Capitolo
Quaranta
«C
’era una volta un giovane demone invaghito delle albe
dorate»
narra Liùsaidh~dorcha, adocchiando con divertimento palese
la
smorfia esasperata comparsa sul volto serio ai limiti del tignoso
dello spirito oscuro. «Cosa succede? Pensavo volessi
ascoltare ciò
che ho da raccontare» punzecchia, sbeffeggiandolo con ironia.
«Pensavo
volessi spiegarmi il
motivo della tua protratta reclusione» rimbecca acidamente
Pitch.
«È
esattamente ciò che ho
intenzione di fare, per questo tuttavia è necessario partire
da
molto lontano nel tempo» si giustifica pigramente
Liùsaidh~dorcha,
non mancando di ghignare compiaciuto.
Pitch si massaggia
le tempie,
iniziando a pentirsi di avergli accordato la propria attenzione e,
soprattutto, libertà di parola. «Bene, in questo
caso ti pregherei
di voler iniziare e di farlo velocemente, prima che la mia pazienza
si esaurisca definitivamente» minaccia in un sibilo seccato.
«Ah,
questa sì mi piacerebbe
vederla» insinua Liùsaidh~dorcha.
«Fossi in
te non ne sarei
troppo convinto» bercia Pitch, sogguardandolo con astio
crescente.
«D’accordo»
si risolve il
demone, dispiegando un poco le ali e scuotendole leggermente per
ripulirle dalla polvere e dagli ultimi fastidiosi detriti.
«Tutto
risale a circa ottomila anni fa. A quel tempo, come ho accennato, ero
ancora relativamente giovane, per gli standard di un demone che si
rispetti, ovviamente. La verità è che
necessitiamo di molto tempo e
svariate esperienze per apprendere, per maturare. Io non lo ero
ancora, purtroppo, e questa è stata probabilmente la mia
maggiore
rovina. La seconda è stata incontrare Phanês. La
terza non essere
stato sufficientemente accorto da vedere ciò che, in un
altro
momento, sarebbe parso palese».
Pitch ascolta in
silenzio. Di
tanto in tanto averte l’istinto di intervenire per chiedere
maggiori delucidazioni, ma con decisione lo mette a tacere, convinto
sia meglio tenere le sue mille domande per sé fino al
momento più
opportuno. Quindi lo lascia parlare di buon grado, ansioso di
scoprire ciò che si cela dietro interminabili secoli di
segreti
gelosamente mantenuti.
«Lui
sapeva essere
affascinante, a modo suo, e l’attrattiva che riusciva a
esercitare
su creature come il sottoscritto era vasta a davvero
pericolosa».
Scuote la testa, esasperato dai suoi stessi pensieri. «Se
solo lo
avessi incontrato più tardi le cose sarebbero andate
diversamente.
Ma allora la mia ingenuità superava di gran lunga le mie
conoscenze
e la mia ragione. Come uno sciocco mi sono lasciato abbagliare dalla
sua luce, cieco all’oscurità che si nascondeva nel
suo cuore e
ancora oggi insudicia la sua fittizia esistenza» sibila con
evidente
ira.
In quel momento
Alioth
ricompare percorrendo un’insenatura del fiume, passeggiando
adagio
e senza preoccupazioni apparenti. Pitch e Liùsaidh~dorcha,
momentaneamente distratti da quella nuova presenza, si soffermano per
qualche lungo momento a osservare il manto lucido e i muscoli
guizzanti del destriero.
«È
molto bello» soffia
Liùsaidh~dorcha, rapito. «Lo hai creato
tu?».
Pitch annuisce e
mormora un sì
un po’ distratto, intento come il demone a seguire
l’incedere di
Alioth, poi sorride divertito. «La mia prima creazione dotata
di
anima… o quasi» ammette con leggero imbarazzo.
Liùsaidh~dorcha
distoglie con
un po’ di difficoltà lo sguardo da Alioth e lo
fissa sullo spirito
oscuro. «Per quale motivo lo avresti fatto?» indaga
incuriosito.
