24
giugno 1802
Inginocchiata
nel giardino fuori casa, Demelza finì di annaffiare i fiori
che
aveva appena piantato. Era un lavoro che amava tantissimo e che
riusciva a isolarla dal mondo, in un suo piccolo rifugio di pace e
tranquillità.
Era
una giornata molto calda, serena e dai campi arrivava il gracchiare
delle cicale e il ronzìo delle api. L'estate era al pieno
del suo
fulgore e quell'anno era baciata dal bel tempo e dai raccolti
abbondanti sia nei campi che nelle miniere di Ross che regalavano
rame e lavoro a molti dei minatori della zona.
Con
la mano sfiorò i petali di una rosa dal profumo
intensissimo,
pensando a come potesse fare per rinforzarne il gambo, e in quel
momento qualcuno le arrivò da dietro le spalle, baciandola
sul collo
e facendola sobbalzare per lo spavento. "Giuda!" - gridò,
voltandosi verso il nuovo arrivato. "Ross, sei impazzito?"
- chiese, trovandosi suo marito davanti che, divertito, la guardava
sghignazzando.
"I
tuoi riflessi, mia cara, stanno peggiorando! Una volta fiutavi il mio
arrivo a miglia di distanza".
Demelza
lo guardò storto, massaggiandosi il ventre gonfio. "Ancora
un
pò e mi fai partorire quì, in giardino".
Lo
sguardo di Ross si addolcì, si avvicinò a lei e
la baciò sulle
labbra. "Sarebbe una cosa carina partorire il giorno del nostro
anniversario, non trovi?" - sussurrò al suo orecchio, dando
una
carezza al pancione.
"No,
non voglio dividere questo giorno con un compleanno. Ognuno deve
avere la sua ricorrenza. Voglio partorire da domani e se tu mi
facessi il piacere di non farmi venire un infarto, potresti aiutarmi
in questa cosa".
Ross
osservò il pancione di sua moglie, scettico. Il termine era
passato
da alcuni giorni, come aveva detto Dwight, e viste le dimensioni di
sua moglie, dubitava che potesse arrivare incinta a fine settimana.
"Allora te lo ricordi".
"Cosa?"
- chiese lei, tirandosi indietro una ciocca di capelli che le era
caduta sul viso.
"Che
è il nostro anniversario! Quindici anni di matrimonio
sembrano
un'enormità di tempo, no?".
Demelza
sospirò, cingendogli la vita, appoggiandosi contro di lui ed
abbracciandolo. In realtà non le sembrava così
tanto tempo e aveva
l'impressione che, con tutte le tempeste che avevano affrontato in
quegli anni, tutto fosse volato fin troppo in fretta. C'erano state
risate, amore, gioia. Ma anche dolore fatto e subito, lacrime,
dolorose prese di coscienza e il loro rapporto che, spesso, si era
trovato sull'orlo di un burrone. Erano sopravvissuti alla morte della
loro piccola Julia, ai tradimenti vissuti inseguendo l'utopia di un
amore perfetto, a Hugh, a Londra e a Monk Adderly, a George e alla
fine inaccettabile Elizabeth... Ne avevano passate tante loro due
eppure alla fine erano lì, in quel giardino baciato dal
sole,
abbracciati, innamorati e con un nuovo bimbo in arrivo. "A me
invece sembra ieri. Eppure, ora che ci penso, siamo così
diversi da
allora" – mormorò, accarezzandosi il pancione.
Ross
la baciò sulle labbra, dolcemente. "Vero! Non ti riusciva
proprio di chiamarmi per nome e per molto tempo hai continuato a
vedermi più come un padrone che come un marito".
"E
tu come la tua domestica, più che una moglie" –
obbiettò
lei. Era vero, c'era stato un tempo in cui non riusciva davvero a
credere che lui avesse sposato proprio lei e in cui credeva
impossibile ambire al suo amore. Era stata una ragazzina che si
sarebbe accontentata delle briciole del suo uomo e ora era una donna
sicura di se stessa e dell'importanza che rivestiva nella vita di suo
marito. Lui ora l'amava e, nonostante tutti gli errori commessi da
entrambi, avrebbe messo le mani sul fuoco su quanto speciale fosse il
loro amore. Gli occhi di Ross brillavano quando incontravano i suoi,
la passione fra loro non si era mai sopita ma, forse, era addirittura
cresciuta con gli anni. Era la madre dei suoi figli, la sua amante,
la sua migliore amica e colei che conosceva i punti più
oscuri della
sua anima. Riusciva a capire a cosa pensasse suo marito, da un
semplice sguardo.
