The Guardians
Se loro sono gli eroi,
noi
siamo spacciati
Capitolo
15
Il corno
di Hypnos
– Benvenuti sul set di The
Walking Dead
Meridian
Palazzo reale
“Ehi fratellino, mi pagheresti la
cauzione?”
Matt inarcò un sopracciglio. Aveva aspettato per
tutto il giorno una
chiamata da Allen e, quando finalmente lo scemo lo contattava, era per
chiedergli di pagargli la cauzione? Come se a Kandrakar accettassero
soldi!
“No.”
“Andiamo! Ho fatto quello che mi avevi
chiesto!”
“E hai fallito.”
“Per una serie di circostanze assai
sfavorevoli.”
“Hai sottovalutato i Guardiani!”
“Mi ha fregato un tizio di Basiliade…il
ché, ora che
ci penso, è peggio.”
“Almeno
te ne rendi conto” sbuffò il
mutaforma, superando il laboratorio di Oliver.
Era preoccupato: il principe era chiuso lì da due giorni,
Dio solo sapeva cosa
stava facendo. Ricerca di fonti magiche? Esperimenti per abbattere la
Muraglia?
Preparazioni di nuove ricette per i cupcakes?
L’ultima ipotesi lo fece rabbrividire. Affrettò il
passo, non voleva essere di
nuovo la cavia del principe.
“Dai Mattie, non puoi lasciare il tuo fratellone
qua. Non sanno neppure
cucinare il polpettone vegetariano!”
“Non è un problema mio. La prossima
volta… ah no, non ci sarà una prossima
volta. Sei fuori gioco. Game over. Sei finito. Kaput. Auf Wiedersehen,
idiota.”
“Mi sento profondamente ferito. Andiamo, non ti
chiedo mica la Corona di
Luce.”
“La risposta è no: non ti
pagherò la cauzione.”
“Sei un bastardo!”
“E tu un idiota, ma questo lo sapevamo da
anni.”
“Sono tuo fratello maggiore! Sei senza
cuore!”
“Mi hai rotto le palle da quando avevamo un giorno
di vita – ribatté Matt –
Io la chiamo una fottuta liberazione. Ora ti devo lasciare. Ho altro da
fare.”
“Non ci provare, piccolo…”
Matt interruppe la conversazione ed entrò
nell’armeria. Aveva perso già
abbastanza tempo dietro le idiozie di Allen. Fosse stato almeno utile.
Ma no!
Si doveva far catturare, il genio. Una cosa gli aveva chiesto di fare:
distruggere i Guardiani.
Si trattava solo degli esseri magici più potenti
dell’Universo, mica era tanto
difficile!
Quegli impiastri, per quanto impreparati, stavano chiudendo un sacco di
Portali. Dovevano essere fermati. E lui sapeva come. Anche se la
soluzione non
gli piaceva.
Purtroppo, a mali estremi, estremi rimedi. Il Corno di Hypnos non lo
utilizzava
dalla festa di addio al celibato dell’ex capo delle guardie.
Era estremamente
ubriaco e pensava che fosse una trombetta normale…
Scosse la testa per scacciare il ricordo di quella notte.
Ciò che era successo
a Lysha rimaneva a Lysha. Parola di consigliere del principe!
“Eccoti qui, vecchio amico… pronto a tornare in
azione?”
Heatherfield
Cortile dello Sheffield Institute
“Lovi…”
“La risposta è no!”
“Ma se non ho aperto bocca! Non sai nemmeno cosa voglio
chiederti!”
“Mi vuoi chiedere di suonare per quello stupido concerto che
ha organizzato il
rettore. “
“Sai già che ci sarà un concerto?
Come?”
“Chissà, magari è quel mega palco che
Gilbert e mio fratello stanno allestendo
alle tue spalle ad avermi insospettito. “
Antonio si
voltò ed effettivamente dovette ammettere che il palco era leggermente difficile da non notare:
occupava
almeno metà del cortile, le gigantesche casse stereo ai lati
risaltavano come
due colonne d'ingresso di un tempio antico, lo sfondo era di un viola
accesso
unito a varie tonalità di giallo.
Sia ben chiaro:
Feliciano due colori del genere non li avrebbe mai e poi mai accostati,
ma il rettore gli aveva dato quelle canne di pittura e quelle doveva
usarle. Inoltre
si facevano notare anche un Gilbert che se ne andava in giro chiedendo
aiuto
per spostare degli scatoloni e un Feliciano che cercando di aiutarlo
faceva più
danni che altro.
