Capitolo
Trentaquattro
Quando
le sue lunghe dita sottili si ridistendono, Aileliath si scosta e
riprende la sua forma leonina, scrolla il capo, si stiracchia
piantando gli artigli nell’oscurità ed emette un
sordo brontolio
soddisfatto che fa sogghignare Pitch. Infine solleva gli occhi,
scrutando attento ciò che lo circonda e, suo malgrado,
storce il
muso.
«Quasi
quasi preferivo
dall’altra parte» commenta.
E Pitch, senza
riuscire a
trattenersi, scoppia a ridere, imprevedibilmente imitato da
Ba’al e
Phanês che si divertono ai danni del povero Mot.
«Molto
divertente» sibila
fra i denti quest’ultimo.
Ma è
un’imprudenza, la sua,
perché in questo modo attira spiacevolmente su di
sé l’attenzione
generale. Aileliath assottiglia lo sguardo e snuda le zanne.
«Così
sei tu» ringhia,
avanzando minacciosamente di un passo.
Mot sgrana gli
occhi,
allarmato, e rapido trova rifugio dietro le spalle del fratello, il
quale lo fissa incredulo, sbottando «Oh, certo, grande
idea!» e
studiando con crescente nervosismo gli scintillanti artigli bene in
vista del leone.
Per loro fortuna,
dopo aver
riservato una fuggevole occhiata al riflesso ancora visibile
dell’altra dimensione, Pitch decide di intervenire
nell’arduo
tentativo di sedare gli animi e si avvicina ad Aileliath con passo
deciso, posando sul suo fianco una mano per attirare la sua
attenzione, al momento totalmente concentrata sul custode
dell’oltretomba.
«Comprendo
bene il tuo
rancore, e in parte sento di poterlo condividere» soffia
pacato,
riuscendo nell’impresa di far spostare su di sé lo
sguardo
affilato del leone. «Tuttavia temo si tratti di un momento
poco
opportuno per… certe
rimostranze. C’è
ancora un demone che si aggira liberamente per questo mondo, vorrei
ricordarti. E questo, nostro malgrado, deve avere la precedenza su
qualsiasi altra questione rimasta in sospeso» espone
ragionevolmente.
«E di chi
è la
responsabilità?» ringhia Aileliath, frustrato.
Pitch annuisce,
concorde.
«Risolveremo anche
quel problema. A tempo debito» promette, accennando un
incerto
sorriso.
Il leone chiude gli
occhi,
sospira e annuisce, seppur restio ad accettare tale situazione.
Solo a quel punto
Ba’al e
Mot si azzardano a trarre un cauto sospiro di sollievo.
Phanês
invece, estraneo a certi turbamenti eppure intrigato dalle
novità in
vista, rimane in silenzio e si limita al suo solito sorriso
snervante.
*
L’entrata
in scena del
gruppetto male assortito che compare in mezzo al salone di Nicholas
non può certamente passare inosservata. Il padrone di casa
spalanca
gli occhi a quella vista e avverte con chiarezza le ginocchia cedere
per lo sgomento. Toothiana e Sanderson sono incerti se ridere di
sollievo per la consapevolezza che tutti quanti abbiano fatto
ritorno, più o meno sani e salvi, o tremare costernati per
la
sorpresa. Gli incubi dell’Uomo Nero, che erano inizialmente
accorsi
a dare il bentornato al loro padrone, fanno precipitosamente marcia
indietro alla vista di Phanês e Aileliath, rincantucciandosi
nell’angolo più buio alla loro portata. Aster
rizza il pelo e fa
stridere i denti, ma evita prudentemente di azzardare una mossa,
fissando con soggezione il padre di Nyx, il quale oltre alla figlia
regge anche una versione ridotta del portale ora ben più
simile a
uno specchietto da trousse. Jack non sa più dove posare il
proprio
sguardo eccitato, ma dopo vari ripensamenti alla fine decide di
fiondarsi direttamente sul leone, il quale suo malgrado fa un passo
indietro scostando il capo con incerta sorpresa.
«Wow, un
leone azzurro!»
esclama lo spirito dell’inverno da una distanza irrisoria.
«Che
forza!» aggiunge, sfiorando la criniera con le dita.