Lo spirito
socchiude
leggermente gli occhi abbassando lo sguardo a terra. «In
verità ciò
che avevo in mente principalmente era creare un tracciatore, qualcosa
in grado di scovarti a colpo sicuro. Ho così messo insieme
le mie
conoscenze e le capacità di quelli che si sono uniti per il
rito».
Risolleva gli occhi puntandoli su Alioth. «Quello
è il risultato.
La mia volontà ne ha fatto un segugio, le mie speranze gli
hanno
donato una parvenza di vita» tenta incerto.
«Quello
che posso vedere è
molto più di una parvenza, spirito. Non vi
scorrerà sangue, forse,
ma di certo vi scorre coscienza e vita. Credo tu abbia fatto un
ottimo lavoro, per essere alla tua prima prova» commenta il
demone.
Per qualche arcano
motivo,
Pitch arrossisce leggermente all’udire tali parole e
tossicchia
ulteriormente imbarazzato.
*
«Intendevi
ucciderlo?»
riprende la parola lo spirito oscuro, adocchiando per un breve
momento il volto del demone e scorgendolo incupirsi nuovamente.
«Phanês, intendo. Era tua volontà
togliergli la vita?» rettifica,
per quanto non lo ritenga così necessario.
«Per
certi versi mi sarebbe
piaciuto, sì» ammette il demone, poi scrolla le
spalle. «Dubito
sia possibile, tuttavia. La sua esistenza non è minimamente
simile a
quella di alcun altra creatura esistente o esistita» pondera
crucciato.
Pitch,
inaspettatamente,
sbuffa una piccola risata. «Ti dirò: a me pare
stessi svolgendo un
eccellente lavoro» commenta ironico.
Liùsaidh~dorcha
lo fissa
sbigottito. «Beh… Uh…
Grazie?» tenta incerto. «Mi era parso di
capire tu stessi dalla sua parte» prova, confuso.
Pitch solleva un
sopracciglio,
sarcastico. «Demone, forse non ti è chiaro; io sto
da un’unica
parte: la mia».
L’occhiata
che gli scocca
Liùsaidh~dorcha è un misto di sorpresa e vivo
interesse. «Questa
sì è una valida notizia. Dunque, in tutto questo,
come sei arrivato
ad allearti con il dio della luce in persona?».
Pitch assottiglia
lo sguardo e
sbuffa. «Hai un bel coraggio a fare domande simili. Dovrei
forse
rammentarti che mi avete messo in mezzo voi? Non mi dire che con gli
anni la tua memoria vacilla come le gambe di un vecchio»
sogghigna.
«Per parte mia, ti assicuro, avrei senz’altro
preferito godermi in
santa pace una buona lettura nel mio salotto silenzioso e appartato.
Ma ovviamente sembra fosse chiedere troppo, non è
vero?» sbotta
alterato. «Prima il maledetto Uomo nella Luna con i suoi
giochetti e
le sue pensate da tossicomane, poi quell’abominevole custode
dell’oltretomba con il fratello guerrafondaio e
iperattivo»
recrimina, facendo nervosamente avanti e indietro fra il pietrisco e
l’acqua, evidenziando il suo elenco sulle sottili dita di una
mano.
«E d’un tratto, senza affatto comprendere come, mi
ritrovo conteso
fra una divinità psicotica e un demone malato»
ringhia frustrato.
Liùsaidh~dorcha,
ben lontano
dal sentirsi offeso, sorride sornione osservandolo con intensa
curiosità, fatto che irrita ulteriormente Pitch.
«Che
c’è?!» sbraita
infatti quest’ultimo, ormai giunto al limite della pazienza.
«Trovo tu
sia una creatura
interessante» commenta Liùsaidh~dorcha in tono
pacato. «Cos’è
che fai, esattamente, nel tuo tempo libero?» si informa
pacifico.
Pitch digrigna i
denti,
seccato. «Sono l’Uomo Nero!» esclama
indignato.
«Uhm…
Questo dovrebbe dirmi
qualcosa?» indaga Liùsaidh~dorcha.