Ross
sospirò. "Ti consideravo più di una domestica ben
prima di
sposarti. Mi piaceva parlare con te e la tua presenza a Nampara
è
diventata da subito importantissima".
"Ma
non mi amavi, quando mi hai sposata" – concluse lei,
mascherando un sorriso. I tempi di Elizabeth e del suo senso di
inferiorità nei suoi confronti erano finiti e ormai riusciva
a
scherzare e a parlare con leggerezza di quel periodo tanto doloroso
della sua vita di moglie.
Ross
la guardò, poi decise che era meglio cambiare discorso.
"Dove
sono i bambini?" - chiese, guardandosi attorno.
"Sono
andati alla spiaggia a giocare con Garrick".
"Da
soli?" - chiese lui, subito in ansia.
Demelza
sbuffò. "Ross, Jeremy ha undici anni e Clowance otto! Direi
che
possono fare qualche centinaio di metri da soli per raggiungere la
spiaggia, no? Poi c'è Garrick a dar loro un occhio".
Suo
marito scosse la testa. "Quel povero cane è vecchio e
malconio.
E non mi fido affatto di lui! Mi chiedo come faccia a seguirli ancora
dappertutto, viste le sue condizioni".
Demelza
abbassò lo sguardo, sentendo una fitta allo stomaco. Garrick
era
ormai così anziano ed era vissuto molto più a
lungo di tanti altri
cani e sapeva che presto... "Coi bambini torna giovane! Loro gli
danno forza ed energia e sono sicura che sarà il guardiano
anche del
nuovo bimbo che arriverà" – tagliò
corto.
Ross
parve scettico. "Quindi, dici che non dobbiamo preoccuparci dei
bimbi?".
Lei
ridacchiò. "Se sei tanto in ansia, lasciami cinque minuti!
Finisco di sistemare i fiori e poi facciamo una passeggiata e li
raggiungiamo".
Ross
le prese la mano, attirandola a se. E poi fece scivolare in essa una
scatoletta di velluto blu. "In realtà, speravo di essere da
solo con te. Volevo darti questa senza bambini attorno".
Demelza
abbassò lo sguardo, osservando la scatolina fra le sue mani.
"Cos'è?".
"Un
regalo per il nostro anniversario. Non te ne ho mai fatti e forse
è
ora che cominci a farlo. Quindici anni di matrimonio sono una data
importante, soprattutto quest'anno, con questo bambino in arrivo"
– concluse, accarezzandole la pancia.
Demelza
sentì il cuore balzarle nel petto. Era così dolce
e sembrava tanto
impacciato... Ross non era mai stato un tipo romantico, uno da poesie
o cose simili ed era sempre in difficoltà quando doveva
esprimere i
suoi sentimenti. E proprio per questo, quando se ne usciva con gesti
del genere, sapeva farle sciogliere il cuore. Lo baciò sulle
labbra,
un bacio lungo ed appassionato, ripensando a quanto fossero diversi i
loro sentimenti di quindici anni prima. "Non avresti dovuto
farlo, non ho bisogno di regali. Ma ti ringrazio". E così
dicendo, aprì la scatoletta. Ai suoi occhi si
materializzò un
bellissimo ed elegante ciondolo arricchito da un piccolo diamante
che, alla luce del sole, assumeva mille colori diversi. Santo cielo,
doveva essere un gioiello di grandissimo valore, non avrebbe
dovuto... "Oh Ross...".
Lui
le sorrise, prendendo il ciondolo e mettendoglielo al collo. "Ha
i riflessi dei tuoi capelli. Appena l'ho visto a Londra, ho pensato
che fosse stato fatto apposta per te".
Era
commossa, ecco... Non le capitava spesso e il suo cuore sembrava
traboccare di gioia. "Ti amo...".
"Ti
amo anch'io, lo sai?".
Le
punte dei loro nasi si sfiorarono, prima che le loro labbra si
unissero in un nuovo e lungo bacio. Poi lei gli sfiorò il
petto,
appoggiandovi il capo. "Oh lo so che mi ami. Solo un uomo molto
innamorato potrebbe dirlo a una donna grossa come una balena, al nono
mese di gravidanza".
A
quelle parole, Ross scoppiò a ridere. "Ancora con questa
storia?! Santo cielo, sei bellissima quando sei incinta".
"Lo
dici perché non hai mai provato la sensazione di avere
un'anguria al
posto della pancia e a camminare sentendoti una papera. Ma a parte
questo, la stanchezza, il mal di schiena e la nausea, adoro aspettare
i tuoi bambini". Si sfiorò il ciondolo, accarezzando il
diamante. "E' bellissimo Ross, ma davvero, non avresti dovuto.
