Amico di Dio, nemico di tutto il mondo di Old Fashioned (/viewuser.php?uid=934147)
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Carissimi/e,
eccoci
alla fine di questa breve avventura. La storia di Störtebeker è
intrisa di leggenda e ormai è difficile separare la realtà dei
fatti dalle costruzioni successive, comunque pare che effettivamente
durante la battaglia di Helgoland un traditore abbia sabotato il
timone della sua nave, rendendo impossibile al pirata ogni manovra.
Ringrazio
mystery_koopa, che mi ha dato la possibilità di scrivere questa
storia, ringrazio tutti i lettori che sono passati di qui, e che
hanno reso viva questa storia, e ringrazio chi mi ha lasciato il suo
parere, ovvero TheWalkingNerd, Saelde_und_Ehre, Yonoi, fiore di
girasole, John Spangler, alessandroago_94, Enchalott, Syila,
queenjane, innominetuo e Rose Ardes.
Parte
quarta
Eike
fissò l’uditorio silente, poi in tono grave disse: “Se sono
vivo, lo devo solo al qui presente Hein,” Indicò il nostromo, “che
si è tuffato quando mi ha visto cadere fuori bordo e mi ha portato a
terra.”
Un
mormorio di approvazione attraversò la folla.
“La
battaglia proseguì,” continuò il capitano, “so che durò ancora
una notte e un giorno. Alla fine Störtebeker fu catturato insieme a
settanta dei suoi, e fu portato ad Amburgo.”
I
giovinastri lo fissavano con gli occhi spalancati dalla meraviglia.
Il capo di essi alzò la mano per attirare l’attenzione.
“Sì?”
chiese Eike.
“Voi
c’eravate ad Amburgo?”
“Vuoi
dire al Grasbrook?”
“Sì,
signore.”
Il
più vecchio annuì lentamente. Scambiò un’occhiata col nostromo,
poi ripeté: “Noi c’eravamo. Ci andammo sotto mentite spoglie.”
“È
vero che in cambio della libertà Störtebeker offrì una catena
d’oro in grado di circondare tutta la città di Amburgo?”
Eike
scosse la testa. “I Likedeeler dividevano tutto in parti uguali. A
parte il suo coraggio e la sua autorevolezza, Störtebeker non aveva
certo chissà che tesori in più degli altri.”
Il
giovanotto parve deluso. Dopo qualche secondo di silenzio, chiese:
“Quindi non c’erano neanche oro e argento dentro l’albero della
sua nave?”
“L’avrebbero
appesantita troppo.”
“Allora
il rivestimento d’oro della cupola della Frauenkirche non viene da
quello?”
“No.”
I
ragazzi si scambiarono qualche frase a bassa voce, poi uno di essi si
rivolse a quello che sembrava essere il capo del gruppetto e gli
suggerì: “Chiediglielo, dai.”
“Ma
no, è una stupidaggine,” bisbigliò questi di rimando.
“Tu
chiediglielo. Ha detto che c’era, quindi saprà com’è andata
veramente.”
“E
va bene.”
Il
ragazzo si rivolse a Eike. “Signore, è vero quello che dicono
sull’esecuzione?”
“A
che proposito?”
“Ecco…
è vero che Störtebeker chiese al borgomastro
di Amburgo di lasciare liberi tutti i suoi compagni davanti a cui
sarebbe riuscito a camminare dopo essere stato decapitato?”
Eike
crollò il capo. “No, purtroppo no.”
“Ma
dicono che il suo corpo senza testa camminò davanti a undici
uomini!” insisté il giovane. “Dicono
che alla fine il boia dovette fargli lo sgambetto per farlo cadere.”
L’altro
ebbe un sorriso amaro. “No, no. Sicuramente Störtebeker avrebbe
dato la vita per ognuno dei suoi, ma il suo corpo dopo la
decapitazione non si rialzò e tutti quelli che erano stati catturati
nella battaglia, ovvero una settantina di uomini, furono
giustiziati.”
A
quella frase seguì un gran silenzio. Qualcuno si fece il segno della
croce, altri scossero la testa. Dörthe tirò fuori dalla scollatura
un fazzoletto e con quello si tamponò gli occhi.
Di
nuovo si fece udire la voce di Eike: “Non rividi più né mio padre
né mio fratello. Auguro loro ogni bene, ma il periodo trascorso con
Störtebeker mi ha fatto capire che la mia strada non avrebbe mai
potuto essere la loro.”
“Non
vi hanno cercato?” chiese uno dei ragazzi.
“Forse
credevano che fossi morto nel naufragio, o forse mi hanno cercato ma
io non ne ho mai saputo niente. Io non ho mai più cercato loro,
comunque. Con Hein ci rifugiammo nell’entroterra, dove dopo qualche
giorno incontrammo Magister Wigbold. Fu lui a dirci che Störtebeker
era stato catturato e portato ad Amburgo.”
A
quelle parole nessuno replicò e gli unici rumori che si udivano
erano il crepitare del fuoco nel camino e l’ululato del vento. Eike
voltò le spalle al gruppetto e fece per tornare al suo tavolo.
In
quel momento, qualcosa mandò in frantumi una delle vetrate, e
schegge colorate piovvero sugli avventori. Un oggetto descrisse una
parabola in aria, atterrò in mezzo alla sala
e
immediatamente cominciò a mandare un fumo denso e grasso, che faceva
lacrimare gli occhi e tossire. La gente saltò in piedi e raccolse le
armi, alla porta si udirono dei tonfi violenti.
“Aprite!”
urlò qualcuno dall’esterno. “Aprite, in nome della Legge!”
“Tutti
con me!” urlò Eike sovrastando il vociare confuso della sala. Il
nostromo e il resto dell’equipaggio gli si radunarono intorno.
La
porta cadde, nel riquadro apparvero uomini armati che portavano i
colori di Amburgo. Un istante dopo, anche la seconda porta
dell’Aringa
Salata
venne abbattuta.
“Siete
tutti in arresto!” gridò una voce imperiosa. “Arrendetevi, siete
circondati!”
A
quelle parole, Eike fece un cenno a uno dei suoi uomini. Questi puntò
la balestra, e in un attimo il più avanzato dei soldati cadde con un
dardo nel petto.
“Ecco
la nostra risposta!” esclamò il capitano. Sfoderò la spada.
Rivide,
nitido come se l’avesse avuto ancora davanti agli occhi, Klaus
Störtebeker alla battaglia di Helgoland, dritto sul castello di
poppa, lo sguardo ardente che sfidava il mare e gli uomini.
I
mercenari dell’Hansa stavano dilagando all’interno della navata,
l’aria era ormai irrespirabile. Dappertutto vi erano tramestio e
clamori.
“Amico
di Dio!” gridò con quanto fiato aveva in corpo. Animate di
selvaggio entusiasmo, decine di voci di rimando ruggirono: “Nemico
di tutto il mondo!”
E
poi tutti, come un sol uomo, si lanciarono nella battaglia.
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