Pitch boccheggia,
freme di
rabbia, poi sbuffa e si lascia ricadere seduto a terra, rassegnato.
«Avevi detto che mi avresti spiegato come stanno le cose fra
voi,
prima» protesta debolmente.
Liùsaidh~dorcha
ghigna. «Ho
cambiato idea. Sono volubile, io. Quindi, ora raccontami di te, poi
io ti narrerò di come sono andati i fatti dopo che ebbi
incontrato
Phanês» tratta con subdolo divertimento.
«Mascalzone»
rimbrotta
Pitch, sbuffando per l’ennesima volta. Ciò
nonostante si risolve
ad accettare quel cambio di programma e si dispone a raccogliere le
idee per narrare al demone della propria esistenza e delle numerose
peripezie che ne sono conseguite.
*
Liùsaidh~dorcha
è accigliato
quando Pitch giunge al termine della sua narrazione. Solleva gli
occhi a un cielo ancora denso di nubi cupe e il suo cruccio si
accentua. «Non sono certo di riuscire a
comprendere» riflette a
voce bassa, dopo un lungo silenzio un po’ teso.
«Non
contare sulla
possibilità ch’io torni a ripetere tutto da
capo» lo avverte
Pitch, stizzito.
Liùsaidh~dorcha
aggrotta la
fronte e piega le labbra in una smorfia contrariata. «Non
è quello
che intendevo, spirito. Ciò che non comprendo è
il motivo per il
quale hai accettato di prestarti al gioco di quelle
divinità»
chiarisce.
«Non
l’ho fatto» replica
Pitch.
Il demone affila lo
sguardo.
«Certo che sì. In caso contrario non ti troveresti
in questa
situazione».
Lo spirito sospira,
quasi
annoiato. «Forse» dubita, scuotendo il capo.
«La tua presenza in
questa storia non mi lasciava molto margine di decisione, in
realtà».
«L’avevi,
invece. Potevi…»
d’improvviso tentenna, indeciso.
«Cosa?»
strascica Pitch.
«Girarmi dall’altra parte, forse? Non potevo sapere
quali fossero
le tue intenzioni. Questo posto è l’unico,
attualmente, nel quale
mi sia consesso di restare, anche se molti preferirebbero di gran
lunga non avermi fra i piedi».
«Oh,
così ora sarebbe colpa
mia?» sbotta Liùsaidh~dorcha.
«Ovvio
che sì!» ribadisce
Pitch con un ringhio sordo. «Tua e di quella
divinità scellerata
cui non importa di nulla e nessuno» accusa con fermezza.
Il demone lo fissa
truce con
le labbra strette in una smorfia insieme adirata e contrita.
Dà
l’idea di essere a un passo da un’esplosione di
rabbia in piena
regola.
«Phanês
mi ha esiliato in
quella maledetta dimensione nella quale a malapena sentivo di essere
in vita, dimenticandosi perfino della mia esistenza. Mi ha ingannato,
usato, e poi… poi gettato!» grida, facendo tremare
il suolo.
«Nessuno, neppure un dio, può permettersi di
usarmi e liberarsi di
me! Ho ucciso per molto meno» sibila freddamente.
Il timore che forse
Liùsaidh~dorcha si aspettava di scorgere nello spirito non
fa invece
per nulla capolino sul viso di Pitch, al suo posto un piccolo ghigno
sfrontato.
«Bene,
infine qualche buon
chiarimento inizia a farsi strada nel groviglio di menzogne»
mormora
soddisfatto.
Liùsaidh~dorcha
ringhia
adirato, poi sobbalza impreparato nel momento in cui Alioth gli
sfiora il collo con il muso, facendo ridacchiare Pitch, seguito a
ruota da Liùsaidh~dorcha.
«Me lo
posso tenere?» soffia
dolcemente, carezzando il collo setoso della cavalcatura.
«Può
darsi» tentenna lo
spirito. «Che cos’hai da offrirmi in
cambio?» azzarda con occhi
luccicanti.
