Magna Mater

di _Maeve_
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Magna Mater










Elegia per Salvatore


Il lenzuolo sta lì, disteso nel prato.
Dietro le porte chiuse delle stalle
si scarmiglia un belare cieco.
Sul prato che si rigonfia di polpa di lime
s'impiluccano insetti
colati impietosi da un sole vulcanico, e prima del prato
stanno lì le colline,in latteo silenzio
che filosofeggiano.
Salvatore lui pure c'è stato, prima del lenzuolo:
era disteso come un pastore
e non come adesso
come legno secco,stramazzato al suolo mentre
quattro pallide figure di umani, soli, dispongono di lui
come d'un segreto.
I campi che ha attorno lo guardano
ossessivi, fin su al limitare dei salici
 inghiottono, barbari;
distanti incommensurabili buchi neri
da oltremondi contenti, cinerei, spenti
che prosperano proprio sulla clausura di quella terra,
sul suo bavaglio di vergine madre
vestale; ecco che
la voce arrochita dai tempi
diventa una voce funerea:
sprofonda il pastore al di sotto del tartaro,
ricuce la faglia e poi tace,
e assai poco o nulla essa chiede.








Note (se credete)
Questo pomposo progetto era nella mia testa da un po', e ora, mi auguro in maniera non troppo presuntuosa, ha preso finalmente forma. Magna Mater è tutto (o quasi) ciò che ho scritto nell'introduzione, che ho lasciato volutamente semi-neutra per non trarre in inganno circa i toni che potrà assumere la poesia di volta in volta, tanto "cibeliani" quanto virginei - per cui rimando alle spiegazioni da dare di volta in volta, ho appuntato fin troppe cose che vi sembrerebbero esemplificazioni un po' troppo manualistiche e arroganti, persino per me, ma credo sia l'inevitabile conseguenza del fare dell'umile letteratura mentre si studia la Letteratura vera. Mi auguro comunque di essere stata, pur nella mia cripticità in qualche modo inevitabile, sufficientemente chiara (donde ancora una volta l'introduzione abbastanza lineare) e sufficientemente ottimista, e sufficientemente originale: gli echi sono sì, di nuovo, letterari, ma sono piegati per far da cornice a quelle sensazioni e a quelle frustrazioni che mi avete visto forse esprimere altrove, quel senso inappagato di appartenenza in cerca di un assoluto che non le compete. Ecco, questa è la la ricerca.
Elegia Per Salvatore è tratta da una storia vera, e non è finzione. E' il primo quadro di campagna che vi presento, e che disgraziatamente viene a configurarsi come una campagna nera, che nella propria luminosità abbagliante e selettiva piange i suoi morti dimenticati dalla civiltà (ed era poi questo il senso della triste vicenda) - ma, anche se la civiltà opaca e spenta (o è la natura a esserlo?) avesse voluto piangerli, siamo sicuri che lo avrebbe potuto fare? La campagna è anche questa: l'esclusione incolpevole, perchè siamo nati nel momento e nel posto sbagliati, o perché ci sono nati gli altri. Mi auguro che i versi siano abbastanza bilanciati.
Per il resto, se avrete dubbi o critiche, sarò qui, a monologare come sempre. Vorrei dirvi, al solito, tante cose, ma meglio fermarsi. A presto.




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