bastava
davvero altro per tornare a respirare.
- Jongdae …
- tentò di cominciare, districando
l’abbraccio e guardandolo con il volto accartocciato dalla
tristezza. - Jongdae, so che non dovrei dirlo, ma mi dispiace
… ho-ho avuto paura che quella fosse la nostra ultima
conversazione e-
- Dimenticala!- lo
interruppe dolcemente Chen, passandogli
più volte le mani sulle guance e tirandogli i capelli
all’indietro. - Dimentica quello che è successo,
ti prego.-
Xiumin
annuì, non poté fare altro. Si sentiva
così debole ora, come un bambino a cui doveva di nuovo
essere insegnato tutto, ma era una sensazione talmente dolce ora che si
trovava tra le sue braccia.
Lo costrinse a restare
con lui per tutta la sera, ad ascoltare
sottovoce le sue scuse e le sue preoccupazioni, i suoi pensieri e i
suoi turbamenti. Mai aprì il suo cuore in un modo simile,
dimenticandosi dei suoi doveri di guerriero e dando sfogo solo alla
giovane anima tormentata che era. Chen lo tenne stretto a sé
tutto il tempo senza smettere, a sua volta felice di essere tornato da
lui e senza più alcuna sfumatura di paura nel cuore. Aveva
superato delle torture psicologiche durante la sua prigionia, aveva
superato cose veramente pesanti da sopportare per uno spirito leggero
come il suo e, ora che aveva Xiumin tra le braccia, si sentiva potente.
La mattina dopo,
Jongdae si svegliò con il tenero viso di
Minseok addormentato a un palmo dal proprio naso. Era bello come era
sempre stato e come mai avrebbe sperato di avere accanto.
Lo vide muoversi
appena nel sonno e seppe che si sarebbe svegliato dopo
pochi attimi. Approfittò di quel momento di sospensione,
prima che la bolla intorno a loro scoppiasse, e d’istinto si
spinse in avanti a sfiorargli le labbra con le proprie. Fu un tocco
quasi impercettibile, ma bastò perché Minseok
sollevasse le palpebre in preda alla più bella meraviglia.
- Che la Forza sia con
te.- Jongdae gli diede il buongiorno
così.
L’altro gli
sorrise in modo semplice e innocente, come quasi
non era più abituato a fare. Gli accarezzò il
volto con le dita e rispose in un dolce sussurro.
-
La mia Forza sei tu.-
*
Hiiii~
Here I am. Your NamjoonAddicted is
Here~.
Già, se io sono qui vuol dire che questa piccola
e meravigliosa perla l’ha tirata fuori dalla sua penna Eliot.
Io non ce la faccio, voi non avete idea di quanto io sia orgogliosa di
poter scrivere una serie che amo cosí tanto con una persona
a cui voglio altrettanto bene. Sigh.
Lo so, divento emotional quando si parla di lei, Lo siento~
(nessun riferimento ai Super Junior giuro)
Niente~ Se vi è piaciuta
quanto piace a me, lasciatele una recensione che la fate tremendamente
felice, perchè se le merita.
Baci.
Vostra
NamjoonAddicted
E…Che la forza sia con voi~
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