Il demone sposta
l’attenzione
da Alioth a Pitch e viceversa. «Che cosa vorresti?»
arrischia.
«Oh,
molte cose, in verità.
Ma, ammetto, ora come ora mi accontenterei di tornarmene a stare in
santa pace nella mia comoda tana» tratta cautamente.
Le dita di
Liùsaidh~dorcha,
intrecciate alla lunga criniera di Alioth, si ripiegano
imprigionandone i crini.
«Pace,
quindi» pondera
pensieroso.
«Sarebbe
auspicabile, sì»
ammette Pitch.
Liùsaidh~dorcha
scuote la
testa. «E lasciare che Phanês se la cavi senza
danni, dopo tanti
secoli spesi a cercare il modo più doloroso per fargliela
pagare?»
sibila, e nella sua voce si avverte un tremito d’angoscia.
Pitch sospira e fa
stancamente
scorrere una mano fra i capelli. «Non puoi ucciderlo, lo hai
detto
tu stesso, e non puoi neppure fargli del male prendendotela con
qualcun altro, considerato che a lui non importerebbe»
argomenta
ragionevole.
Liùsaidh~dorcha
digrigna i
denti, frustrato. «Ho le mani legate, è questo che
cerchi di
dirmi?» accusa stremato.
Un angolo delle
labbra di
Pitch si solleva, stupendo un poco il demone. «No, cerco di
dirti
che probabilmente sbagli approccio. Credo, invece, che dovresti
riflettere sulla possibilità di ripagarlo con la sua stessa
moneta»
suggerisce, con una luce diabolica che scintilla in fondo ai suoi
occhi dorati.
Liùsaidh~dorcha
si fa attento
e interessato. «Cosa suggerisci?» chiede infatti
trepidante.
«Invero,
pensavo potremmo
fargli una piccola improvvisata, noi due, se l’idea ti
garba»
offre, rispondendo di buon grado al malvagio sorriso comparso sul
volto del demone.
*
Il suo sguardo si
sposta
lentamente dalla piana verdeggiante ai suoi piedi al cielo plumbeo
che ancora permane con insistenza sopra la sua testa. Sospira,
chiedendosi se non ci sia qualcosa
che possa fare per riportare tutto com’era da principio.
Purtroppo,
nemmeno lui ha potere a sufficienza da annullare ciò che
è fatto e
riavvolgere il tempo; per questo servirebbe Chrónos, ma
nessuno
potrebbe mai convincerlo a tanto, per nessun motivo al mondo,
salvezza di tutti loro compresi. A volte si domanda a che serva
essere divinità immortali se non è dato loro di
sfruttare appieno i
loro poteri. Scuote il capo e indugia ancora una volta sulle nere
sentinelle schierate con precisione su quello che per beve tempo
è
stato un sanguinoso campo di battaglia; poi la sua attenzione viene
attirata da un punto preciso in cui l’aria sembra tremolare e
di lì
a poco, dal nulla, compare quello strano spirito oscuro che di nuovo
lo sorprende con la sua presenza inattesa. Aggrotta le sopracciglia
ma non muove un passo, attendendo che sia l’altro a palesare
le
proprie intenzioni. Infatti Pitch non attende molto prima di farsi
avanti con decisione e scrutarlo con uno sguardo che non è
però in
grado di decifrare.
Phanês,
indispettito per
l’ostinato e prolungato silenzio dello spirito, aggrotta la
fronte.
«Quali sono le tue intenzioni, spirito? E che ne è
stato del
demone?» si risolve infine a sindacare, poiché
infastidito dalla
mancanza di reazioni dell’altro.
«Oh, ero
semplicemente
curioso» replica Pitch senza particolari sfumature nel timbro
della
voce.
La
divinità assottiglia le
palpebre, sospettoso. «Di cosa stai parlando?»
pretende di sapere.
«Ma di
te, naturalmente. Si è
mai parlato d’altro, del resto?» insinua lo spirito.
