ReggaeFamily
I
Granelli
di sabbia tra i capelli.
Roventi
raggi di sole sulla pelle.
Salsedine
tra le ciglia.
Non
aprivo gli occhi, non mi muovevo. Semplicemente ascoltavo: il
mormorio del mare, degli schizzi in lontananza, il battito del mio
cuore, il vento che sferzava leggermente l'ombrellone e trascinava la
sabbia in una danza lenta.
Il
mare era un luogo così poetico, eppure quando mi trovavo su
una spiaggia non riuscivo mai a scrivere, a dar forma ai miei
pensieri attraverso delle parole, dei versi.
Stavo
dannatamente bene, eppure qualcosa non andava. Amari pensieri mi
vorticavano in mente, lasciandomi l'amaro in bocca.
Percepii
dei passi sul bagnasciuga. Qualcuno stava uscendo dall'acqua; sapevo
benissimo di chi si trattava, poiché su quella piccola
spiaggia c'eravamo solo noi due.
Schiusi
le palpebre, lasciando che il sole mi ferisse gli occhi, e reclinai
leggermente la testa di lato per poter osservare John che, appena
riemerso dall'acqua, si avviava verso di me.
Era
bellissimo: il fisico scolpito e possente, rigato da una miriade di
goccioline, si stagliava contro la distesa azzurra alle sue spalle.
Avevo
sempre avuto l'impressione che chiunque, incorniciato dal mare e
bagnato dalle sue acque, apparisse molto più bello del solito.
“Daron,
non stare al sole. Sei pallido, ti bruci subito” mi disse il
batterista in tono premuroso, squadrandomi da capo a piedi.
Io,
rannicchiato su me stesso sul telo da mare, non accennai a muovermi e
sostenni ancora il suo sguardo dolce e fermo.
In
quegli occhi scuri, ah, quante volte mi ci ero perso!
“Com'è
andata la tua nuotata?” gli domandai, la voce impastata.
“Mi
stai ignorando. È quasi mezzogiorno, vieni sotto l'ombrellone”
mi rimproverò ancora, stavolta con una nota più severa
nella voce.
Si
diresse a recuperare il suo telo da mare e se lo avvolse intorno alla
vita, poi prese posto su una piccola sdraio pieghevole che io avevo
insistito per portare.
Seguii
avidamente ogni suo movimento, captando ogni singola gocciolina che
ancora percorreva la sua pelle. Avrei potuto asciugargliele una a
una.
John
sospirò e prese a osservare il mare, intuendo che con me non
c'era niente da fare.
Continuai
a osservarlo per un po', attesi che fosse completamente distratto,
poi balzai in piedi senza nessun preavviso e mi lanciai addosso a
lui, ridendo. Mi divertivo un mondo a tendergli questi agguati,
sapevo che lui non li sopportava.
Non
appena piombai sul suo torace, John tentò di scacciarmi, ma io
non mollavo la presa e ridevo. Cercai di bloccargli le mani, ma non
ci riuscii. Lui iniziò a sibilare: “Malakian, levati
subito dalle palle! Tra poco quest'affare si rompe, e poi mi hai di
nuovo riempito di sa...”.
Ma
non fece in tempo a terminare la frase che uno scricchiolio sinistro
proveniente dalla sedia ci annunciò la nostra sorte.
Qualche
secondo dopo uno schiocco secco risuonò nell'aria e ci
ritrovammo a terra, tra la sabbia, uno di fianco all'altro. Io ridevo
sguaiatamente, mentre sentivo lo sguardo truce di John addosso.
Mi
afferrò per un braccio e mi costrinse a guardarlo negli occhi.
“Non c'è un cazzo da ridere, sei un coglione!”
Ma
non appena incrociai le sue iridi, seppi che anche lui era divertito
da quella situazione.
Gli
mollai un piccolo pugno sul petto. “E dai, smettila di fare
l'orso. Il mare serve a questo, no? La sabbia è fatta per
sporcare, l'acqua è fatta per lavarla via” commentai
ancora tra le risate, poi pian piano riuscii a darmi un contegno.
John
mi attirò a sé con delicatezza, ignorando il fatto che
ci trovassimo sdraiati sulla spiaggia, senza un telo da mare a
dividerci da essa. Mi accoccolai al suo petto, posandovi
delicatamente le labbra. Avvertii subito il familiare sapore della
sua pelle misto a quello di salsedine.