“Ehm…sono
un po’ appariscenti.”
“Tu dici,
bastardo? Se volevate tenere la cosa segreta potevate pure mettere
un’insegna a neon gigante con su scritto CONCERTO
EVENTO.”
“Non
sarà un concerto – lo corresse Antonio –
Sarà un talent show.”
“Cristo
santo, dopo il talent show dell’anno scorso pensavo che il
rettore
avesse capito che qua nessuno sa fare un cazzo.”
“Che vuoi
farci, la speranza è l’ultima a morire.”
“Io non ne
capisco l’utilità.”
“Non deve
averne: deve divertire!”
“Beh, sicuro
io non mi diverto.”
“Lovi dai,
prova a partecipare con me e Gilbert! Abbiamo bisogno di un
chitarrista!”
“Io non
suono la chitarra.”
Tecnicamente era vero,
lui suonava il
basso, non la chitarra. Ma questo il bastardo non doveva saperlo.
L’ultima cosa
che Romano voleva era mettersi in ridicolo di fronte ad un vasto
pubblico,
filmato e deriso da tutta l’università.
Era convintissimo che
il talent show fosse una trappola, un modo contorto per
far umiliare gli studenti e far fare quattro risate ad Ivan Braginski.
Visto il
tipo l’ipotesi non era neanche troppo campata in aria...
"Eddai, Lovi, te lo
chiedo per favore! Ti prometto che ti divertirai,
vedrai che andrà benissimo!" lo supplicò
l’altro, congiungendo le mani a
mo’ di preghiera.
Lovino si
limitò a fare una smorfia piuttosto eloquente: "Bastardo, te
lo
ripeto: scordatelo."
"Ti prego ti prego ti
prego ti prego! Farò qualunque cosa pur di farti
entrare nel gruppo, se vuoi posso anche pagarti una cena completa al
Silver
Dragon! E stavolta prometto anche di pagarla!"
La proposta era
allettante. Ma non voleva cedere. Aveva un amor proprio da
difendere. Stava per dirlo, quando una voce squillante alle sue spalle
esclamò:”Perdenti, davvero credete di avere una
possibilità? Tipo, io e Toris
vi stracceremo.”
Romano
roteò gli occhi. Perfetto, ci voleva solo Feliks Łukasiewicz
a
migliorargli la giornata.
“Paris
Hilton dei poveri, levati. Non sono affari tuoi.”
“Sono il
vincitore, ovvio che siano affari miei. Devo tappare i sogni di gloria
di voi poveri plebei, la sconfitta sarà meno dura.”
C’erano
troppi testimoni, non poteva picchiarlo. L’italiano si
limitò a dire:“E
cosa farai? Sfilerai?”
Il biondo
gonfiò le guance. Sembrava un bambino indispettito.
“Per tua
informazione, sono un eccellente musicista –
dichiarò Feliks – Kurt
Cobain ha imparato da me.”
“Ma se non
eri nemmeno nato quando Kurt Cobain suonava!”
"Dettagli, mio caro,
dettagli. Ad ogni modo, voi poveretti fareste meglio
a non pensare neppure di salire su quel palco. Lo dico per voi: la
vostra
sconfitta sarebbe talmente epica e frustrante che vi andreste a
nascondere per
la vergogna per i prossimi dieci anni" e portandosi una mano al volto
si
esibì in una finta risata da cattiva (e sì, il
genere è quello corretto) dei
fumetti.
A Lovino venne un tic
all'occhio destro, le mani presero a prudergli in maniera
violenta. Doveva trattenersi, calmarsi e…
La maglietta di Feliks
prese fuoco ed il ragazzo iniziò ad urlare come una
gallina correndo per il campus urlando Aiuto!
Sono troppo favoloso per finire al rogo!
“Cazzo.
Non volevo dargli fuoco.”
“Non si
è fatto male – lo rincuorò Antonio
– Ed è anche piuttosto divertente
vederlo sbracciarsi come un forsennato.”
“Non eri
quello gentile?”
“Ho un lato
oscuro. “
“Stento a
crederlo.”
“Ci stiamo
iniziando a conoscere. Dammi tempo,querido.”
Romano lo
fissò, interdetto. Poi disse:“Stai flirtando con
me?”
Antonio
sbatté gli occhi. Era così evidente? Accidenti,
era parecchio
arrugginito.