«Ouch, brucia!
Figo! Io sono Jack Frost, tu come ti chiami? Ma sei veramente
azzurro? Non avevo mai visto un leone così grosso! Sei un
leone? Da
dove vieni? Sei così caldo, sembri un vulcano,
però peloso… e
azzurro… Vabbè!» blatera a briglia
sciolta senza quasi riprendere
fiato, confondendo Aileliath con il suo incessante cicaleccio.
Pitch segue la
scena
coprendosi la bocca con il dorso di una mano per celare il proprio
divertimento, ma gli occhi luccicano smascherando il trucco.
Aileliath gli rivolge uno sguardo incerto e sconvolto, ottenendo
unicamente un’alzata di spalle e un sorrisino canzonatorio
che lo
fa sbuffare. Ruggisce indispettito, facendo sì che lo
spirito
dell’inverno si scosti di poco, ma questo sembra renderlo
perfino
più entusiasta di prima, quindi inizia a volteggiargli
attorno con
esuberanza, facendo venire il mal di mare al disgraziato leone.
«Aileliath»
sbotta infine il
diretto interessato.
Jack boccheggia e
aggrotta le
sopracciglia, dubbioso.
«È
il mio nome» spiega,
rimarcando ciò che ritiene ovvio e augurandosi di aver con
questo
placato la curiosità di quello che sembra ai suoi occhi un
ragazzino
un po’ troppo esuberante.
«Ah,
bello! E come mai sei
qui? E perché hai questo colore? Come conosci
Pitch?» insiste Jack,
tutto preso dalla novità.
E Aileliath, per
una frazione
di secondo, si ritrova a rimpiangere il tetro silenzio del luogo che
lo ha visto nascere, poi scuote il capo e sospira, lanciando
un’occhiata d’accusa a quello che ritiene il
maggior responsabile
delle sue attuali sciagure.
«Ehi, sai
sputare fuoco come
i draghi, tu?» lo interrompe sul più bello Jack,
fissandolo
speranzoso.
«Uh?»
trasecola Aileliath,
che non ha affatto seguito i contorti ragionamenti del ragazzino.
«Certo che no! Che domande sono?» sbotta seccato.
«Oh»
sospira Jack,
visibilmente deluso. «Ma allora che fai di bello?»
ritenta, affatto
arreso per la scarsa collaborazione dell’altro.
Pitch ridacchia,
Aileliath
pondera che effettivamente una bella fiammata a quel punto sarebbe
utile per rimettere al loro posto un paio di spiriti molto seccanti.
«Attualmente
sono
disoccupato» ringhia stizzito. «Fino a qualche
giorno fa ero un
custode, il guardiano a presidio di…» tenta di
spiegare.
«Urca!
Veramente? Io pure
sono un guardiano, che coincidenza» esclama Jack, tutto
ringalluzzito per la scoperta di quell’inaspettata notizia.
«Sì?»
bercia sarcastico
Aileliath, digrignando i denti, indeciso se mordere lo spirito
dell’inverno oppure fare a pezzettini l’Uomo Nero
che non si sta
rotolando a terra dalle risate solo per una questione di etichetta.
*
«Manny
non aveva parlato di
questo» mormora Nicholas, frastornato
dall’insensato susseguirsi
di episodi sempre più inaspettati.
Aster lo fissa con
un pizzico
di compassione nello sguardo. «E non ti è passato
per la mente che
l’Uomo nella Luna non ne sapesse proprio nulla di demoni e
divinità
fuori di testa?» lo interroga, a suo modo incuriosito.
Nicholas gli lancia
un’occhiata oltraggiata e liquida la domanda con un gesto
impaziente della mano. «Sciocchezze» replica
succinto, avanzando
cautamente ma con decisione verso Phanês e gli altri,
tallonato da
Toothiana e Sanderson. Quest’ultimo è impegnato a
scrutare con
ansia e curiosità l’inaspettata figura del padre
di Nyx che al
contrario non appare per nulla interessato ai guardiani, non quanto
mostra di esserlo al leone per lo meno.
«Lei…
sta bene?» si
arrischia a chiedere Nicholas, indicando la dea abbandonata contro
Phanês.