Phanês,
incerto, sta per
ribattere nel tentativo di comprendere, ma nei fatti non ne trova il
tempo dato che alle sue spalle l’aria tremola ancora una
volta e
presto alla coppia si unisce Liùsaidh~dorcha. La
divinità si volta
repentinamente e sgrana gli occhi, colto improvvisamente dal dubbio.
«Che
cosa…» prova.
Ma scorge le labbra
del demone
piegarsi in un ghigno divertito e una mano fendere l’aria.
D’un
tratto si ritrova rinchiuso in una bolla che sfrigola di luce e
oscurità unite assieme; allunga un braccio, sfiorandone la
superficie con le dita, e scopre che essa è creata anche con
la
propria energia.
«Come?»
domanda sorpreso.
«È
piuttosto semplice, in
effetti: tu stesso hai voluto fornirmi quel potere» spiega
Pitch,
ragionevole.
«Perché
tu potessi usarlo
contro il demone, così da proteggere questa Terra»
protesta Phanês.
Pitch scuote il
capo e lo
osserva di traverso, visibilmente deluso. «Niente affatto.
Questo è
ciò che intendevi far credere agli altri, e forse ci sei
perfino
riuscito, ma certo non è il motivo per cui tu
lo hai fatto».
«No di
certo» interviene
Liùsaidh~dorcha, che nel frattempo si è accostato
alla bolla e
fissa torvo il volto del dio. «La tua motivazione
è più meschina:
temevi che in questi lunghi secoli, poiché ero
inspiegabilmente
sopravvissuto, fossi divenuto troppo potente perfino per te e, di
conseguenza, avrei potuto eliminarti» ringhia, arrabbiato
perché in
effetti avrebbe avuto davvero piacere se le paure del dio si fossero
rivelate veritiere. «Purtroppo per me non è
così; temo mi ci
vorrebbero ancora molti altri secoli e, chissà, forse nel
frattempo
anche i tuoi poteri aumenterebbero, non lasciandomi speranza
alcuna»
ammette contrariato.
«Tuttavia»
riprende la
parola Pitch, «esiste comunque un modo per porre un limite a
ciò
che puoi fare. Noi crediamo (e con noi
intendo Liùsaidh~dorcha e io, ovvio, ma anche diversi altri
spiriti
cui il tuo atteggiamento non garba particolarmente, in
realtà) che
questo mondo possa funzionare perfettamente in autonomia, senza
nessunissima necessità della tua presenza».
«Per
questo motivo» aggiunge
Liùsaidh~dorcha, offrendo un tirato sorriso «ci
siamo accollati il
compito di… Come avevi detto, Pitch?» chiede,
rivolgendosi allo
spirito.
«Toglierlo
di mezzo, se ben
ricordo» offre Pitch.
«Oh
sì, giusto: di toglierti
di mezzo.
Suona
bene, no?» ghigna soddisfatto.
Ora
Phanês li fissa entrambi,
visibilmente adirato, e sia Pitch che Liùsaidh~dorcha
sentono di
aver infine realizzato la loro miglior impresa.
«Vi
pentirete di ciò che
state facendo» profetizza Phanês, sibilando con
rabbia.
Liùsaidh~dorcha
annuisce.
«Probabilmente succederà, ma dovrà
passare molto, molto tempo
prima che ciò possa realmente accadere. E chissà
se per quel
momento esisterà ancora un mondo in cui potrai
vivere» insinua
minaccioso. «Può darsi che per allora qualcuno di
più grande venga
creato e prenda più degnamente un posto che mai ti
è interessato»
soffia, con un misto di dolore e speranza.
Pitch schiude le
dita di una
mano, rivelando lo specchio ancora in versione ridotta, annuisce
all’occhiata di Liùsaidh~dorcha e si concentra sul
potere di
Phanês per riportarlo alle normali dimensioni.
«Vorrei
augurarti un
gradevole soggiorno, ma dubito francamente tu possa trovarlo di tuo
gusto» chioccia, fissando Phanês negli occhi.
«Usa il tuo tempo in
modo più produttivo, questa volta» suggerisce,
prima che lui e
Liùsaidh~dorcha guidino la bolla oltre il varco
dell’altra
dimensione.