“Ehm…forse?”
“Smettila,
sei inquietante.”
“Scusa!”
“Antonio…”
“Sì?”
“Per quella
cosa…sai, per partecipare al talent
show…”
“Suonerai?!”
“Forse…”
Antonio non lo
lasciò neppure finire che gli prese le mani e
disse:“Hai deciso
di partecipare! E’ grandioso! Cosa ti ha fatto cambiare
idea?”
“Non ho
cambiato idea – ci tenne a sottolineare il ragazzo
– Ma Feliks mi ha
irritato ed io…”
Antonio non lo fece
finire: squittì contento, lo abbracciò ed
andò da Gilbert
per dargli la buona notizia. La loro band aveva finalmente il
chitarrista!
Romano era a
metà tra il che
cazzo e cosa cazzo ho fatto? Lui suonava il
basso, non la chitarra!
“Ve…fratellone,
potresti aiutarmi con…”
“Non ora!
– ringhiò verso Feliciano – Sono nella
merda!”
“Cosa
è successo?”
“Antonio mi
ha fatto entrare nella sua boy band come chitarrista.”
“Ma tu non
suonavi il basso?”
“Appunto!
Ora capisci?!”
“A dirla
tutta, no – ammise il minore – Basso e chitarra non
sono la stessa
cosa?”
“Non
proprio. Come te lo spiego…”
Era dura riuscire ad
esprimere bene il concetto senza causare troppa
confusione, inoltre lo metteva un po' a disagio sentire lo sguardo
carico di
aspettativa di suo fratello addosso. Solitamente era Feliciano quello
che più
spesso parlava e spiegava le cose che gli piacevano, quando chiedevano
a lui di
farlo, il novanta per cento delle volte la risposta era un ben poco
educato
"arrangiati" o "perché cazzo lo chiedi a me? Vai ad
infastidire
qualcun altro, sciò."
“Come dirlo
semplicemente…
-
borbottò tra sé e sé -
Il basso assieme alla batteria
forma il cuore della canzone, la sezione ritmica, normalmente ha 4
corde, ma
spesso ci sono a 5 e 6 corde, di diametro ben più grande
rispetto a quelle della
chitarra, ha la tastiera più lunga ed i capotasti di
ampiezza maggiore rispetto
alla chitarra.
Le note delle corde a
vuoto sono le stesse della chitarra.
La frequenza dei
suoni, come si evince dal nome e' ben più bassa rispetto
alla
chitarra.
Come la chitarra lo si
può suonare sia con le mani, usando le prime 3 dita, che
con il plettro.
Nel funky spesso si
usa suonarlo con stile "sleppato" che consiste
nel colpire velocemente le corde piu' basse con colpi di pollice e le
più alte
tirate verso l'esterno con il resto delle mano, un classico esempio di
basso
sleppato lo trovi nei Red Hot Chili Peppers. Più
raramente rispetto alla
chitarra si eseguono arpeggi e assoli di basso. Ora capisci il mio
problema?”
“Ve…no.”
"In sintesi:
per quanto si
assomiglino non sono la stessa cosa, ergo io una chitarra non la so
suonare e
farò una figura di merda di fronte a tutti."
"Ma potresti farti
insegnare da qualcuno come suonarla, no?"
"Oh sì
– commentò ironico il maggiore - peccato che io
non conosca nessuno
che sappia suonare una cazzo di chitarra. Tu invece sì?"
“Sì!
Francis la sa suonare!”
“Quel
pervertito biondo? Io solo con lui non ci sto!”
“Ma ci
sarò io! E poi è nostro amico!”
“No,
è un minchione sfigato che è diventato una
superchicca come noi, non è un
amico.”
Il discorso era valido
solo per lui. Romano non sopportava il francese. Non che
avesse fatto qualcosa per meritarselo, era una cosa a pelle. Era
difficile da
spiegare.
“Ma Antonio
ti piace!”
“E’
accettabile. Rispetto a quei due coglioni dei suoi amici, è
abbastanza
simpatico.”
“Non vuoi
deluderlo, ve?”
“No!”