Io sono felice così, mi basta sapere che mi ami. Quando ti
ho
sposato, era l'unica cosa che desideravo. Avevo quasi paura a
sperarci, che un giorno...".
Ross
la baciò sulla nuca. "Sono stato davvero un pessimo marito,
all'inizio".
"Ma
ora ne riusciamo a ridere insieme" – replicò lei.
Ross
le strizzò l'occhio. "Te l'avevo detto no, il giorno che ci
siamo sposati! A proposito... Quel giorno c'era qualcosa che ti
passava nella testolina che non hai mai voluto dirmi. Non credi che
sarebbe il momento giusto per rivelarmi cosa pensavi?".
Demelza
sussultò. Ricordava bene quell'istante nella loro camera
matrimoniale, subito dopo la cerimonia, in cui fortemente
sperò che
un giorno sarebbe stata l'amore della sua vita. Aveva avuto vergogna
di esternare quel suo pensiero allora, ritenendolo stupido e
infantile, un qualcosa che, se espresso a parole, avrebbe potuto far
arrabbiare Ross. Ma ora era diverso, lei era diversa... "Quel
giorno mi chiesi se, oltre a ridere delle nostre paure, mi avresti
anche amata un giorno".
Lo
sguardo si Ross si addolcì, a quelle parole.
"Perché non me lo
hai voluto dire?".
"Non
avresti apprezzato. E ora, in fondo, non ci sarebbe nemmeno bisogno
di parlarne. E' una cosa di tanti anni fa e so benissimo che mi ami".
Ross
parve sentirsi in colpa perché, lo sapeva pure lui,
probabilmente
quel giorno, se lei gli avesse esternato a parole l'ambizione al suo
amore, lui non l'avrebbe presa bene. "Mi dispiace di averti
fatto del male, in passato".
"Anche
a me" – disse lei. E anche senza pronunciare quel nome,
sapeva
che Ross aveva capito che si stava riferendo a Hugh Armitage.
Ross
le accarezzò il viso. "Su, basta parlare di queste cose. E'
il
nostro anniversario, ne abbiamo passate tante e dovremmo essere
felici, giusto".
Lei
annuì. "Giusto! Ma mi sento in colpa, non ho nemmeno un
regalo
per te. A parte la cena speciale che ho preparato stamattina con
Prudie e i bambini".
Ross
osservò il suo pancione. "Beh, quello è un regalo
che vale più
del ciondolo".
Demelza
scoppiò a ridere. "Giuda Ross, questo non è un
regalo! E'
frutto di un lavoro di squadra! Mica l'ho fatto da sola".
"Nemmeno
io ho fatto da solo il ciondolo, siamo pari!" - osservò lui.
E
poi la prese sotto braccio, allontanandola dall'aiuola che stava
curando. "Basta parlare di sciocchezze, andiamo a recuperare i
bambini. Non mi fido di Garrick".
Lei
lo guardò storto, assolutamente divertita. "Ross, sei
diventato
apprensivo e romantico. Stai invecchiando...".
"Anche
tu".
"Ho
sempre dieci anni meno di te".
Ross
sospirò, accelerando il passo. "Donna, smetti di essere
irrispettosa nei confronti di tuo marito e sbrigati, dobbiamo
recuperare i nostri poveri e dispersi bambini!".
Demelza
scoppiò a ridere. Non erano molti i momenti in cui l'animo
di Ross
era così leggero ma quando scherzava ed era così
di buon umore,
riusciva a scaldarle il cuore. C'era intimità fra loro, uno
strano
cameratismo e una confidenza talmente profonda che spesso, i loro
amici, avevano ammesso di sentirsi di troppo, quando erano con loro.
In effetti era vero, lei e Ross erano un mondo a parte, talmente
diversi e talmente perfetti insieme, che nessuna altra coppia avrebbe
potuto somigliare loro. Era strano e a volte, quando ci pensava, non
riusciva ancora a credere che una monella sporca e analfabeta di
Illugan sarebbe stata amata da un nobile gentiluomo in maniera tanto
profonda. "Ross, rallenta il passo o mi farai partorire per
strada".
Lui
si bloccò di colpo. "Hai dolori?".
"No
e non vorrei averli. O dovrai aiutarmi a partorire tu, quì,
in mezzo
alla strada. Non avresti nessuno ad aiutarti, a parte forse i nostri
bambini. O Garrick".
"Non
mi fido di Garrick". Ross scosse la testa, rallentando il passo.