«Esiste
ancora. Si
riprenderà» commenta l’interpellato
senza dilungarsi.
Toothiana a quella
risposta
spalanca gli occhi, poi serra le labbra in una severa smorfia e
scuote il capo. «Dovremmo portarla in camera, così
che possa
riposare» incalza, notando il palese disinteresse di lui.
Phanês,
crucciato per essere
stato disturbato durante la sua contemplazione di qualcosa di ben
più
interessante, sposta svogliatamente lo sguardo limpido sulla fata e
la osserva con un malcelato fastidio. «Ho forse dato
l’impressione
d’avere interesse in un tuo parere?» chiede
retoricamente.
Ba’al si
schiaffa il palmo
d’una mano sulla fronte. Mot, che al momento è di
nuovo in
possesso della sua quasi
perfetta maschera di pura impassibilità, sposta con vago
interesse
gli occhi ora su Phanês ora sul gruppetto di guardiani.
Toothiana
arruffa le penne e stringe i pugni, allettata dall’idea di
usarne
uno per fare un occhio nero a quel bell’imbusto tirato a
lucido da
cui, non dubita, Nyx deve aver ereditato il suo carattere
impossibile. Inaspettatamente compare al suo fianco Pitch che riesce
a distrarre le sue poco pacifiche attenzioni posando una mano sulle
sue contratte.
«Se
nessuno ha nulla in
contrario, penserò io stesso a condurre Nyx in una delle tue
stanze»
offre l’Uomo Nero, rivolgendosi prevalentemente a North.
«Ammetto
di avere un certo debito di riposo, e ne approfitterei per stendermi
un po’ a mia volta» soffia pacato.
Senza attendere
replica
alcuna, si avvicina a Phanês, abbozzando un tiepido sorriso
che
spera possa risultare rassicurante e stende le braccia, lasciando ben
intendere di volersi riprendere ciò che aveva ceduto non
molto prima
per questioni meramente pratiche. In realtà Pitch ha notato
che lo
scarno interesse di Phanês, oltre che sul leone, in poche
occasioni
si è posato anche su di lui, così ha pensato di
sfruttarlo per
convincerlo
a collaborare. E in effetti Phanês si dimostra più
che disposto a
rendere Nyx allo spirito oscuro, per nulla preoccupato di possibili
conseguenze, ma anzi intrigato dalla prospettiva stessa.
Quando, dopo aver
raccolto Nyx
nelle proprie braccia, Pitch volge le spalle a Phanês
trovandosi a
fronteggiare i guardiani che ora sono diventati quattro, abbozza un
piccolo ghigno di scherno a beneficio del loro miserevole fallimento
e della sua plateale vittoria, poi finalmente si allontana per
tornare a respirare aria in tutta libertà.
*
Sospira, dopo aver
delicatamente adagiato Nyx sul colorato piumone che ricopre il letto
di quella stanza, e si concede qualche momento per osservarla senza
temere nulla. Sorride, un minuscolo incurvarsi di labbra, e scosta
lunghe ciocche di neri capelli dal suo viso candido.
Amici,
li ha definiti solo poche ore prima di fronte ad Aileliath. Certo che
lo sono: chi altri avrebbe messo a repentaglio la propria esistenza
nel tentativo di trarlo d’impaccio dal colossale guaio in cui
s’era
cacciato (non certo per sua volontà)? Scuote il capo,
esasperato.
Probabilmente lei non sarebbe affatto lieta di udire quella parola,
amici, accostata al suo nome; sono ben altre le di lei ambizioni,
ovvio. Non è uno stupido; sciocco forse sì, di
tanto in tanto con
la testa smarrita in tutt’altri pensieri, ma mai abbastanza
da non
vedere certi inequivocabili segnali, no, questo no. Ma, ah, si
è
scelta decisamente l’obbiettivo sbagliato, questa volta; non
è
affatto pronto, forse non lo sarà mai dopo tutto (o non ne
avrà il
tempo, visto il modo in cui si sta mettendo la situazione
ultimamente).
«Sei
proprio un idiota»
borbotta, rivolto a sé stesso. E ha la certezza che, per una
volta
tanto, lei sarebbe totalmente d’accordo con lui.
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