“Allora
chiedi aiuto Francis, almeno fatti insegnare le basi
– gli suggerì Feliciano – Sai
giù
suonare il basso, devi solo adattarti. Hai orecchio, la mamma
l’ha sempre
detto. “
Romano
boccheggiò. Quel piccolo bastardo aveva ragione. Tuttavia,
cercò di
pensare ad una qualunque scusa per non chiedere l’aiuto del
francese
pervertito, ma non ne trovava. In realtà aveva qualche idea,
ma nessuna era
convincente o sufficiente a fermare suo fratello. Alla fine si arrese e
chiese
con una smorfia: "E va bene, mi farò insegnare dal bastardo
con la barba
da capra le basi, ma solo quelle e tu farai bene a rispettare il nostro
accordo
e ad esserci anche tu. sono stato chiaro?"
Feliciano
annuì, lo prese per il braccio e
dichiarò:”Vedrai, non te ne
pentirai! Sarai meglio di Jimi Hendrix!”
“Non
dovresti aiutare lo scemo albino ad allestire il palco?”
“Ve…non
preoccuparti, Gilbert se la caverà benissimo senza di me.
Altrimenti,
chiamerà Elizabeta e Kiku.”
In realtà,
Romano dubitava che due alieni senza alcuna conoscenza pratica della
vita terrestre potessero sapere come istallare aggeggi elettronici o
allestire
un palco. Ma ehi, non erano problemi suoi quelli.
“E andiamo.
Tanto abbiamo ancora nove ore prima del talent show.”
“Ve…questo
sì che è lo spirito giusto!”
Intanto, dall’altra parte
della
città…
Feliks lo
ucciderà. Non sarà niente di troppo violento, ma
chi vedrà il suo cadavere
esamine avrà pietà di lui ed innalzerà
un altarino in sua memoria.
Già si
immaginava l’epitaffio che Eduard gli avrebbe
dedicato:” Qui
è finita la breve vita di Toris
Lorinaitis. Bravo figlio, studente così così,
aveva un pessimo senso
dell’umorismo e non sapeva scegliersi gli amici.”
Non stava dicendo che
il suo migliore amico barra possibile cotta fosse una
cattiva persona, Feliks sapeva essere dolcissimo con le persone che gli
piacevano.
Solo
era…come dire…teatrale, nel manifestare il suo
disappunto. Odiava i ritardatari.
E odiava chi non seguiva perfettamente le sue istruzioni.
Quel giorno,
Toris era entrambi. Non per
colpa sua, però. Del resto, come poteva immaginare che
nell'unico giorno in cui
effettivamente gli serviva l'auto di suo padre, questa era dal
meccanico? E che
quello stesso giorno c’era lo sciopero degli autobus?
"Certo, tutto questo
non sarebbe un problema se qualcuno non avesse
rimandato fino all'ultimo le prove per il numero..." mormorò
indispettito,
mentre ripensava alle assurde scuse di Feliks dei giorni scorsi.
Devo preparare i costumi,
diceva.
Dobbiamo essere
coordinati, altrimenti
che figura faremo.
I costumi
erano l’ultimo dei suoi problemi. Non avevano un pezzo da
suonare. O meglio, il pezzo c’era: It’s a
Wonderful Life era
la loro canzone preferita. Ma non l’aveva mai provato.
Non dubitava del talento di Feliks, ma non conosceva nessun dilettante,
per
quanto bravo e talentuoso, in grado di suonare senza aver provato
almeno per
qualche giorno.
Erano fregati. Non
vinceranno. E Feliks se la prederà con lui. Come sempre. Era
un copione che si ripeteva sempre, lo conosceva a memoria.
Il lituano si
rabbuiò. Forse poteva ancora scappare in Messico. Non era
un’idea
tanto brutta.
Perso
com’era nei suoi pensieri, non si accorse di un uomo che
correva nella
sua direzione che sbam, gli andò direttamente addosso.
“E che
cazzo! Perché stavi qua come un fesso?”
“Non
è colpa mia! – biascicò Toris, finito a
terra gambe all’aria – Sei tu
che…ehi, non sei il bibliotecario dello Sheffield?”
Matt si
morse il labbro. Cazzo,
la
sua copertura stava per saltare. Certo che era proprio sfigato:
tra tutte le
persone in cui poteva imbattersi, doveva proprio andare a sbattere
contro uno
degli studenti dell’università?
“Non so di
ché parli – mentì, puntando sui suoi
poteri di mutaforma e
sull’aurea di invisibilità del suo alter ego
– Non sono di qui.”
L’altro non
parve convinto. Lo fissò a lungo, incerto.
Matt
sbottò:”Embé? Muovi il culo e dammi
quella borsa!”
“E’
la mia!”