Per un momento le
incisioni
sulla cornice brillano dorate, infine tornano a svanire così
come il
riflesso sulla dimensione viola. Liùsaidh~dorcha trae un
sospiro
tremolante e rimane qualche momento a contemplare il loro riflesso.
«Sei
pentito?» mormora cauto
Pitch.
Liùsaidh~dorcha
sposta lo
sguardo sullo spirito e scuote la testa. «No, non lo sono.
Sono
solo… triste, credo».
Pitch annuisce e
con un lieve
gesto della mano riduce nuovamente le dimensioni dello specchio,
facendolo poi scivolare in una delle molte tasche della sua veste.
«Bene,
perché non sono certo
mi piacerebbe ritrovarmelo davanti così presto»
ammette, suo
malgrado nervoso.
«Non
succederà» replica
duramente Liùsaidh~dorcha. «Non sono così
folle da pensare di tornare sui miei passi» prova a
rassicurarlo.
«Ma ritengo comunque opportuno che sia tu a tenere quel
portale. Lo
custodirai certamente meglio di quanto abbia fatto lui».
Un incerto sorriso
distende le
labbra di Pitch. «Per quanto posso immaginare, perfino Frost
potrebbe svolgere un lavoro migliore».
*
L’aria
tremola ancora una
volta e dal nulla compare Alioth che trotterella senza esitazioni
incontro allo spirito oscuro e al demone, curva il collo in un arco
flessuoso e struscia il muso sulla spalla del demone.
«Avevi
ragione, sembra. È
proprio un segugio questa tua creatura» commenta
Liùsaidh~dorcha
ritrovando un pizzico di serenità e carezzando
tranquillamente la
serica criniera di Alioth.
«Ho fatto
un lavoro discreto,
una volta tanto» concorda Pitch, quasi sorpreso dalla
rapidità con
la quale li ha ritrovati.
«Quindi,
che ne dici,
vorresti lasciarmelo?» ritenta Liùsaidh~dorcha,
speranzoso.
Pitch aggrotta le
sopracciglia
e pondera la richiesta con serietà, mentre osserva Alioth
bearsi
delle attenzioni del demone.
«Potrei
accettare» soppesa
cauto.
Liùsaidh~dorcha
avverte
distintamente la sua reticenza, ma decide di rimanere in silenzio e
attendere la decisione dello spirito, qualunque essa sia.
«Credi di
potermi far ben
sperare che lui non mi servirà più?»
indaga Pitch, ancora
crucciato.
Liùsaidh~dorcha
accenna un
piccolo sorriso. «Questo è il mondo in cui sono
nato e nel quale ho
vissuto la parte migliore della mia esistenza. Non cerco un luogo
differente ove continuare a vivere. Il suo sole è la mia
vita
stessa. Pensi sarei tanto sciocco da mettere a repentaglio tutto
questo per futile orgoglio, forse?».
Pitch reclina il
capo e lo
soqquadra interessato. «Lo saresti?» insinua
malizioso.
Liùsaidh~dorcha
mostra le
zanne in un ghigno divertito. «No, spirito, neppure fra un
milione
di anni il mio cervello sarebbe tanto marcio da elaborare una simile
follia» assicura convinto.
Pitch si avvicina
lentamente,
fa scorrere morbidamente le dita lungo il collo di Alioth e piano
annuisce. «Sta bene, è tuo» concede
pacato. «Bada, però:
pretendo che venga rispettato e trattato in modo degno»
sibila,
assottigliando lo sguardo.
Un brillio
divertito scintilla
negli occhi di Liùsaidh~dorcha. «Sarà
mia premura prendermene cura
nel migliore dei modi» promette solenne.
«Mi
fido» mormora Pitch,
allungandosi a sussurrare qualcosa nelle orecchie di Alioth.
«C’è
dell’altro, tuttavia» aggiunge.