Mascherò un sorriso mentre il sole gli baciava il viso,
mettendo in
evidenza la cicatrice sul suo viso ormai quasi invisibile.
Percorsero
il piccolo viale sterrato che portava alla spiaggia in un silenzio
tranquillo. In lontananza videro i loro bambini che, a piedi scalzi,
giocavano a riva schizzandosi l'acqua e ridendo rumorosamente mentre
Garrick li inseguiva con la vivacità che sembrava rubata a
un cane
ancora cucciolo
"Visto
Ross? Sono vivi, sani e salvi" – osservò con
sarcasmo.
"Tu
la prendi alla leggera ma guarda che la spiaggia può essere
un posto
pericoloso!".
Demelza
rise di nuovo, la divertiva questo Ross che diventava, col passare
degli anni, sempre più apprensivo. Guardò i suoi
due bambini e si
sentì fiera di se stessa. Jeremy, crescendo, aveva acquisito
la
stessa capigliatura riccia e scura di suo padre e anche in lonantanza
vedeva i suoi boccoli morbidi che si muovevano alla brezza del vento.
Era un bambino buono e sensibile e con lui aveva un rapporto profondo
e speciale. Clowance invece era una bambolina biondissima, ruffiana,
vivace ma dotata di una naturale grazia che, in certi momenti, la
rendeva una piccola lady in miniatura. Ross la adorava, era
perdutamente innamorato della sua bambina e Clowance sapeva che,
davanti a un suo no, poteva andare da suo padre e il no sarebbe
diventato automaticamente un sì. Ross non riusciva a negarle
nulla e
spesso Demelza si era fermata a pensare, divertita, che sua figlia
era la sua unica e vera rivale. Si appoggiò alla spalla di
suo
marito col capo, cercando la sua mano ed intrecciando le dita con le
sue. "Guarda cosa abbiamo fatto insieme?" - sussurrò,
piena di orgoglio.
Ross
la guardò, stringendola ancora di più a se. "Sai
che in molti
ci invidiano?".
"Cosa
invidiano?".
"Noi,
la nostra famiglia. Io e te, i nostri figli".
Lo
baciò dolcemente sulla guancia. "Ogni famiglia dove
c'è amore
è speciale. Ognuna a modo suo".
Ross
annuì. "Lo avresti mai detto che avrebbe funzionato?".
Demelza
scosse la testa, sorridendo. "No... Eravamo i più
improbabili
sposi della Cornovaglia. O dell'Inghilterra".
"Forse
essere sposi improbabili è il segreto per avere un
matrimonio
felice".
I
bimbi li videro e con Garrick corsero loro incontro. Clowance si
rifugiò fra le braccia del padre, saltandogli in braccio,
mentre
Jeremy, il suo principe azzurro in miniatura, la prese per mano.
"Mamma, eravate preoccupati?".
"No,
papà lo era!".
Clowance
si imbronciò. "Siete venuti a prenderci? Non voglio tornare
a
casa, è presto! Stiamo ancora quì a giocare, ti
preeeego papà!".
"Sì
dai papà, daiiii!" - implorò Jeremy,
saltellandogli a fianco.
Ross
annuì, togliendosi in gilet. "Facciamo il bagno?".
Jeremy
rise. "Sì" – rispose con entusiasmo, togliendosi
la
camiciola.
Clowance
lo imitò e prima che Demelza potesse fermarla, si era
già tolta il
vestitino, rimanendo con indosso solo una leggera sottana. "Mamma,
tu non vieni?".
Demelza
sospirò, accarezzandosi il pancione. "Direi che non
è il caso.
Vi aspetto quì".
Ross
la baciò sulla fronte. "Mettiti all'ombra. Non vorrei che il
sole ti facesse partire il travaglio".
"Sì
signore" – rispose, divertita.
Con
Garrick, il suo fedele cane che l'aveva accompagnata in tutta la sua
avventura con Ross, si sedette all'ombra di una roccia, osservando da
lontano i suoi bambini e suo marito che giocavano sulla riva. E,
accarezzando il pelo ispido del cane, pensò alla ragazzina
che era
stata e alla donna forte e alla madre che era diventata. Si
sentì
fiera di se stessa, si sentì fiera dell'amore di Ross. E si
rese
conto che in fondo, pur con tutte le perplessità che avevano
accompagnato il suo improvvisato matrimonio, Nampara e suo marito gli
erano appartenuti fin dal primo momento in cui si erano incontrati.
Ci
era solo voluto del tempo per capirlo, per scoprirlo... Ma il destino
aveva già deciso per loro.
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