“No,
è la mia. Non vedi? La tua è atterrata un
po’ più in là”
dichiarò Matt,
facendo cenno verso una borsa nera distante qualche metro.
“Non
è possibile. Quella sarà…”
L’alieno non
lo fece finire che gli strappò la borsa e se ne
andò,
ricominciando la sua corsa.
“Ehi! Quella
borsa è mia! La tua è quella!”
Niente, era troppo
lontano. Ma Toris non si scoraggiò, prese la borsa ed
iniziò
ad inseguirlo.
Quel tipo si era
fregato il suo sassofono! Gli serviva per il (disastroso)
talent show!
“Fermati!
Quella borsa è mia!”
Non era bravo nella
corsa, aveva un fisico gracile e si stancava facilmente.
Questo tuttavia non gli impedì di seguire come un segugio lo
sconosciuto (anche
se giurava che fosse il bibliotecario, anche se non si comportava con
il suo
solito fare gentile), evitando signore coi cani e bambini.
"Aspetta, hai il mio
sassofono!" urlò il lituano, sorpassando una
vecchietta che si mise a urlargli con un linguaggio che avrebbe fatto
impallidire Romano Vargas.
Matt si
voltò e vedendo che il ragazzino lo stava ancora seguendo
imprecò.
Doveva trovare il modo
di intralciarlo per perdete le sue tracce. Ad un certo
punto vide ciò che faceva al caso suo e sorrise diabolico.
A Toris mancava il
fiato, ma non si voleva arrendere. Gli mancava così poco. Li
separavano pochi metri. Doveva correre, doveva…
“Dov’è
finito?!” sbottò, svoltando l’angolo e
non vedendolo più. Non poteva
essere già corso via, non era più veloce di lui.
Allora dov’era finito?
Come faceva?
L’aveva perso. E non sapeva neppure chi fosse o come
rintracciarlo!
Gli venne
un’idea: poteva vedere se c’era qualche documento
nella borsa. Un
documento, un telefono, la patante. Non importava, bastava che gli
fosse utile
per rintracciare quel maleducato.
Aprì la
borsa ed estrasse un…era un corno vichingo quello?
Era strano, sembrava
antico. Non era dritto come i suoi omologhi sui libri, ma
affusolato con un angolo quasi retto, l'imboccatura d'argento e la fine
orlata
d'oro. Era perfettamente liscio e levigato, di un curioso colore blu
con delle
striature d'oro.
“E’
uno strumento musicale? Forse… vediamo che suono
fa.”
Toris vi
soffiò dentro, tentando di suonarlo. Il corno emise un
sibilò acuto, sgraziato.
No, non era decisamente adatto per un talent show. Meglio arrendersi.
Lo rimise in borsa quando sbatté (di nuovo) contro un
energumeno alto due
metri, pieno di tatuaggi e con la faccia di chi avrebbe pestato a
sangue anche
sua madre.
Toris balbettò:”I-io n-on volevo! N-on m-i
uc-cc-ida!”
L’uomo però non si mosse. Sembrava un sonnambulo.
Toris era troppo basso, non
riusciva a vedere se aveva gli occhi chiusi o meno.
Poi l’energumeno disse:”Se hai bisogno di qualcosa,
chiedi pure. Sono a tuo
servizio.”
“Eh?”
“Farò qualsiasi cosa mi chiederai.”
“Io…”
“Svaligerò una banca per te.”
“Non sarà necessario! Hai…hai una
moto?”
“Sì, signore.”
“Potresti darmi un passaggio?”
“Sì, qualsiasi cosa per lei.”
A parte la stranezza di tutta la situazione, Toris non era certo il
tipo da
rifiutare un aiuto insperato della sorte. Anche perché
sapeva che
all’università avrebbe dovuto spiegare a Feliks
che il numero avrebbero dovuto
cambiarlo. Che Dio l’aiuti.
“B-bene. Mi faresti salire?”
“Subito, signore.”
Almeno era cordiale. Inquietante, ma gentile. Ripose il corno nella
borsa, e
seguì il suo provvisorio autista, chiedendosi dove fosse
finito il misterioso
ragazzo.
Non aveva notato che un tombino era stato scoperchiato.
La geniale via di fuga di Matt erano state, strano a dirsi, le fogne.
Per uno
che non conosceva l’accesso alla Città Infinita
dei ribelli si orientava bene
sottoterra.
