ReggaeFamily
Mademoiselle
[Testimonianza
di mia sorella Soul_Shine]
Autobus
extraurbano, primo pomeriggio
Mia
sorella e una sua amica sono sul bus, è autunno inoltrato e
non c'è tanto freddo.
Fa
piacere stare sull'autobus con il riscaldamento acceso. Loro
ovviamente sperano che tutto vada bene, che il viaggio sia piacevole
e tranquillo.
Ma
ovviamente non può essere così, ormai lo sappiamo
tutti.
Ebbene,
alla seconda fermata dopo la loro, sale a bordo una ragazza minuta e
magra, che indossa un parka verde militare con la pelliccia e un paio
di jeans stretti con il risvoltino e delle dubbie scarpe in tela con
fantasia indefinita. I capelli scuri sono perfettamente lisci e in
ordine, e l'immancabile smartphone da più di cinque pollici
sta ben stretto tra le sue mani.
Dopo
aver adocchiato l'autista, ancor prima di sedersi, esordisce con voce
acuta e squillante: «Ciao! Come stai?».
L'uomo
la saluta di rimando. «Io bene, e tu invece?» le chiede
poi.
«Bene,
dai!» esclama.
Qualche
secondo di silenzio, la tizia oblitera il biglietto e si siede sul
primo sedile alla destra dell'autista.
«Pensa
te, c'è gente che si offende se gli dai del tu come ho fatto
io con te... insomma, cosa cambia? Io posso anche rispettarti anche
se non ti do del lei, e se ti do del lei posso anche mandarti a quel
paese!» riprende a blaterare l'ameba, urlando come se il
conducente fosse sordo.
Mia
sorella e la sua amica si scambiano un'occhiata, trattenendo un
sospiro colmo di disperazione.
«Eh
certo, hai ragione... è normale, perché molte persone
anziane la vedono come una forma di rispetto...» replica
l'uomo, senza distogliere gli occhi dalla strada di fronte a sé.
In
teoria dovrebbe essere vietato parlare con il conducente, o sbaglio?
«Sì,
ma non ha senso! Io do del tu anche alle persone più grandi,
ma mica vuol dire che non le rispetto! Le trovo cose stupide, come in
Francia che usano tutti modi strani... dicono mademoiselle!»
prosegue imperterrita la tipa, continuando a strillare come se non ci
fosse un domani.
«Sì,
è vero» le dà corda l'uomo.
«Ma
tu di che anno sei?» si informa la ragazza in tono stridulo.
«Sono
del '63, ho cinquantacinque anni.»
«Dai!
Non si direbbe, non li dimostri!» civetta lei con falsità.
«E
tu invece? Di che anno sei?» chiede allora lui.
«Del
'90! vedi, posso essere anche giocata al Lotto!» dice, poi
scoppia a ridere per la sua stessa battuta.
È
raccapricciante, mia sorella è senza parole e non vorrebbe mai
aver assistito a un tale scempio.
Dal
canto mio, non capisco cosa avesse questa tizia da ridere.
I
due continuano a chiacchierare con fare concitato, ma ormai mia
sorella non li ascolta più perché sta per scendere, la
sua fermata è ormai vicina.
Una
volta fuori dal pullman, le due sbuffano.
«Ma
questa gente ce la fa a non dare spettacolo?» sbotta mia
sorella.
«No,
è più forte di loro» ridacchia la sua amica.
Insieme
si allontanano lungo il marciapiede e tentano di non pensarci troppo.
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Cari
lettori, oggi capitolo breve, ma dedicato proprio a mia sorella e a
una delle sue disavventure sui mezi pubblici.
Quel
giorno non ero con lei, e guardate cosa mi sono persa, che perla è
sfuggita alla mia attenzione!
Ho
una domanda per voi: ma i discorsi che stava facendo questa tizia del
'90 voi li avete capiti? Che cosa c'entravano? E la sua “battuta”?
Vi
ringrazio per aver letto anche questa volta, e che il raccapriccio
sia con voi XD ♥
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