Liùsaidh~dorcha
spalanca gli
occhi in una plateale espressione esasperata. «Creatura
pretenziosa!» sbotta, suo malgrado divertito. «Ad
averlo saputo
prima…» commenta, scuotendo la testa con una certa
ilarità negli
occhi. «Avanti, esponi questa tua nuova richiesta, e vediamo
sino a
che punto giunge l’avidità umana».
Pitch, in quella,
affila lo
sguardo. «Non sono umano» sibila, scoccando
un’occhiata velenosa
al demone. «E neppure particolarmente avido, a dir la
verità»
soppesa pensieroso.
«Stavo
solo scherzando,
accidenti» prova a giustificarsi Liùsaidh~dorcha,
un po’ nervoso
a quel punto.
«Per il
futuro ti suggerirei
di evitare, a meno che tu non abbia desideri sucidi» lo
ammonisce.
«La morte non ha minimamente mitigato la mia pazienza
né la mia
capacità di sopportazione» spiega crucciato. E a
un cenno
affermativo del demone si risolve a esporre finalmente la sua
richiesta. «Hai con te qualcosa che non ti appartiene.
Desidero che
tu me lo dia».
Ora
l’espressione di
Liùsaidh~dorcha è apertamente sorpresa.
«Mi avevi concesso di
tenerlo» protesta debolmente, un po’ confuso dai
giri mentali
dello spirito.
Pitch arriccia il
naso,
seccato. «Non Alioth, testa di legno!» sbotta,
negando con aperta
esasperazione. Ma scorgendo la confusione dilagante sul volto del
demone comprende di dover necessariamente chiarire la propria
richiesta. «Tu hai sottratto a Mot una parte di lui. Pretendo
ora
che tu la renda» dichiara duramente.
Liùsaidh~dorcha
è ancora
parecchio sorpreso, in effetti. «Pensavo lui non ti
piacesse»
dubita crucciato.
«Infatti
lo detesto»
conviene Pitch senza minimamente scomporsi.
«Ma…
allora…» tentenna,
sempre più confuso.
«So
ciò che significa
continuare a esistere dopo che una parte importante di sé
stessi è
stata strappata via. Non è una situazione che augurerei al
mio
peggior nemico. E lui non lo è, nonostante tutto»
decide di
chiarire Pitch.
Liùsaidh~dorcha
lo sta
guardando insistentemente negli occhi da parecchio, nella vana
speranza di decifrare ciò che si cela nella fitta
oscurità. Infine
sospira sconfitto e, anche se con leggero rammarico, si risolve ad
accettare anche quella richiesta. Titubante, posa una mano sul
proprio petto, chiude gli occhi e si concentra. Poco dopo un fievole
bagliore argentato illumina la sua pelle cilestrina, poi le sue dita,
fino ad abbandonare lentamente il suo corpo e accoccolarsi
nell’incavo della sua mano.
«Sei
molto lontano dall’idea
che ho sempre mantenuto riguardo gli spiriti oscuri» commenta
con
curiosità. «Chiunque, in effetti, potrebbe finire
con l’esserne
ingannato» chiosa divertito.
Pitch increspa le
labbra in un
sorriso sinistro. «Ci ho fatto spesso affidamento»
ammette con
leggerezza. Allunga un braccio e distende le lunghe dita della mano,
mostrandosi impaziente di riottenere la sua cauzione, e solo quando
il fumoso bagliore argentato serpeggia docile nel suo palmo si
permette un lieve sospiro soddisfatto. «Lieto per la tua
gentile
collaborazione» offre sardonico, indirizzando un ghigno
sprezzante
al demone.
Liùsaidh~dorcha
sbuffa.
«Gentile
collaborazione,
dici? Perché, al contrario, ho avuto l’acuta
sensazione che fossi
assolutamente disposto a ridurmi in cenere, casomai avessi avuto
l’ardire di rifiutare?» borbotta un tantino
stizzito.
Pitch scrolla le
spalle con
lieve disinteresse. «Chissà» mormora
distratto. «Dopotutto potrei
non essere ciò che ci si aspetta da uno spirito
oscuro» valuta,
creando una piccola barriera per la sua nuova conquista e intascando
anche quella.
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