“Sento puzza
di topo morto – borbottò,
tenendosi stretta al petto la borsa– Oliver non mi paga
abbastanza per
sopportare tutto questo schifo.”
Con un gesto schizzinoso il biondo si portò il colletto
della maglietta
di fronte al viso per proteggersi dal tanfo, mentre tra sé e
sé continuava a
imprecare contro Oliver e contro il ragazzo con cui si era scontrato.
Oh, ma le cose
sarebbero cambiate presto: non avrebbe avuto più nulla a che
fare con quello stupido pianeta e con i suoi stupidi abitanti.
Con un sogghigno sul
volto la mano aprì la zip della borsa per poi entrare e
toccare lo strumento, in tutti i sensi, della loro vittoria contro quei
guastafeste dei guardiani.
Peccato che, invece di
sentire la familiare sensazione dell'avorio contro la
pelle percepì qualcosa di più... metallico.
Sobbalzò.
Il ragazzino che aveva
detto? Qualcosa come non
è tua?
Oh merda, no!
Aprì la
borsa e quasi ebbe un attacco di cuore nel vedere che no, non aveva il
corno di Hypnos ma un fottuto…che cazzo era?
Lo estrasse e lo
esaminò.
Non ne sapeva niente
di strumenti umani.
Cosa
diavolo erano tutti quei tasti? E perché aveva quella strana
forma ad U quasi?
Tipico degli umani: avevano un gusto sadico nel rendersi la vita ancora
più
complicata di quello che già era.
Alla fine non ce la
fece più e un ruggito gutturale uscì dalla bocca,
accompagnato da vari epiteti.
In superficie proprio
in quel momento passarono lì due suore, che a
sentire quelle parole
sbiancarono di brutto per poi prendere a farsi il segno della croce e
tornare
in fretta col prete e l'acqua santa, così da poter eseguire
un esorcismo.
“CHE CAZZO,
MA CHI CE L’HA CON ME? PORCA PUTTANA, NON SONO NEANCHE STATO
FREGATO DAI GUARDIANI, MA DA UN COMUNISSIMO UMANO! IO, IO CHE SONO IL
SIGNORE
DEGLI INGANNI, CHE RIESCO A DIRE CHE
BUONO! AD
OLIVER SENZA VOMITARE E CONITNUANDO A SORRIDERE! IO, BUGGERATO DA
UN UMANO?! ARGHHHH!!”
Buttò a
terra quell’oggetto infernale ed iniziò a
calpestarlo, nella speranza
di ridurlo in briciole e non vederlo più.
Peccato che fosse
più resistente di quanto pensasse, visto che
scivolò e finì
faccia a terra nella poltiglia.
Tiratosi su
incominciò a prendere un paio di respiri profondi.
Doveva riflettere: il
corno ce l'aveva il ragazzo, che sicuramente non aveva
neanche idea di cosa avesse in mano.
Lo aveva
già visto al campus, era uno studente, e quello strano
strumento gli fece
intuire che forse voleva partecipare alla gara di quel pomeriggio.
Sorrise: doveva solo
ritrovare il corno e riprenderselo senza che il tipo se ne
accorgesse, con l'aura di invisibilità di cui era circondato
quando era
bibliotecario non l'avrebbe neanche visto arrivare.
E poi non aveva
fretta: quanti danni poteva fare un semplice ragazzino
dopotutto?
Un’ora
dopo…
Feliks
inarcò un sopracciglio. Oh no, conosceva
quell’espressione. L’aveva
vista si e no tre volte nella sua vita.
Era una vera
rarità vederla ma quando Feliks faceva quella faccia, era nei guai fino al collo.
Eduard lo sapeva e gli
diede una pacca sulla spalla.
“Sei
spacciato, amico.”
“Ehi!”
“Mi
dispiace, ma è la verità. Guarda che faccia sta
facendo!”
“N-non
è colpa mia…”
“Ti sei
presentato in ritardo, con questo…coso…invece del
tuo sassofono Come
pensi di suonare It’s
a Wonderful Life?
Chiamando a raccolta i vichinghi?”
"Non fare il
sarcastico, non aiuti! E poi che potevo fare? C'è stato uno
scambio, e il tipo che mi ha preso il sassofono si è
letteralmente dileguato
senza darmi la possibilità di poterlo riprendere!”
"Ciò non
cambia che hai perso il sassofono.”