Calò
nuovamente il silenzio, interrotto solo dal canto delle onde.
“Bella.”
Sollevai
il capo, curioso. “Cosa?”
“La
frase che hai detto prima.” John puntò i suoi occhi nei
miei.
“Quale?”
“Quella
della sabbia che sporca e l'acqua che lava.”
Scossi
la testa. “Era banale.”
“Potrebbe
essere una metafora. Perché non ci scrivi un testo?” mi
consigliò John in tono dolce, accarezzandomi i capelli. Le sue
dita si scontrarono contro grovigli e granelli di sabbia, ma lui
proseguii con delicatezza, giocando con le mie ciocche scompigliate.
Un
brivido corse lungo la mia schiena.
In
preda a un desiderio incontrollabile, mi accostai al suo volto e
presi a mordicchiargli il lobo dell'orecchio. Lo sentii rabbrividire,
mentre mi stringeva ancora più forte, ancora più vicino
a sé.
Senza
aggiungere una parola, posai le mie labbra sulle sue e cominciai a
far scorrere le dita sul suo braccio, sulla sua spalla, fino a
giungere alla schiena, finché...
Quella
sensazione negativa mi invase nuovamente, più forte di prima,
e mi arrestai di botto.
John
se ne accorse subito e si preoccupò: afferrò le mie
spalle e mi sospinse di qualche centimetro più lontano da lui,
per potermi guardare in viso. “Che c'è? Qualcosa non
va?”
Sbuffai
e cercai di dirigere lo sguardo altrove.
“Daron...”
“Non
è niente!” sbottai in maniera poco convincente.
John
mi conosceva meglio delle sue tasche, sapeva che mentivo. “Non
è vero. Dimmi cos'hai.”
Chiusi
gli occhi. Ammettere qualcosa è più difficile quando
non vedi chi ti sta di fronte. “È che ho paura. Per il
gruppo.”
“Per
i System? Ti preoccupano i fan?” domandò John
pazientemente, scostandomi con delicatezza una ciocca che il vento mi
aveva posato sulla fronte.
“I
fan non lo verranno mai a sapere. Penso a Shavo e Serj, a tutti
coloro che lavorano con noi... e se non riuscissero ad accettare il
nostro rapporto? Non possiamo certo nasconderglielo per sempre.”
Riaprii
gli occhi e trovai John che mi scrutava con un'espressione
concentrata.
“Tempo
al tempo, Daron. Non credo ci sia bisogno di fare una dichiarazione
ufficiale, non ci stiamo sposando. Pian piano se ne accorgeranno e si
prenderanno il loro tempo per assimilare la notizia. Shavo e Serj ci
vogliono bene, non si farebbero mai dei problemi per... questo”
disse con calma.
“Ho
paura che rimangano scioccati.”
“Può
essere, magari non se lo aspettano. Ma non per questo il gruppo verrà
compromesso.”
“E
se...?” Stavo per dare voce al pensiero più tetro tra
tutti, quello che mi dava più da pensare. “E se tra me e
te dovesse finire? Che ne sarà dei System? Che ne sarà
della nostra amicizia?” Soppesai le parole come se stessi
avendo a che fare con delle armi, le pronunciai a bassa voce in modo
che sembrassero meno reali, almeno alle mie orecchie.
John
mi strinse in un abbraccio e mi diede una serie di piccoli baci sulla
fronte. “Sempre il solito. Vivi sereno, ai problemi si pensa
quando si presentano.”
John
era in grado di infondermi fiducia e scacciare le ombre dentro di me
con la sua sola presenza. Lo amavo con tutto me stesso.
Mi
aggrappai alle sue spalle e insinuai il mio viso nell'incavo del suo
collo, per poi prendere a divorarlo.
Il
suo modo di dimostrare piacere così discreto, con gli occhi
socchiusi e le labbra serrate, me lo faceva desiderare ancora di più.
♣ ♣ ♣
Ragazzi,
eccoci giunti al termine del primo capitolo di questo folle
esperimento ^^
Non
so bene cosa dire e cosa aspettarmi dai vostri commenti; in due
giorni ho scritto cinque (brevi) capitoli che pubblicherò pian
piano, spero solo che vi piacciano e di non deludere le vostre
aspettative! Non sono una grande scrittrice di slash e di storie
romantiche, ma quando l'ispirazione chiama Soul risponde :3
Alla
prossima (forse mercoledì prossimo, forse no, chissà!)
♥
|