“È
stato un incidente, va bene? Non è col…”
“Al diavolo
il sassofono – l’interruppe Feliks, facendoli
ammutolire – Non mi
interessa! Un musicista di talento può suonare qualsiasi
strumento, anche uno
un po’ datato. Quello che non capisco è
perché Mr Muscolo sia ancora qui!”
“Chi?”
“Lui!”
disse il biondo, indicando imperiosamente il motociclista che aveva
accompagnato Toris al campus, seduto davanti il palco e senza far cenno
di
volersene andare.
Forse non gli doveva
dire di mettersi seduto e non far niente per un po’.
L’aveva
preso alla lettera.
“Mi ha
accompagnato, è stato gentile!”
"Tipo, ti sei fidato
di lui?! Ma tua madre non ti ha mai detto che non si
accettano passaggi da sconosciuti? E soprattutto da sconosciuti che
hanno
chiaramente una fedina penale più lunga della lista di
torture di Braginski?!”
“Effettivamente
non ha tutti i torti “ intervenne Eduard.
Toris
sospirò: "Lo so, ma ha
insistito tanto, e poi da come me l'ha chiesto... non so, non mi
sembrava un
tipo pericoloso.”
“Hai visto i
tatuaggi?”
“Non giudico
una persona dai suoi tatuaggi, Feliks!”
“No, non hai
capito: dai suoi tatuaggi puoi capire a quale gang
appartiene!”
“Mi sembra
ancora un po’ discriminatorio.”
Il biondo si
sbattè la mano sulla fronte.
“Non
c’è verso di fartelo capire…”
“Cosa? Che
sei solo gelosss….ahhhh!”
Eduard aveva parlato
troppo. Ed Eduard doveva essere punito con lo strabiliante
calcio rotante di Feliks, imparato durante un pomeriggio a guardare la
maratona
di Karate Kid.
Non sembrava, ma quel
biondino così vezzoso e femminile sapeva menare le mani
come un professionista.
Gilbert stesso evitava
di irritarlo, memore della lezione che gli aveva dato
una volta quando lo aveva chiamato capelli
di fata.
Toris
poté fare deglutì, pregando che l'altro non
volesse ripetere la cosa
per non scompigliarsi i capelli o chissà che altro. Per sua
fortuna, Feliks non
aveva intenzione di fare alcunché: si sistemò e
poi gli disse:“Hai tipo qualche
domanda?”
“Chi? Io?
Certo che no!”
“Perfetto,
vogliamo vedere cosa sa fare questo piccoletto?”
“Non credo
che sia una buona idea…quando ho provato ad usarlo, ha
emesso un
suono stridulo.”
“Questo
perché non hai soffiato abbastanza.”
“Eh?”
“Dammelo, ti
faccio vedere.”
Toris non
ribattè e fece come gli era stato detto: diede il corno a
Feliks, che
lo soppesò, ammirandone la fattura.
“Tipo,
questo è avorio.”
“Quindi?”
“Deve valere
un sacco!”
“Ripeto:
quindi? Non è nostro.”
“Ora lo
è!”
“No,
dovremmo restituirlo al suo legittimo proprietario.”
“Lo stesso
che ti ha trattato male e che ti ha mandato al diavolo
perché lo
avevi urtato?”
“Non
è andata proprio così!”
“Era
sottointeso! Sei tu che non capisci!”
“Non
è vero!”
“Qualcuno
potrebbe avere una cotta per te per tipo anni e tu non te ne
accorgeresti!”
“Eh?”
“Come
volevasi dimostrare.”
“Penso di
essermi perso – ammise Toris – Non dovevi solo
suonare il corno? Come
siamo finiti a parlare di me che non capisco la gente?”
“Hai
ragione! Vediamo cosa sa fare questo piccoletto!”
Avvicinò il
corno alla bocca e soffiò. Non emise alcun suono.
Toris rise
sommessamente e l’altro se ne accorse.
“Che hai da
ridere?”
“Io…ti
si sono gonfiate le guance. Sei…carino.”
“Mhm…ti
sei salvato solo perché hai detto che sono carino. Cosa che,
tipo, so
già.”
“Non si
è sentito niente.”
“Devo solo
riprovarci – commentò il polacco – Sono
un vero talento, io!”
“Non lo
metto in dubbio. Ma anche i grandi hanno bisogno di una mano. Come
Mozart.”
“Mozart era
un autodidatta. Come me! Posso capire come suonare questo cose in
meno di tre minuti!”
“Feliks…”
Il ragazzo lo
ignorò e riprovò. Niente. Ancora nessun suono. Eh
no, adesso era
una cosa personale.
Non era stato ancora
inventato uno strumento che Feliks Łukasiewicz non sapesse
suonare!
Dietro le quinte,
Gilbert si stava godendo la scena.
“Quasi quasi
faccio un video e lo posto su you tube. Avrò un sacco di
visualizzazioni!”
“Visualizzazioni
di cosa?” gli domandò Antonio, facendo attenzione
a dove
riponeva gli strumenti che lui e gli altri avrebbero suonato per il
talent
show.
“Di Feliks.
Guarda che faccia sta facendo! Dio, ho bisogno del telefono.”
“Non dovevi
regolare l’impianto stereo?”
“Lavoro
quasi finito.”
“Non si
direbbe, visto che Feliks non riesce ad emettere un solo
rumore.”
“Quello non
è colpa mia! E poi è un corno! Chi diavolo suono
un corno? Non si
può usare l’amplificatore con un dannato
co…o cazzo, l’amplificatore!”
“È
rotto?”
“No, non
l’ho messo! Cazzo, dammi le cuffie.”
“Dove
sono?”
“Vicino al
microfono.”
“A che ti
servono?” gli chiese il moro, porgendogliele.
“Quell’aggeggio
fa un rumore assordante mentre tento di regolarlo –
spiegò Gilbert,
mettendosi le cuffie – È un modello vecchio,
normale che sia così. Perciò, per
non rovinarmi l’udito, mi sono portato queste cuffie
isolanti. Non sono mie, ma
di Lud. Gli servono per studiare.”
“Spero che
non le dovesse usare oggi.”
“Che
cosa?!”
“Ho
detto…”
Proprio in quel
momento, Feliks riuscì a suonare il corno. Antonio tacque,
sotto lo sguardo sbigottito di Gilbert.
“Amico, stai
bene?”
Nessuna risposta. Poi
si ricordò delle cuffie e stava per togliersele, quando
notò che il Cuore di Kandrakar si era illuminato.
“Che
diavolo…senti coso, non è il momento. Stasera non
posso chiudere nessun
portale e…ehi! Che modi!” esclamò
indispettito, dopo essere stato spinto
malamente da parte da Antonio.
Che gli era preso?
Lo seguì
con lo sguardo: stava andando verso Feliks e quando lo
raggiunse…iniziò
a ballare con lui, Toris ed altri Bad
Romance di
Lady Gaga.
“Cazzo…sono
bravi!”
La scenografia
cambiò in qualcosa di simile a Paparazzi o Like a Virgin.
Poi un altro cambio, questa volta Thriller.
Wow, erano
degli zombie convincenti.
“Oh beh, chi
li capisce è bravo.”
Così
tornò ad occuparsi dell’amplificatore, ignorando
che, nel frattempo, sul
palco era arrivato Matt…
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© elyxyz
Nel
prossimo capitolo di The Guardians…
“Era
la balia della Luce di Meridian – spiegò Kiku
– Aiutò la regina a
scappare col figlio sulla Terra. Da allora, si nasconde qui.”
“Eri una balia? Tu?” domandò scettico
Gilbert.
“Ero molto bravo nel mio lavoro.”
“Ora si spiega perché ‘sto cazzo di
principe Oliver è un pazzo psicopatico”
commentò Romano.
‘’ Arthur? Sei tu? ‘’
‘’ No, sono la regina Elisabetta.
‘’
‘’ Non sapevo che la regina avesse delle
sopracciglia così brutte – scherzò
Francis, poi si fece improvvisamente serio – Stai bene? Ti
senti strano? Hai
mal di testa? Sei… ‘’
‘’ Ho qualche decimo di febbre e il raffreddore,
come vuoi che mi senta? ‘’
‘’ Quindi non sei uscito? ‘’
‘’ Solo per dire a Collins di cercare un altro a
cui appioppare le sue
ricerche. ‘’
‘’ Hai sentito qualcosa di strano, una tromba
o… ‘’
‘’ Sì, il peggior jazzista che abbia mai
sentito e… ehi, chiudi la bocca
altrimenti ci entreranno le mosche. ‘’
Prossimo
capitolo
Go Romano, che il rock sia con te!
E grazie a Classicboy per avermi aiutata con la stesura di questo cap.
Minimo
due recensioni per continuare questa storia. Volete far felici
due autori,
da?
ps. Scusate per il ritardo
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